Come progettare un romanzo
Un guest post di Stefania Crepaldi
Hai da sempre il sogno di scrivere. Alcuni giorni ti svegli così carico di idee da poter sfornare un romanzo al mese. Ti siedi al pc o afferri carta e penna per imprimere l’intuizione di un attimo.
Il giorno dopo decidi di iniziare, rileggi lo scarabocchio o il lungo paragrafo e anche se riconosci di aver avuto una pensata originale, in effetti non sai da dove partire per trasformarla in un romanzo.
E ti poni la domanda del secolo: ma come si inizia davvero a scrivere un romanzo? Una pagina alla volta, direbbe qualcuno.
Il problema è che quando hai davanti infinite possibilità rischi di perdere la rotta infinite volte.
Per questo, progettare e delimitare i confini di alcuni elementi narrativi può aiutarti a orientare la tua creatività.
Ecco alcuni consigli per iniziare la progettazione del tuo romanzo e fare chiarezza.
Idea Prima
Tutti i romanzi prendono vita da un’idea.
L’Idea Prima è la cornice su cui poggia tutto il romanzo: una frase di non più di 3-5 righe che riassume l’intera storia che stai per raccontare.
Per scrivere l’Idea Prima, limita una porzione di tempo e di spazio entro cui incasellare la tua scrittura. Una volta decisa, avrai creato un recinto che non dovrai scavalcare per nessuna ragione, altrimenti rischierai di entrare in un’altra storia e divagare, scrivendo tre romanzi in uno.
Per creare l’Idea Prima fissa tre punti fondamentali:
- L’oggetto della storia che vuoi raccontare (Cosa?);
- Il tempo entro cui si svolgerà la vicenda (Quando?);
- Il luogo dove si svolgerà la vicenda (Dove?).
Ti faccio subito degli esempi. Jurassic Park, di Michael Crichton, un romanzo di fantascienza pubblicato nel 1990. Qual è l’idea prima del romanzo?
L’oggetto: narrare alcuni eventi di un gruppo di scienziati;
Il tempo: nel 1989;
Il luogo: in un’isola al largo della Costa Rica.
Il secondo esempio è l’Odissea. Ho scelto proprio l’Odissea per darti la prova che tutte le storie, anche le più antiche, basano la loro narrazione su una sola Idea Prima, sintetizzabile in poche righe:
L’oggetto: narrare il viaggio di ritorno del re di Itaca;
Il tempo: finita la guerra di Troia;
Il luogo: nel Mar Mediterraneo (il luogo è implicito e si deduce dalla presenza dei nomi delle due città del mondo antico: Troia e Itaca).
Il terzo esempio è Il buio oltre la siepe, di Harper Lee, un assoluto capolavoro.
L’oggetto: narrare le vicende che accadono alla famiglia Finch;
Il tempo: all’inizio degli Anni Trenta del Novecento;
Il luogo: Maycomb, Alabama, Sud degli Stati Uniti.
Questi sono tre romanzi che appartengono a generi diversi, sono stati pubblicati a secoli e anni di distanza. Eppure tutti e sei sono riconducibili a un’Idea Prima semplice, precisa e estremamente sintetica.
Il dramma
Rifletti un secondo. Tutte le storie (romanzi, serie tv, film) iniziano dopo un evento che ha turbato la quiete del protagonista.
Il Dramma Primo è quell’episodio che turba la piatta quotidianità della vita del protagonista e lo spinge in una direzione piena di conflitti, ostacoli da superare, desideri insoddisfatti, fino a scalare la vetta della montagna, alla catarsi e allo scioglimento finale.
Il Dramma Primo è la ragione per cui la storia inizia.
È la domanda “Ce la farà il nostro eroe?”, che spinge il lettore a sfogliare una pagina dopo l’altra, per scoprire come va a finire.
Ho individuato quattro tipologie di Dramma Primo.
Il Dramma Primo Tradizionale
Si crea mescolando tre elementi principali:
– Il protagonista;
– Il suo obiettivo/desiderio;
– L’ostacolo (o gli ostacoli) al raggiungimento dell’obiettivo.
Se ti fermi un secondo a pensare ad alcuni romanzi della letteratura italiana, subito ti verrà in mente I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
La storia narra di Renzo e Lucia, e del loro desiderio di sposarsi. Tra i due giovani e il matrimonio si frappongono tantissimi ostacoli. Il primo di questi è la decisione del signorotto locale, don Rodrigo, di mandare due dei suoi scagnozzi a intimorire il povero curato incaricato di celebrare il matrimonio.
Il Dramma Primo che turba la quiete è proprio l’invio dei due bravi da don Abbondio. E noi lettori ci chiederemo: Renzo e Lucia riusciranno a sposarsi?
Senza quell’interruzione della quotidianità, la storia non sarebbe mai stata scritta.
Il Dramma Primo Ipotetico
La storia parte sempre da un’ipotesi:
E se…?
E se io mettessi nella stessa isola il più grande cacciatore del mondo e il più grande predatore del mondo? Che cosa succederebbe?
