Avverbi presentativi

Avverbi presentativi

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Riprendiamo questi nostri ormai consueti mini-ripassi di grammatica del lunedì dopo una sosta durata ben due mesi. Non vi chiederò se vi sono mancati né se vi sono mancato io: la risposta è scontata. Se non ricordo male l’ultima volta abbiamo parlato di avveri interrogativi. Ricordate ancora cosa sono gli avverbi, giusto? L’avverbio è una parte immodificabile del discorso che serve a modificare, specificare, determinare il significato di una frase. Si chiamano avverbi perché in genere precedono il verbo, ma non è sempre vero. Anzi, non lo è quasi mai. Per maggiori dettagli vi rimando alla prima lezione, mentre oggi concludiamo il nostro excursus con gli avverbi presentativi.

La famiglia degli avverbi presentativi è composta da un unico elemento: ecco. Ecco si adopera per «annunciare, mostrare, indicare, presentare, insomma, un evento»[1]. È il vocabolo dell’ostentazione, dice il Serianni, e spesso è adoperato per richiamare l’attenzione su qualche nuovo evento che interviene a modificare il contesto: «Ecco l’autobus»; «Eccolo, finalmente. Sempre in ritardo il nostro Roberto».

Ha un forte rilievo enfatico e spesso lo si pone a capo della frase. Ha inoltre la caratteristica di legarsi ai pronomi atoni mi, ti, ci, vi, lo: «Eccoci arrivati»; «Eccomi, arrivo!»; «Eccoti qui, pensavo di non trovarti più»; ma anche con il prefisso iterativo ri-: «Rieccoti… Ancora qui?»; «Rieccolo che torna» [Serianni] (ma anche: «Eccolo che ritorna»).

«Con –ti e –telo adoperati impersonalmente si può avere il dativo etico del tipo “eccoti il castello”».[2]

Preceduto dalla congiunzione copulativa, ecco sottolinea l’improvvisa apparizione di un personaggio o di un evento inatteso: «Ed ecco, quasi al cominciar de l’erta, / una lonza leggera e presta molto» [Dante, Inferno]. Quando si combina con quando, scusate il gioco di parole, ecco designa la quasi simultaneità di due azioni: «Stavo per andare a dormire, quand’ecco che mi arriva la tua telefonata» [Serianni].

Ecco, spesso con intenzione polemica, può sottolineare un dato di fatto: «Ecco, lo sapevo! Hanno già finito le scorte»; «Ci davan poi ad intendere che la carestia è per tutto. Ecco come fanno, per tener quieta la povera gente di campagna» [Manzoni]. Si adopera anche con funzione olofrastica per rispondere a un richiamo rassicurando l’interlocutore circa la propria presenza: «Vieni con noi? – Eccomi»; «Ti decidi a venire? – Ecco, ecco».

Ecco, riferendosi a un discorso che segue o precede, introduce o conclude riassumendo una spiegazione: «chi è peccatore, pianga i propri peccati; ecco la contrizione» [Passavanti]. Appartiene a questa categoria, sottolinea il Serianni, l’ecco di tanti titoli giornalistici: «Ecco in cifre il trionfo dell’Ascoli» [Serianni]. Per presentare il compimento di un’azione – ecco fatto –, la locuzione dev’essere costruito con un participio passato: «Ti manca molto per finire? – Ecco fatto». Simile è la locuzione ecco qui, con cui si presenta all’interlocutore l’oggetto richiesto: «Vorrei La Stampa, per favore. – Ecco qui». Con questa stessa funzione, ecco si combina agli avverbi di luogo , , qui, qua, ecc. precisando il luogo: eccolo là, ecco qui, ecc.

Piuttosto frequente e poi la costruzione di ecco + infinito: «alle quattro in punto di ogni pomeriggio […], ecco spuntare invariabilmente Perotti» [cit. in Spiti Vagni]; si può anteporre all’infinito anche la preposizione a: «Eccoli gli operai sul prato verde / a mangiare: non sono forse belli?» [Penna]. In posizione iniziale, ecco regge assai di frequente una proposizione introdotta da che: «Ecco che viene tuo fratello» [Serianni]. Nella lingua letteraria è facile l’ellissi della congiunzione: «ecco le porte del tempio di Giano si chiusero» [Giamboni] (al posto di “ecco che le porte del tempio ecc.”).

Infine, numerosi sono gli usi fraseologici di ecco:

  • Per manifestare esitazione: «Io… ecco… vorrei chiederti di uscire»;
  • Per rafforzare un’asserzione: «È questo, ecco, che non mi va giù»;
  • Prima di rivolgere una domanda: «Sì, ecco… sei stata a Thruscross Grange. Sei salita nella mia vecchia stanza?» [cit. in Spiti Vagni];
  • Per incalzare l’interlocutore: «Ecco! Ecco! Lei non lo poteva prevedere» [Pirandello];
  • Spesso nella locuzione ecco tutto, si adopera a fine frase per indicare la brusca interruzione del discorso: «un bel mattino non mi avrebbe più visto, ecco tutto» [Pavese].

Curiosità

Anche vedi, senti, guarda, ecc., che hanno come caratteristica principale quella di articolare il discorso o dare indicazioni sullo svolgimento della comunicazione, hanno spesso una funzione presentativa simile a ecco.

Conclusioni

Eccoci giunti alle solite conclusioni: dunque, come vi è sembrato questo brusco ritorno alla normalità? Il prossimo lunedì cominciamo le congiunzioni. State bene.

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Note

[1] Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 2006

[2] Cit. Serianni

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