La virgola: tra soggetto e verbo

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Tre casi in cui la virgola è ammessa

Tra il soggetto è il predicato o tra il predicato e il complemento la virgola, che normalmente serve a separare una frase dalle sue eventuali subordinate o a evidenziare in posizione parentetica degli incisi, non è mai ammessa tranne in tre soli casi che, dopo una necessaria premessa, andremo ad analizzare in questo articolo.

Abbiamo ormai capito che le virgole, e tutti gli altri segni interpuntivi ad esclusione dell’interrogativo dell’esclamativo e, in parte, dei puntini di sospensione, non servono a indicare delle intonazioni specifiche o delle pause respiratorie; servono invece a marcare la struttura del testo per facilitare la lettura a mente. Di conseguenza la frase, è l’elemento minimo sintattico portatore di senso. Meno di una frase non si sta comunicando niente – esistono naturalmente delle frasi ellittiche: «Piove!».

Ad esempio se dicessi semplicemente «Mario», il solo soggetto non avrebbe alcun significato per il lettore. Stessa cosa se enunciasi solo un verbo («tagliare») o un complemento («torta»). Una frase è sempre, o quasi, composta dal soggetto, dal predicato verbale e dal complemento oggetto (diretto o indiretto): «Il solo soggetto / non avrebbe alcun significato / per il lettore».

Solo la frase è portatrice di informazione e quindi di conoscenza: «Mario taglia la torta». I segni interpuntivi, come ad esempio la virgola, servono a separare una frase dalle altre; un periodo dagli altri; un paragrafo dagli altri. Questo è il motivo principale per cui non ha senso inserire una virgola tra soggetto e verbo («Mario, taglia la torta») o tra predicato e complemento («Mario taglia, la torta»). Più senso, anzi indispensabile, è l’utilizzo della virgola per separare una frase da eventuali subordinate: «Mario taglia la torta, quella comprata da Gianna».

Eppure, soprattutto in narrativa o in una scrittura poco sorvegliata, ci sono dei casi in cui l’inserimento di una virgola tra un soggetto e il verbo o tra il predicato e i complementi può essere comprensibile e quasi desiderabile. Secondo Bice Mortara Garavelli, nel suo Prontuario di punteggiatura, ne esistono tre. Da questi tre, ovviamente, è esclusa la disattenzione l’incoerenza e la sbadataggine.

«[…] i principali motivi di quelle che i retorici antichi avrebbero potuto classificare come licenze».[1]

Distanze siderali

Il primo dei tre motivi per cui è accettabile l’inserimento di una virgola a separare un soggetto dal verbo (o quest’ultimo dall’oggetto) è la distanza che separa i due elementi in una frase piena di complementi, tanti da confondere il lettore nell’attribuzione di essi all’uno o all’altro elemento della frase.

«La necessità di evitare che queste azioni meccaniche (nel tempo che intercorre fra lo stabilirsi del corto circuito e l’apertura dell’interruttore) possano deformare gli avvolgimenti danneggiandone l’isolamento, impone particolari cure nella progettazione della struttura».[2]

La virgola inserita prima di «impone» difatti separa il soggetto, seguito da tutta una serie di complementi di specificazione, dal proprio predicato: «impone», appunto. Se il predicato avesse seguito immediatamente il soggetto («La necessità di evitare la deformazione degli avvolgimenti impone…»), allora l’inserimento della virgola non sarebbe stato ammissibile.

Valori intonativi

Il secondo motivo riguarda una «sovraestensione dei valori intonativi» attribuiti ai segni. Benché, come abbiamo detto, i segni interpuntivi non servano a indicare una intonazione specifica (con l’esclusione, lo ricordiamo, dei punti interrogativo esclamativo e di sospensione), nella narrativa ciò è meno vero e può accadere d’avvertire la necessità di sottolineare al lettore una determinata pausa che, nella mente dello scrittore, corrisponde a una specifica intonazione.

Secondo Bice Mortara Garavelli questa è una scusa debole, poiché «se le intendiamo [le interpunzioni] come istruzioni per la lettura a viva voce dobbiamo convenire che sono istruzioni assai deboli, perché non ci dicono nulla né riguardo alla curva intonativa da seguire, né riguardo alla durata variabile dei probabili arresti nel flusso della lettura».

Tuttavia quando pensiamo al testo, prima di metterlo su carta, ne facciamo una lettura a mente; le coloriture, pause e intonazioni che trasferiamo nel testo vengono inevitabilmente affidati ai pochi segni a disposizione. In questo senso si può comprendere il motivo per cui l’inserimento della virgola, ad esempio, tra soggetto e verbo è tanto frequente. Questo anche da parte di chi, insospettabilmente, la conoscenza di una scrittura fortemente sorvegliata è indubbia.

«Il paragone della città con la macchina è nello stesso tempo pertinente e fuorviante. […] Fuorviante perché a differenza delle macchine che sono create in vista d’una determinata funzione, le città sono tutte o quasi il risultato d’adattamenti successivi a funzioni diverse».[3]

L’unica virgola presente in questo spezzone tratto dalle Città invisibili di Calvino dovrebbe chiudere un inciso aperto con un’altra virgola prima di a differenza; ma il corrispettivo nel testo non c’è. Questo, probabilmente, perché nella mente dello scrittore quella prima virgola non corrispondeva a una reale pausa di lettura. Ciò non deve sorprendere.

Isolare il tema

Ricorderete la frase che ho messo in grassetto nella prima porzione di questo articolo: «Di conseguenza la frase, è l’elemento minimo sintattico portatore di senso»; di fatto la virgola separa il soggetto («frase») dal predicato («è»). Il motivo per cui ho inserito tale virgola, oltre che per esplicitare uno dei tre casi in cui una simile evenienza è ammessa, riguarda l’esigenza che alcune volte si avverte di isolare il tema per sottolinearlo all’attenzione del lettore.

Ogni frase (ma anche ogni discorso) è composta infatti da un tema e da un rema. Il tema riguarda sia l’argomento sia le informazioni che di tale argomento si posseggono già. Ciò che si dice su di esso è il rema, cioè la parte non ancora conosciuta. Inserire una virgola a separazione del tema dal suo rema serve a metterlo in evidenza. Serve, cioè, ad «assegnare al soggetto il ruolo di tema-dato, qualunque sia la posizione del soggetto nella frase».

Qualunque sia la posizione del soggetto, dice Bice Mortara Garavelli. Infatti, benché si sia abituati ad assegnare al soggetto la prima posizione in una frase, esso può anche essere dislocato al fondo: «Si sente così stanca e triste, la signora Leuca» [Pirandello]. È in ogni caso decisiva la volontà di focalizzare l’attenzione del lettore su un certo elemento della frase.

Precisazioni

Nel caso numero uno, quello intitolato Distanze siderali, è sempre opportuno inserire la virgola immediatamente prima del predicato. Nel caso numero tre, quello intitolato Isolare il tema, la virgola dovrebbe servire a isolare il soggetto piuttosto che un altro elemento della frase.

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Note

[1] Bice Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Editori Laterza 2011

[2] P.P Civalleri, Lezioni di elettronica – apparso nel Prontuario di punteggiatura di Bice Mortara Garavelli p. 84

[3] Italo Calvino, Le città invisibili, Einaudi 1972

51 Comments on “La virgola: tra soggetto e verbo”

  1. Secondo me, invece, la virgola prima di “impone” non va messa.

    «La necessità di evitare che queste azioni meccaniche (nel tempo che intercorre fra lo stabilirsi del corto circuito e l’apertura dell’interruttore) possano deformare gli avvolgimenti danneggiandone l’isolamento impone particolari cure nella progettazione della struttura»

    Per me suona bene e è comprensibile. Al limite posso strutturare la frase così:

    «La necessità di evitare che queste azioni meccaniche (nel tempo che intercorre fra lo stabilirsi del corto circuito e l’apertura dell’interruttore) possano deformare gli avvolgimenti, danneggiandone l’isolamento, impone particolari cure nella progettazione della struttura»

    Idem nel secondo caso: per me va inserita la virgola dopo “perché”.

    “Di conseguenza la frase, è l’elemento minimo sintattico portatore di senso”: no, qui la virgola non è corretta 🙂
    Non ha senso metterla. La frase giusta è: “Di conseguenza la frase è l’elemento minimo sintattico portatore di senso”.

    Non regge questo discorso di isolare il tema, anche perché è una frase molto breve. La signora Garavalla sbaglia 🙂

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    • Qui non si sostiene che l’uso della virgola a separare il verbo dal soggetto sia corretto: in un contesto formale, ad esempio quello burocratico, le soluzioni indicate in questo articolo non sarebbero ammissibili; piuttosto si riferisce di quei casi in cui, in un contesto molto meno controllato (come, ad esempio, la narrativa) sia effettivamente possibile inserire la virgola in questa posizione senza doverlo considerare un errore. Tutto questo non è solo, come dice la Garavelli, una licenza; esso è una necessità: ché se scrivessimo narrativa come i burocrati scrivono le leggi non faremmo scrittura creativa.

