
Lo stomaco brontolò.
Strano, – pensò Sophya, – lo fa solo quando penso alla parola: cibo.
Lo fece di nuovo.
Chissà se le due cose sono collegate? – si chiese.
In accordo con i pensieri, lo stomaco brontolò per la terza volta.
Seduta su una panchina di legno, di quelle molto vecchie, in un angoletto carino di una via stretta, Sophya osservava curiosa i passanti. Andavano tutti molto di fretta. Alcuni erano carichi di borse. Altri, infreddoliti, si infilavano rapidamente nei negozi, lasciandosi alle spalle solo uno sbuffo di vapore.
La via aveva una pavimentazione in acciottolato e le case attorno indossavano ancora facciate di mattoni. Festoni luminosi addobbavano la strada collegandosi, per tutta la via, da un palazzo a quello di fronte e molti negozietti, eleganti e ben arredati, si affacciavano in fila. Al loro interno, calde luci gialle mettevano in risalto la mercanzia esposta.
Sophya si scaldava alla sensazione di calore che quelle luci le trasmettevano. Immaginava se stessa entrare in uno di quei negozi. Vestita bene e senza l’intenzione di rubare. Magari… mano nella mano con una mamma. Non per forza la propria, che neanche ricordava, ma una che non fosse solo frutto della propria immaginazione.
Con uno sbuffo allontanò quel pensiero da sé. Poi guardò la nuvoletta di vapore dileguarsi in fretta nell’aria. Quindi si lisciò il cappotto, troppo ampio e logoro, e se lo strinse maggiormente sul petto, vicino alla gola. Dall’alto, qualche pennacchio bianco iniziava a cadere in modo disordinato, qui e là.
Sophya alzò gli occhi per valutare la situazione. Erano pochi al momento, ma il colore eburneo del cielo non prometteva niente di buono. Poi vide un ciuffo di neve avvicinarsi leggero al suo viso. Tirò fuori la lingua e il fiocco ci si posò sopra. Resistette qualche attimo prima di sciogliersi. In risposta, il suo stomaco, brontolò ancora.
Nell’edificio di fronte, dal negozio di dolciumi, si aprì una porta e ne uscì un uomo. Con passo calmo, l’uomo, si diresse proprio verso di lei. Con diffidenza, Sophya, lo osservò avvicinarsi. Aveva più o meno una cinquantina d’anni, era alto e magro, e indossava abiti di buona fattura. I capelli, un po’ stempiati ma ancora scuri, erano pettinati con la riga di lato. Sul viso, un paio di occhiali dalla montatura sottile e dorata, davano all’uomo un’aria distinta.
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