Questa è la domanda che si è posto il creatore di Jurassic Park quando ha dato vita al suo romanzo.
Il Dramma Primo Ipotetico è utilizzato soprattutto nelle narrazioni di fantascienza. Ipotizzare scenari del passato, del presente o del futuro dà la possibilità al lettore di stravolgere la realtà conosciuta e interrompere la quotidianità del mondo ordinario.
Il Dramma Primo con Incidente
Il romanzo inizia con un incidente, una morte o una perdita, che andrà a influenzare tutta la narrazione.
Se ci pensi, tutti noi quando perdiamo qualcosa di caro veniamo scossi e spezziamo, spesso in modo irreversibile, la quiete che fino a quel momento avevamo attorno.
Questa tipologia di Dramma Primo è la preferita di J.K. Rowling.
Pensa alla Saga di Harry Potter. Voldemort riesce a uccidere tutti nel mondo magico, tranne quel neonato. La sua non riuscita, l’Incidente, permette alla storia di iniziare, sottolineando subito che Harry è speciale, perché è sopravvissuto a una maledizione senza perdono.
Il Dramma Primo con Reazione
Nel caso del Dramma Primo con Reazione il romanzo prende il via dalla reazione del protagonista a un incidente. A mio parere questo è il Dramma Primo più complesso.
L’importante in questo caso è la reazione che i personaggi hanno rispetto a quell’incidente.
Ad esempio di recente mi è capitato di leggere il romanzo Mr. Sherlock, il mistero del caso irrisolto, di Mitch Cullin. Al di là del fatto che non era semplice per l’autore raccontare la storia in modo coerente ai racconti di Sir Arthur Conan Doyle, il romanzo inizia con uno Sherlock Holmes anziano e affetto da demenza senile.
In questo caso il Dramma Primo è la reazione di Sherlock Holmes alla perdita della memoria, il suo straordinario punto di forza. Non è importante la causa della perdita di memoria, quanto gli effetti che questa produce sul fiuto investigativo del personaggio.
E nel tuo caso? Quale sarà l’evento che sconvolge la quotidianità del tuo protagonista?
Il messaggio
Ogni buon romanzo che si rispetti racconta una e una sola storia.
E ogni storia porta con sé, inevitabilmente, un messaggio o una morale.
Perché hai deciso di scrivere questo romanzo? Cosa vuoi comunicare? Perché un lettore dovrebbe leggerti? Cosa può imparare dalla storia?
L’amore vince su tutto e tutti? Prevarrà la vendetta? Sarà una critica alla società? Celebrerà un’epoca o un personaggio storico oltraggiato?
È importante sapere quale messaggio vuoi trasmettere con il tuo romanzo, perché da esso vengono impostati e calibrati:
- Il mondo narrativo in cui decidi di collocare la storia;
- La tipologia di personaggi che popoleranno questo mondo narrativo;
- Il genere narrativo a cui la tua storia apparterrà una volta terminato il romanzo;
- Il finale.
Le storie narrate nei romanzi sono prodotti di finzione. Possono essere ispirate a storie vere, ma vengono plasmate e modificate per risultare verosimili. Questo vuol dire che i romanzi sono interpretazioni della realtà. Una buona trama ha una struttura solida, un significato preciso ed è portatrice di un messaggio universale che in realtà la vita vera non ha.
Victor Slovskij in Teoria della prosa definisce il messaggio contro-trama, cioè il motivo per cui lo scrittore ha deciso di scrivere quella storia. Senza trama e contro-trama il romanzo verrà percepito dal lettore come incompiuto.
L’arte pone domande interessanti, ha detto lo scrittore Jonathan Safran Foer in un’intervista, e tu dovrai porre la tua domanda ai lettori, cercando di smuovere il più possibile le loro coscienze.
Prima di essere una editor, sono una lettrice forte. Leggo circa 150 romanzi l’anno. Pensa che con il tuo romanzo dovrai conquistare lettori forti come me e farli affezionare alle tue storie. Il pubblico per uno scrittore è tutto.
Lo scrivere ha bisogno di autolimitazione, disse Nicolas Boileau qualche secolo fa. Se stai per iniziare a scrivere il tuo romanzo, non avere fretta. Rifletti sulla storia prima di scriverla. Progettala.
Progettare un romanzo non vuol dire limitare il proprio estro creativo, ma al contrario significa concentrarlo in modo consapevole, dando il massimo per narrare la storia che hai deciso di raccontare.
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Stefania Crepaldi: editor di romanzi freelance. Aiuto gli scrittori a progettare, scrivere e migliorare i loro romanzi. Nel 2013 ho inaugurato il mio sito web www.editorromanzi.it e da qualche tempo pubblico sulla mia pagina Facebook un video al giorno, per cercare di aiutare gli aspiranti scrittori a orientarsi nel mondo dell’editoria.
