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Il cronotopo del romanzo greco

Forse non tutti sanno che anche i greci, quelli dell’antica Grecia, scrivevano romanzi. Siamo abituati a immaginarceli presi dal loro filosofeggiare o intenti a comporre poemi, eppure di romanzi ce ne hanno tramandati cinque. Solo che loro non li chiamavano così – il termine romanzo [s.m. dal fr. ant. romanz, uso sostantivato dell’agg.] indicava in origine un componimento in lingua romanza, cioè derivante dal latino (francese, spagnolo, italiano, ecc.), sia in versi sia in prosa, che narrava avventure eroiche col fine di dilettare il lettore –, i greci anzi non davano alcun nome a questo tipo di componimento, perché giudicavano la “narrativa d’intrattenimento” così bassa da non essere nemmeno considerata letteratura d’evasione. Insomma fecero di tutto per dimenticarsene e per farci dimenticare che questo tipo di scritto è forse antico quanto la scrittura stessa (il romanzo Aḥīqār, nato in ambiente aramaico sotto l’influenza culturale assiro-babilonese, risale addirittura al 6° secolo a.C.; ma ce n’è uno ancora più antico, Sinuhe, narrazione egizia in prima persona risalente al XVIII secolo a.C.).

Eppure il romanzo, nell’antica Grecia, andava di gran moda – un po’ come oggi certa letteratura contemporanea che si pone il solo obbiettivo d’intrattenere il proprio lettore, e che viene comunemente definita (con disprezzo) “cultura di massa” – ed erano in molti a leggerlo e a scriverne, tanto da stabilire un canone. E come ogni canone che si rispetti, per rientrarvi ci sono elementi che devono essere comuni. La gestione del tempo e dello spazio, o per dirla alla Bachtin del cronotopo, è uno di questi. Oggi quindi sbirceremo tra le pagine del romanzo greco per osservare come essi gestissero questi due elementi.

Il più antico di questi scritti, conservato in maniera frammentaria su alcuni papiri a Berlino, risale al I secolo a.C. e si chiama Nino e Semiramide: «una lunga storia d’amore, spesso sentimentale, congiunta e intersecata da un racconto di avventure e peripezie» [Enc. Treccani]. Racconta le avventure del giovane Nino, leggendario fondatore del regno assiro, il quale ancora adolescente è innamorato della cugina Semiramide, più giovane di lui. La scoperta di questi papiri è da attribuirsi a Ulrich Wilcken – 1893. Fino ad allora si pensava che la forma romanzo, come genere letterario, fosse molto più recente. Nella tarda età ellenistica, quello di Nino e Semiramide divenne il modello su cui tutti i romanzi greci successivi si fondarono. L’autore purtroppo risulta sconosciuto.

Gli altri romanzi greci che ci sono giunti, dotati d’intrecci più complessi e di uno stile più retorico e prolisso, appartengono tutti a un’epoca più tarda:

  • Le avventure di Cherea e Calliroe di Caritone, scritto tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.
  • Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, II secolo d.C.
  • Abròcome e Anzia di Senofonte Efesio, II secolo d.C.
  • Dafni e Cloe di Longo Sofista, III secolo d.C.
  • Le Etiopiche di Eliodoro, tra il III e IV secolo d.C.

Tutti hanno in comune gli stessi elementi: il viaggio, l’avventura, le mille peripezie e una storia d’amore pura ma “impedita” che però finisce bene, e cioè con un matrimonio.

C’è da dire che i greci adoperavano già la prosa per alcuni loro scritti, limitandola di norma però a quei componimenti di carattere storiografico o filosofico o che dovessero comunque divulgare informazioni oggettive: i viaggi, la geografia, gli usi e costumi di altri popoli, ecc.

