Avverbi di tempo

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avverbi di tempo

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo visto gli avverbi qualificativi o di modo; continuando con la loro classificazione per via semantica oggi indagheremo gli avverbi di tempo.

Come indica il nome stesso, essi determinano il tempo di svolgimento di un’azione: l’altro ieri, ieri, oggi, domani, dopodomani. Per porzioni di tempo più ampie si deve fare ricorso a locuzioni quali: x giorni fa, fra x giorni, di qui a, in capo a. Suddivisioni inferiori sono quelle rappresentate da mattina, pomeriggio, sera, notte: stamattina, questa sera, oggi pomeriggio, stanotte, ecc. Per indicare l’anno precedente a quello in corso si usa: l’anno scorso, un anno fa, l’altr’anno. Per un numero di anni superiore si fa ricorso a locuzioni con fa e or sono: due anni fa, tre anni or sono, ecc. Se ci spostiamo in avanti con il tempo adopereremo: l’anno prossimo, fra un anno, l’anno venturo. Se gli anni sono più di uno ricorreremo a locuzioni con tra o fra: fra cent’anni, oppure da qui a tre anni, e via dicendo. Le stesse regole valgono sia che si parli di giorni, di mesi, di secoli, ecc.

«Oggi, ieri, domani si usano anche per indicare genericamente il tempo presente, passato, futuro: si pensi al titolo del settimanale di cronaca Oggi, o a frasi come: “il più è fatto, adesso dobbiamo guardare al domani”».[1]


Ombre sullo Strega

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Il sistema Italia

Mi riferisco a una puntata di Striscia la Notizia andata in onda lo scorso 20 aprile in cui si parla del Premio Strega, svelando un sistema per la scelta del vincitore che non parrebbe meritocratico. Non ho molto da dire al riguardo, nel senso che si sapeva da decenni – pur non nei particolari definiti dall’inchiesta – che il premio Strega non è una gara letteraria di modello olimpico, dove a vincere è l’atleta che in quel momento riesce a prevalere sugli altri, ma di modello plutocratico: di chi per giochi politici si trova sospinto dalla cordata vincente. È peraltro indubbio il valore letterario del libro vincitore, anche quando scelto attraverso un sistema inficiato da inciuci politici. Ad esempio, io ho una copia del libro di Albinati e mi pare che non si possa urlare allo scandalo.

Il dito puntato di Striscia la Notizia di fatti tira in causa non il valore letterario reale o presunto del libro vincitore, ma il metodo di lavoro del Premio. A quanto pare, secondo la loro ricostruzione, esistono delle cordate manipolate in modo più o meno occulto e in modo più o meno lecito, non illegali in senso giuridico, che decidono l’esito della votazione e quindi influiscono pesantemente sulla scelta del finalista; tanto che alcuni addetti ai lavori parrebbero conoscere il nome del vincitore addirittura, si mormora, con un anno di anticipo.

La questione a mio avviso non è se il metodo in questione sia o meno illegale, cioè criminale, ma se esso venga dichiarato al pubblico in modo onesto e trasparente. Perché, diciamocelo, un conto è sostenere che un premio letterario X scelga il miglior libro pubblicato in un dato anno, dandogli così un risalto mediatico che farà impennare le sue vendite; un altro è dire che quel premio letterario scelga sì un buon libro, su questo non mi pare ci siano dubbi, sulla base però non della meritocratica competizione ma del risultato di un gioco politico. In questo caso l’effetto mediatico della vittoria risulterebbe, a mio avviso, penalizzante. La trasparenza in Italia è oggetto opaco, questo si sa. Tanto che mi sorge un dubbio: il focus di questo articolo è il metodo del Premio Strega o, piuttosto, il Sistema Italia?


Salone Internazionale del Libro 2017: il ruggito della Mole

Fahrenheit

Scatto sì, ma d’orgoglio

È capitato a tutti almeno una volta nella vita di prendere una decisione d’impulso, istintiva, viscerale, magari con fare un po’ sborone, quasi smargiasso, pensando d’essere dalla parte della ragione, per poi vedere le sorti ribaltate rispetto a come ce l’eravamo immaginate. È questo che deve aver pensato Federico Motta la mattina del 18 maggio 2017, quando le code davanti ai botteghini del Lingotto Fiere in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino (di Torino!), diventavano prima una serpaia disordinata, poi una fiumana indistinta, quindi un’oceano sterminato di voci, volti, colori.

Poco prima delle dieci, ora di avvio delle danze, le persone in attesa davanti all’entrata erano così tante che per attraversare le file bisognava armarsi di un paio di scagnozzi apripista come quel Makao che guarda le spalle del “povero” Macron. E non erano mica tutti studenti delle elementari o delle medie; anzi, rispetto all’anno scorso il loro numero mi è parso addirittura sfoltito. Per farmi accreditare il pass al botteghino della stampa ho dovuto fare una fila di un’ora, quando nel 2016 invece erano bastati pochi istanti. Di cosa si è trattato? Perché tanta gente è affluita dai luoghi più improbabili della penisola al piazzale mezzanino del Lingotto? Cosa c’era quest’anno di diverso?


Avverbi qualificativi

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Avverbi qualificativi

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo introdotto gli avverbi, dandone una definizione generale e distinguendoli in semplici, composti, derivati e locuzioni avverbiali. Oggi proviamo a classificarli sulla base del significato che introducono nella frase. Gli avverbi infatti sono dei modificatori di significato, sulla base di questo possono essere classificati in: avverbi qualificativi; avverbi di tempo; avverbi di luogo; avverbi di quantità; avverbi di giudizio, affermazione e negazione; avverbi interrogativi e esclamativi; avverbi presentativi. Cominciamo dal primo.

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