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      • Che i burocrati scrivano male siamo d’accordo. Ma scrivere narrativa non implica inserire le virgole, o ometterle, quando ci piace, ma quando è necessario.
        In quei 3 casi, narrativa o meno, per me l’uso delle virgole non è corretto.

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        • I burocrati non scrivono male, anche se ci sono burocrati che scrivono pessimamente; non è questo. La differenza la fa il tipo di conteso: formale, come quello burocratico; informale, come quello narrativo. In una scrittura formale, la virgola non può essere inserita tra soggetto e verbo (né fra verbo e complemento): mai. In una scrittura informale, invece, può essere necessario per rimandare a una semantica sottesa, inferenziale. E’ questo che distingue la scrittura “narrata” da quella formale. I tre esempi riportati sono accettati dai linguisti, i quali si limitano a notare che, nel contesto dato, essi hanno un senso. Non è una questione di gusti; è anche una questione di gusti: c’è differenza.

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        • Per intenderci, in un contesto formale la frase succitata di Pirandello dovrebbe essere scritta così: «La signora Leuca si sente stanca e triste». In questo modo, però, perderemmo tutto; perderemmo l’intero universo sotteso a cui solo la scrittura “narrata” può rimandare. La virgola in «Si sente così stanca e triste, la signora Leuca», che difatto separa il soggetto dal resto della frase, non marca solo la cifra stilista dell’autore, ma rimanda a un significato non dichiarato esplicitamente che non potrebbe essere espresso in altro modo; non senza perdersi in lunghissimi giri di parole poco precisi e poco attraenti.

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    • E fai bene, naturalmente. Tuttavia, se dovesse capitarti di sentire la necessità – per ragioni di struttura – d’inserire la virgola in questa posizione (naturalmente dipende dal contesto, e quindi dal tipo di scrittura) ricordati che esistono queste casistiche a darti manforte.

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      • Certamente; devo dire che, a parte un eventuale costrutto marcato (tipo: “Il coraggio, uno non se lo può dare”, Manzoni), riesco sempre a non farne uso. L’unica situazione di quel tipo che ammetto nella mia scrittura è proprio la mimesi del parlato in un dialogo.

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        • La cosa strana, è che questo tuo commento era finito nello spam; strano, perché non contiene alcun link (in genere è questa la discriminate, automatica, per i commenti dei commentatori più attivi).

          Come vedi ho inserito due virgole che separano il soggetto dal verbo: la prima dopo La cosa strana, la seconda dopo strano; entrambe, benché non ortodosse, sono giustificate. La discriminante è il contesto in cui si scrive: se stili un testo burocratico il loro utilizzo non è contemplato; in tutti gli altri contesti (narrativa, giornalismo, ecc.) lo è.

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          • No, mi dispiace, ma nel primo caso la virgola è sbagliata 🙂
            Nel secondo, invece, ci sta bene, perché quello “strano” sottintende una frase, ossia qualcosa come: “È strano, perché non contiene alcun link”.
            Testo burocratico o narrativo non importa: l’uso della virgola non è a discrezione dello scrivente.

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            • Non è sbagliata: non esistono regole sulla punteggiatura, ma indicazioni. Nel caso specifico serve a focalizzare l’attenzione del lettore sul tema, cioè: “è strana questa cosa – virgola – il tuo commento finito nello spam”. “E’ strano che il commento sia finito nello spam” non renderebbe l’idea di quanto è strano questo fenomeno, mi spiego?

              La differenza tra formale e informale invece è fondamentale. Mi guarderei bene dall’inserire quella virgola in un articolo di legge; non farei mai l’errore di non inserirla in un racconto. L’idea su cui mi muovo è questa: al di là delle capacità dello scrivente (siamo d’accordo che oggi quelli che scrivono le leggi non ne siano capaci), un testo formale non deve avere significati sottesi. Non deve, cioè, essere interpretabile. Tutto il significato deve stare in superficie. Diversamente, la narrativa ha la necessità opposta: deve continuamente rimandare a un sotteso dichiarato ma non espresso. Come si fa? In molti modi: l’uso della punteggiatura è uno di questi.

