Come indica il nome stesso, essi determinano il tempo di svolgimento di un’azione: l’altro ieri, ieri, oggi, domani, dopodomani. Per porzioni di tempo più ampie si deve fare ricorso a locuzioni quali: x giorni fa, fra x giorni, di qui a, in capo a. Suddivisioni inferiori sono quelle rappresentate da mattina, pomeriggio, sera, notte: stamattina, questa sera, oggi pomeriggio, stanotte, ecc. Per indicare l’anno precedente a quello in corso si usa: l’anno scorso, un anno fa, l’altr’anno. Per un numero di anni superiore si fa ricorso a locuzioni con fa e or sono: due anni fa, tre anni or sono, ecc. Se ci spostiamo in avanti con il tempo adopereremo: l’anno prossimo, fra un anno, l’anno venturo. Se gli anni sono più di uno ricorreremo a locuzioni con tra o fra: fra cent’anni, oppure da qui a tre anni, e via dicendo. Le stesse regole valgono sia che si parli di giorni, di mesi, di secoli, ecc.


Chiamati anche avverbi di modo, essi specificano le modalità in cui si compie un’azione. Adoperati con questa funzione sono in primo luogo alcuni avverbi in -mente: «fu umanissimamente ricevuto, e ne’ consigli domandati saviamente e amorevolmente consigliato» [Machiavelli], «Qualcuno si potrebbe innamorare di te solo a vedere la tua cucina? Chissà: forse il lettore, che era già favorevolmente predisposto» [Calvino]. Essi possono anche esprimere un particolare punto di vista dal quale viene considerato un evento: «la lettera dello studio Albertini tecnicamente veniva giudicata come il tentativo di chi non era riuscito ad accompagnare il rialzo» [La Repubblica del 25.5.1986 cit. in Serianni, Grammatica italiana].


Di norma l’avverbio occupa una posizione prossima alla parola o al gruppo di parole che vuole determinare. In genere si tende a porlo o prima dell’aggettivo o dopo il verbo: «davvero carino»; «dormire profondamente». Anticipare la posizione dell’avverbio rispetto al verbo è possibile, e l’effetto che si crea è quello di rilievo enfatico: «molto si prodigò per il bene della patria» [Serianni]. Quando si riferisce a un’intera frase, allora la sua posizione è mobile. Ad esempio se dicessimo: «Giovanni astutamente convinse tutti» il significato della frase non cambierebbe spostando l’avverbio al suo principio: «Astutamente Giovanni convinse tutti», o alla fine: «Giovanni convinse tutti astutamente» [esempi del Serianni].


Ricordo, per chi non avesse seguito i precedenti mini-ripassi, che la distinzione tra preposizioni proprie e improprie risiede nel fatto che queste ultime possono essere adoperate oltre che come preposizioni anche come avverbi, aggettivi, verbi. Quello degli avverbi adoperati con funzioni preposizionali, ad esempio, è un gruppo piuttosto consistente, come gli avverbi di luogo: sopra/sotto, davanti/dietro, dentro/fuori, vicino/lontano. Ma come facciamo a distinguere le due funzioni fra loro?


L’unica ragione per scegliere tra le due è evitare l’accumulazione di suoni cacofonici o sgradevoli; ad esempio «fra tre anni» è preferibile rispetto a «tra tre anni». Del resto: