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Scrivere per obiettivi


Alla fine della sua lettura questo articolo avrà decine di commenti, forse più di un centinaio. Come faccio a saperlo? Lo so perché è già successo: molte volte, con molti altri post. La certezza, o il presentimento di una sua elevata probabilità, mi stimola a procedere nella stesura. I commenti, come sanno coloro che tengono aggiornato con costanza il proprio blog, sono sempre fonte di gratificazione; tale a volte da spingere il blogger a svilupparne addirittura una dipendenza. Anche non essere letti per nulla innesca lo stesso meccanismo, seppure in senso inverso. Tutto questo rientra in un processo che per semplicità chiamerò riflesso condizionato.

Ora, l’obbiettivo di scrivere un post è quello di essere letti e commentati da più persone possibili. La gratificazione si ottiene se questo accade davvero. Possiamo non essere d’accordo e dire che l’obbiettivo dovrebbe in realtà essere quello di comunicare informazioni valide e oneste ai propri lettori, e concorderei con voi se fosse questo l’argomento dell’articolo, ma… assecondatemi. Se accade, se il post viene letto e commentato da molte persone, abbiamo un rinforzo positivo. Se non accade, abbiamo un rinforzo negativo. Si viene cioè a creare un collegamento automatico tra un’azione e la sua conseguenza statisticamente più scontata. La stessa cosa si può forse dire del riuscire a portare a termine la stesura di un romanzo…

Riuscire a pubblicare con una casa editrice


Elemosinare voti politici, vendere porta a porta elettrodomestici e pubblicare un libro con una casa editrice hanno in comune una cosa: l’arte di mendicare. Non è per tutti. Anche fare il politico, il promotore o lo scrittore non è per tutti. Solo che nel caso della scrittura, oltre che una certa predisposizione alla faccia da tolla (sin. di latta, avere una faccia da tolla significa avere una faccia da c***), una lingua ruvida per leccare culi pelosi – non dire quello che si pensa è un modo elegante di farlo – e uno stomaco robusto per digerire i rospi, all’arte del mendicare bisogna aggiungere anche un talento innaturale nel narrare storie.

I tre atti di una storia


Che siate scrittori di racconti o di romanzi; sceneggiatori, drammaturghi o narratori; perfino semplici cronisti; dovete sapere che qualsiasi cosa stiate scrivendo, quella cosa è divisa in tre parti: incipit, svolgimento e conclusione. Qualsiasi storia, se viene narrata, sarà raccontata rispettando questa partizione. Un vecchio detto dei tempi della commedia tardo settecentesca recita: «Digli cosa stai per fare, fallo, poi digli cosa hai fatto». Sembra ripetitivo ma è un modo molto efficiente di raccontare una storia. Tuttavia c’è un modo più efficace di dire questa cosa: nel primo atto fai un nodo, nel secondo un fiocco, nel terzo scioglili. Il segreto della narrativa, in ogni sua forma, è tutto qui.

Scrivere in prima persona


Dopo il caloroso riscontro che Scrivere in prima o in terza persona e Come scrivere in terza persona hanno ottenuto negli anni dai lettori che sono passati e ancora passano da questo blog, mi sono finalmente deciso a imbastire un ennesimo articolo sulle “persone”: non quelle che scrivono né quelle che leggono, quelle che narrano. Infatti, se vogliamo, tutta la questione che ruota attorno alla prima, alla terza e, per amore di completezza, alla seconda persona si può riassumere in una semplice domanda: da quale punto di vista mi viene narrata questa storia?

L’invisibilità del blogger-scrittore


Non pare anche a voi che fare blogging per ottenere visibilità e credito, nella speranza di avere un giorno successo come scrittore, non abbia forse qualcosa in comune con questa storia? Io ritengo di sì, solo che l’invisibilità del blogger-scrittore dei giorni nostri non è data da una scoperta fantascientifica, ma dalla moltitudine di tutti gli altri che come me e voi ci provano ogni giorno.