C’è un tempo per tutto. Per dormire, per mangiare, per lavarsi i denti, e per scrivere anche. Forse non un luogo, ma un tempo c’è. Io ho trovato il mio tempo, ma non è sempre stato così.
C’è un tempo per tutto. Per dormire, per mangiare, per lavarsi i denti, e per scrivere anche. Forse non un luogo, ma un tempo c’è. Io ho trovato il mio tempo, ma non è sempre stato così.
Non so voi, ma per me un libro ha sia un valore intrinseco – storie, informazioni, concetti, parole – sia un valore autonomo, come oggetto. Di per sé il libro è un bell’oggetto. Ha una sua consistenza, una sua dignità, una sua estetica: il colore dei dossi, le immagini sulle copertine, la forma, lo spessore, la qualità della carta, il tipo di rilegatura, i caratteri… Tutte queste cose concorrono a formare l’oggetto libro.
Tanti libri messi insieme formano una libreria. Le librerie posso avere aspetti molto diversi fra loro. Possono essere un caotico e colorato guazzabuglio di copertine cartonate, oppure una nobile e alterca collezione di dossi in pelle con incisioni dorate, o ancora un saccente agglomerato di dotti saggi monocromatici.
Arriva sempre un momento nella vita in cui ci si guarda indietro e si osserva la strada percorsa. Io alle mie spalle vedo molte cose: tornanti, ostacoli, desideri… ambizioni. Queste ultime pesano un po’ di più. Sono disseminate come piccole pietre che rendono il sentiero accidentato. Uno in particolare è un grosso sasso. Me lo ritrovo sempre tra i piedi. Per molti anni ho cercato d’ignorarlo, ma all’età di 37 anni ci inciampo ancora contro. Gli ho anche dato un nome, si chiama: scrittura.
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