Marketing editoriale

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Veline, calciatori e ghost writer

Questa riflessione parte da un post di Marina Guarneri, pubblicato sul suo blog un paio di settimane fa. Parlava dell’ultimo libro di Ligabue – Scusate il disordine – uscito credo la scorsa estate, ma in definitiva è stata l’ennesima occasione per parlare di un certo tipo di editoria: quella che pubblica Vip: personaggi famosi che normalmente per mestiere non fanno gli scrittori. Siamo ormai abituati a questo tipo di discorsi, col suo carico di polemiche imprescindibili, sempre le stesse, tanto che se vi dico tre parole – ghost writer, Vip e editoria tradizionale – il resto potreste benissimo immaginarlo da soli. Potremmo anche stilare un elenco, piuttosto lungo, di personaggi che non vorremmo vedere esposti in libreria ma che invece ci campeggiano vendendo pure molto: Luciano è uno di questi, a cui potremmo affiancare Volo, Totti, e un centinaio di altri.

Devo ammettere che con Marina mi trovo molto spesso in accordo, forse per via della sicilianità, e il suo post è originale perché non si limita a far affiorare i soliti pregiudizi, ma va più a fondo: valutando, e positivamente, il libro in questione. La mia riflessione si interseca alla sua in quanto, con l’occasione, vorrei analizzare i motivi che spingono  una casa editrice a pubblicare libri, magari scritti da ghost writer, di personaggi famosi che non appartengono alla categoria degli scrittori puri. D’altra parte se Baricco decidesse di partecipare al festival di Sanremo cosa ne penseremmo di lui?


Gli indefiniti negativi

negativi

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Dai collettivi passiamo ai pronomi e aggettivi negativi; essi, come dice il nome stesso, negano, cioè «escludono del tutto un certo dato»[1]: «non l’ho detto a nessuno», «non c’è niente da mangiare in cucina».

TIPO

MASCHILE FEMMINILE

PR.ME AGG.

nessuno nessuna

PR.ME AGG.

veruno

veruna

PR.ME

niente

PR.ME

nulla

Nella tabella, presa dalla Grammatica del Serianni, sono riepilogati tutti i negativi; alcuni rientrano sia nella categoria degli aggettivi sia dei pronomi, altri solo in quella dei pronomi. Tutti però si adoperano soltanto al singolare. Di norma gli aggettivi negativi non ammettono l’articolo o l’aggettivo dimostrativo: «il nessun libro» [Serianni].

«Nessuno può tuttavia essere articolato in usi intensivi (e con valore analogo si adopera qualche volta il superlativo)».[2]

Ecco alcuni esempi:

«La giustizia si faceva al buio; atroce pel mistero, e inutile pel nessuno esempio» [I. Nievo].

«Trevisan sottaceva a Rubè la sua nessunissima ambizione di seguirlo» [G.A. Borgese]

Entrambi gli esempi sono un po’ al limite dell’accettabile.


Iudicantibus

 

giudicare

Chi giudica sarà giudicato

“Hoc est iudicium, in quo vos de reo,

populus Romanus de vobis iudicabit.”

Cicerone, In verrem

A chi non capita di giudicare? Diciamocelo, una delle cose che ci distinguono dal mondo animale non è il pollice opponibile o l’articolazione di suoni fonetici, ma la capacità di formulare, dentro o fuori di noi, un giudizio di valore, di merito, di approvazione o di biasimo su persone o cose che fanno parte, per breve o lungo tempo, del nostro mondo, della nostra realtà.

Ci avviciniamo al Natale, e quindi, inevitabilmente, dobbiamo essere tutti più buoni: altrimenti Babbo Natale non verrà a visitare il nostro camino. Anche lui, come si vede, si fa di noi un’idea; formula un giudizio di approvazione o biasimo del nostro comportamento. La stessa cosa si può dire della Befana o, perché no, del Dio cristiano: severo e rigoroso. Egli, dall’alto dei cieli, ci giudica. E tutti noi dovremmo temere la sua sentenza. Ma nel profondo del nostro cuore sappiamo che anche noi, ogni giorno, giudichiamo il nostro creatore:

«Era solo un bambino».

«Era tutto ciò che possedevo».

«Boia d’un cane, che vita grama…».

Sì, lo giudichiamo. Più di quanto lui faccia con noi. Le conseguenze non sono le stesse, ma provate a immaginare sette miliardi di persone che ogni giorno, più volte al giorno, ti mandano a stendere. E mai un ringraziamento…

Torniamo seri. Oggi voglio parlare del “giudizio”. Non quello universale; quello umano. Per farlo dovrò prendere una strada un poco lunga, spero abbiate la voglia di passeggiare un po’ con me. Per non farvi perdere tempo, cominciamo subito col chiederci se il giudizio, ovvero l’atto di giudicare, sia una cosa buona o cattiva; positiva o negativa; dovuta o maleducata; conveniente o sconveniente. Secondo voi?


Grammar-nazi

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Scegli la grammatica

Scegliete la grammatica. Scegliete un complemento di termine. Scegliete la sostantivazione dell’aggettivo, un’ortografia pulita o un superlativo del cazzo. Scegliete gli aggettivi singolativi, il refuso controllato e una sintassi lineare. Scegliete uno stile semplice e locuzioni in tinta. Un discorso in tre parti e riempitelo di retorica. Scegliete di evitare la virgola tra soggetto e verbo, e domandatevi a che serva il punto e virgola. Scegliete di sedervi in poltrona a spappolarvi il cervello con un romanzo russo o di rispondete a un quiz sul congiuntivo mentre vi ingozzate di schifezze commerciali. Alla fine scegliete di marcire in una squallida biblioteca di periferia, ridotti a motivo di imbarazzo per gli stronzetti viziati ed egoisti che avete votato per rappresentarvi. Sì, scegliete la grammatica. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la grammatica. Ho scelto di sbagliare il congiuntivo. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando si è aspiranti scrittori?


Gli indefiniti collettivi

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo osservato da vicino, molto da vicino, gli indefiniti singolativi. Oggi è il turno dei pronomi e aggettivi indefiniti collettivi. Pur non determinandone la quantità, i collettivi indicano l’insieme di «tutte le singole unità di un determinato ambito concettuale («tutti i mesi» / «ogni mese» / «ciascun mese»)», o attribuiscono a ciascuna unità «la capacità virtuale di rappresentare l’insieme»[1].