Ecco una classifica in prosa dei metodi di suicidio più diffusi nel mondo della scrittura.
Ecco una classifica in prosa dei metodi di suicidio più diffusi nel mondo della scrittura.
Mi riferisco a una puntata di Striscia la Notizia andata in onda lo scorso 20 aprile in cui si parla del Premio Strega, e si rivela di esso un sistema, sulla scelta del vincitore, che non parrebbe meritocratico. Non ho molto da dire al riguardo, nel senso che si sapeva da decenni – pur non nei particolari definiti dall’inchiesta – che il premio Strega non è una gara letteraria di modello olimpico, dove a vincere è l’atleta che in quel momento riesce a prevalere sugli altri, ma di modello plutocratico: di chi per giochi politici si trova sospinto dalla cordata vincente. È peraltro indubbio che il valore letterario del libro vincitore, anche quando scelto attraverso un sistema inficiato da inciuci politici, non è in discussione. Io, ad esempio, ho una copia del libro di Albinati, che mi fu regalata il Natale scorso, e leggiucchiandola mi pare che non si possa urlare allo scandalo.
C’è una cosa che ho sempre voluto fare da quando ho aperto questo blog, ed è intervistare un/una ghost writer. I motivi sono tanti, e sono riassumibili nelle domande che leggerete a breve qui di seguito. Il problema, però, era riuscire ad acchiapparne uno: si sa che i fantasmi sono per loro natura sfuggenti. E per quanto in giro ci siano ormai una valanga di persone che si promuovono come tali, almeno tanti quanto gli editor freelance, ero sicuro che per la mia intervista non avrei mai voluto rivolgermi a nessuno di loro. Il motivo è semplice: c’è qualcosa di sacro e misterioso nella scelta dell’anonimato; ancor di più in uno scrittore che decide di cedere la propria opera restando nell’ombra. Ed era svelare questo mistero la cosa che tanto mi premeva di questa intervista. Va da sé che se uno scrittore si promuove come ghost è perché nell’ombra non ci vuole stare.
È in qualche modo piacevole constatare come, in un paese quale l’Italia in cui appare sempre più evidente che leggere è un’opzione a perdere, e in un’epoca storica in cui la vita media di un romanzo, anche di un buon romanzo, non supera i sei mesi di vita sugli scaffali delle librerie, constatare come una coraggiosa casa editrice romana, la Bibliotheca Edizioni s.r.l., decida di ripescare un mio vecchio – ma ancora molto letto – post del 10 aprile 2015 (questo), in cui spiego come scrivere un dialogo che funziona, per riproporlo papale papale nel proprio blog, all’interno di un post dedicato proprio ai dialoghi.
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