…quando il telefono fisso esisteva ancora
È il 14 giugno del 1962. Ore 05:47 pomeridiane. Un furgone blu parcheggia di fronte agli edifici in mattoni di Gainsborough Street, nel quartiere di Back Bay, Boston, Massachussets. È una zona povera. Le case, una in fila all’altra, sono piccole come loculi. Un uomo, vestito con una tuta da lavoro verde, scende dal furgone e si avvicina a una di queste. Sale gli scalini, legge qualcosa su una cartellina che porta con sé, poi controlla il nome sul campanello. Prima di suonare si ferma un attimo, fa un lungo tiro dalla sigaretta che stringe fra i denti, quindi getta via il mozzicone, giù, in strada, e preme il pulsante.
Dall’appartamento giunge una sinfonia. È musica classica e copre i passi della donna in accappatoio che, pochi secondi dopo, apre la porta e si affaccia dallo spiraglio.
«Sì, chi è?».
«La signora Slesers?» chiede l’uomo.
«Sono io, chi lo vuole sapere?». La donna ha la fronte corrucciata e con una mano tiene stretti i bordi dell’accappatoio, in alto, vicino al collo. Dalla porta aperta la sinfonia giunge più chiaramente.
«Mi scusi se la disturbo, signora Slesers. Sono un operaio dell’azienda telefonica» la rassicura l’uomo, indicando con un pollice il furgone dietro di sé. «Ci risulta un guasto in questa zona e stiamo passando da tutti gli appartamenti per controllare. Permette?».
«Veramente, non sono presentabile in questo momento… e poi mi pare che il telefono funzioni bene» replica la donna imbarazzata, senza accennare a scostarsi.
«Lo immagino signora, ma ci vorrà solo un secondo» insiste l’uomo, poi si ferma un attimo, titubante, piega la testa da un lato puntando l’orecchio verso l’appartamento. «Questo è Wagner, dico bene?».
La donna stupida accenna a un sorriso. «Sì, esatto. Che orecchio… complimenti».
«Aspetti, aspetti… non me lo dica. Tristano e Isotta, è corretto?».
«Lei è un intenditore» esclama la donna con entusiasmo.
«Oh no, signora, non mi definirei un intenditore. Ma la musica classica mi è sempre andata a genio. Wagner poi…».
«È così struggente… non trova?».
«Già, proprio così» concorda lui, sorridendole, poi si fa più serio. «Riguardo al guasto, signora, io mi scuso, sinceramente, capisco che la sto importunando nella sua intimità, ma se non mi fa entrare mi mette nei guai con la mia azienda… capisce?».
La donna riflette un attimo. Guarda il volto dell’uomo, la divisa che indossa, la scritta sul furgone… Sembra tutto normale. I suoi occhi, poi, sembrano così sinceri. Non è sicura di volerlo fare entrare, fra meno di un’ora passerà a prenderla suo figlio, per andare a messa, e prima voleva almeno farsi un bagno rilassante. Però… le dispiace per quell’uomo. Sembra così affabile. Non vuole che si metta nei guai per colpa sua.
«Via, d’accordo, entri pure» concede la donna e si fa da parte per farlo passare.
«La ringrazio signora, vedrà che impiegherò solo pochi minuti» replica l’uomo levandosi il berretto e varcando la soglia.
«Minuti?» protesta la donna. «Non pensavo ci volesse così tanto. Mi stavo preparando un bagno e…» poi si interrompe, un pensiero giunge allarmante. «Oh Dio, devo controllare l’acqua prima che sbordi».
«Faccia pure signora, non si preoccupi per me. Appena avrò finito, mi tirerò la porta dietro».
«Ne è sicuro? Non le dispiace, vero?».
«Si figuri, è il minimo. Se poi lascia accesa la musica e mi indica dove si trova il telefono, farò in un attimo». L’uomo sorride. Il sorriso è contagioso.
«D’accordo allora. Il telefono si trova lì, nel corridoio, sul mobiletto» dice la donna, indicando un punto a lato dell’entrata. Poi si affretta a chiudere la porta e si volta verso le scale. I piedi poggiano nudi direttamente sugli scalini mentre sale per dirigersi al piano di sopra.
L’uomo si avvicina al telefono e tira su la cornetta. Mentre lo fa, guarda la donna salire. Appena è uscita dalla sua visuale, mette giù la cornetta, si dirige in salotto e alza il volume della musica. Quindi la segue al piano di sopra.
E piegata in avanti sulla vasca, Anna Slesers, per chiudere i rubinetti dell’acqua, quando la porta del bagno si apre e l’uomo si introduce cauto all’interno. Su una mensola, a lato della porta, sopra il lavandino, l’uomo afferra la spazzola della donna. Anna non si è ancora accorta di nulla. Si tira su e si slaccia l’accappatoio. L’uomo la colpisce con forza da dietro, usando la spazzola come un randello. Non le causa danni gravi, ma il colpo è doloroso e inaspettato.
Anna strilla sorpresa e perde l’equilibrio. L’uomo allunga rapidamente la mano libera e l’afferra per i capelli. Sono biondi e morbidi. La pollastra ha cinquant’anni, ma ne dimostra dieci di meno. Mentre le tiene la testa piegata all’indietro, lascia cadere la spazzola e le afferra un seno, pieno e sodo, poi le sussurra a un orecchio: «Se fai la brava, ti lascio vivere».