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  2. Nella frase i Calvino una virgola l’ho messa, istintivamente, dopo “fuorviante” perchè ad orecchio in quel punto farei una pausa leggendo.

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    • Non sarebbe stato corretto. Il perché si collega – cioè, si riferisce – alle città; tanto e vero che se togli tutto quello che è compreso tra «a differenza» e «funzione», la frase ha comunque un senso: «Fuorviante perché le città sono tutte o quasi il risultato d’adattamenti successivi a funzioni diverse». Se togli anche il perché – e gli incisi parentetici sono tutti virtualmente escludibili dal periodo in cui sono inseriti – la frase non avrebbe più senso. E chiaro che togliendo l’inciso, servirebbe una virgola subito dopo Fuorviante.

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  3. Lo so che non sarebbe corretto, l´ho messa, come dicevo, ad orecchio, e mentalmente. La frase mi suona più incisive con una pausa in quell punto.

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  4. Il tuo scambio di battute con Daniele dimostra che spesso l’uso della virgola tra soggetto e verbo, più che su regole predefinite, si basa sull’orecchio e/o sul buon senso di chi scrive. Io, per esempio, avrei messo la virgola prima di “impone”. E anche prima di “a differenza”, nel brano di Calvino. 🙂

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  5. Credo di essere un’abusatrice di virgole, mi piacciono. Anche se nella costruzione lineare dei periodi corti, spesso, non se ne sente il bisogno.

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  6. Sono sostanzialmente d’accordo con Daniele. In ogni caso mi hai fatto pensare. Forse potresti approfondire meglio l’uso della parentesi e le differenze con l’utilizzo della virgola, a mio parer spesso confusi e giustapposti

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    • Elena, provo a spiegarmi meglio: non c’è da essere d’accordo con qualcuno, queste sono possibilità che la lingua ti fornisce. Puoi sfruttarle oppure no, ma certamente non sono sbagliate. Sull’uso parentetico degli incisi non mi pare ci sia molto da dire, non da giustificare un post.

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  7. Buonasera, un consulto, nel seguente periodo trovate possa essere motivato per “intonazione” l’uso della virgola tra soggetto e verbo? “Microsoft e il suo team, ha concepito un prodotto utilissimo per potenziare il tuo business.”

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    • Ciao Massimo, benvenuto nel blog. No, la virgola indicata da te non ha alcun motivo di stare lì. Un consiglio: espellila. 😉

      «Microsoft e il suo team hanno concepito un prodotto utilissimo per potenziare il tuo business», oppure: «Il team di Microsoft ha concepito un prodotto utilissimo per potenziare il tuo business». O uno o l’altro. A presto.

      P.S. al posto di utilissimo, che mi suona davvero male, io userei la locuzione: «molto utile»; rende la frase meno dozzinale e infantile.

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      • Perchè non:
        “Microsoft, e il suo team, ha concepito un prodotto utilissimo per potenziare il tuo business.”?

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  8. Pingback: 6 domande frequenti sul corretto uso della virgola – Salvatore Anfuso ● il blog

    • Caro Giacomo, nel primo paragrafo dell’articolo viene detto: Tra il soggetto è il predicato o tra il predicato e il complemento la virgola, che normalmente serve a separare una frase dalle sue eventuali subordinate o a evidenziare in posizione parentetica degli incisi, non è mai ammessa tranne in tre soli casi che, dopo una necessaria premessa, andremo ad analizzare in questo articolo.

      Porre la virgola tra soggetto e verbo, per poter isolare il primo dal secondo e quindi evidenziarlo all’attenzione del lettore, è proprio uno di questi tre casi. Ergo, la frase che citi: Di conseguenza la frase, è l’elemento minimo sintattico portatore di senso, è stata proprio concepita per sottolineare questo concetto. Ovvero, isolo il soggetto “frase” dal resto del periodo per porre su di esso l’attenzione del lettore.

      Tutto dipende da che tipo di testo devi comporre, sia chiaro. Se si trattasse di un testo di carattere giuridico, una virgola in quella posizione sarebbe quantomeno sospetta. Nella scrittura narrativa o giornalistica invece, è addirittura fondamentale. Cioè, è uno strumento nelle mani dello scrittore che può aiutarlo ad aggiungere e trasmettere senso. Il trucco sta nel non abusarne. Infatti, se ne abusassimo, daremmo al lettore l’impressione di viaggiare su un’automobile che procede a singhiozzo.

      Spero di essere stato un po’ più chiaro.

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