Come si pubblicavano i libri nell’antica Roma
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“Si pubblicano i libri che si sarebbe voluto scrivere,
per fare coi libri un discorso servendosi di chi lo sa fare meglio di noi.”
— Valentino Bompiani
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L’editoria ai tempi degli autori Latini
La prima idea di biblioteca ad uso pubblico, di cui fornire la città di Roma per il vantaggio dei suoi cittadini, venne a Gaio Giulio Cesare. Ci troviamo nella seconda metà del I secolo a.C. La guerra civile è ormai alle spalle. Il progetto comprendeva due biblioteche gemelle: una destinata ai testi greci e l’altra alla letteratura latina. Il compito di costruirle e organizzarle fu affidato a Marco Terenzio Varrone, il quale era l’autore di un testo intitolato Sulle biblioteche1. L’assassinio di Cesare nelle Idi di Marzo del 44 a.C. pose fine a tale ambizione. Per avere la prima biblioteca pubblica, i romani dovettero attendere Gaio Asinio Pollione.
Originario di Chieti (anticamente Teate), figlio di una nobile famiglia patrizia, Asinio Pollione è stato un politico, oratore e letterato romano; secondo per erudizione e proprietà di linguaggio, si dice, al solo Cicerone. Poiché non era originario di Roma, al pari di illustri contemporanei quali appunto Cicerone, Catone e via dicendo, Asinio Pollione era considerato un homines novi. Fu seguace di Giulio Cesare e combatté per lui a Farsalo, a Tapso e a Munda. Quattro anni dopo, nel 40 a.C., fu eletto console. L’anno successivo realizzò la prima biblioteca pubblica della storia di Roma2, restaurò l’Atrium Libertatis – l’archivio dei censori costruito sulla sella che univa il Campidoglio al Quirinale – e introdusse la pratica delle recitationes: le letture in pubblico di scritti in prosa o in versi.
Come si pubblicavano i libri nell’antica Roma? Esisteva una sorta di editoria, così come la conosciamo oggi? E come sopravvivevano gli autori romani?
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