Da appassionato di fantascienza, e avendone frequentato un po’ l’ambiente tanti anni fa, potrei dire che spesso nei romanzi di fantascienza l’idea prima è molto meno “strutturata”. Spesso è solo un’immagine di future: un mondo in un medioevo tecnologico dove le persone si muovono spostandosi con palloni aerostatici, un mondo dove tutta l’umanità (presente e passata) si ritrova sulle rive di un fiume infinito, ecc. Poi gli autori bravi riescono a presentarti quell’immagine mostrandola con gli occhi del protagonista attraverso una storia appassionante, ma la storia diventa in pratica solo un tramite.
Se non erro ildramma ipotetico è quello che usa Stephen King 😉
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Narrare la storia dell’umanità in un futuro prossimo sulle rive di un fiume infinito.
L’Idea Prima comunque la riesci a creare. Può sembrare più vaga ma non è detto che lo sia. Il fatto è che Idea/Dramma/Messaggio soddisfano alcuni bisogni primordiali, in qualche modo antropologici, dell’uomo. Offre risposte, anche se attraverso la narrativa, ad alcuni quesiti.
Per questo partire da questo primo nucleo aiuta a creare una storia verosimile e che soddisfa il pubblico. Poi ovviamente bisogna continuare con altre cosucce qua e là.
Il dramma ipotetico è proprio quello preferito da Stephen King. Ah, Stephen King.
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Tipo scrivere, perchè se fosse solo una questione di idde/drammi/messaggi/ avrei giä una dozzina di romanzi pronti 😛
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Credo che scrivere non basti. Per le idee devono tramutarsi in personaggi che vivono realmente quelle circostanze. Quindi occorrono scene, fatti, dialoghi che non siano banali. Non sai quante volte mi sono domandato nel costruire una scena: e ora questi due cosa si dicono? 😀
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Mi è già salita l’ansia 😛
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Oh. Oh. Piano. Piano.
Ho detto che questi sono i primi elementi per iniziare a scrivere un romanzo.
Ne mancano altri 9.
😉
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Ma infatti il mio punto è, perchè fare tutta questa fatica quando ci sono già così tanti bavi scrittori e bei romanzi in giro? 😛
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Però sai quanto è incredibilmente bello ed entusiasmante entrare dentro questa dimensione. Io pure, ho l’ansia di prestazione ogni volta che devo scrivere una nuova scena. So cosa deve accadere, ma il come farlo accadere, mi paralizza. Mi dico: non ne sono in grado. Ma poi man mano mi sciolgo e vengono le situazioni, le interazioni e tutto il resto. E poi, la cosa bella dello scrivere un romanzo, è che non è una corsa ai centometri alle olimpiadi. Dieci secondi e ti sei giocato tutto. Ma un romanzo lo puoi rileggere, rivedere, rifletterci tutte le volte che vuoi. Hai il tempo di poter maturare e maturarlo.
Io spesso mi ritrovo ad aver scritto qualcosa che mi piace di più di come me l’ero immaginato. Questa è la gioia dello scrivere. Almeno per me.
Io ho letto il tuo racconto, e secondo me ci sai fare. Hai l’istinto narrativo. Fai come per il Bungee jumping. Stai lì a tremare sulla piattaforma fino a che dentro di te senti una voce che ti urla: eh buttate! 😛
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Ma a me non viene l’ansia da prestazione, viene proprio l’ansia da fatica 😛 (mi frega la pigrizia, lo ammetto)
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Niente, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che tu a scrivere questo benedetto romanzo frattale. 😀
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Intervengo giusto per complimentarmi che stiate citando con tanta disinvoltura “Il Fiume della Vita” di Farmer: non capita spesso sentirlo tirare in ballo, quindi avete tutta la mia stima ^_^
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Beh, stiamo parlando di un grande classico 😉
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Non conosco nessuno che abbia mai dimostrato di averlo anche solo sentito nominare, quindi per me è un’emozione sentir citare un testo che ho molto amato 😉
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Che sorpresa, Stefania. Leggo tutto dopo. Quando parli dell’idea mi hai fatto venire in mente Giulio Mozzi. E ha ragione, all’inizio è un’idea, un’intuizione non la storia. Non ho letto tutto, sono di corsa. Arrivo con calma.
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Sarà un bene o sarà un male…?
Ti aspetto! 🙂
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Un bene. Sono una persona esigente su i temi trattati. Sono una che si annoia a trattare cose già dette e ridette o i post fotocopia. Se l’argomento non mi attira, non mi ci addentro. Che presuntuosa che sono. Arrivo in ritardo, stavo parlando di altro. Poi scappo di nuovo. 😉
Mi piace la seguente domanda: “Perché un lettore dovrebbe leggerti?”
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Questa è LA domanda.
In un momento in cui escono talmente tanti libri da ubriacare i lettori seriali, porsi questa domanda prima di iniziare la stesura di un romanzo è fondamentale.
Perché ho deciso di scrivere questa storia? Che cosa aggiungo davvero ad un panorama editoriale affollato? Esiste già una cosa simile sul mercato?
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Ecco un buon motivo per non scrivere un romanzo. 🙂
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Vuoi dare il via allo scambio?
Avvisami che scrocchio le dita e inizio!
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Nono, me ne guardo bene. Mica sono uno scrittore, io. Non potrei reggere il confronto. 😛
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Questi sono temi che mi interessano molto e che sto cercando di approfondire, quindi grazie a Stefania e a Salvatore per averci offerto un contributo molto utile.
Quello che però ancora non mi è chiaro e vorrei chiedere a Stefania è come capire se un’idea è abbastanza buona e se l’ipotesi da cui prende avvio il romanzo è sufficientemente forte da reggere un romanzo intero. Grazie. 🙂
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Ciao Silvia, grazie a te per aver apprezzato. 🙂
Dovresti darmi dei dettagli ulteriori.
Sufficientemente forte in che senso?
Per reggere una trama?
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Sì esatto, per reggere una trama.
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La devi testare.
Io ho questa idea, che magari è pure sbagliata, ma che secondo me aiuta chi desidera scrivere nella vita, a non disperdere troppe energie.
Perché se usi tre mesi per scrivere 100 cartelle e alla cartella n.101 ti accorgi che il castello sta franando… immagino non sia una bella sensazione.
Quindi studio da anni alcune tecniche per evitare che uno scrittore si perda per la strada. Devi testare la trama prima di iniziare la stesura. Se ad un certo punto ti blocchi vuol dire che non regge e devi tornare indietro. Ci sono dei metodi per verificare se la fabula regge: la riscrittura per esempio.
Ehm, non voglio fare il momento “consigli per gli acquisti”, ma ho scritto un intero manuale su questi concetti. Sono lunghi e articolati da spiegare.
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Grazie mille, Stefania. A me farebbe piacere il consiglio per gli acquisti, sono sempre alla ricerca di manuali per studiare, se Salvatore permette.
Se no, se posso, ti chiedo in privato dove trovare il tuo testo. 🙂
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Il 9 febbraio il mio blog compie un anno.
🙂
Per l’occasione trasferirò il manuale (che adesso è all’interno di un corso più strutturato che prevede altre cose) da solo su Amazon.
Ti conviene aspettare!
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Ok, allora. Grazie ancora. 🙂
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Per quanto mi riguarda non vedo il problema. 🙂
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Nel romanzo che sto scrivendo c’è stata l’idea prima come la descrivi: in due, tre righe ho descritto ciò che volevo raccontare.
Il dramma dovrebbe ricadere nel dramma primo con reazione: accade qualcosa che sconvolge la quotidianità dei personaggi.
Riguardo al messaggio non sono propriamente d’accordo, nel senso che a me vengono in mente delle idee, ma poi non mi soffermo a pensare a un messaggio. Voglio scrivere quella storia perché semplicemente la trovo interessante.
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Anch’io credo che non sia utile allo scrittore soffermarsi su un messaggio preciso, ma se ne hai uno – tipo Saviano con Gomorra – male non fa. L’importante è che non sia uno sforzo. Se scrivi una storia anche solo per intrattenere, va benissimo.
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Dunque, con messaggio non intendo “la morale” che uno scrittore deve lasciar trapelare in ogni pagina, bombardando il lettore.
Il messaggio è più una consapevolezza, una caratteristica principale su cui puntare.
Vuoi scrivere una storia che faccia ridere?
Lo devi tenere a mente, perché non puoi far morire tutti i personaggi e pensare di aver raggiunto l’obiettivo. Banalizzo, ma è solo per spiegarmi meglio.
“Semplicemente la trovo interessante” non è abbastanza.
Va bene, ma non è abbastanza.
“Mi sto divertendo molto a parlare con te.”
“Perché?”
“Perché ti trovo interessante.”
“E cosa ti interessa di me? La mia scrittura irriverente? O forse gli occhi azzurri? Ami il modo in cui descrivo il mondo?”
“Boh, non lo so. Ti trovo interessante.”
A quel punto lei o lui abbandona la conversazione, per niente sazia/o.
Se tu che scrivi non sei in grado di spiegare attraverso alcuni semplici dettagli perché val la pena leggere quella storia, o perché val la pena uscire con quella ragazza o quel ragazzo, il romanzo non arriva, e nemmeno la proposta.
Il dramma primo con reazione è uno dei più complicati, ma permette di giocare molto con l’intreccio, per cui è una buona scelta.
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Neanche io intendevo la morale.
Forse nella mia storia un messaggio c’è, se proprio vogliamo trovarne uno.
Non so spiegare perché voglio scrivere quella storia. A me è venuta l’idea, l’ho trovata interessante da sviluppare e la sto sviluppando. Ma non sono d’accordo che l’autore debba saper spiegare per forza per quale motivo vuole scrivere una storia.
Non sono sicuro che il mio dramma rientri nella categoria “dramma primo con reazione”. Insomma, succede qualcosa che mette in pericolo qualcuno e bisogna trovare una soluzione.
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Un domani, quando sarà pubblicato, lo leggerò e ti dirò: “Daniele, ma certo che c’è il messaggio! Eccolo!”
😉
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Sono consigli molto interessanti e utili. Ho subito provato ad applicarli al libro interminabile che sto provando a scrivere – interminabile non perché sia lunghissimo, ma proprio perché ho poco tempo ed è un processo lento – e credo che gli ingredienti minimi ci siano: l’Idea Prima è presa dalla Storia, cosa solo apparentemente più facile, e il Dramma Primo è del tipo tradizionale. Vedremo come andrà a finire…
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Tienimi aggiornata!
L’Idea Prima presa dalla storia è una delle mie preferite.
Sono stati scritti grandi romanzi modificando alcuni eventi tragici del passato.
Non è semplice per nulla, ma non è impossibile!
Buona scrittura! 🙂
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Grazie mille. Colgo l’occasione per aggiungere una precisazione: nel mio caso il Dramma Primo è parecchio dilatato, cioè corrisponde alla storia intera. Riassumendo ai minimi termini: nella Londra del 1907, tre imprenditori all’apice del successo, a vario titolo interessati al traffico dei passeggeri sull’Atlantico, si accordano per battere la concorrenza costruendo tre transatlantici di lusso, ‘Olympic’, ‘Titanic’ e ‘Gigantic’. Capirai che tutto il libro è la storia della frustrazione di questo progetto iniziale…
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Che sia dilatato o meno va benissimo!
L’importante è che ci sia e che alla fine del romanzo tu riesca a risolverlo, in un modo o in un altro. O a non risolverlo se vuoi lasciare il finale aperto.
Il bello della narrativa è fare esperienza di alcuni elementi e poi personalizzarli al massimo, a seconda dello stile e della vita dello scrittore stesso. 🙂
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Ho un po’ di idee, man mano aggiungo brani e, prima o poi, cucendoli assieme, arriverò a un finale. Ho notato la tendenza, nella letteratura recente, a lasciare i finali non dico aperti, ma almeno con uno spiraglio: me lo confermi? Io penso che potrei andare in qualche modo controcorrente, per quanto la Storia sia un flusso continuo: penso di chiudere con una frase o un avvenimento che faccia intendere che la storia è finita, almeno per quanto riguarda me che scrivo. O magari no, non saprei… deciderò alla fine.
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Sì, lo spiraglio rende possibile una maggiore partecipazione del lettore.
Per questo spesso alcuni drammi minori che vengono sollevati durante la narrazione vengono lasciati aperti.
O il dramma principale viene chiuso ma lasciando aperte due possibilità, un po’ come ne “L’isola della paura” di Dennis Lehane (che sarebbe il romanzo da cui è stato tratto il film Shutter Island).
Qualche scrittore lo fa per avere l’aggancio per un seguito.
Se il primo romanzo piace e vende, ha la possibilità di scriverne un altro e di approfittare dello stesso pubblico.
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Ho presente. È un meccanismo molto ingegnoso, da film blockbuster, ma per questa storia sarebbe più difficile: una volta che la nave è affondata e si è detto tutto quel che pareva interessante come epilogo delle storie dei protagonisti, c’è poco materiale per un séguito… ma non si sa mai.
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Un articolo molto interessante, perché stabilisce i punti di partenza fondamentali senza però parlarci di una progettazione troppo serrata, e quindi paralizzante per la creatività. 🙂
Per quel che riguarda l’idea, io sono condizionata dai miei studi in giornalismo, quindi faccio riferimento alle cinque W. Per il romanzo che sto scrivendo, ho scelto un Dramma primo con incidente. E qui, l’incidente è un vero incidente: d’auto. 😀
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Ciao Chiara, grazie perché sei riuscita in due righe a sintetizzare quello che cerco di spiegare da sei mesi. 🙂 Esatto, progettare non è sinonimo di limitare. Anzi.
Secondo me è una buona abitudine, perché se la storia non regge te ne accorgi prima di dover buttare via 100 cartelle.
Le cinque W sono un’ottima base e l’incidente d’auto… beh, più alla lettera di così! 😉
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Scrivere un romanzo è una faccenda maledettamente complicata. E lo è tanto di più se si è agli inizi. Per questo un romanzo d’esordio che ha successo è un grande evento da sottolineare. Il buono alla prima è difficile. Umberto Eco, nelle “sei passeggiate fra i boschi narrativi”, definisce Raymond Radiguet un genio, per aver scritto a diciotto anni Il Diavolo in Corpo. Purtroppo Radiguet morirà a venti anni.
Però credo che la migliore metafora sulla complessità di scrivere un romanzo la definisce Michael Connelly.
Lui dice che lo scrittore è come un giocoliere che fa roteare in equilibrio dei piatti su bastoncini sottili. Il giocoliere con maestria deve spostarsi fra l’uno e l’altro, facendoli roteare senza che nessuno resti mai fermo.
Questa per lui è la metafora del romanzo. In una trama ci sono tantissime cose che tenute in sospeso, devono roteare contemporaneamente perché tutto lo spettacolo funzioni e desti interesse. La struttura del racconto, i personaggi, la prosa, il ritmo narrativo. I piatti da far roteare sono molteplici e basta la caduta maldestra di uno soltanto, per ritrovarsi il pavimento cosparso di cocci.
Credo che per un’aspirante scrittore occorra almeno uno di due elementi: essere un genio come Radiguet, cosa molto rara, o studiare nel profondo la narrazione, gli altri scrittori e far maturare un proprio stile.
Ma soprattutto credo che lo scrittore debba mettere da parte la sua presunzione e avvalersi di professionisti come gli editor. Qualcuno (almeno quelli in gamba), capace di tirare fuori il meglio dalla complessità articolata di un romanzo.
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Non vale. Siamo d’accordo su tutto quello che hai scritto!
Quindi che devo aggiungere…?
Gli scrittori che sono arrivati ad un certo livello, passami il termine, hanno raggiunto una sicurezza tale da sentirsi liberi di dare consigli senza temere il confronto.
A chi desidera scrivere nella vita non fa mai male assorbire certe indicazioni.
Tra l’altro “Sei passeggiate nei boschi narrativi” dovrebbe essere una lettura obbligatoria.
Ci sono dei concetti talmente preziosi sul rapporto che si dovrebbe instaurare tra chi scrive e chi legge, da rappresentare quasi una sorta di bibbia narrativa.
Ah, sì: “Qualcuno (almeno quelli in gamba), capace di tirare fuori il meglio dalla complessità articolata di un romanzo.”
Questa sarà una stoccata o un tentativo di corruzione?
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Ahah stoccata o corruzione?
Io posso solo dirti che sono contento d’aver trovato la mia editor in gamba. 😛
Già, ma di Eco sono molto importanti anche le postille al Nome della Rosa. Quando non riuscivo a visualizzare l’Isola dove ambientare la mia storia, mi sono ricordato proprio di Eco, quando nelle postille dice che si disegnò la mappa del monastero. E anche i dialoghi dei personaggi li faceva durare a seconda dei tempi di percorrenza.
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Non so perché, ma molti scrittori pensano che Eco sia un mostro sacro, irraggiungibile e incomprensibile ai più.
Invece i suoi saggi di narratologia (passami il termine) sono una delle letture più belle e edificanti che un aspirante scrittore possa fare.
🙂
Sono quasi più semplici i manuali dei romanzi!
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Eco è una miniera, sempre.
Io però ho elaborato un mio metodo per strutturare i romanzi.
Senza questa concezione strutturale sarei come un uomo del XXI secolo al quale tolgono la corrente elettrica.
L’ho chiamato il metodo delle Dinamiche Dominanti. Per il nome mi sono ispirato un po’ a John Nash. 😀
Nella mia concezione, ogni romanzo è sorretto da due dinamiche dominanti principali.
La dinamica principale esterna: ovvero i fatti, quel che accade nella storia. Ad esempio, in un giallo, la serie di eventi che portano alla risoluzione del caso.
E la dinamiche interna. Le emozioni del protagonista(i), lo stato d’animo, i dubbi, le paure, il percorso di consapevolezza che lo porterà a mutare alla fine della storia.
Sotto le dinamiche dominanti si collocano le dinamiche secondarie. Che non fanno parte della trama principale ma che caratterizzano la trama stessa.
E sotto ancora si collocano le dinamiche minori. In genere relegate ai personaggi di contorno.
L’insieme di tutte le dinamiche formano le armoniche del romanzo. Il suono, la timbrica che rende la storia unica.
Mi piace molto organizzarle così le mie trame.
Pianificare prima consente anche di inserire nel dettaglio i cunei narrativi, le profondità e i refrain o rimandi (come li chiamavano gli sceneggiatori Age & Scarpelli.
Io la penso allo stesso modo di Garcia Marquez. Lui diceva che la parte più bella di un romanzo è la concezione. L’inventare la storia in tutte le sue sfaccettature dall’inizio alla fine. Poi arriva la fase faticosa, quella della scrittura. 🙂
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John Nash, il matematico? Hai metodi curiosi. Ma anch’io ho tecniche strane e ti capisco. Siamo originali.
P.s. John Nash è un’icona. Un esempio di studio, perseveranza nonostante la malattia. La stima raggiunta nel tempo lo ha ripagato.
Mi emoziona la sua storia. Non c’entra nulla con il tema di Salvatore, ma su di lui scriverei volentieri.
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Sì, Nash, una persona straordinaria. Il mio non è un metodo strano, ma funzionale. Non bisogna mai accontentarsi della prassi comune, ciascuno nel suo piccolo deve innovare.
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Guest post su John Nash e le Dinamiche Dominanti??? XD
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Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Ora lo convinco io.
Scrivi un post su quello che vuoi,Marco, ma fallo. Io non aspetto. Sennò non commento più. È una minaccia, ma pure un sollievo per chi mi detesta. Vedi tu. Dai…
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Azz… Tiziana. Salvatore mi ha minacciato (ho le prove dello screen per la polizia postale :D) di diventare stalker finché non gli scrivo un guest, adesso pure tu. E’ un assedio!
Ma io sarò il Castello di Kafka. 😛
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Muta sugnu. Ti ricordo che sarà che siamo di classe , ma a “capa tosta” stiamo messi bene col “cumpare Salvatore”. Non glielo dire, ma ha ragione. Zitto che forse non ci sente.
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Grazie, Tiziana. Convincilo. 🙂
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Uff… vuoi incastrarmi per forza. Il mio guest dopo quello di Grilloz sul romanzo frattale. 😛
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Il tuo prima, che scrivere un guest sul romanzo frattale la vedo dura… XD
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No, lui è ingegnere aerospaziale. Per lui la parola impossibile esiste solo se viola le leggi della fisica. Ma un romanzo è letteratura, e la fantasia delle leggi dell’universo se ne frega. 😀
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Mah… secondo me fa prima a scoprire come sfondare la velocità della luce… Così, a sensazione. XD
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Nunsi. La velocità della luce non si può sfondare.
Alla velocità della luce possono andare solo le particelle senza massa. Quindi o Grillo fa il fotone o fa il neutrino (a scelta sua.) Ma soprattutto, gli basterebbe viaggiare alla velocità della luce stessa per realizzare ‘sto benedetto romanzo frattale. Non perché sarebbe rapido. Ma perché alla velocità della luce il tempo si ferma. Per scriverlo avrebbe addirittura l’eternità. 😀
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Gli ingegneri sono un po’ come i calabroni, quando un fisico ti dice che una cosa non si può fare tu trovi il modo di farla lo stesso, magari un po’ approssimata e con una buona dose di nastro americano 😛
P.S. ci sarebbe quella cosa dell’effetto tunnel dove matematicamente le particelle avrebbero velocità immaginaria (se ben ricordo, le mie nozioni di fisica quantistica risalgono al secolo scorso)
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Ah sulla fisica quantistica io sono sempre stato dalla parte di Einstein. Quindi perdente.
Però come diceva Montaigne: alcune sconfitte sono più trionfali delle vittorie. 😛
Nella sconfitta c’è quell’alone romantico che… non si toglie nemmeno con lo sgrassatore. 😀
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A livello comunicativo ha vinto Albert 😛
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A furia di linguacce si vince sempre. 😛
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Plank era troppo serio 😛
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I miei sono metodi strani invece…😁 ma poi torno sulla retta via. Sono una brava studentessa. Giuro. 😊
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Fai benissimo ad applicare i tuoi metodi “strani”.
Frost dice: due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta.
Cambiare le prospettive di pensiero, trovare nuovi metodi, ispirarsi.
Gli esseri umani sono esseri senzienti pieni di passione, e poesia, e voglia di vita. Non c’è un giusto e sbagliato universale. Ma c’è quel che conta di più nel nostro piccolo e stupefacente cuore.
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Scrivi proprio delle belle cose, Marco.
Non è che ti va di provare a scrivere un romanzo?
Ti aiuto io! 😉
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Ehm… quasi quasi ne approfitto. 😀
E poi io non sono pigro come Salvatore e Grilloz. 😛
Ho un cantiere ricolmo di romanzi da scrivere. Per vent’anni ho sognato di fare lo scrittore, prendevo appunti, ma la vita mi ha portato ad altre conseguenze. Adesso che l’ho stretta fra le mie mani, voglio solo scrivere scrivere scrivere. 😉
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Non solo ho letto assaporando ogni parola, ma anche ogni commento per avere il panorama completo a 360 gradi. In un certo senso se lo dici tu, che di lettura e scrittura te ne intendi, non lo mette in dubbio nessuno e vado tranquilla si tratti del percorso giusto da seguire. Quindi rileggerò più volte tenendo presente le linee guida e facendone tesoro. C’è sempre molto da imparare, ma imparando giusto è meglio. Grazie.
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Grazie Nadia, per la stima che mi dimostri. 🙂
Non ho la presunzione di affermare che il mio metodo sia IL metodo.
Ogni scrittore ha precise esigenze e caratteristiche diverse.
Io consiglio un’immersione nella teoria a chi è alle prime armi.
La progettazione di un romanzo all’inizio può sembrare limitante e difficile.
Poi però, una volta introiettato il meccanismo, diventa un semplice esercizio mentale.
Ecco perché alcuni scrittori “arrivati” dicono che la scrittura è tutto un gioco di spontaneità.
Sì, è vero, scrivono di getto, ma nella testa hanno dato vita a un progetto che è una vera e propria impalcatura mastodontica con sofisticate precauzioni: caschetti, ancoraggi, funi chilometriche.
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Stima meritata, seguendoti noto che sei più che preparata.
Hai ragione. La spontaneità degli scrittori arrivati è nell’idea perché nella loro forma pensiero stanno eseguendo un compito in cui le regole sono chiare e assorbite. Quello che manca di certo agli altri inesperti e convinti di saperlo fare per doti naturali. In realtà tutto si impara e si costruisce con serio lavoro di formazione.
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Sì, io considero la scrittura un lavoro. Formarsi per un lavoro è uno dei passaggi obbligatori. “Impara l’arte e mettila da parte”: mi hanno ripetuto questa frase una marea di volte nella vita.
Ovviamente non tutti la pensano come me. 🙂
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Io la penso esattamente così: imparo l’arte e la metto da parte. 😛
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Noto con piacere che la pigrizia che contraddistingue lei e il prode pirata Grilloz non l’ha ancora abbandonata, Mr. Anfuso.
A tal proposito si era parlato di “domani”.
Forse UN domani…?
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Tutto è relativo 😛
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Stefania, sono dello stesso segno zodiacale. 😛
Sembrano gemelli.😁
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Tiziana, ma come si fa?
Gli dobbiamo tirare le orecchie?
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Sì, va bene. Tiriamogli le orecchie che sennò si adagiano. Però son gemelli, fanno per quattro. 😁
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Vorrà dire che chiederemo rinforzi! 😉
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Poveri loro. 😁
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Un po’ come i buoni propositi di inizio anno: https://salvatoreanfuso.com/2016/12/30/dieci-buoni-propositi-per-il-2017/
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Impalcatura, ne convengo, soprattutto se la storia è molto articolata. Prima le ossa, poi i muscoli, gli organi interni, infine la pelle.
Però mi sembra che tu, cara Stefania, escluda la possibilità di una seconda linea narrativa. Mi dici qualcosa in più in merito? Grazie, un bacino.
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Senza dimenticare la peluria di certi musi…
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Musi pelosi, colleghifighi, e molto altro 😀
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Era una battuta per Stefania: sta a guardare come reagisce. XD
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Mi sfugge una cosa.
Musi pelosi è una metafora o un modo di dire particolare?
Sandra, spiegamelo tu, che sono due giorni che mi viene detto.
o.O
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Nessuna delle due: è la concretizzazione della realtà. 😛
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Ciao Sandra, in che senso escludo la possibilità di una seconda linea narrativa?
Così rispondo in maniera pertinente. 🙂
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Tu dici nel post: Per scrivere l’Idea Prima, limita una porzione di tempo e di spazio entro cui incasellare la tua scrittura. Una volta decisa, avrai creato un recinto che non dovrai scavalcare per nessuna ragione, altrimenti rischierai di entrare in un’altra storia e divagare, scrivendo tre romanzi in uno.
E ancora e soprattutto:
Ogni buon romanzo che si rispetti racconta una e una sola storia.
Per me no, dipende dal romanzo, ma seconde linee narrative, che vanno a intersecarsi con la prima e la completano, sono spesso presenti in grandi romanzi.
Anna Karenina = il tragico amore di Anna Karenina per il conte Vronsky (sintetizzo all’estremo)
Seconda linea narrativa: Kitty e Levin.
Questo è.
In quanto a musi pelosi pensavo ai cani.
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Lascio che ha rispondere sia Stefania, ma credo si riferisse all’unità di tempo (un solo tempo, uniformità di tempo) raccomandata da Aristotele. Unità di tempo che abbiamo poi superato con il romanzo moderno, l’invenzione del flashback e via dicendo.
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Quindi l’Odissea è un bellissimo romanzo moderno visto che ltutta la storia del viaggio viene raccontata attraverso flahback dallo stesso protagonista 😉
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Meno male che ci sei tu, Davide.
Perché l’Anfuso a volte perde colpi.
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E’ venerdì, perdonalo 😉
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Si salva sempre, eh?
Il Manipolatore lo dovete soprannominare.
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In un certo senso sì, soprattutto se guardi ai romanzi greci del II sec. prima e dopo Cristo. Infatti credo che l’immortalità di certe opere stia proprio nella loro modernità.
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Ah, ho capito!
No no, l’idea non corrisponde alla linea narrativa, assolutamente.
L’idea prima di Anna Karenina è narrare la storia di una donna nella Russia del 1875-1877. Che cosa accade in quegli anni, chi incontra e quali sono gli eventi che condizioneranno la sua vita dando vita ad un romanzo spettacolare è un’altra storia.
La somma degli eventi crea la fabula e la fabula è un altro elemento narrativo.
Creare una cornice focalizzando idea/dramma/messaggio non limita proprio niente. Serve a non disperdere le energie.
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Ok, grazie. Disperdere energie non piace a nessuno.
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Mi complimento con Salvatore per la sempre ottima scelta dei guest post ^_^
Ho sempre ritenuto che apprendere almeno le basi dell'”arte narrativa” non serva solo agli scrittori ma anche (e soprattutto) ai lettori. Capire certe regole di base secondo me aiuta anche ad apprezzare meglio un’opera meritevole e a saperla distinguere da una scritta al volo, magari con furbate e trucchetti del mestiere.
Purtroppo non conosco lettori dal vivo quindi devo basarmi su di me: sapere che ci sono regole e vedere come l’autore le saprà gestire lo trovo molto più appassionante e divertente del leggere ogni volta un libro come se fosse la prima volta. Ovviamente con le dovute eccezioni, come per tutto, però trovo divertente sapere che probabilmente deve succedere una determinata cosa e vedere che si inventa l’autore magari per rovesciare la situazione e presentarne una del tutto opposta.
Splendidi post come questo fanno bene a tutti, scrittori e lettori, perché permettono di crescere e di non essere succubi di mode passeggere che invece tendono a far regredire.
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Grazie, Lucio. 🙂
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Davvero interessante!
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Grazie Luisa, benvenuta.
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