L’interiezione

Interiezioni

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Dopo le congiunzioni e i connettivi siamo giunti alle interiezioni. Il termine indica una parola invariabile per genere e numero che esprime una «reazione improvvisa dell’animo»[1] (gioia, rabbia, sorpresa, dolore, ecc.) o manifesta un’intenzione precisa (un ordine, un saluto, una preghiera, ecc.). Nel colloquio orale è spesso accompagnata da un gesto («Alt!», disse la guardia parando la mano); in quello scritto è spesso graficamente seguita da un punto esclamativo o interrogativo – quando si vuole indicare meraviglia, perplessità, incredulità («Eh?») – oppure da tre puntini, se si vuole indicare incertezza o esitazione: «Mah…».


I “classici” di oggi

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“Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.”
— Italo Calvino

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Analisi e classificazione di un genere letterario

La memoria, diceva Umberto Eco, ha due funzioni principali. La prima è contenere, ovvero fare da contenitore a ricordi non solo propri ma anche appartenenti alla propria famiglia, alla cerchia di amicizie e conoscenze, e alla comunità più in generale. La memoria, come contenitore, ci permette di avere un’identità. Senza identità saremmo come lo smemorato di Collegno: conteso da due mogli e incapace di scegliere quale vita vivere. La storia, in questo senso, è uno strumento della memoria collettiva.

La seconda funzione è quella di filtrare. Sarebbe infatti impossibile contenere tutti i ricordi e tutte le informazioni, nostre e altrui, che andiamo via via accumulando nel corso della vita. Finiremmo per somigliare a quei soggetti affetti dalla sindrome di Asperger: capaci di memorizzare nei minimi particolari le molte sfaccettature di un soggetto, ma incapaci di legarsi da soli le scarpe. Filtrare le informazioni, selezionarne alcune e scartare le altre, è quindi una funzione indispensabile per poter vivere pienamente. I classici, propriamente intesi, sono il risultato di entrambe queste operazioni.


I connettivi

Connettivi

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo parlato di congiunzioni, oggi proseguiamo il discorso approfondendo la categoria dei connettivi e, più in generale, dei segnali discorsivi:

«Negli studi linguistici più recenti, le congiunzioni tendono a confluire nella più vasta categoria dei connettivi, […]. I connettivi sono, a loro volta, parte dei cosiddetti segnali discorsivi».[1]

Essi hanno la funzione di organizzare il discorso, cioè il testo, secondo criteri «dimensionali» e «logico-narrativi». Il testo deve soddisfare diverse proprietà formali e logiche quali, ad esempio, la coesione (il rispetto delle relazioni formali tra le varie parti del testo) e la coerenza (l’insieme dei procedimenti logici e semantici che consentono di produrre nel testo un senso continuo e accettabile). Per farlo, tra le altre parti del discorso, si ricorre ai connettivi.


Le congiunzioni

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lasciati alle spalle gli avverbi, oggi diamo una rapida sbirciata alle congiunzioni. La congiunzione è un meccanismo sintattico che ha lo scopo di collegare fra loro due o più parole, o gruppi di parole, o frasi di uno stesso periodo. Il tipo di collegamento distingue le congiunzioni in coordinative, dove il rapporto fra le parti collegate è di equivalenza («Giulio e Luigi stanno fuori a fumare»; «faceva molto freddo, eppure sono uscito» [Serianni]), e in subordinative dove, come indica lo stesso termine, le parti collegate sono in rapporto di dipendenza («Non ho mangiato perché non ho fame»).


Come superare pensieri suicidi

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“Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia.”
— Albert Camus

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Analisi di un articolo apparso su VICE

Stavo cazzeggiando nell’attesa che mi assalisse la voglia di lavorare al romanzo quando, nel mio solito giro di social, quotidiani online, chat, controllo della posta elettronica, noto un titolo che attira la mia attenzione: Consigli per superare pensieri suicidi, secondo chi c’è passato. L’articolo è apparso su VICE il 29 agosto 2018. Poiché prima dell’estate avevo scritto qualche post sull’argomento, poiché io stesso quest’anno ho avuto un paio di settimane buie, poiché la mia ex ex ex si è suicidata a seguito di quella che i dottori avevano diagnosticato una depressione maggiore, un titolo del genere era destinato ad accendere la mia curiosità.

Prima di conoscerla davvero, tutti facciamo sempre lo stesso errore. Scambiamo la “depressione”, ovvero una malattia cronica dell’umore, per svogliatezza, pigrizia, indolenza, fannullaggine. Avevo più o meno 27 anni e stavamo insieme da circa due quando lei si arrampicò su un edificio alto cinque piani, voltò le spalle al suolo e si lanciò nel vuoto. Non sopravvisse alla caduta. Invece io, mi sentii sollevato da un peso che gravava sulle mie spalle come se in groppa avessi portato una montagna. Per mesi le ero stato dietro. Avevamo seguito ogni tipo di terapia. Era stata ricoverata sia al reparto di igiene mentale dell’Amedeo di Savoia sia in una clinica privata, una sorta di grosso casermone, nei pressi di Viverone.

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