manifesto letterario

… quando le lettere formano pensieri

Questo è un meme che prosegue da un post di Chiara. La premessa è quella di individuare le caratteristiche che in qualche modo risaltano, o che penso lo facciano, la mia scrittura e l’idea di scrittore che ho di me. Ci sono delle parole che mi identificano, o in cui mi identifico, nell’ambito del mestiere di scrittore? Che scrittore sono io? Che scrittore penso, o vorrei essere? Queste parole esistono, certo, e sono le seguenti:

Aggressivo

Il linguaggio, come le mie storie, non deve lasciare il lettore indifferente. Devono invece, intimamente aggredirlo, causargli dolore, lasciarlo senza fiato, come una secchiata d’acqua gelida inaspettata. Leggere quello che scrivo non è come passeggiare lungo una spiaggia al tramonto (Nicholas Sparks) e nemmeno come una serenata al lume di luna sotto effetto di un acido (Haruki Murakami), ma un violento pugno allo stomaco che lasci intontiti e destabilizzati. L’umanità occidentale non ha bisogno d’essere coccolata. Siamo cresciuti in un batuffolo di cotone, in una realtà ovattata. La nostra società ha la necessità di svegliarsi e guardare l’orrore, che ha creato con la sua indifferenza, dritto negli occhi.

Borderline

Letteralmente: linea di confine; linea di demarcazione. Le mie sono storie di confine, tra un’umanità moderna, regolamentata, ordinata, e un’umanità disadattata, malata, antisociale. Borderline, come attributivo, significa anche marginale; i miei personaggi si trovano ai margini della società, non ne fanno pienamente parte. Non ne vogliono fare parte. Come potrebbero?

Concreto

Le mie storie, come il linguaggio che uso per raccontarle, devono contenere elementi molto concreti. Concreto significa: consistente, preciso, corposo. Un pugno nello stomaco è qualcosa di molto concreto; una secchiata d’acqua gelida è molto concreta; un viaggiatore che si ritrova in un villaggio abbandonato, abitato solo da gatti parlanti (Haruki Murakami, di nuovo) non è concreto, semmai: metafisico, visionario, fantastico; ma non concreto.

Destabilizzante

La mia narrativa deve destabilizzare i preconcetti, abbattere i muri dell’indifferenza, del qualunquismo, dello sguardo annoiato di un passante distratto. Le mie storie non devono per forza contenere una morale, ma colpire forte le banalità del pensiero unico; di quella forza motrice che si origina sui monitor piatti dei maxi schermo per assopire l’intelletto preconfezionato dell’uomo qualunque.

Esibizionista

Questo termine non si riferisce alle storie, ma allo scrittore o, se preferite, al narratore. Il mio narratore dev’essere molto presente nella narrazione, deve farne parte pienamente. Anzi, dev’essere il mattatore che conduce il gioco. Per questo motivo prediligo la prima persona o, in alternativa, una terza persona in cui la voce narrante si avverta forte e chiara. Il narratore è la star della storia, un’esibizionista appunto.

Ironico

Non amo l’ironia fine a se stessa e non amo un testo sfacciatamente ironico: dopo un po’, leggerlo, mi stanca. Ma i miei personaggi hanno uno sguardo senz’altro ironico verso quel mondo in cui non si riconosco. Vivono ai margini ed è il punto migliore da cui guardare l’umanità con sguardo critico. L’ironia serve a smorzare la cattiveria che ne consegue, trasformando la violenza implicita in un sorriso storto stampato sul grugno del protagonista, come una smorfia perenne.

Lettore-dipendente

Amo il confronto. Mi piace quando i lettori partecipano e dicono la loro. Non importa che siano concordi o in disaccordo con la mia visione, ciò che conta è che quello che scrivo sia forte abbastanza da spingerli ad agire. Fosse anche solo per postare un commento frettoloso, o per grattarsi un prurito fastidioso. Se dovessi pubblicare un romanzo, vorrei che questo legame non si interrompesse.

