Bart_le_frasi

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Finalmente siamo giunti alla parte cicciosa di questo nostro percorso. Molti di voi probabilmente penseranno, anche con ragione, che questo livello di ripasso è eccessivamente elementare: perché rivangare cose fatte già alle scuole elementari e medie? Per due buoni motivi: intanto perché leggo ciò che il web diffonde e mi pare ce ne sia un gran bisogno; poi perché il tempo passa e la memoria non migliora; infine… be’, perché potrebbero esserci molte cose che ignoravate. Da oggi, e nelle successive puntate di questi mini-ripassi, vedremo da quali categorie di parole sono composte le frasi che usiamo normalmente per narrare, in forma scritta, le nostre storie.

Categorie grammaticali

Prendiamo la frase [proposta dal Serianni]:

«i neonati riconoscono la madre già dai primi giorni di vita»

Che concordiate o meno con il contenuto, questa frase è costituita da diversi oggetti, ognuno dei quali rientra in una diversa categoria: i nomi neonati, madre, giorni, vita; il verbo riconoscono; l’aggettivo primo; gli articoli i, la; la preposizione articolata dai e la preposizione semplice di; infine, l’avverbio già.

Le categorie grammaticali sono nove. Di queste nove, cinque sono variabili: l’articolo, il nome, l’aggettivo, il pronome e il verbo. Si definiscono variabili perché possono mutare terminazione o forma per «dar luogo alla flessione e all’accordo grammaticale» [Serianni]. Ad esempio: «Il gatto rosso miagola / Le gatte rosse miagolano».

L’avverbio, la preposizione, la congiunzione e l’interiezione sono, invece, le quattro categorie che si definiscono invariabili; esse, cioè, «non sono mai soggette alla flessione secondo i parametri del genere, del numero, dei tempi e dei modi, ecc.» [Serianni].

Nelle parole che appartengono alla categoria delle variabili, la parte che non muta si chiama radice. La parte soggetta a mutazione, invece, si chiama desinenza: in gatt-o, gatt è la radice, o è la desinenza.

Più avanti parleremo poi in modo più approfondito della suffissazione e della prefissazione, che permettono, ad esempio, il passaggio da una categoria grammaticale a un’altra: da nav-e (sostantivo) a nav-ale (aggettivo) [suffissazione].

Categorie Sintattiche

Le categorie sintattiche sono quelle relazioni logico-sintattiche che costituiscono la struttura vera e propria della frase.

«Nella frase che abbiamo preso come esempio [i neonati riconoscono la madre già dai primi giorni di vita, ndr] avremo un soggetto espresso («i neonati»), che compie un’azione rappresentata dal predicato verbale («riconoscono»); l’azione “ricade” su un’entità rappresentata dal complemento oggetto («la madre»). A “completamento” del significato, il complemento di tempo continuato («già dai primi giorni») e il complemento di specificazione ad esso subordinato («di vita») ci informano che l’azione ha luogo fin da un certo termine temporale».

[Serianni]

Le categorie sintattiche sono: il soggetto, il predicato, i complementi (complemento oggetto, complemento predicativo, complementi indiretti), l’attributo, l’apposizione.

Frase, periodo, sintagma

Per costruire una frase attraverso le categorie suddette, le parole si raggruppano in unità composte dette: sintagmi. Ad esempio: i + neonati; già + dai + primi + giorni; eccetera.

La frase si definisce anche proposizione ed è l’unità minima di comunicazione dotata di senso compiuto, cioè in cui si trovi almeno un predicato nella forma di verbo di modo finito e un soggetto. In realtà il soggetto, se la frase è impersonale, può anche non esserci: Piove.

In genere una frase semplice è composta da un soggetto espresso da un nome o da un pronome, e da un predicato espresso da un verbo predicativo (predicato verbale) o dal verbo essere in unione con una parte nominale (predicato nominale):

Soggetto

Predicato

Il cane

abbaia

Essi

scoppiarono a ridere

Mia moglie

è abruzzese

Il mare

era agitato

La frase si può espandere aggiungendo altri elementi sintattici, ad esempio:

«Venti negozi al piano terra di un centro commerciale di tredici piani sono stati devastati» [La Nazione, articolo del 30.07.1986 – Serianni].