In questi romanzi, come ci dice Bachtin, lo schema è sempre lo stesso: Una fanciulla in età da matrimonio (solitamente 14 anni), di origine ignota o misteriosa o del tutto sconosciuta, incontra in una grande circostanza, ad esempio una festa solenne, il protagonista del romanzo. Sono entrambi giovani, bellissimi e incredibilmente casti. Si accendono di improvvisa e palpitante passione. Si piacciono. Si amano. Vogliono sposarsi. Ma qualcosa impedisce loro di convolare a nozze. Gli innamorati vengono divisi dagli eventi. Si frappongono mille ostacoli. Si ritrovano e si riperdono di nuovo. Mille peripezie, viaggi, avventure impediscono ai due quella semplice e pacifica unione cui aspirano. La fuga insieme, il rapimento, l’impedimento dei parenti, il naufragio e poi l’intervento miracoloso (sempre esterno): il salvataggio. A cui fanno seguito le accuse di tradimento, di mancata castità, di non riconoscimento e infine il chiarimento. Il romanzo termina sempre con la felice unione in matrimonio dei due innamorati.

Il romanzo greco può essere considerato prevalentemente un romanzo d’avventura. L’incipit dell’innamoramento e il finale col matrimonio non sono altro che il pretesto per farcire la storia, nel mezzo, di un’infinità di singole avventure (Dafni e Cloe, ad esempio, si compone di quattro libri). Avventure che si svolgono nei modi più assurdi, portando i protagonisti lontano, in paesi stranieri, nel mezzo di guerre e pestilenze, a lottare contro ogni tipo di avversità pur di riconciliarsi. Eppure, nonostante sia prevalentemente un romanzo d’avventura, ritroviamo in esso alcuni elementi tipici dell’attuale romanzo rosa: i protagonisti sono giovani e belli; la protagonista femminile ha una posizione sociale inferiore a quella del protagonista maschile; entrambi sono puri e casti ma gli eventi, sempre esterni alla loro volontà, li separano o comunque ne impediscono una facile unione; il finale è sempre un “vissero felici e contenti”. Se fosse un romanzo d’amore, il romanzo greco sarebbe incredibilmente moderno.

Cos’è che non è moderno nel romanzo greco? La risposta la conoscete già: il cronotopo. Dunque, la prima cosa utile da notare è che Bachtin considera lo spazio e il tempo come un unicum (ne avevamo già parlato in: Tempo e spazio nei romanzi), indivisibile:

«[…] a noi interessa che in questo termine (cronotopo N.d.R.) sia espressa l’inscindibilità dello spazio e del tempo (il tempo come quarta dimensione dello spazio)». 

Michail Michailovič Bachtin, Estetica e romanzo

Questo cronotopo si evolve nel corso della storia della forma romanzo passando attraverso tutti i generi, da quello greco a quello cortese, poi cavalleresco, ecc., fino ad arrivare ai giorni nostri. Possiamo quindi dire che il modo in cui in un romanzo viene gestito il cronotopo lo distingue dagli altri romanzi per modernità, inteso in senso cronologico.

Lo spazio, ad esempio, nel romanzo greco è esteso. «La vicenda si svolge su uno sfondo geografico molto vasto»: Grecia, Persia, Fenicia, Egitto, Babilonia, Etiopia, ecc., dandone alcune descrizioni perfino particolareggiate delle caratteristiche – città, edifici, opere d’arte, usi e costumi, aspetti religiosi e politici – peculiari di quei paesi, tendendo dunque a una certa «enciclopedicità» tipica di questo genere letterario. Tuttavia lo spazio del romanzo greco è uno spazio «astratto», il quale si rapporta con la vicenda in termini puramente meccanici: «affinché l’avventura possa svilupparsi è necessario spazio, molto spazio», misurabile in termini di lontananza e vicinanza, ma «gli eventi dell’avventura non hanno alcun legame sostanziale con le caratteristiche dei singoli paesi che figurano nel romanzo, con il loro regime politico-sociale, la loro cultura, la loro storia».