Omicida

Non ho alcuna remora nell’uccidere i miei personaggi. Qualunque personaggio alle mie dipendenze deve agire con la costante sensazione addosso di poter morire da un momento all’altro…

Post-moderno

Rifiuto i valori della modernità; il credo indiscusso verso un progresso migliorativo, sanatorio, curativo e ordinato. Le mie storie sono appunto post-moderne, cioè in contrasto con tutto ciò che è avvenuto prima. I miei personaggi non credono più nel progresso, non credono nelle promesse della società, non credono in se stessi e nell’umanità. I miei personaggi sono dei sopravvissuti che cercano di tirare avanti e di trovare dei vantaggi per sé, anche a scapito degli altri. Ma lo fanno senza quell’ipocrisia che contraddistingue le generazioni precedenti. Loro bramano l’autodistruzione, ma come forma di guarigione.

Ritmico

Il linguaggio è ritmo. Il ritmo delle mie storie dev’essere intenso, chiaro, forte, ininterrotto, sclerotico, senza pause per riflettere o annoiarsi. Deve colpire come una bacchetta il tamburo, con costanza, con concretezza, dando ritmo alla narrazione. Un ritmo crescente e ansioso; intriso di panico e affanno.

Strafottente

Politicamente scorretto, nessun riguardo per il pensiero per bene.

Urbano

L’ambientazione che prediligo è prettamente urbana. I miei personaggi non sanno neanche cosa sia la campagna rurale e operosa. Ruvido cemento, asfalto bollente e grezzo acciaio.

Violento

Storia, linguaggio e personaggi sono, devono essere violenti. Nei gesti, nelle intenzioni, nei dialoghi. La vita, così edulcorata da nascondercelo, è violenta. Lo è anche nella nostra società bulimica, consumistica, diversificata e superficiale, almeno per gli strati più umili.

Manifesto narrativo

Posso definire questo breve elenco un vero e proprio manifesto narrativo. Confesso che dopo averlo scritto ho le idee più chiare di ciò che voglio raccontare, di cosa voglio scrivere. C’è sempre stato e, a tratti, nei miei racconti è sempre venuto fuori, ma velato da un’ingenuità di fondo, da un’ignoranza di contenuti. Adesso so.

E voi, quali sono i termini che vi definiscono come scrittori?

25 Comments on “L’alfabeto della mia scrittura”

  1. Bene, anche tu con l’alfabeto. Il mio l’ho scritto ieri e è in programmazione per lunedì.
    Ti farà piacere sapere che, da bravo maniaco, ho usato tutte le lettere del nostro alfabeto 😀

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  2. Il commento è partito prima che riuscissi a finire di scrivere…
    Dicevo: bella l’idea del manifesto narrativo. Aiuta davvero ad avere la visione della propria narrativa. Una specie di linee guida da seguire.

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    • Anch’io avevo pensato di usare tutte le lettere, ma alla fine bastano queste. Il resto è superfluo. L’idea del manifesto narrativo è venuta fuori man mano che procedevo a scrivere. Prima di questo post, seppur con i germi già in corpo, non ne ero così lucidamente cosciente.

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  3. E la Z? Non ti piaceva? 😀

    Le parole in cui mi rivedo maggiormente sono “urbano” e “post-moderno”, in quanto queste caratteristiche sono presenti in tutte le mie storie. Mi piacerebbe però in futuro scrivere una storia, sempre post-moderna, nella provincia disadattata, qualcosa stile “Come dio comanda” o “Ti prendo e ti porto via”…

    Anche “aggressività” è abbastanza vicino a me. Qualche giorno fa, ho scoperto che una mia collega mi ha affibbiato un soprannome non proprio lusinghiero (almeno secondo le sue intenzioni), ovvero “la bambola assassina”, perché dice che io sono una perfettina, sempre vestita bene, molto fine e sempre sorridente, però so dove colpire. Ecco: nella scrittura, mi piacerebbe essere così, forse lo sono già. I miei personaggi hanno buoni sentimenti, so essere dolce quando serve, ma anche creare immagini forti. 🙂

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  4. Pur nella fase di scrittura ascetico razionale nella quale mi sono rinchiuso con abnegata devozione, a questo post un commento voglio fartelo.
    Mi è piaciuto parecchio. Il migliore che finora ho letto di questa serie di meme che gira.
    Anch’io ho sempre pensato alla scrittura come a una forma di irriverenza, di truce rottura degli schemi sociali. Il tuo pare proprio un manifesto programmatico.

