lavanderia-automatica

1

Sono seduto all’interno di una lavanderia a gettoni. Quella all’angolo tra via Cigna e via Cecchi, a Torino. Attendo che il ciclo dei colorati finisca. Nell’attesa sto leggendo “Se una notte d’inverno un viaggiatore…”, edizione Oscar Mondadori, anno 2015. Sono a pagina 28.

È notte. Io il bucato lo faccio solo a tarda sera. Non è inverno però, come per il viaggiatore di Calvino; è estate e fa caldo, un caldo proibitivo. Il bucato nella lavatrice ruota con indolenza e la luce al neon ogni tanto saltella.

Entra una giovane donna. Indossa una gonna rossa e una camicetta bianca, scollata sul davanti. Sotto braccio porta una cesta piena di panni. L’appoggia sopra una lavatrice vuota e si lascia cadere sul sedile accanto al mio.

Tira fuori una sigaretta e si volta a guardarmi; mi immergo nel libro.

«Hai da accendere?».

«No, non fumo». La guardo appena. Invece mi viene automatico guardare il cartello di vietato fumare.

«Peccato» dice lei e inizia a frugarsi nelle tasche.

«Credo non si possa, comunque, qua dentro» puntualizzo. Me ne pento subito.

La giovane donna tira via la sigaretta dalle labbra e la rimette nel pacchetto. Non dice niente. Inspira ed espira. Noto che porta capelli lunghi, di un biondo sporco; probabilmente tinto tempo fa. In parte le coprono la faccia.

«Non carica la lavatrice?». Dopo l’uscita infelice, provo un insensato bisogno di cortesia.

«C’è tempo» dice lei, con indolenza. Tira su i capelli e si passa una mano sul collo. Il suo collo, lungo e snello, mi ispira fantasie. Poi sfila un elastico dal polso e lo usa per fare una coda.

«I lavaggi sono lunghi» le faccio notare. «Ci metterà un po’».

«Meglio» dice lei. Si volta di nuovo a guardarmi. Un occhio è cerchiato di viola.

Ammutolisco. Proprio non me l’aspettavo. Lei pare non notarlo. Io mi immergo in Calvino.

2

Sono seduto all’interno di una lavanderia a gettoni. Quella all’angolo tra via Cigna e via Cecchi, a Torino. Attendo che il ciclo dei colorati finisca. Nell’attesa sto leggendo “Se una notte d’inverno un viaggiatore…”. Leggo sempre quando faccio il bucato.

È sempre estate e fa caldo. Molto caldo. Il bucato nella lavatrice ruota con più indolenza del solito, ma la luce al neon non saltella più: traballa.

Entra di nuovo la giovane donna. Indossa jeans aderenti e una t-shirt bianca. Sotto braccio porta la solita cesta. L’appoggia sopra la lavatrice vuota e si lascia cadere sul sedile accanto al mio.

I capelli sono già raccolti. Il collo scoperto mi eccita. Il viola attorno all’occhio è quasi ingiallito. Il labbro superiore, sul lato sinistro, è tumefatto. Mi immergo nel libro.

La giovane donna tira fuori una sigaretta e si volta a guardarmi. Sento i suoi occhi puntanti contro la tempia.

«Hai da accendere?». Forse non mi ha riconosciuto.

Tiro fuori l’accendino; è nuovo di zecca.

«Ma tu non eri quello che non fumava?». Sembra divertita.

«Infatti».

Avvicina la sigaretta alla fiamma e tira una boccata.

«Lo sa che non dovrebbe?» le dico.

«Per via del cartello?».

«Perché fa male».

«Ci sono cose che fanno più male» ribatte lei.

Ripongo l’accendino nella tasca e mi immergo nel libro.

3

Sono seduto all’interno di una lavanderia a gettoni. Quella all’angolo tra via Cigna e via Cecchi, a Torino. Attendo che il ciclo dei colorati finisca. Nell’attesa vorrei leggere “Se una notte d’inverno un viaggiatore…”, ma non posso.

