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Pronomi atoni


Alcune grammatiche sconsigliano l’uso di gli e le in riferimento a cose inanimate. Noi siamo dell’opinione che il loro utilizzo nell’uso parlato sia opportunamente diffuso: «Questo orologio non funziona più: che gli hai fatto?». Nell’uso scritto, benché l’utilizzo di gli o le non sia esplicitamente un errore, l’unica alternativa non è il ricorso al pronome esso ma a un diverso giro di frase.

Essi, esse, loro


Adoperato come complemento, si preferisce usare loro riferito a persona, ma si usano anche essi e esse con un’ampia libertà di scelta: «l’amore diverso che ognun d’essi portava a Lucia», «e uno di loro» [entrambi nei Promessi sposi].

Noi e Voi


Nell’uso toscano è caratteristico il vernacolare noi si fa al posto di noi facciamo, in cui il pronome si accompagna non al verbo che s’intende utilizzare ma a un corrispondente costrutto impersonale. Il Serianni ci ricorda esempi di autori non toscani che ricorrono a questa costruzione: «noi il denaro lo si troverà in qualche modo» [Moravia, Gli indifferenti], «e quelli di Roma, si sa, non vogliono che noi si viva da cristiani» [Levi, Cristo si è fermato a Eboli], e poi il mio preferito: «noi si rideva» [Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore].

Lui e lei, esso e essa, egli e ella


Come ci ricorda Luca Serianni nel suo fondamentale saggio Prima lezione di grammatica, la coppia egli /ella, per molto tempo caldeggiata e preferita dall’intellighenzia tradizionale in riferimento a persona, è oggi in forte declino; ad essa si contrappone con crescente fortuna, per la stessa funzione, la coppia lui / lei.

Io, tu, me e te


Talvolta, all’io e al tu, si preferiscono le forme «oblique» me e te, anche in funzione di soggetto.