I connettivi

Connettivi

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo parlato di congiunzioni, oggi proseguiamo il discorso approfondendo la categoria dei connettivi e, più in generale, dei segnali discorsivi:

«Negli studi linguistici più recenti, le congiunzioni tendono a confluire nella più vasta categoria dei connettivi, […]. I connettivi sono, a loro volta, parte dei cosiddetti segnali discorsivi».[1]

Essi hanno la funzione di organizzare il discorso, cioè il testo, secondo criteri «dimensionali» e «logico-narrativi». Il testo deve soddisfare diverse proprietà formali e logiche quali, ad esempio, la coesione (il rispetto delle relazioni formali tra le varie parti del testo) e la coerenza (l’insieme dei procedimenti logici e semantici che consentono di produrre nel testo un senso continuo e accettabile). Per farlo, tra le altre parti del discorso, si ricorre ai connettivi.

Un testo può essere perfettamente coeso da un punto di vista formale ma assurdo e incoerente quanto a senso: «ho ascoltato cantare i colori del fringuello da dentro una botte di ortica taggiasca, contemporaneamente dal cui foro di beccata osservavo colare i suoni dell’arcobaleno; così per tutta la notte…»; oppure un testo non ben coeso può comunque comunicare un senso del tutto appropriato e coerente: «Non son mica capace temo di scriverlo un esempio così…».

Gli elementi discorsivi svolgono due tipi di funzioni: una demarcativa e l’altra connettiva. Questi due gruppi hanno in comune alcune caratteristiche:

  • Entrambi possono provenire da categorie grammaticali molto diverse: forme verbali («Dico, ti sembra questo il modo di comportarsi?» [Serianni]), congiunzioni («Cioè… non ho capito bene» [Serianni]), interiezioni («Io vado a casa, eh?» [Serianni]), ecc. Molto spesso queste forme hanno un valore semantico diverso da quello originario: tendono a svuotarsi di significato per assumere la sola funzione di coesione testuale.
  • Molti di questi segnali possono essere adoperati in entrambi i modi: eh, ad esempio, può fungere da demarcativo («Eh, l’amore l’amore… che cosa splendida, l’amore»; «L’amore è una cosa splendida, eh?») oppure da connettivo («Ti ho vista attraversare la strada, eh… niente. Ti ho vista attraversare la strada!»).
  • Entrambi trovano largo impiego nel discorso orale oppure nella prosa narrativa che lo voglia riprodurre.

«Nella lingua parlata, il tempo a disposizione per pianificare il discorso è di gran lunga più breve di quel che avvenga nella lingua scritta […], e dunque l’uso, anche apparentemente ridondante, di segnali discorsivi ha spesso il compito di garantire l’appropriatezza comunicativa di un testo; a scapito, magari, della finezza formale, propria al contrario di molti testi scritti».[2]

I principali tipi di segnali discorsivi sono:

  • Seguite o precedute da un testo, hanno valore demarcativo le formule di saluto e di congedo: «Buongiorno, la stavo aspettanto» [Serianni];
  • Hanno funzione demarcativa anche molti «riempitivi», come gli avverbi allora, insomma, bene, ecco, già, e le congiunzioni dunque, comunque, ecc.: «Allora, che facciamo?»; «bene… arrivederci a domani»; «a domani, dunque»; «comunque… è andata bene, dai».
  • Le congiunzioni, che abbia già visto lo scorso lunedì, sono una classe particolare di connettivi; oltre a organizzare gerarchicamente i rapporti sintattici del periodo, esse sono in grado di pianificare porzioni testuali più ampie. Ad esempio, i connettivi e e quindi, oltre a coordinare i rapporti logici all’interno delle frasi, possono mettere in relazione differenti ordini discorsivi.

Nelle forme di esposizione «monologica» estese (racconto, conferenza, lezione scolastica, ecc.), intere frasi possono servire da segnali discorsini; per riprendere quanto detto in precedenza evitando allungamenti del discorso («come stavo dicendo…»; «per tornare al punto»); per programmare la trattazione di un tema del discorso che deve ancora venire («come vedremo tra breve»); per annunciare o preannunciare la fine dell’esposizione («ma – e poi mi fermo – …»).

Particolarmente elaborate sono alcune formule di preambolo, soprattutto nella lingua letteraria antica: «Io… umilmente vi prego, vogliatemi lasciar usare la pazienza degli orecchi vostri» [Liburnio]; «Di cotesta ultima cosa io ti posso compiacere, e sono per farlo» [Leopardi].

Si trovano segnali discorsivi anche nell’esposizione orale di carattere scientifico ispirate alla lingua scritta: «in primo luogo…»; «secondo…»; ecc. Alcuni segnali discorsivi possono perfino caratterizzare un genere letterario: «C’era una volta…»; o barzellette: «Ci sono un italiano, un francese e un tedesco…».

Conclusione

Per prima cosa lasciate che vi ringrazi per la lettura; secondo, ci si ribecca la prossima settimana con le interiezioni. Sarà interessante, eh? Spero…

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Note

[1] Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 2006

[2] Cit. Serianni

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6 Comments on “I connettivi”

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