Ammetto che il titolo qualche perplessità possa lasciarla. Con scrivere fatti non intendo certo suggerirvi l’uso di stupefacenti durante una sessione di scrittura; semmai, piuttosto, il ricorso a una scrittura stupefacente. Scrivere fatti è l’unico modo per essere pubblicati, per essere letti, per vendere un milione di copie di quel manoscritto che serbate nel cassetto. Quasi tutti gli scrittori scrivono fatti, nei loro romanzi. Persino i giornalisti, nei loro articoli, scrivono fatti. C’era una pubblicità negli anni ottanta, di una marca che non ricordo più, che suonava più o meno così: «Sono i fatti, quelli che contano», da non confondere con un’altra: «Fatti, per credere». Irvine Welsh, negli anni novanta, ha preso un certo numero di “fatti” e ne ha scritto un libro diventato icona di quel decennio, Trainspotting, ma è un caso più unico che raro; per tutti gli altri, gli unici fatti che contano sono quelli veicolati dalle azioni.
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