terza persona narrante

…quando narrare è oggettivo, soggettivo o onnisciente

«Psh. Ragazzo, tocca a me?»

«No, ancora no, vecchio mio».

Cari followers, ben ritrovati. Siamo giunti al terzo appuntamento con il punto di vista in narrativa, vale a dire: con quali occhi narrerò la mia storia? Nel precedente articolo abbiamo visto le principali differenze fra la prima e la terza persona narrante. In questo, invece, proverò ad approfondire i diversi aspetti di quest’ultima; ce ne sono sostanzialmente tre:

  • narratore onnisciente;
  • terza persona limitata soggettiva;
  • terza persona limitata oggettiva.

Ritengo che il modo migliore per illustrare queste tipologie sia di lasciarsi alle spalle le asettiche chiacchiere da manuale e utilizzare degli esempi pratici. Nel precedente articolo alcuni lettori, nei commenti, si sono divertiti a inserire dei brani scritti ad hoc,  riprendendo e ampliando il mio esempio. L’hanno fatto senza che glielo chiedessi, ma dando vita a due validissimi brani. Per aiutarmi con questo articolo allora, e anche per premiare la loro iniziativa, utilizzerò i loro.


stupratore seriale

…quando il sesso sfocia in violenza

In un mondo giusto: un uomo incontra una donna, se ne innamora, la corteggia, ci esce insieme e, alla fine, i due, si ritrovano stesi su uno squallido materasso dozzinale, simile a molti altri, a far cigolare le molle. Il rumore, nel silenzio generale, si protrae per pochi minuti. La luce resta sempre spenta. Quando il cigolio si quieta, la donna, insoddisfatta, mente sulla prestazione dell’uomo. L’uomo, pensando di essere Dio sceso in terra, ronfa con orgoglio.

Diciamocelo: Adamo ed Eva hanno messo al mondo un’umanità priva di midollo spinale. Siamo la brutta favola che nessun bambino vorrebbe mai leggere. La sitcom che non finisce mai in onda sui teleschermi. Per fortuna, a risollevare le nostre sorti, esistono loro, gli: stupratori.

Ok, detto così può sembrare bieco e un tantino cinico, lo ammetto. Peggio: può quasi sembrare che suggerisca ai lettori di diventare essi stessi dei violentatori, o quando meno di portare loro ammirazione. Nulla di più falso. Lo scopo di questo articolo, tuttavia, è di spingervi a guardare il demone dritto negli occhi. Il demone in questione, cari followers, siete proprio voi.


Je_suis_Charlie

…quando la libertà di satira è ipocrisia

Alla satira volgare e spesso sessualmente esplicita, io, ho sempre preferito una riflessione più intima e pacata. Non sono mussulmano, ma neanche ebreo. Non sono ateo, ma neanche religioso. Non approvo chi impugna un fucile per sottolineare le proprie ragioni, ma neanche chi fa della satira un’arma. Diciamolo: la satira, come espressione dell’intelligenza umana e come veicolo di protesta, non mi è mai piaciuta.

Certo, c’è satira e satira. Quella dei fratelli Guzzanti, ad esempio, mi è sempre andata a genio. Sa essere irriverente, ma anche divertente. Quella del settimanale Chalie Hebdo, invece, è solo volgare. Brutta. Così avrei risposto, se me lo avessero chiesto, prima che un pugno di dementi falciasse a suon di proiettili la loro redazione.

Dopo i fatti di Parigi, tutti si sono alzati urlando in coro: “Io sono Charlie – Je suis Chalie!”. Io, invece, più che Chalie Hebdo, mi sento un po’ Chalie Brown. Ecco, è quello il livello di satira che va a genio a me. Chi pensa che non ci sia satira nei Peanuts, non li ha mai letti con attenzione. La satira c’è, verso il genere umano, mostrandone le peculiarità e le debolezze. Debolezze che si manifestano fin da piccoli.


terza persona narrante

… quando non servono strade giuste,

ma il giusto narratore

Cari follower, so che aspettavate questo momento. Vi siete trascinati per tutta la settimana in un’ansia asmatica, da prestazione post-mestruale, solo per la tensione di poter leggere il seguente articolo. Ebbene, il tempo è giunto. Adesso potete tirare un sospiro di sollievo, strappare il testamento redatto malamente in presenza del vostro labrador, e voltare finalmente pagina. Oppure…

Potreste continuare a leggere, dandovi l’opportunità di: scoprire regni utopici in cui la fantasia è normalità; galleggiare su oceani di pensieri percorsi da ondate di parole deliranti; immergervi in sostrati di avverbi, di modo (leggi: lentamente), o di tempo (leggi: immediatamente), cozzanti con aggettivi qualificanti (leggi: romboidale); regnare su consonati sibilanti e virgole punteggianti; poiché l’argomento di questo post è: narrare, sì, ma in terza persona.

Incipit numero 2

Capisco, preferite la normalità di un linguaggio armato di senso. Bene, concordo. Dunque, la volta precedente abbiamo parlato di scrittura in prima persona, sia al presente, sia al passato. Oggi, se riuscirò a essere serio ancora per qualche riga, potremmo parlare della scrittura in terza persona.

«Ragazzo, ti vedo un po’ affaticato».

«Tranquillo, vecchio mio, sto bene. Solo, non avevo mai scritto “mestruale” prima d’ora».

«Ti capisco. Ma alla tua età saprai che capita, no? Almeno una volta al mese. Vieni, ti spiego un po’ di cose».