La pillola dell’intelligenza
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“Che razza di droga era? Non sopportavo il disordine, non toccavo una sigaretta da sei ore, non avevo mangiato. Astemio e pulito. Che cavolo era?”
— Eddie Morra, Limitless
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Come il Destefenil può cambiarti la vita se non soffri di narcolessia
Cosa saremmo disposti a fare pur di realizzare i nostri desideri? Quasi tre mesi fa mi sono imbattuto in un articolo interessante pubblicato su VICE. Parlava di un medicinale di norma prescritto a narcolettici, ovvero a soggetti affetti da un’eccessiva quanto debilitante sonnolenza diurna, ma diventato presto famoso presso coloro, studenti e lavoratori, dal cui cervello è pretesa una prestazione inferenziale superiore alla media, grazie alla sua capacità di potenziare l’intelletto. Ne ero inizialmente diffidente, ma viste le difficoltà a cui io stesso sono andato incontro in quest’ultimo periodo — difficoltà i cui effetti si ripercuotono sul mio organo pensante — e dopo aver letto numerose recensioni, verso molte delle quali nutro ancora seri dubbi, ho deciso di tentare la sorte e sperimentarlo.
Il farmaco in questione si chiama Destefenil. È uno stimolante prodotto negli stabilimenti tedeschi della Z-pflege: azienda farmaceutica di Dresda facente parte del gruppo lussemburghese Weber&Barthel. “Pflege” in tedesco significa “cura”. Ma questo è solo il nome commerciale. Il nome assolutamente propiziatorio di questa miracolosa molecola dell’intelligenza è modafinil. E infatti pare si sia scatenata nel sottobosco degli iper-ambiziosi una vera e propria moda circa il suo utilizzo: quella di abusarne pur non essendo affetti da narcolessia. Ormai è sulla bocca di tutti. Pare impossibile incontrare qualcuno della mia generazione, con un lavoro interessante e una stupefacente istruzione, che non ne faccia uso pure lui. Ma perché qualcuno che non soffre di improvvisi quanto inopportuni colpi di sonno dovrebbe farvi ricorso? Pare che nei soggetti in salute questo farmaco induca una formidabile lucidità accompagnata da un’esaltante euforia. Il connubio di questi due fattori spinge il consumatore a pensare di essere diventato improvvisamente intelligentissimo e quindi di poter realizzare qualsiasi cosa. Sembra che le prestazioni aumentino tanto vertiginosamente da indurre lo stesso autore dell’articolo a domandarsi se sia etico adoperarlo, come se ci fosse un conflitto morale analogo all’uso di sostanze dopanti nello sport. È chiaro che le recensioni esageravano.
Poiché si tratta pur sempre di un medicinale, il cui acquisto deve essere accompagnato da una prescrizione medica, per poterlo provare sarei dovuto andare prima dal mio medico curante — di cui non conosco nemmeno il nome e della quale so solo che è una donna — e poi da uno specialista in grado di scrivermi la ricetta. Per ottenerla sarei stato costretto a mentire, a perdere un sacco di tempo e a investire una quantità non indifferente di denaro. E tutto questo senza la certezza del risultato. Poiché non mi piace mentire, soprattutto quanto a farne le spese sono le mie tasche asfittiche, ho deciso di aggirare il problema googolando Destefenil acquisto sul web. Con una facilità estrema sono finito su un sito prodigo si spiegazioni e raccomandazioni; sito che si dichiarava miracolosamente in grado di procurare ai suoi visitatori il suddetto medicinale senza le lungaggini burocratiche, accompagnate dalla solita dose di diffidenza giudicante, che occorrono per acquistarlo attraverso il circuito tradizionale. Deciso ormai a provarlo, dietro la promessa di una mente più brillante ma con la certezza di calarmi volontariamente nell’ennesima truffa, ne ho ordinate una trentina di pasticche.
Il sito avvertiva che sarebbero occorse dalle due alle tre settimane prima di vederselo recapitare a casa. D’accordo – mi sono detto – ne ho fatto a meno finora, cosa vuoi che siano altre tre settimane? Così mi sono armato di biblica pazienza e ho passato l’ultima parte di luglio e buona parte di agosto senza più pensarci. Poi, superate le quattro settimane senza alcuna avvisaglia circa il loro arrivo, mi sono messo in contatto con la farmacia online. Ero ormai convinto che si trattasse di una truffa. Già durante i due mesi estivi avevo vigilato sulla mia carta di credito, prontissimo a bloccare qualsiasi addebito sospetto. Nella testa mi balenava l’idea che siti come quello non truffassero la gente solo sul medicinale, ma ne circuissero i numeri della carta di credito per poi addebitarvi spese immaginarie. Nella mia condizione non potevo certo permetterlo. Dall’altra parte un uomo che parlava un inglese sospetto mi rispondeva con gentilezza scusandosi per il disguido. Disguido… Chissà perché quando si fanno acquisti sospetti su internet c’è sempre qualche… disguido.
