Librogame amarcord
…quando la fantasia non era ancora virtuale
Prima che il nostro mondo si trasformasse in una prateria di 0 e di 1 impilati come steli di grano all’ombra di un monitor, la fantasia della mia generazione galoppava attivamente su libri molto speciali: i Librogame.
Chi li ricorda è vecchio, quindi non so quanto vi convenga stirare il braccio verso l’alto. Potreste fingere di grattarvi la schiena, per non dare nell’occhio alla vostra compagna/o che vi osserva con attenzione. Ma lo siete, siete vecchi e la cosa per di più non vi dispiace affatto.
Non vi dispiace perché prima che la Sony lanciasse nel 1995 la PlayStation, l’unico modo per abbattere draghi sputafuoco o vestire i panni di un investigatore famigerato, erano proprio loro: i librogame. Certo, avreste potuto uscire in strada e raggiungere la sala giochi a gettoni più vicina, oppure radunare il vostro gruppetto di giocatori di ruolo e darvi al lancio ossessivo-compulsivo di dadi multi-faccia, ma la verità è che nella solitudine della vostra stanza, lontano da sguardi indiscreti e pronti a smentire se qualcuno ve lo avesse chiesto, voi vestivate i panni di Pip o di Lupo Solitario con un’esaltazione molto diversa, privata, quasi mistica.
Una storia infinita dopo l’altra
In modo dipendente dalla fortuna della serie, ricordo che queste saghe non finivano mai. Un libro dopo l’altro, avventura dopo avventura, vivevo i panni dei miei eroi preferiti. Quando l’avventura finiva la rigiocavo, facendo scelte diverse, in attesa che uscisse il numero successivo. Diciamocelo, erano una droga. Li accumulavo come scatole vuote di biscotti.
Il mio preferito era Pip con la sua spada parlante: l’excalibur in miniatura. Il Merlino descritto in quella serie, invece, era un po’ troppo pasticcione per i miei gusti, ma le avventure erano decisamente spaventose. Spaventose per un ragazzino di dieci anni.
La mia generazione, infatti, non era smaliziata come quella di oggi. Il sangue non lo vedevamo sui teleschermi già all’età di sei anni, come invece avviene adesso. Nello scarico del lavandino, nel bagno di casa, immaginavo vivesse un signore molto per bene, seppur di dimensioni ridotte, che a causa di una vita sfortunata si era rifugiato lì, a casa nostra.
La mia fantasia galoppava molto più di quanto faccia oggi, lo ammetto. In fondo guardavo poco la televisione, non esistevano i computer – almeno, da me – e i videogiochi portatili erano di una tristezza infinita. Tecnologia rudimentale. Molto meglio un bel librogame.
Le mie saghe preferite
Forse l’ho già detto, ma tendo a non rileggere quello che scrivo e l’alzheimer ha iniziato a fare il suo corso; il mio preferito era Alla corte di Re Artù. Non era l’unico però, leggevo anche Lupo Solitario, Advanced Dungeons&Dragons e Sherlock Holmes.
Ricordo che gli angoli delle pagine, in alto a destra, portavano stampate due facce di dado. Dadi a sei facce. Per lanciare i dadi non li si faceva ruotare nelle mani, scuotendoli per ore nella speranza di un buon risultato, ma facendo scorrere molto rapidamente i fogli tra pollice e indice. Ammetto anche che, se il risultato non mi garbava, dopo aver lanciato uno sguardo alle spalle per assicurarmi che nessuno mi vedesse, a volte riprovavo. E poi ancora, fino a quando il mio eroe non riusciva a sferrare il colpo di spada decisivo.
Non so quanto peso abbiano avuto i libro-gioco nella mia passione per la lettura e la scrittura. Di certo leggevo molto, da prima e anche durante. Leggevo soprattutto fantasy, ma credo, e lo dico senza alcuna polemica, che da ragazzini sia quasi scontato. Poi i gusti cambiano. Non sempre certo, ma cambiano.
