Come costruire un personaggio credibile

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Prediligere le caratteristiche materiali o psicologiche?

L’errore più comune, quando si comincia a progettare un personaggio, è iniziare col chiedersi cosa egli pensa. Nel ricco e imbolsito occidente siamo tutti figli di Freud. La schizofrenia della società postmoderna (in cui vegetiamo) ci spinge a ignorare il dato materiale; ad esso preferiamo quello rarefatto dell’identità psicologica. In una scheda personaggio, di quelle precostituite, che ho avuto fra le mani per qualche tempo, del personaggio mi si chiedeva la personalità. La personalità? Proprio così: la Personalità!

Personalità è un vocabolo che deriva dal tardo latino personalĭtas, il quale, a sua volta, deriva da personalis: personale. Esso indica qualcosa di caratteristico di una singola persona. In campo psicologico sta a indicare quella determinata struttura mentale che, sviluppatasi attraverso «dinamiche formative e influenze sociali»[1] combinate con fattori genetici, l’individuo riconosce come propria e attraverso di essa esprime se stesso secondo il suo modo di interagire con l’ambiente, stabilire le proprie priorità e regolare il proprio comportamento. Facile, no? Adesso, nei commenti, vorrei che mi descriveste in due-tre righe la vostra personalità. Se non ci riuscite con voi stessi, come pensate di cavarvela con un personaggio che neanche conoscete?


Le preposizioni proprie: In

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Come dicevamo la scorsa volta, le preposizioni si distinguono in proprie e improprie: le prime si adoperano solo come tali, a differenza delle seconde che invece possono assumere anche altre funzioni: ad esempio di congiunzione, di avverbio, ecc. Le proposizioni proprie sono otto (più una): di, a, da, in, con, su, per, tra (fra). Le ultime due, lo vedremo meglio dopo, sono identiche per significato e funzioni.

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La preposizione in, come tutte le preposizioni, dà origine a numerosi valori semantici. Un primo nucleo semantico riguarda le «inclusioni stative»[1], vale a dire il ʻriporre dentroʼ lo ʻstare in luogoʼ, che trova espressione delle relazioni:


Il profumo della speranza

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Quando Dame Elisabeth Olsen avvertiva su di sé i morsi della fame, una nuova giovane creatura veniva introdotta nella sua cripta – così era arrivata a definire il luogo in cui viveva segregata. Non aveva idea di come lui conoscesse il momento esatto in cui l’appetenza faceva la sua puntuale comparsa. Ma che ci riuscisse era un fatto.

Erano sempre giovani donne appena sbocciate: forme già adulte ma ancora acerbe. Apparivano completamente denudate; forse infreddolite, spaventate… certamente tremanti. Poteva avvertire l’odore della loro paura dal sepolcro in cui studiava gli antichi tomi: una sensazione inebriante, che non faceva altro che aumentarne il desiderio. Col tempo aveva imparato a trattenersi, a ritardare l’inevitabile. Non si accontentava più di nutrirsi del loro sangue; svuotarle come otri un tempo zeppi di vita. Aveva imparato a giocarci.


Equilibrismi

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Quando le rondini tornano a librarsi

A Torino in questi giorni una luce magnifica illumina il cielo, scaldando le membra e l’anima; permettendomi di dimenticare quanto lungo e soffocante sia stato quest’inverno appena trascorso. Le montagne incorniciano il paesaggio lambendo i confini aridi della città, tanto da farmi immaginare che allungando la mano potrei quasi spolverarne le cime innevate. Gli alberi allineati dei viali ricominciano piano piano a colorarsi di verde. In cielo di rondini non ne ho ancora avvistate, ma non dubito che presto arriveranno pure loro. Al mattino l’aria è ancora frizzante ma tutto sembra far presupporre che la primavera, con la sua carica di energia, buonumore e testosterone sesso-dipendente stia per sopraggiungere. Allora com’è che non mi sento rilassato?

Non sono in cerca di motivi; me ne frego dei motivi. Li elenco solo per riempire questa pagina, visto che da settimane non riesco a scrivere un post decente, tanto che la mia tanto decantata programmazione è ormai andata a farsi benedire. Intendiamoci, nessun problema a riempire questo bel bianco con tanto, tanto nero: ché a farlo ci metto poco; e a scanso di equivoci in questo periodo ho scritto un paio di “racconti” che mi rendono fiero di aver posato le dita sui tasti. Ma di parlare di scrittura e di tutte quelle belle cose che continuiamo a ripeterci ormai da anni non ne ho proprio voglia. E sì, che questo è un blog di scrittura creativa, ma in questo momento la mia creatività sente più il bisogno di esprimersi che di indagare. Così sto facendo, e nei prossimi giorni non dubito che potrete, se vi va, leggerne i frutti. Rimane però il problema della programmazione, e non è l’unico…


Le preposizioni proprie: Da

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Come dicevamo la scorsa volta, le preposizioni si distinguono in proprie e improprie: le prime si adoperano solo come tali, a differenza delle seconde che invece possono assumere anche altre funzioni: ad esempio di congiunzione, di avverbio, ecc. Le proposizioni proprie sono otto (più una): di, a, da, in, con, su, per, tra (fra). Le ultime due, lo vedremo meglio dopo, sono identiche per significato e funzioni.

Da

La preposizione da, come tutte le preposizioni, dà origine a numerosi valori semantici. Dal 1979, secondo lo studio di Castelfranchi-Attili[1], essi sono raggruppati in quattro gruppi di relazioni: locativo d’origine: «La pausa comincia dalle quattro»; causativo: «Paolo è stato investito da una macchina»; caratterizzante: «Mi piace la ragazza dagli occhi blu»; vincolativo: «la mia prima macchina da scrivere». Tuttavia il Serianni nella sua grammatica lì divide in tre soli gruppi, riunendo i primi due. Noi, che seguiamo da sempre l’impostazione del Serianni[2] sia per stima personale sia per scarso ingegno nostro, continueremo ad attenerci ad essa. Vediamo quindi il primo gruppo, quello che il Serianni chiama di «allontanamentoprovenienza»: