Si dice che il corpo abbia una memoria. L’arte di esprime emozioni attraverso i gesti e il movimento, come la danza o la recitazione, soprattutto se teatrale, o l’equilibrismo circense, basano la loro stessa esistenza, e bellezza, proprio su questo principio. Sarebbe altrimenti impossibile ripetere con tanta armonia, ed estetica soddisfazione, il flessuoso e suadente corteggiamento di un tango argentino se, per eseguirlo, dovessimo continuamente comandare il corpo, attraverso i ricordi e il ragionamento, con la potenza spesso fallace del cervello. Il corpo impara e interiorizza i ritmi, i passi, i minuetti e, grazie alla musica, li riproduce nella giusta sequenza senza che consciamente ce ne rendiamo conto, lasciando al cervello il solo compito di goderne intensamente.


Alcune scritture sono dissetanti come acqua limpida in un bicchiere colmo. Altre sono pozze di catrame, puzzolenti e nauseabonde, in cui si resta impantanati fino a non poterne più uscire. Alcune voci sono calamitiche, ci attraggono senza sapere il perché. Altre ci annoiano solamente, fin dalle primissime battute. Perché succede?


Forse non tutti sanno che anche i greci, quelli dell’antica Grecia, scrivevano romanzi. Siamo abituati a immaginarceli presi dal loro filosofeggiare o intenti a comporre poemi, eppure di romanzi greci ce ne sono giunti cinque. Solo che loro non li chiamavano così – il termine romanzo [s.m. dal fr. ant. romanz, uso sostantivato dell’agg.] indicava in origine un componimento in lingua romanza, cioè derivante dal latino (francese, spagnolo, italiano, ecc.), sia in versi sia in prosa, che narrava avventure eroiche col fine di dilettare il lettore –, i greci anzi non davano alcun nome a questo tipo di componimento, perché giudicavano la “narrativa d’intrattenimento” così bassa da non essere nemmeno considerata letteratura d’evasione. Insomma fecero di tutto per dimenticarsene e per farci dimenticare che questo tipo di scritto è forse antico quanto la scrittura stessa (il romanzo Aḥīqār, nato in ambiente aramaico sotto l’influenza culturale assiro-babilonese, risale addirittura al 6° secolo a.C.; ma ce n’è uno ancora più antico, Sinuhe, narrazione egizia in prima persona risalente al XVIII secolo a.C.).


Vocabolario critico per giovani autori:

Aggettivazione s.f. [der. di aggettivare]. – Può essere minimalista o iperbolica, ma anche leziosa, sobria, sciatta, voluttuosa, abulica, perniciosa…

Canone s.m. [dal lat. canon -ŏnis, originariamente un regolo da artigiani]. – 1. Tutto ciò che è storicamente bello, secondo l’élite; 2. Tutto ciò che è esteticamente bello, secondo l’élite; 3. Tutto ciò che non è brutto, secondo l’élite.

Manzoni, Alessandro s.m. [antroponimo]. – Viveva nei pressi di Como, sulle rive di un lago… non so altro, prof.

Razzolamerda s. m. e f. [voc. di origine lett.]. – 1. Protagonista principale di un romanzo di David Foster Wallace; 2. Protagonista principale della Repubblica delle Lettere, nel ruolo di cooptato; 3. È per loro che i posteri smetteranno di scrivere (ma non di leggere).

…continua