Lacrime calde colano lungo il viso della donna, ma la bocca si piega in una smorfia furiosa e assesta una gomitata allo stomaco dell’uomo. L’uomo, in risposta, si piega leggermente in avanti, ma il colpo non è sufficiente a fargli perdere la presa. Solo che adesso è più rabbioso. Man mano che lei si divincola e scalcia per liberarsi, la sua eccitazione sale, aumenta.
Tiene ancora la donna per i capelli, ma a forza di scuotersi, lei è riuscita a voltarsi verso di lui. Con i pugni chiusi lo colpisce al petto, poi allunga le mani aperte verso il suo viso. Prima che ci riesca, l’uomo le piazza una sventola in pieno volto. La sberla è violenta, data con tutta la forza possibile. La testa della donna si piega di lato, perde nuovamente l’equilibrio e lui la lascia andare.
Anna cade al suolo. È frastornata, ma reagisce subito e ricomincia a scalciare. L’uomo, però, le è subito addosso. Le prende le gambe e gliele allarga tirandola verso di sé, poi con il suo peso la schiaccia al suolo. Quindi l’afferra per la gola e le tiene la testa giù, premuta con forza contro il pavimento. Mentre lei respira affannosamente e allunga le mani per afferrargli i capelli, lui si guarda attorno, individua la spazzola e l’impugna. Torna a voltarsi verso di lei, la guarda negli occhi, l’eccitazione è al massimo. Poi, con un unico colpo secco, spinge l’impugnatura della spazzola nella sua vagina.
Anna, colta di sorpresa, inarca la schiena e resta così, immobile, per un lungo momento. Poi torna a respirare affannosamente, aumentando la frequenza del respiro. Gli occhi sono spalancati. Continua a dibattersi, ma man mano che l’uomo stringe la presa sulla gola, le forze le scemano via.
L’uomo spinge ed estrae l’impugnatura, più volte, con voga crescente. Con l’altra mano stringe forte la gola della donna. Quando questa smette di lottare, lui resta lì, sopra di lei, affannato e soddisfatto.
Appena recupera il fiato, appena il cuore cala i battiti e l’eccitazione diminuisce, si tira su e l’osserva. Lei è distesa sulla schiena, in una posizione innaturale. L’accappatoio è completamente aperto, così come le sue gambe. Gli occhi sono ancora spalancati e il volto ha un’espressione di terrore.
L’uomo si piega in avanti ed estrae la spazzola da dove l’ha lasciata. Quindi la getta nella vasca piena d’acqua. Poi ricompone l’accappatoio, lasciandolo aperto solo all’altezza del ventre, in modo che la vagina resti in bella vista. Anche le gambe le lascia così come sono. Il volto, invece, lo ruota verso la porta. Poi sfila la cintura dall’accappatoio e lo annoda attorno alla gola della donna. Il quadro è completo, la sua opera stupenda.
Prima di andare via, divelta un paio di mobili e cerca in poco tempo di creare più caos possibile. Sul giradischi il disco di Wagner ha smesso di suonare, la puntina è arrivata a fine corsa. Lui la prende, la ricolloca all’inizio e la fa andare nuovamente. La sinfonia di Tristano e Isotta si diffonde per l’appartamento. Lui esce con calma, chiudendosi la porta dietro, pronto per un nuovo ballo.
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Note
La ricostruzione dell’omicidio, pur basata sui dati e le testimonianze dell’epoca, è il frutto della mia sola fantasia. Un’ipotesi, naturalmente, nessuno sa come siano andate veramente le cose.
Iniziamo la settimana in allegria, vedo! 😀
Sei stato comunque bravo a romanzare un fatto di cronaca 🙂
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Grazie Chiara. 😉
Adesso rispondo alla mail, è stato un week end di fuoco…
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Bello! Tutto molto relistico e la sequenza funziona molto bene!
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Grazie Giuse. Anche i dialoghi ti sembrano realistici? 🙂
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si! anche le reazioni della donna. L’uomo invece è un rabbioso e vuole avere il controllo della situazione. good!
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Idea che da un po’ mi frulla nella testa ma mi spaventa al tempo stesso, quindi pensaci tu: un killer-blogger seriale che uccide una dopo l’altra tutte le persone della sua cerchia di follower abituali. Finché restano in due, uno sei tu, e l’altra ti dice… non riesco neppure a scriverlo tanta è la paura che mi fa solo il pensarlo, figurati a squartarlo.
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È la stessa idea che ho avuto anch’io, ma al momento sto dedicando troppo poco tempo al romanzo e devo mettermi almeno un po’ in pari. Ho anche iniziato quello sui like di facebook, ma se continuo così lo finirò fra sei mesi… Ci vorrebbero giornate da 48 ore e energie inesauribili. Non è il mio caso. 😛
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Vabbè, resta nel tuo archivio…
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Potresti farci una raccolta di racconti basata su fatti reali 🙂
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Ci provo, ma bisogna vedere se sono anche di interesse, diciamo, pubblico… Finora, pochi riscontri. 😦
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