Allo stesso modo il tempo dell’avventura è un tempo meccanico, fatto di avvenimenti improvvisi, di incontri fortuiti, che devono avvenire, perché funzionino, in un certo spazio e in un certo tempo; ma il tempo d’avventura è immutabile: non mutano i sentimenti dei due protagonisti, non mutano i loro obbietti o il loro carattere psicologico, non muta la loro età: non importa quanto tempo e quante avventure debbano vivere, essi non invecchiano! Alla fine del romanzo i due innamorati si sposano come se il matrimonio avvenisse il giorno dopo quel primo, palpitante innamoramento.

«Esso si compone di una serie di brevi segmenti, che corrispondono alle singole avventure; all’interno di ogni avventura il tempo è organizzato in modo tecnico esteriore: ciò che importa è fare in tempo a fuggire, fare in tempo a rincorrere, sorpassare, essere o non essere al momento giusto in un dato posto, incontrarsi o non incontrarsi, ecc. Nell’ambito di una singola avventura contano i giorni, le notti, le ore, persino i minuti e i secondi, come in ogni lotta e in ogni impresa attiva esteriore. Questi segmenti temporali sono introdotti e intersecati da specifici “a un tratto” e “proprio allora”».

Tuttavia, in un senso più macroscopico, il tempo dell’avventura resta immutato, immobile in una dimensione cristallizzata. Un po’ come alcune serie televisive tanto di moda tra gli anni ottanta e novanta, dove in ogni episodio i protagonisti affrontano nuove e mirabolanti avventure, ma non mutano mai il proprio carattere, non evolvono, non imparano e non invecchiano. E in fondo non importa neanche poi molto come vada a finire la storia, perché ciò che realmente conta è l’avventura del singolo episodio, e il ritrovare in ognuno di essi le stesse caratteristiche degli episodi precedenti. Tutto questo lo si ritrova più o meno anche nel romanzo d’appendice. Quindi, il modo in cui viene gestito il cronotopo non indica soltanto la “modernità”, in senso cronologico, della forma romanzo, ma anche il suo scopo. Quello del romanzo greco, del romanzo d’appendice, delle serie televisive è d’intrattenere, puntata dopo puntata, il proprio pubblico. Ma di intrattenerlo in un certo modo. Anche un romanzo moderno intrattiene, ma lo fa in modo diverso. Capire questa differenza è fondamentale.

Per concludere, il tempo nel romanzo greco ha tre caratteristiche precise:

  • Asincronia fortuita, cioè gli avvenimenti avvengono o non avvengono in un preciso momento («a un tratto», «proprio allora», «improvvisamente», ecc.), ma sono sempre governati dal caso, cioè da un intervento esterno alla volontà dei protagonisti;
  • Serie extratemporale, un solo minuto di anticipo o di ritardo del protagonista sugli eventi cambia tutto, ma il tempo d’avventura è composto da una serie infinita di avventure che può essere allungata quanto si vuole, perché i singoli “episodi” sono slegati l’uno dall’altro;
  • Immutabilità, lo scorrere del tempo non influisce minimamente sulla storia, sullo spazio o sulle caratteristiche dei personaggi, che risultano vetrificati.

Scrivere una storia, in fondo, è scrivere la storia dello spazio e del tempo in quel particolare contesto. E adesso ditemi, avete mai fatto caso nei vostri romanzi a come gestite lo spazio e il tempo?

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Note

Michail Michailovič Bachtin, Estetica e romanzo, Einaudi 1979

Enciclopedia Treccani on-line

32 Comments on “Il romanzo al tempo dei Greci”

  1. Interessante.
    Più che ai romanzi d’amore (mancherebbe il terzo incomodo) o alle serie anni ’80 mi ha fatto pensare ai fumetti (flash gordon, ad esempio, ma anche altri) dove il protagonista resta cristallizzato per decenni, proprio perchè la storia è legata all’episodio. Al che mi viene da pensare che questi romanzi antelitteram siano proprio nati ad episodi e probabilmente anche raccontati oralmente. Tra l’altro noto anche un certo legame con le fiabe, pensa a cenerentola, ad esempio (no, non la versione Disney 😉 ).