È sempre estate. Oggi, però, tira una brezza leggera. All’interno della lavanderia non si avverte e fa caldo lo stesso. Il bucato sembra stagnare e la luce al neon è spenta. A illuminare il locale ci pensa il lampione dal marciapiede.

Entra la giovane donna. Indossa gli stessi jeans e una t-shirt rosa. Almeno, mi pare. Sotto braccio porta la solita cesta. L’appoggia sulla lavatrice vuota e si lascia cadere sul sedile accanto al mio.

Tiro fuori l’accendino.

«No, ho smesso» dice lei. «Ma grazie lo stesso».

«Ah bene, è una bella notizia. Come mai?».

«Fra due giorni ho un incontro. Un incontro difficile».

«Un incontro?».

«Sì».

«Intende: di pugilato?».

«Di cos’altro?».

«Meno male…». Ripongo l’accendino. Mi sento meno in pena.

«Meno male? Cosa intendi?».

«Niente. Solo, pensavo che…».

«… che avessi un fidanzato che mi mena?».

«Qualcosa del genere».

«Il solito patetico maschilista» dice lei.

.

Fine

28 Comments on “Lavanderia a gettoni”

    • Ciao Mango, o dovrei chiamarti m3? Ad ogni modo, benvenuta nel mio blog. Io sono poco più avanti, verso corso Vigevano. Ci incontriamo? Magari mettiamo su un gruppo di lettura… Ne stavo cercando giusto uno, ma non se ne trova. Oppure possiamo lavare i panni “sporchi” insieme… XD

      Piace a 1 persona

  1. Ho gradito molto questo racconto! Mi piace la costruzione, la storia e il finale.
    Bravo!
    C’è solo una cosa che non mi torna. Lei non mette su la lavatrice, dice che c’è tempo e che è meglio se i lavaggi sono lunghi. Se non è perché ha paura di tornare a casa a prenderle, allora perché lo fa?

    Piace a 1 persona

    • Grazie Lisa, mi fa piacere. 🙂
      Per risponderti: potrei mentire dicendoti che la ragazza è stanca a causa del duro allenamento. In fondo ha fatto a botte e s’è beccata pure un pugno. Stare fuori casa, in un luogo atipico e anonimo come una lavanderia a gettone, è un modo per staccare la spina. Ma la verità è che il personaggio è compiacente verso un povero narratore che non sa più cosa inventarsi… 😛

      … oppure la verità è un’altra. Chissà cosa si potrebbe scoprire se questa storia proseguisse. 😀

      Piace a 1 persona

      • Potrebbe essere una spia che finge di essere una pugile ma è stata menata dai nemici. La lavanderia è la base segreta in cui lascia i messaggi in codice per gli agenti segreti e deve aspettare che lui se ne vada per essere sola e incontrare la versione torinese di James Bond.

        Piace a 1 persona

        • Pensavo a qualcosa di diverso… La lavatrice è un buco nero che porta a un altro universo. L’oblo è il suo accesso. la tiza è un alieno travestito da donna. La cesta con i panni sporchi: il suo travestimento. Aspetta a caricarla perché non può farlo davanti a testimoni. XD

          Piace a 1 persona

    • Grazie Melania, e benvenuta nel mio blog. Un po’ lo è anche, un esercizio di stile. Ma in realtà la struttura l’ho “rubata” a Giulio Mozzi (lui lo sa e disapprova sdegnosamente… XD), e riadattata ai miei scopi. Nella mia vita ho conosciuto solo donne forti in effetti… Fortuna o sfortuna? Boh… a me, va bene così. 🙂

      "Mi piace"

  2. Pingback: Presi a caso dalla biblioteca | Salvatore Anfuso – il blog

  3. Pingback: Festina lente | Salvatore Anfuso – il blog