Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori
Con quella di oggi dovremmo concludere la nostra carrellata sugli aggettivi. Conviene dunque procedere spediti.
Gradazioni variabili
«I concetti espressi dagli aggettivi qualificativi, così come quelli espressi da molti avverbi, possono essere soggetti ad una gradazione secondo la misura o l’intensità della qualità posseduta».
Luca Serianni, Ivi p. 209
La grammatica italiana si è data tre gradi per indicare la diversa intensità o quantità di un aggettivo: positivo, comparativo e superlativo. Il primo, il grado positivo, esprime la qualità senza particolare riguardo alla sua quantità o intensità. È il grado, possiamo dire, standard di utilizzo di un aggettivo qualificativo: «Giovanni è un uomo simpatico»; «Giulio è troppo ambizioso»; «Suo figlio, signora Maria, è un bambino proprio discolo, lo sa? Non sta fermo un attimo!».
Al riguardo non c’è molto altro da aggiungere. Vediamo gli altri due.
Il Comparativo
Il grado comparativo mette in relazione due soggetti, confrontando l’intensità di una qualità posseduta da entrambi, che può essere nella stessa misura o in misura diversa: «La mia Carlotta è bella come Venere»; «Sì, ma la mia Giulietta è più bella della tua Carlotta!»; «Se la mia Carlotta avesse il pelo come la tua Giulietta lo sarebbe davvero, meno bella…».
Il Serianni li chiama comparativo di maggioranza e comparativo di minoranza, indicando con essi la diversa intensità di una certa qualità posseduta da due soggetti messi a confronto. La relazione di disuguaglianza distingue il rapporto tra due «termini» in modo netto rispetto alla relazione di uguaglianza: «Einstein è più (o meno) intelligente di Boltzmann»; «Boltzmann è intelligente tanto quanto Einstein».
Si potrebbe affermare che anche il grado comparativo ha, a sua volta, tre gradi diversi di comparazione. Tuttavia il Serianni preferisce parlare di «due procedimenti comparativi distinti, di cui uno, quello della non-uguaglianza, è simmetricamente strutturato nelle forme complementari di maggioranza / minoranza» [Serianni].
Comparativo di maggioranza o minoranza
Si formano aggiungendo rispettivamente gli avverbi più o meno all’aggettivo qualificativo indicato. Il secondo termine di comparazione, il complemento, può essere introdotto dalla preposizione di o dalla congiunzione che.
La preposizione di si adopera di preferenza quando il secondo termine di comparazione è costituito da un nome o pronome non retti da preposizione: «Gianluca è più alto di Daniele»; oppure quando il secondo termine è un avverbio: «più stupidi di così si muore» [Petrolini].
La congiunzione che, al contrario, si adopera prevalentemente quando il secondo termine è un nome o pronome retto da preposizione: «Luigia è più dolce con me che con te»; oppure quando si mettono a confronto due qualità riferite in misura diversa allo stesso nome: «Bruno è più bello che intelligente»; «un’occasione più unica che rara» [Serianni]; infine, se si paragonano fra loro parti del discorso che non siano aggettivi: «l’ha detto più per scherzare che per offenderti» [Serianni].
Comparativo di uguaglianza
Non comporta alcuna alterazione dell’aggettivo, semplicemente mette a confronto qualità possedute in egual misura da entrambi i termini.
Il secondo termine, di norma, è introdotto dagli avverbi quanto e come: «Peppi’, tuo fratello è intelligente quanto te»; «la mia auto è costosa come la tua». Il primo termine può essere introdotto dalle forme correlative tanto, altrettanto e così, che però risultano ridondanti: «una camicia (tanto) costosa quanto la tua»; «io sono (così) indignato come te» [entrambi, esempi del Serianni]. Esse sono invece necessarie quando si mettono a confronto due qualità dello stesso soggetto: «Ho comprato una barca tanto veloce quanto silenziosa».
«Talvolta il grado comparativo di uguaglianza può mettere in relazione due comparativi di maggioranza o minoranza in relazione a un terzo termine di raffronto: (Carlo è in un certo grado più forte di Mario)».
Luca Serianni, Ivi p. 211
Il Superlativo
«Il grado superlativo esprime il massimo livello possibile di intensificazione della qualità posseduta, in relazione ad altre grandezze, persone, cose (superlativo relativo), oppure in senso assoluto (superlativo assoluto)».