Non ho provato a cercare negli scatoloni in cui conservo le centinaia di volumi che possiedo, anche perché per farlo dovrei attraversare mezza città fino a casa di mio padre o a un magazzino in periferia. La mia libreria si estende per molti chilometri quadrati. La paura però, è di averli gettati via molto tempo fa. In fondo i librogame non erano veri e propri libri, o meglio: erano libri usa e getta. Finita l’avventura, non servivano più a nulla e anche se la rigiocavi un paio di volte ancora, eri quasi certo che non fosse necessario conservarli. Se sia stato davvero così, non lo ricordo, ma me ne pento. Non posso comunque più farci nulla ormai.
Oggi li conserverei invece, ne sono certo. Lo farei per dare una scelta ai miei futuri figli, quelli che prima o poi verranno. Sono altrettanto certo che tra un vecchio libro-gioco ammuffito e una PlayStation 3D (quella del futuro), magari anche interattiva, la scelta sarebbe scontata. Quantomeno, però, si tratterebbe di una scelta.
I vostri librogame
Eccoci alla fine del post ed è con vera curiosità che vi chiedo se li avete mai letti/giocati e, nel caso di risposta affermativa, quali fossero le vostre saghe preferite. Date voce ai vostri ricordi, vi leggo.
Io non ho mai letto i librogame, però se non ricordo male su “Topolino” ogni tanto uscivano storie del genere, che rendevano possibile per il lettore scegliere come fare evolvere la trama.
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Molto male Chiara, molto male. Devi assolutamente recuperare questo svantaggio. Nei mercatini di libri usati dovresti riuscire a trovarne ancora qualcuno.
Topolino l’ho letto poco. In quel poco però, non ricordo una cosa simile. Non sono mai stato un grande lettore di fumenti, neanche di manga.
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Ah, “Il castello di tenebra” l’ho giocato in francese durante una vacanza studio! Mi sa che sono proprio vecchia…
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In francese addirittura? Brava Tenar! Vecchia, ma saggia lettrice. 😉
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Nemmeno io ho mai letto i librogame.
A dieci anni, l’idea di sedermi e passare il mio tempo libero con un libro non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello: ero troppo impegnata a fare il maschiaccio e a massacrare me stessa e gli altri in giochi maneschi.
In casa mia c’era un solo televisore e stava in cucina: lo si accendeva solo per guardare i TG e il film della sera.
Va detto, però, che in casa mia non c’erano libri – a parte quelli sulla tecnica pittorica, nel periodo in cui mio padre dipingeva. Avevo il sussidiario, ma quello serviva solo per studiare. Avevo anche un libro di fiabe. Uno solo. E per evitare che lo scarabocchiassi o ne strappassi le pagine, mia madre – che me lo aveva regalato per un compleanno – lo teneva su un mobile troppo alto perché potessi raggiungerlo.
Quindi niente librogame. Non ne ho mai nemmeno sfogliato uno 😐
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Vade retro eretica! 😛
P.S. come sei finita a fare la scrittrice? 🙂
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Per imitazione ^^ Verso i sedici anni ho cominciato a leggere e non ho più smesso. E, a un certo punto, mi è venuta voglia di scrivere qualcosa che fosse bello come i romanzi che mi entusiasmavano: ricordo che le spinte più potenti me le diedero Il ciclo di Dragonlance, di Margaret Weis e Tracy Hickman, e Il dio del fiume, di Wilbur Smith. E da lì, niente: ho continuato, tra alti e bassi e lunghi periodi di stop ;-P
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Anch’io ho letto le Dragonlance da ragazzo. 😉
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Penso di essere uno dei pochi a non aver mai letto libri del genere e neanche mi incuriosiscono.
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Peccato, a me esaltavano invece. Come mai non ti incuriosiscono?
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Non so, per me leggere non significa giocare, ma solo leggere 🙂
Mi stressa anche solo il pensiero di saltare qui e là per il libro.
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