Avverbi di tempo

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avverbi di tempo

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Lo scorso lunedì abbiamo visto gli avverbi qualificativi o di modo; continuando con la loro classificazione per via semantica oggi indagheremo gli avverbi di tempo.

Come indica il nome stesso, essi determinano il tempo di svolgimento di un’azione: l’altro ieri, ieri, oggi, domani, dopodomani. Per porzioni di tempo più ampie si deve fare ricorso a locuzioni quali: x giorni fa, fra x giorni, di qui a, in capo a. Suddivisioni inferiori sono quelle rappresentate da mattina, pomeriggio, sera, notte: stamattina, questa sera, oggi pomeriggio, stanotte, ecc. Per indicare l’anno precedente a quello in corso si usa: l’anno scorso, un anno fa, l’altr’anno. Per un numero di anni superiore si fa ricorso a locuzioni con fa e or sono: due anni fa, tre anni or sono, ecc. Se ci spostiamo in avanti con il tempo adopereremo: l’anno prossimo, fra un anno, l’anno venturo. Se gli anni sono più di uno ricorreremo a locuzioni con tra o fra: fra cent’anni, oppure da qui a tre anni, e via dicendo. Le stesse regole valgono sia che si parli di giorni, di mesi, di secoli, ecc.

«Oggi, ieri, domani si usano anche per indicare genericamente il tempo presente, passato, futuro: si pensi al titolo del settimanale di cronaca Oggi, o a frasi come: “il più è fatto, adesso dobbiamo guardare al domani”».[1]

Altri avverbi di tempo sono:

  • Ancora, che esprime la continuità di un’azione: «la fronte, gli occhi e la bocca recavano ancora le tracce di una bellezza sfiorita» [Silone]; il suo uso è tipico nelle interrogative, soprattutto se negative, per manifestare stupore o insofferenza: «Ancora?!», «Hai cominciato all’alba e non hai ancora finito?».
  • Già, indica un evento che si è compiuto o che è giunto a compimento: «Abbiamo già deciso, mi dispiace», «Ho già un frigo, non mi serve che lei me ne venda un altro», «è già mezzanotte, arrivano le streghe!», «il mio bambino ha già 11 mesi, speriamo non cresca troppo in fretta»; con la mente rivolta al futuro, già può indicare un evento che deve ancora manifestarsi ma le cui conseguenze già si temono: «già m’immagino che finirà male»; infine può avere funzione olofrastica positiva: «Già, hai proprio ragione».
  • Mai, l’evento in questione non si svolge in nessun tempo: «non l’ho mai visto così allegro» [Serianni]; si adopera anche come avverbio olofrastico negativo: «Questo, mai!»; in coppia con tanto e quanto può avere un valore affermativo e rafforzativo: «chissà quante mai cose avrai da fare!» [Serianni], «Hai tu mai sentito affanno di cuore?» [Manzoni].
  • Ora, indica un’azione che si svolge nel tempo presente ma si usa anche per indicare un evento passato da pochissimo o che si avverte come imminente: «È ora», «È andato via giusto ora», «Quando dovrebbe colpirci il missile? – Ora!». Il Serianni nella sua grammatica tiene a ricordarci che nell’italiano contemporaneo ora è sinonimo di adesso; mo’ è invece solo dialettale.
  • Ormai, composto da ora + mai indica un evento giunto a maturazione: «è ormai tempo che tu prosegua con le tue gambe, figliolo»; è frequente anche la forma oramai: «oramai imbruniva sui colli e nelle valli» [Comisso].
  • Presto, può indicare un evento che si svolgerà prima del tempo stabilito o riferirsi a un evento che si svolgerà a breve: «Ti scriverò presto!» [Serianni], «A presto», «Quando arriveranno? – Presto!».
  • Prima, precedentemente, dopo e poi precisano se un tempo si svolge in un momento anteriore o posteriore rispetto a un punto di riferimento preciso: «Se torni a casa per cena stasera, fammelo sapere prima», «di questo parleremo poi».
  • Sempre, talvolta e talora indicano lo svolgersi continuato, senza fine o a intermittenza irregolare di un evento: «fa sempre così» [Serianni], «due occhi incavati eran per lo più chinati a terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacità repentina» [Manzoni], «più che a intravederli talora a distanza, curvi a lavorare […], non eravamo mai riusciti» [Bassani].
  • Spesso e sovente indicano il ripetersi di un’azione con frequenza: «Viene spesso a trovarmi», «sovente lo vedi appostato al bar dell’angolo».

Fra le locuzioni avverbiali, che non elencheremo perché sono moltissime, ricordiamo:

  • Alla fine e alla fin fine che oltre a indicare la fine di un’azione, servono anche a presentare un fatto che si compia dopo una serie abbastanza lunga di altri eventi: «vedrai che alla fin fine ti piacerà»; frequente, dice il Serianni, è il loro uso dopo una proposizione concessiva: «Si sa che certe specie di pazzia sono contagiose. Quella del Paleari, per quanto in prima mi ribellassi, alla fine mi s’attaccò» [Pirandello].
  • Di notte, talvolta – se segue un nome in funzione aggettivale – assume il senso particolare di ʻnella vita mondana notturnaʼ: «Venite a scoprire la Torino di notte».
  • Un giorno, un tempo e una volta, poste all’inizio di una narrazione, servono come indici temporali indefiniti di tutta la narrazione: «C’era una volta», e via dicendo.
  • Le locuzioni avverbiali con ripetizione della preposizione a: a mano a mano (o mano a mano), a poco a poco, indicano uno sviluppo progressivo di un’azione («La loro amicizia a mano a mano si andava trasformando in qualcosa di più»); con una certa tendenza contemporanea a eliminare la prima a.

Conclusioni

Anche questa volta siamo giunti al termine: spero di essere stato comprensibile. Mano a mano che ci addentreremo in questa faccenda degli avverbi, tutto risulterà ben più oscuro di così. La prossima volta vedremo gli avverbi di luogo. State bene.

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Note

[1] Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 2006

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15 Comments on “Avverbi di tempo”

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  2. Ed ecco ancora una leyione di grammatica del nostro che mi ricorda che è già lunedì. Mai una volta che ne salti una. Ho giusto finito di leggerla ora, certo non è più presto ma che ci volete fare? E’ pur sempre lunedì.
    Prima bisogna svegliarsi e scrollarsi di dosso il torpore del fine settimana che sovente stanca più di una settimana di lavoro, sopratutto se trovi un locare che fa il 6×5 delle birre e ti tocca approfittare dll’offerta. In ogni caso questo commento è giunto alla fine.

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  3. Bisogna dire che molti omettono l’articolo in certi avverbi di tempo, mentre invece va messo:

    – anno scorso sono stato a Roma (illeggibile!): l’anno scorso sono stato a Roma
    – settimana scorsa sono stato male (idem!): la settimana scorsa sono stato male

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    • Mi sembra di averne già parlato nel primo mini-ripasso di grammatica dedicato agli avverbi (qui siamo scesi più in dettaglio, dividendo gli avverbi in categorie). Comunque grazie, è sempre utile ripeterlo. 🙂

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  4. Sempre non è per sempre, perchè in fondo io ti conosco da sempre ti amo da mai…ho mischiato il titolo di un libro con le parole di una canzone, guarda cosa ti fanno gli avverbi di tempo 😉

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