Luca Serianni, Ivi p. 211
Come nel caso del comparativo, anche il superlativo è dunque possibile distinguerlo in due categorie: superlativo relativo, superlativo assoluto. Nel primo troviamo i gradi più e meno a indicare la modificazione di quantità; a differenza del comparativo, però, questi gradi sono preceduti dall’articolo determinativo: «Giulio è il più bravo». A differenza del comparativo infatti, il superlativo relativo ha come parametro di riferimento «tutti i termini omogenei con i quali è possibile attuare un raffronto» [Serianni]. È l’uso dell’articolo a marcare in questo caso l’idea di “totalità” espresso dal superlativo; esso svolge quasi una funzione simile a quella di un pronome o aggettivo dimostrativo: «il più bravo». Il secondo termine «tutti» viene introdotto dalla preposizione di o con tra/fra: «il più bravo fra tutti». Naturalmente il numero di persone messo a confronto, per fare in modo che l’idea di totalità sia mantenuta, dev’essere superiore a due: «Mario è il più bravo dei due piloti», in questo caso non si ha un superlativo relativo ma un comparativo di maggioranza.
Il superlativo assoluto, invece, indica il grado massimo d’intensità senza istituire paragoni. Si esprime con il suffisso –issimo: bellissimo, antichissimo, modernissimo, giovanissimo, romanticissimo, eccetera.
Un esempio superlativo del superlativo:
Ah, bravo Figaro!
Bravo, bravissimo;
fortunatissimo per verità!
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Rossini, Barbiere di Siviglia, Atto I, scena 2
L’aggettivo ampio, ci ricorda il Serianni, oltre al superlativo ampissimo, ha anche la forma dotta amplissimo. Il superlativo assoluto si adopera, con valore olofrastico, anche nelle formule di risposta:
«Sei andato a vederlo? È bello?».
«Bellissimo!».
Occasionalmente lo si può adoperare anche con i sostantivi: il campionissimo, la finalissima, eccetera.
«Non tutti gli aggettivi possono essere alterati per formare il superlativo; di regola, dovrebbero esserlo solo quelli che “esprimono una qualità che può essere accresciuta o avvilita o diminuita” (Moise 1878), mentre gli aggettivi che hanno un significato molto preciso e circoscritto, che non può essere modificato intensivamente, hanno il solo grado positivo: cristiano, pagano, mortale, immortale, triangolare, quadrato, sferico, cubico, chimico, psichico, marmoreo, ecc.».
Luca Serianni, Ivi p. 214
Tuttavia, quando questi sono adoperati con «qualifica» fortemente soggettiva e stilisticamente marcata, possono assumere il superlativo: «Chi sta bene, non si muove: dice un italianissimo proverbio» [Cecchi].
Infine, alcuni superlativi si esprimono con il suffisso in –èrrimo e –entissimo. Tra tutti, ricordiamo i due più celebri: acerrimo e maleficentissimo. Si tratta di un uso colto, dice il Serianni, che ricalca direttamente il modello latino. Ma noi che colti non siamo, lo lasciamo perdere. Come diceva Totò: «Parli come badi, sa!».
Conclusioni
Da dire ce ne sarebbe ancora, ma si rischia di diventare troppo tecnici. E poi gli aggettivi mi hanno stufato. Dal prossimo lunedì passiamo ai numerali.
«Aristofane è morto? E quando è successo? Duemila anni fa? Dio, come passa il tempo».
Totò, Il ratto delle sabine, 1945
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Note
Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989
In calce: il marchese Antonio De Curtis, il principe della risata.
Vi lascio il link per ascoltare su YouTube il Barbiere di Siviglia.
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“Il Serianni li chiama comparativo di maggioranza e comparativo di minoranza” li chiamava così anche la mia maestra 😛
Comunque ne ho approfittato per scoprire che acerrimo è il superlativo d acre (no, confesso, non lo sapevo) inteso in senso figurato.
P.S. finalmente dalla prossima volta si parla di numeri 😛
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Preferisco la forma latina: acer. Lo senti come suona più acre? 😛
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oserei dire acerrimo 😛
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Anfusissimo questo posterrimo.
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Helgaldentissimo, è sempre un onerrimo!
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Ah il grande Totò!
Superlativi assoluti ho la tendenza ad abusarne, quindi cerco di trattenermi
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Davvero? E come li usi?
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in questi post di grammatica ci ritroviamo sempre noi, cari celeberrimi, fedelissimi, preparatissimi commentatori. Dal latino provengono anche i bellissimi e ancora usatissimi superlativi “infimo” come alternativa a “bassissimo” e “sommo” alternativo a “altissimo”, che addirittura vanta anche una terza possibilità: “supremo”. 🙂
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Che dire… superlativo! 😉
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Aggiungiamo anche alcuni fossili linguistici del latino: già che sono stati ricordati alcuni superlativi, ricordo alcune forme di comparativo di maggioranza in -ior sopravvissute sino a qui, come migliore (positivo: buono) e peggiore (positivo: cattivo); per altro sono irregolari anche i loro superlativi assoluti, rispettivamente ottimo e pessimo.
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Assolutamente. 🙂
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