Ci siamo scambiati un certo numero di mail compite. Il tizio insisteva a scrivere in inglese, io mi incaponivo a rispondergli in italiano: ci siamo capiti alla perfezione. Mi chiedeva di pazientare altre tre… Tre!… settimane, ma alla fine il farmaco dell’intelligenza sarebbe giunto come da promessa. Ok, gli ho detto, mi armo di una proverbiale pazienza e attendo. Tanto il pagamento era già stato effettuato e recuperarne la somma era ormai impossibile. Dopo quasi due mesi la mia carta di credito non aveva registrato alcuna spesa anomala e, almeno su quel fronte, ero tranquillo. Cosa ci avrei guadagnato a litigarci?
Erano più o meno le nove di mattina quando sentii urlare il citofono. Il mio citofono emette un suono tanto roboante da sembrare il campanaccio degli Addams. Lasciai ciò che stavo scrivendo e andai a vedere chi fosse. Era il postino. Il postino? Proprio lui, il postino! Poiché non aspettavo altra posta che quelle famose pasticche ordinate ormai due mesi prima su internet, al mio proverbiale cervello non gli volle molto per fare due più due e sciorinarmi lì, su due piedi, la soluzione all’enigma prima ancora di scendere dal quarto piano per verificare di persona. Il Destefenil era finalmente approdato in Italia. Sì, ma da dove? Niente di meno che dall’India. Un viaggio niente male per trenta pasticche giunte fortunosamente intatte.
Ad esse si accompagnavano altre due pillole dal colore ormai mitologico. Gli indiani, forse per farsi perdonare, dovevano aver pensato che al sottoscritto avrebbe fatto piacere un po’ di piacere lussurioso. La prima cosa che feci fu di andare a leggere, per poi verificare su Google, la marca incisa sui blister e la data di scadenza. Nonostante il Paese di spedizione, la marca era quella ufficiale. Così, armandomi di coraggio, gettai il tazzone di caffè lungo americano nell’ignominia del lavabo e ingollai una di quelle pasticche. Era inutile aggiungere stimolante a stimolante, no? Un po’ titubante su come mi sarei dovuto sentire e su cosa di brutto sarebbe potuto capitare al mio corpo, mi rimisi al computer. L’effetto non si fece attendere. Anzi, restai sorpreso dalla rapidità con cui era arrivato. Mi sarei aspettato un’attesa di mezz’ora o anche di più. Ma già dopo una decina di minuti…
… già dopo una decina di minuti il mio cervello rispondeva con un’agilità e una prontezza che non riscontravo da tempi ormai archeologici. Mi sembrava di essere tornato bambino, quando il mio cervello ancora da svezzare era in grado di memorizzare alla perfezione pagine e pagine di testo, punteggiatura compresa, e di fare sogni assolutamente realistici a occhi aperti, tanto complessi da fare invidia al romanziere più audace. Grazie al farmaco tutto mi sembrava più chiaro, più semplice, più facile, più accessibile, più possibile. Leggevo con più rapidità di quanto non avessi mai fatto. Capivo tutto e memorizzavo con slancio tonnellate di informazioni. E tutto questo mi divertiva e appagava immensamente. La mia mente operava in tre, quattro direzioni alla volta. Il mio cervello era in grado di accendere connessioni tra argomenti all’apparenza incompatibili. Non stavo semplicemente correndo, volavo al di sopra dei picchi dell’Everest. E lo facevo a una velocità inaudibile. Tutto era possibile. Tutto era fattibile. Ogni testo si apriva davanti ai miei occhi. Non vedevo ostacoli né temevo limiti.
In un’ora, che volò via come pochi battiti di ciglia, progettai un intero romanzo e mi informai sui meccanismi burocratici europei e sulla gerarchia dell’Arma dei carabinieri. Tirai giù il soggetto e contattai un amico su FaceBook per parlargliene. Gli sciorinai l’intera storia arricchendola, nel frattempo, di altre idee e connessioni. Mi sentivo audace e particolarmente ben disposto a comunicare. Dotato di una parlantina e di una foga che, se avessi avuto l’amico in carne e ossa davanti a me, probabilmente l’avrei sotterrato di parole.
Poi l’euforia cominciò a scemare. Una stanchezza che non avevo mai provato mi colse di sorpresa. Ricordo di aver pensato: «ma questo farmaco non lo si prescrive a chi soffre di narcolessia? E allora perché ho sonno?» In quelle due ore avevo bruciato così tante energie che mi sentivo svuotato e annebbiato. Le prestazioni, così come si erano tanto ardentemente impennate, presero a crollare rovinosamente. Sentivo ancora una cerca capacità di concentrazione di molto superiore a quella a cui di norma ero abituato, ma non avvertivo più la facilità e la lucidità di poco prima. Tutto stava tornando difficile, tutto stava tornando normale. In men che non si dica, l’effetto era finito lasciandomi svuotato e ansante.
