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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Dal latino pronōmen [parte del discorso], che si colloca al posto di un nome, nella sintassi della frase il pronome fa le veci del sostantivo, eguagliandolo in genere e numero. Esso è una parte importante del discorso; se ben giostrato, è uno di quei coesivi che permettono di articolare frasi complesse in modo semplice e chiaro. Essere bravi a gestire i coesivi significa saper padroneggiare pienamente, da professionisti la propria lingua. Quindi su di loro mi dilungherò un po’ di più.

Prime distinzioni

La classe dei pronomi ha molto in comune con quelle dei sostantivi e degli aggettivi, le due parti del discorso più simili fra loro, poiché tutte e tre variano in genere e numero. Sono due invece le differenze sostanziali che li distinguono:

  1. Tanto i sostantivi quanto gli aggettivi costituiscono una classe aperta, capace di arricchirsi continuamente; perfino di scambiarsi di posto, come abbiamo visto a proposito della sostantivazione dell’aggettivo. I pronomi, invece, formano sistemi chiusi, con un numero ristretto di elementi e corrispondenze.
  2. Tanto i sostantivi quanto gli aggettivi sono parole «piene», capaci di esprimere cioè un concetto, di cui si può trovare in un vocabolario piena corrispondenza nella definizione. I pronomi invece, come anche altre parti del discorso − le parole «grammaticali», ad esempio, sono vocaboli «vuoti» −, devono essere designati attraverso una definizione metalinguistica, o attraverso un pronome corrispondente.

Pronome personale

«La funzione di sostituire un nome, che resta la funzione propria della maggior parte delle forme tradizionalmente comprese nella categoria “pronomi”, risulta evidente nei casi in cui al sistema pronominale si affianca una parallela serie di aggettivi: il pronome equivale allora ad un sintagma costituito dal corrispondente aggettivo pronominale e da un nome».

Luca Serianni, Ivi p. 238

Di seguito una tabella che riassume le forme toniche dei pronomi personali [presa dalla Grammatica del Serianni].

SOGGETTO

COMPLEMENTO

Maschile

Femminile

Maschile

Femminile

1° Persona io io me me
2° Persona tu tu te te
3° Persona egli, lui, esso ella, lei, essa lui, esso lei, essa
4° Persona noi noi noi noi
5° Persona voi voi voi voi
6° Persona essi, loro esse, loro essi, loro esse, loro
Riflessivo sing. e plur.

«Non tutti i pronomi personali svolgono la medesima funzione», dice Luca Serianni nella sua grammatica. Infatti i pronomi di 1° e 4° persona rappresentano chi parla; quelli di 2° e 5° persona, chi ascolta. I pronomi personali di 3° e 6° persona possono indicare «colui del quale si parla» o sostituire un nome. Non tutti i pronomi, infatti, possono sostituire nomi qualsiasi. Ad esempio: «Tu e io ci amiamo»; «Paolo e Chiara ci amiamo». I pronomi di 4° e 5° persona non rappresentano, come verrebbe istintivo pensare, dei plurali della 1° e 2° persona (io, tu), ma dei pronomi «inclusivi» che inglobano le due forme precedenti: «noi leggiamo» include il «tu e io leggiamo»; «voi leggete» include «tu e lui leggete», eccetera.

Una delle cose da tenere a mente è che in italiano l’uso dei pronomi personali è di norma facoltativo: «(io) ascolto sempre volentieri quando (tu) suoni la chitarra». Nell’esempio appena letto l’uso dei pronomi è possibile, ma non indispensabile (in alcuni casi anche sconsigliato, perché tautologico).

Tuttavia ci sono casi in cui lo si deve esprimere obbligatoriamente:

  1. Espressioni olofrastiche: «Chi è stato?». «Io…» [Serianni], o frasi ellittiche in cui il pronome sia accompagnato da un infinito, da un aggettivo o da un sostantivo: «Io ammazzare tutti i signori!» [Manzoni].
  2. Quando seguito da un’apposizione: «che ho mai fatto io, servo inutile, pastore sonnolento perché…» [Manzoni], o sia l’innesto di una proposizione relativa: «O tu che dormi là su la fiorita» [Carducci].
  3. Nelle enumerazioni e quando si succedono frasi con soggetti diversi: «tu parli con la Nina, lui balla con la Giovanna e io che faccio?»; «Loro saltano i pasti? Noi saltiamo sui pasti!».
  4. Nelle espressioni enfatiche e quando si voglia esaltare il ruolo di un soggetto: «io solo / combatterò, procomberò sol io» [Leopardi]; «Giulio, tu vedi ch’io lavoro, ch’io mi logoro la vita per la famiglia» [De Amicis]. In frasi con una sola proposizione è normale avere il pronome posposto al verbo: «ci penso io» [Serianni]; si pospone in particolare dopo anche, neanche o una congiunzione copulativa: «Vengo anch’io. No, tu no» [Jannacci].
  5. Per esigenze di chiarezza, ad esempio quando una forma verbale può valere per più persone: «Bisogna che sappia la verità». Chi? Io, tu, lui, lei?

Forme desuete come meco, teco, seco e, ancora più rare, nosco, vosco, secoloro – che continuavano i latini MĒCUM, TĒCUM SĒCUM, NŌSCUM e VOBĪSCUM (l’avete letto Il nome della rosa?), agglutinando al pronome personale la preposizione CŪM (con) – sono ormai palesemente arcaiche.

Infine, e poi per oggi chiudiamo, tutti i pronomi personali possono rafforzarsi mediante l’uso di stesso: «Più che a chiunque altro, voleva bene a se stesso». I pronomi della 4° e 5° persona possono invece combinarsi con altri: noialtri, voialtri, anche scritti staccati; adoperati per sottolineare una contrapposizione palese o sottintesa: «stava sempre nel retro e sorvegliava noialtri da un buco nel muro» [Pavese].

Conclusioni

Per oggi ci fermiamo qui, ma non dubitate che torneremo a calcare queste pagine della grammatica italiana: le più importanti, assieme agli aggettivi, per un aspirante scrittore. E scenderemo, scenderemo molto in profondità. Più che potremo, secondo i nostri limiti (i miei, nello specifico). State bene.

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Note

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989

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9 Comments on “I pronomi”

  1. Una volta, in un saggio (mi pare Marazzini, “Da Dante alle lingue del Web”, Roma 2013, Carocci), ho letto che sé va accentato anche quando seguito da stesso; si sbagliano in molti…
    Sono comunque dei post utilissimi, soprattutto se stimolano discussioni. 🙂

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    • Anche secondo Luca Serianni il “sé” pronome va sempre accentato. Non ricordo più su cosa si basasse per sostenere la sua tesi, ma si può leggere sul suo saggio: Prima lezione di grammatica. In genere invece si sconsiglia si accentarlo perché seguito da “stesso” non si corre più il rischio di confonderlo con il “se” congiunzione, che era l’unico motivo che ci spingeva ad accentare la preposizione.

      Grazie. 🙂

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  3. Ogni tanto andarsi a rivedere la grammatica fa soltanto che bene.Scopriamo così che (almeno per me) non mi ricordo proprio tutte le regole.
    Studiando poi con con persone che imparano italiano ed io le loro lingue, si fanno molte domande sul perché si scrive così, o su una regola grammaticale.
    Credo che andare a studiare la grammatica italiana aiuta a spiegarci meglio e ad allargare il nostro vocabolario, come quando impariamo una nuova lingua.Con 20 parole non vai molto lontano, idem se non conosci le basi grammaticali.

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    • Ciao Tiziana, benvenuta nel mio blog e grazie per il tuo commento. In effetti fa proprio bene andarsi a rivedere la normativa, di tanto in tanto, soprattutto se si hanno aspirazioni letterarie. Quella sintassi un po’ debole, quei periodi ipotetici (non per i tempi verbali, ma proprio per la costruzione…), quei giri retorici astrusi solo perché, ad esempio, non si sanno usare i pronomi (che risolvono una marea di problemi sintattici e semantici), insomma… Poi io ho sempre pensato che uno scrittore sia prima di tutto un linguista: se non conosci lo strumento che usi, non puoi andare molto lontano. Sull’arricchimento vocabolico, invece, il discorso è ancora diverso, e non basta più ripassare la grammatica. Serve soprattutto leggere, e leggere molto. 🙂

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      • Di nulla.Da pochissimo ho scoperto il mondo dei blog per ricerche di lavoro, amici di studio e da scrittrice in “erba”(anzi direi “sotto terra”).😀

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