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  2. P.S: comunque che il romanzo greco non avrebbe avuto successo lo si poteva capire già dal nome del protagonista, cioè, puoi chiamare Nino il fondatore dell’impero Assiro? 😀

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  3. “E adesso ditemi, avete mai fatto caso nei vostri romanzi a come gestite lo spazio e il tempo?”

    Se uno scrittore non si pone questo dilemma credo che faccia prima ad andare a scaricare pietre.

    Il tempo e lo spazio come la forza (ieri ho rivisto Star Wars XD) permeano l’universo della storia.
    Si può stare dentro una cella di due metri per uno o inseguire gli alieni fra le galassie, lo spazio non può essere omesso in un romanzo. Qualsiasi dimensione, anche onirica, genera spazio, che sia fisico o mentale.
    Viceversa si potrebbe pensare che il tempo possa anche non scorrere in una storia. Basta non dare riferimenti alle ore o ai giorni che passano. Tuttavia esiste il tempo della lettura, il lettore col suo ritmo biologico cadenza la storia. D’altronde il tempo può essere esplicito o implicito.
    «Erano passati sei giorni dal loro ultimo incontro.» Esplicito.
    «Corse lungo il marciapiede per sei isolati.» Implicito. Anche se la frase è letta in due secondi, il lettore sa che il personaggio ha corso per alcuni minuti.

    Però curiosamente mi viene da riflettere su di un ultimo punto.
    Quanto più il tempo della narrazione è rallentato e coincide col tempo reale del lettore, tanto più l’immedesimazione (o la noia se si scrive male) del lettore cresce.
    Il classico show don’t tell fa proprio questo, rallenta l’azione per renderla quasi reale.

    E in tutto questo poi subentra il ritmo della frase, il periodare lento o secco, l’utilizzo delle parole… Insomma scrivere è un bel casino. Ma proprio bello. 😉

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    • Poiché un romanzo di norma è la narrazione di una serie di fatti, in relazione fra loro, è chiaro che questo comporta una cronologia crescente (o anche decrescente), quindi il tempo non può mancare. Tuttavia, quello che Bachtin dice a proposito del cronotopo va visto in un’altra chiave: la stessa con cui Einstein cerca di spiegare lo spazio cosmico attraverso la relatività.

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    • Io credo che la coniugazione di tutte le cose descritte non solo creino spazio e tempo, addirittura energia, la reiterazione dei concetti, la connotazione precisa, alla fine entrano nella sfera della fisicità. Una cosa inizialmente raccontata, immaginata, creduta, collocata a livello spazio temporale acquisisce corpo. Ciò che attiene all’immaginario collettivo modifica i comportamenti e le azioni, quindi esce dalla sfera dell’immaginifico, della mera narrazione e diventa reale. Vogliamo parlare di narrazioni che hanno modificato le percezioni, le abitudini, la stessa storia dell’umanità?

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  4. Interessanti gli uomini sulla sinistra della scala mobile…eredi di Leonida?
    Le immagini del tuo blog mi fanno impazzire, sono fantastiche!
    Tornando al romanzo greco, è davvero interessante che i greci si siano distinti anche per il romanzo, oltre che per la filosofia e la maratona… noi di solito pensando alla Grecia pensiamo a Platone e Aristotile, a Sparta e Atene, a Omero (i suoi canti non sono, in fondo, una forma di romanzo?) oppure alle splendide isole nell’azzurro del mare.
    La gestione del tempo e dello spazio nei miei romanzi si affida al calendario e ai percorsi di guida michelin 😉

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  5. La storia d’amore a lieto fine è un classico senza tempo (se una cosa piace agli antichi greci, con un minimo di adattamento può piacere a chiunque). Dafni e Cloe, per altro è ancora leggibile ancor oggi (o, almeno, non lo ricordo come un’immane sofferenza). Il problema con i greci è che hanno già fatto più o meno tutto, almeno in letteratura. Anche il romanzo meno di intrattenimento, come l’Anabasi.

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