Il nucleo centrale, la frase semplice è: negozi sono stati devastati (a cui aggiungeremo al sintagma soggetto almeno un articolo “i”). Gli altri oggetti (venti, al piano terra, di un centro commerciale, ecc.) servono a espandere la frase.

Altro esempio:

  1. Il cane abbaia.
  2. In caso di allarme, il cane abbaia.
  3. Di notte, in caso di allarme, il cane abbaia.
  4. Di notte in caso di allarme, il cane, prontamente, abbaia.
  5. Di notte, in caso di allarme, il mio cane, prontamente, abbaia contro i ladri.

In questo esempio, gli elementi sintattici si condensano attorno a un unico predicato verbale: abbaia. In questo caso si ha sempre una frase semplice. Quando i predicati, in una stessa frase (o “unità comunicativa”, come la chiama il Serianni), sono più di uno: abbiamo una frase complessa. La frase complessa si definisce anche periodo.

Frasi semplici

Frasi complesse (o periodi)

«Il mio cane abbaia». «Se sente dei rumori, il mio cane, prontamente, abbaia per avvertirmi che qualcosa non va».
«Il mio cane, prontamente, abbaia». «Da quando lo faccio dormire in giardino, se sente dei rumori il mio cane, prontamente, abbaia per avvertirmi che qualcosa non va».

Ho messo in corsivo i predicati verbali. Nelle frasi semplici ce n’è uno solo; in quelle complesse, più di uno.

Conclusioni

Mi pare che finora si rasenti l’elementarità delle nozioni grammaticali, quindi non starei a cincischiare troppo. Nei prossimi mini-ripassi ci soffermeremo sull’analisi logica, analizzando le diverse tipologie possibili di frasi che possono essere composte con le categorie sintattiche, e poi vedremo uno ad uno i vari elementi sintattici che compongono la frase: il soggetto, il predicato, il complemento, ecc. Successivamente passeremo, ahimè, alle categorie grammaticali. Se avete domande: non fatele!

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Note:

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET universitaria, 2006.

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9 Comments on “Categorie Sintattiche e Grammaticali”

  1. Allora vado con le domande 😀
    No, scherzo, dai, niente domande.
    Io un po’ queste cose le ho ripassate studiando tedesco, ed è interessante fare il confronto fra le due lingue in certi casi.
    Ad esempio in tedesco l’aggettivo predicativo, fungendo da avverbio, perde il suffisso, diventando così invariabile proprio come se fosse un avverbio, a differenza dell’italiano (dove porta ad un sacco di dubi ed errori).
    E poi c’è da parlare del soggetto, che in italiano può esserre praticamente sempre sottinteso, non solo con i verbi impersonali (che sono una caratteristica tipica dell’italiano, in tedesco o inglese c’è sempre “qualcuno” che piove :P) Mentre in inglese va sempre indicato, abbastanza logicamente, visto che l’inglese sostanzialmente non ha declinazioni, ma anche in tedesco, nonostante le declinazioni ci siano, il soggetto è sempre obbligatorio, probabilmente per la loro precisione e la rigida struttura della frase.
    Ecco, magari la struttura della frase potrebbe essere un argomento di discussione 😉

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    • Ecco perché l’italiano è una lingua perfetta per scrivere narrativa… XD

      P.S. grazie per il commento, è molto interessante poter fare confronti. Se ti va, potresti farlo periodicamente. 🙂

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      • Volentieri, fon dove arrivano le mie competenze grammaticali col tedesco 😀

        Sì, l’italiano gode del vantaggio di avere una struttura della frase molto libera, permettendo variazioni liriche impossibili in tedesco dove ogni elemento ha una sua posizione specifica. Addirittura è previsto un ordine in cui mettere i complementi.

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