Considera l’o’o

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«Avevi promesso!» disse il piccolo Abe: braccia incrociate, sguardo infuocato.

Il vecchio Corbin Keep, che fissava i margini della palude da ormai cinque minuti buoni, parve non sentirlo. Era tutto proteso verso le fronde degli alberi. Il mento alto, i lineamenti tesi.

«Avevi promesso…» ripeté Abe, un po’ meno convinto.

«Eh?» Corbin mosse impercettibilmente il viso nella direzione della sua voce. Lo scorse con la coda dell’occhio e ne fu sorpreso. «Come dici?»

«La storia,» precisò Abe, «avevi promesso».

«Ah. Sì, sì certo: la storia…» Per un momento il vecchio tornò a fissare la palude. Soprappensiero. Poi parve ricordarsi della presenza del nipote. «Hai finito i compiti?» Il tono completamente diverso: più serio.

«Tutti!» puntualizzò Abe.

Corbin era di Oakland, California. Da ragazzo aveva seguito il padre alle Hawaii. Come molti suoi coetanei era partito per il Vietnam. Dismessa la divisa, era tornato a casa e aveva conosciuto Leia, che era hawaiana: pelle color caramello, lineamenti sottili. Si erano sposati l’anno successivo. Nel frattempo Corbin aveva trovato lavoro come guardiacaccia nel parco dell’isola Kauai, la quarta per grandezza. Avevano avuto due figli maschi e una femmina. I quali, a loro volta, si erano sposati e avevano dato loro molti nipoti. Abe era l’ultimo arrivato, figlio di sua figlia, e più di tutti assomigliava alla nonna di cui aveva preso i lineamenti.

«Tutti? ne sei sicuro?» chiese Corbin.

«Tutti!» disse Abe.

Abe aveva solo dieci anni. Passava a trovarlo quasi tutti i pomeriggi. Si muoveva con agilità per le strade dell’isola. Amava le storie e i libri. Corbin aveva preso l’abitudine di raccontargliene una, dopo i compiti. Quando era a corto di storie: leggeva.

«Bene,» Corbin si finse contrito, «pare che debba mantenere la mia promessa». Si avviò verso il salotto dove l’attendeva la scancosa, una sedia a dondolo in bambù dallo schienale alto che aveva riportato dal Vietnam molti anni prima. Era la preferita di sua moglie.

«Cosa stavi fissando prima?» gli chiese Abe curioso, mentre lo seguiva.

Corbin volse nuovamente lo sguardo verso la palude, e per un attimo parve tornare a perdersi nei suoi pensieri.

«Tu non lo senti?»

Abe tese le orecchie. La palude era piena di piccoli rumori. Non ne colse alcuno fuori dall’ordinario.

«Io non sento niente».

«È un fischio,» precisò il nonno. «Ripetuto due volte: ‘o’o, ‘o’o. Niente?»

Abe si concentrò ancora di più: niente.

Corbin parve dispiaciuto. «Non importa. Me lo sarò sognato».

«Quale animale fa quel suono, nonno?»

«Si chiama ‘o’o,» disse Corbin, sedendosi sulla scancosa. «Era un passero originario di quest’isola».

«Era?»

«L’ultimo esemplare fu avvistato nell’87». Dal mucchio accanto alla sedia Corbin afferrò un libro. «Sai qual era la loro peculiarità?»

Abe scosse la testa e si sedette sul pavimento, accanto ai suoi piedi.

«Sono… erano, una specie monogama».

«Che significa: monogama?»

«Significa che scelgono una compagna e le restano fedeli per il resto della vita. Ma la particolarità non è questa. In natura sono molte le specie monogame».

«Qual era allora?»

«Il canto del maschio si alternava a quello della femmina in un minuetto di chiamate e risposte. Li sentivi sempre in coppia. Dove c’era l’uno, c’era l’altra: ‘o’o, ‘o’o. Nell’81 gli esemplari erano già molto pochi, gli ultimi tutti confinati in quella palude là fuori a causa dei ratti…»

«Dei ratti?»

«Senza volerlo li avevamo introdotti con i mercantili. Predavano le loro uova».

Abe storse il muso in una smorfia rammaricata.

«Nell’85 rimaneva una sola coppia; una sola. Poi ci fu un uragano, Iwa, che spazzò l’isola come un colpo di ramazza. Quando fu passato, si sentiva un solo canto: era il maschio. Continuò a chiamare la sua compagna fino all’87».

«Si sono estinti?» chiese Abe; l’aveva sentito a scuola.

«Sei un bambino intelligente», si congratulò il nonno. «Sì, si sono estinti».

«È un peccato», disse Abe. «Erano belli?»

«Lo erano, sì. Ma è inutile pensarci». Corbin stava già passando in rassegna quale storia leggere.

Nell’attesa Abe ci rifletté su, poi chiese: «Nonno,  com’era la nonna?»

19 Comments on “Considera l’o’o”

  1. Bello. Lascia quel giusto senso di malinconia. Ecco, forse non avrei precisato tutte le date, ma, conoscendoti, l’hai fatto per un motivo (magari diccelo 😛 ).
    Ti propongo un esperimento. Perchè non provi a rileggerlo eliminando tutte le precisazioni? Tipo: “«Si sono estinti?» chiese Abe; l’aveva sentito a scuola (a mia figlia piacciono i dinosauri e a sei anni sa cosa vuol dire estinto, figurati un bambino di dieci 😉 )
    Ho la sensazione che resterebbe più sfumato, più delicato, senza perdere nulla del significato, ma me lo dirai dopo l’esperimento 😉

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    • Le date sono essenziali, caro Davide. Danno l’idea della progressione; di una fine inevitabile. Invece richiamerei la tua attenzione sull’accostamento ratti/uomo. I ratti si moltiplicano; anche la famiglia di Corbin si moltiplica… L’o’o, invece, s’è estinto.

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  2. Com’era la nonna?
    Un nonno racconta storie che ogni settimana ce ne racconta una? Mi piacerebbe.
    Devo essere sincera il titolo mi ha incuriosito e spiazzato sembravano quei disegni fatti con le lettere devo andare a controllare se esiste davvero questa specie o tutto è frutto della tua brillante fantasia.

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  3. Bel racconto, malinconico, mi fa pensare a tutte le meraviglie della natura che rischiano l’estinzione. Ricorda per certi versi la canzone Il vecchio e il bambino di Guccini, anche quella storia è ecologica e molto anticipo sui tempi, scritta negli anni settanta, oggi drammaticamente attuale.

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  4. Molto bello. Un racconto semplice, lineare, ben costruito. Mi ha affascinato molto il racconto, non solo per la sua ambientazione, per il dialogo tra nonno e nipote, ma anche e soprattutto per la semplicità del linguaggio diretto e immediato. Poetico e malinconico, il racconto lascia quel sapore di una certa indefinita tristezza e bellezza al tempo stesso.

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  5. Bello. Triste.
    (…però mi ricorda chi tempo fa disse che è colpa di Madre Natura e dell’istinto di sopravvivenza se non era portato alla monogamia. Se poi Madre Natura è quella di Ciao Darwin… 😛 )

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