Passai il resto del pomeriggio in una sorta di catatonia bizzarra. Sentivo che il mio cervello era ancora in grado di focalizzarsi su un unico pensiero alla volta, ma qualcosa si era rotto. L’entusiasmo, la voglia di “fare i compiti” che mi aveva assalito fino a poco prima, non c’era più. Al suo posto solo una latente spossatezza e una foschia mentale simile a quando si è davvero molto affaticati, unita a una tachicardia anomala che mi ha accompagnato per quasi tutto il resto del pomeriggio. Così mi stesi sul letto e guardai un film in streaming; un film che trovai particolarmente interessante nonostante l’avessi già visto. Col passare delle ore anche quel secondo effetto più persistente scemò del tutto. Verso sera mi ricollegai a internet per leggere altre recensioni e verificare se qualcuno aveva avuto la mia stessa esperienza.
Molti confermavano quello che avevo provato, ma quasi tutti spergiuravano su una durata maggiore: almeno dalle 4 alle 6 ore. Alcuni addirittura consigliavano di non prendere il Destefenil dopo pranzo, per evitare una lunga notte insonne. Allora perché a me l’effetto era durato così poco? Misteri della biologia, devo presumere. Faticai ad addormentarmi e tirai le quattro di mattina. Avvertivo una pressione alle tempie che non era proprio mal di testa, ma un cugino lontano. Non proprio doloroso e non esattamente fastidioso, solo presente.
Il mattino dopo mi svegliai bene, senza avvertire alcuna conseguenza dovuta all’assunzione del farmaco, salvo forse un sottile quanto infido desiderio di riprovare immediatamente l’ebrezza euforica del giorno prima. Riconoscendo i prodromi di una dipendenza e temendo una precoce assuefazione al farmaco, mi sono ricollegato a internet. Beccai il commento di un tizio che consigliava di prendere mezza pasticca al mattino presto e mezza poco prima di pranzo, in modo da prolungare e allo stesso tempo alleggerire l’effetto del medicinale. Mi è parsa una buona idea. Lo stesso raccomandava di non prenderlo tutti i giorni, per non incorrere in un’assuefazione che avrebbe sotterrato tutti i benefici. Consigliava, piuttosto, di alternarlo a giorni di riposo: “Non più di due o tre volte alla settimana”.
Nonostante il resto del giorno passò tranquillo, la fiducia sulle mie capacità scrittorie senza l’assunzione del medicinale era letteralmente crollata. Solo verso sera, a quasi trentasei ore di distanza dall’assunzione del Destefenil, ho ritrovato la fiducia e il coraggio di scrivere queste poche parole. La sfiducia sulle mie capacità in mancanza del farmaco mi ha fatto riflettere. Ci sono indubbiamente delle controindicazioni a cui prestare molta, molta attenzione. Ma gli effetti positivi sono così eclatanti, così clamorosi che mi è parsa una buona idea ordinare altre 365 pasticche. Si sa mai…
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P.S. il presente articolo non è stato scritto sotto l’effetto del Destefenil! Il quale, in effetti, è un’invenzione narrativa. La molecola, modafinil, invece esiste e dicono sia la droga del futuro. Una droga da colletti bianchi super impegnati e ambiziosi.


Alla fine Dresda torna sempre 😉 A sto punto ti aspetto per una birra, offro io 😉
P.S. ma delle pilloline blu che ne hai fatto? 😀
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Sono ancora lì, in attesa di essere adoperate. Se oltre alla birra offri anche la pizza – per quanto poco mi fidi dei pizzaioli tedeschi – potrei allungartene una. 😛
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Credo ci siano più pizzaioli italiani a Dresda che a Torino 😛
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Qui i pizzaioli bravi sono tutti arabi. 😛
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😀
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Una volta a Düsseldorf sono finito in un ristorante turco gestito da un greco e a Maiorca in un ristorante greco gestito da tedeschi. Boh!
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Maiorca non conta, ormai è una colonia tedesca
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spero che chi abbia prodotto la pillola dell’intelligenza aveva già incorporato nei suoi neuroni la pillola… 😀
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Sarebbe un bel vantaggio, senza dubbio. 🙂
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Mi piace un sacco come scrivi! Ho letto tutto d’un fiato!
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Grazie Feliscia, benvenuta nel blog. 🙂
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Credo che i miei capi apprezzerebbero molto questa pillola per i propri schiavi…ops volevo dire collaboratori, in effetti ci chiedono di lavorare dodici ore al giorno senza fare pause e possibilmente senza mangiare, cosa che per qualche mese ho già fatto…una pillola simile potrei usarla per scrivere un romanzo in un week end o poco più 😉
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E non vedresti nell’uso della pillola dell’intelligenza un fattore di concorrenza sleale verso i tuoi colleghi da un lato, e verso gli altri scrittori dall’altro?
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Concorrenza sleale? Non ci avevo pensato, però il rischio della dipendenza me lo prenderei io, quindi forse è meglio usare il semplice caffè. Anche le anfetamine fanno un effetto energizzante, ma anche lì c’è dipendenza ed effetti negativi sul fisico. Ahi, come è difficile!
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Credo che se esistesse una pillola del genere andrebbe a ruba qualunque effetto collaterale avesse. Ne sono già certissima sulla carta. Infatti il tuo bel racconto è più che verosimile pari parli di un futuro prossimo. Non è che sei Verne sotto mentite spoglie?
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Il futuro è già realtà. 😉
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