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    • Grazie Marco. Non era nato così, ma lo è diventato man mano che scrivevo. Mi rendo conto che avevo proprio bisogno di chiedermi (e rispondermi ovviamente) che tipo di scrittore mi aspetto di essere. 🙂
      Come procede il tuo romanzo? Sei in fase di revisione?

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      • Beh allora possiamo dire che il meme ti è sfuggito di mano ed è diventato una catarsi della tua scrittura.

        Questi esercizi sono ottimi. Scrivere aiuta a comprendersi. Beati voi che avete i blog.

        Sul mio romanzo. Sono nella fase delle prime verità. Lunedì passo il manoscritto all’editor. Sono pronto a tutto, dal capolavoro alla cacata pazzesca. Nel mezzo cinquanta sfumature di giudizi.

        Credo che alla fin fine, in noi che coltiviamo il sogno della scrittura, riuscire a discernere mentre scriviamo se il risultato sarà il grande romanzo o un prodotto all’infimo, è impossibile. Però a prescindere dal giudizio, resta la consapevolezza d’aver fatto un buon lavoro, d’averci messo l’anima in ogni suo poro palpitante.

        Devo dirti che ho incontrato una difficoltà enorme nello scrivere la sinossi. Condensare 400 pagine in due, tre o quattro pagine è molto complicato. Qualunque testimonianza ho letto per il web, tutti dicono che è difficile. Perché per noi che abbiamo scritto il romanzo, distinto siamo portati a voler inserire tutto. E questo allunga, disgrega, fa perdere il nocciolo primario. Ma soprattutto la sinossi rende piatta la storia. Per quanti colpi di scena possono esserci, appaiono ai tuoi occhi senza anima. Entri in conflitto perché dici: eh ma quella scena divertente in due parole non viene resa. E quella scelta del protagonista così dilaniante, come la puoi compendiare con un aggettivo?

        Perché nella sinossi che voglio io, devo riuscire a compendiare i tanti fatti con l’atmosfera del romanzo, l’umore dei personaggi, mostrare il senso del libro senza spiegarlo.

        Confesso d’averla riscritta 10, 20, 30 volte, e sistematicamente era degna d’essere cestinata. Ieri mi sono seduto di fronte a un muro bianco e per tre ore mi son messo a fissarlo. Sono riuscito a far ruotare i pensieri, le connessioni di idee, a comprendere il soverchio che va sottratto. Poi sovraeccitato mi sono seduto al computer e l’ho scritta di getto. Ci sono quasi, ma occorre ancora limare, sgrassare, contorcere, chiarire. Spero di riuscirci entro lunedì.

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        • “Nel mezzo cinquanta sfumature di giudizi”: carina. Non è sempre così? Anch’io credo che non si possa essere davvero obbiettivi verso le proprie creazioni. Per questo esistono gli editor. La sinossi io proverò a scriverla prima della stesura. Poi magari dovrà essere totalmente rivista, o addirittura cestinata, ma per iniziare a scrivere mi sembra possa rappresentare un aiuto: come una buona scaletta o cose così. 🙂

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  5. Dopo questo alfabeto, ti metto nella mia lista degli autori da non leggere! In pratica sono in disaccordo su tutto. Salvo solo il “ritmico”, ma anche lì credo che parliamo di ritmi diversi. Viva la sintonia! 😉

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  6. TUTTO, ma non mi toccare Murakami! 🙂

    Incredibile come, leggendo i meme di chi ha partecipato a questa iniziativa, vengano fuori le personalità ben precise di chi li ha scritti: i termini che hai scelto tu sono proprio perfettamente tagliati sulla tua persona, parlano di te, ti rappresentano. Ti starai dicendo: ma se questa nemmeno mi conosce!
    Epperò, borderline, esibizionista, omicida, strafottente sono termini che potevano venire soltanto a te! Ahaha
    E comunque mi sto facendo una scorpacciata di alfabeti, in giro per il web!

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  7. Il mio commento non è stato accettato 😦
    Dicevo, dal tuo alfabeto si capisce bene che tipo di scrittore sei e cosa vuoi scrivere.
    Anch’io sto preparando il meme, spero mi aiuterà a capire altrettanto.

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