Lo spazio bianco

spazio-bianco

Un carattere invisibile ma indispensabile

Un testo non è fatto solo di segni. Ciò che tracciate sul foglio, a mano o a macchina, non avrebbe un ordine né un senso se a separarli non ci fossero gli spazi bianchi. Gli spazi bianchi dividono prima le parole, poi i capoversi, quindi i capitoli e infine i testi. Alcuni credono che i caratteri e la punteggiatura siano gli unici segni da dominare nella scrittura: non è così. Lo spazio bianco è esso stesso un carattere; un carattere dominante per di più.

«[…] da un sistema antico, greco-latino, di separazione delle parole con punti rigo, si è passati, già nel I secolo d.C., a un sistema di scrittura continuo, privo di spazi separativi; da esso, gradatamente, fra VII e XII secolo, per impulso soprattutto di scribi irlandesi e anglosassoni, si è giunti prima all’introduzione di spazi fra gruppi di parole e quindi all’uso moderno della regolare separazione delle singole parole fra loro».[1]

Quanto.poco.comprensibile.potrebbe.essere.per.noi.un.testo.le.cui.parole.
sono.divise.anziché.da.spazi.bianchi.e.dalle.marcature.interpuntive.solo.
da.punti?
O,peggioancora,unafilainterminabiledicaretteridivisi,ditantointanto,da
segniparagrafemiciilcuiunicoscopoperò,èsoloquellodidividerelesingoleunità
disenso,cioèlefrasi.

Lo spazio bianco non è solo un carattere indispensabile, esso è allo stesso tempo un regolatore di senso e un creatore di ordine. Separa le parole rendendo più facile la lettura del testo, ma separa anche le frasi, contribuendo con la punteggiatura a portare ordine e chiarezza; e i paragrafi, per mezzo dei capoversi (gli a capo), contribuendo a rendere più chiaro il messaggio che l’autore si sforza di comunicare al suo lettore.

«Da espediente utile alla comprensione dei testi e adatto alla lettura veloce e silenziosa […] lo spazio bianco si è imposto anche in verticale, nella disposizione dello scritto sulla pagina».[2]

Nella poesia l’ordine del testo, con i continui a capo, non sarebbe possibile senza l’invenzione dello spazio bianco. I versi sarebbero una fila continua di parole inanellate con continuità su di un rigo fino al bordo della pagina e poi, da lì, catapultate al rigo successivo senza alcun criterio di ordine o di senso. L’a capo serve a separare blocchi d’informazione, indicando un cambio di argomento. Nella poesia esso regola la struttura del verso, importantissima sia per la musicalità sia per il senso.

L’a capo però, non ha un significato solo nella poesia; anche in narrativa esso serve a indicare la fine di un paragrafo e l’inizio di uno nuovo. La quale cosa sta a indicare la conclusione di un argomento e l’inizio di uno nuovo. Stessa cosa di può dire dei capitoli: la fine di un discorso e l’inizio di uno nuovo; e dei libri. Libri, sì. Pensate alla saga di Harry Potter o alla Amica geniale di Elena Ferrante, dove, grazie allo spazio bianco, si dà indicazione al lettore della conclusione di una storia e l’inizio di una nuova (o se preferite: la conclusione di una parte della storia e l’inizio della trattazione di una nuova).

«[…] ha valore interpuntivo, e pertinente non solo alla disciplina esteriore ma alla costituzione interna del testo, l’organizzazione dei capoversi e dei paragrafi».[3]

L’ordine che il testo prende sul foglio non è casuale né una nota di stile, esso ha un senso: permettere al lettore di capire meglio ciò che sta leggendo. Il testo, quindi, lo si divide prima in parole, poi in sintagmi, quindi in paragrafi, poi in capitoli e, infine, in libri. Tutto questo senza lo spazio bianco non sarebbe semplicemente possibile.

Perfino una riga, tra un paragrafo e l’altro, ha un suo senso: essa indica, in genere, un salto temporale, oppure un cambio di scena. È un trucchetto che sarebbe impossibile da realizzare senza l’invenzione dello spazio bianco. Lo spazio bianco serve a stabilire gerarchie di pensieri.

Lo spazio bianco circonda il testo da tutti i lati, segnalando i confini entro cui muoversi. Lo spazio bianco domina la pagina scritta. Persino dove non c’è scrittura, dove l’unica cosa che si trova è il bianco, persino lì lo spazio bianco può da solo creare un

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Note

[1] A. Petrucci, Prima lezione di paleografia, Laterza 2002
[2] Bice Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Laterza 2011
[3] Ivi cit.

43 Comments on “Lo spazio bianco”

  1. Poi tutto sta nell’imparare a leggere fra le parole, o fra le righe 😛

    P.S. sarò strano io, o sarà perchè a forza di stare in Germania ho un po’ imparato a dividere le lungheparoletedeschechesembranononfiniremai, ma non ho trovato particolari difficoltà a leggere il secondo esempio 😛

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  2. Ricordo un classico esempio delle difficoltà di cui parli: nella rilegatura di certi codici medievali si trovano a volte frammenti di libri ancora più antichi, smembrati perché le pagine potessero essere usate come rinforzo. Nell’Europa occidentale si trovano spesso pagine in greco che nessuno sapeva più leggere e venivano riciclate così; oppure, ecco il caso cui volevo accennare, delle pagine di una copia tardoantica dell’Eneide, che si studiava e leggeva moltissimo ma era in “scriptio continua”. I monaci, lontanissimi dal sospettare che dodici secoli dopo un libro così sarebbe stato tanto prezioso da pagarci le tangenti (non sto scherzando), fecero un calcolo pratico: copiarono il testo in corsivo carolino, che è così bello e facile da leggere e contiene anche un buon numero di spazi bianchi, e smembrarono il vecchio volume ormai inutile per farne rilegature nuove.

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  3. Qui oltre alla grammatica c’è filosofia. Sulle pagine nuove e bianche lo spazio è bianco, sulle vecchie pagine ingiallite è giallo. Anche lo spazio invecchia.

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  4. Mi piace la scrittura senza spazi, dà l’idea di quelle parlantine trapana-cervello e può aiutare nelle attribuzioni:

    «Sistema: abilitami l’accesso. Immediatamente.»
    «Sonospiacentepadronemalapadronamelohavietato»
    «Sistema: abilitami l’accesso al frigorifero. Subito.»
    «Sonospiacentepadronelapadronamihaprogrammatoperimpedirlodopol’epifania»
    «Sistema: apri quel frigorifero o quanto è vero che ti ho installato ti mando a controllare la valvola della fogna.»
    «Accessoabilitatobuonappetitopadrone»
    «Conlapadronaciparlaleipadrone?»
    «Nonesageripadronelanutellaègiàsottoscortapadrone»
    «Sistema: ancora una parola e ti spengo.»
    « »

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  5. che poi non è il sistema usato con l’# davanti. Dove io divento matta a capire cosa serva fare parole chilometriche senza senso?
    Altrimenti mi viene in mente supercalifragilisticoespiralidoso… all’epoca precursore di questa strana mania.
    Però lo spazio bianco lascia il tempo del respiro come il punto e rinfresca la pagina e quindi mi pare giusto dedicargli un post.

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    • … e sono corti, gli astag. Prova a immaginare a un intero libro scritto così! Lo spazio bianco serve soprattutto a gerarchizzare le informazioni e le idee: non è una cosa da sottovalutare.

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  6. Molto interessante. Mi ha fatto venire in mente alle tecniche che si utilizzano anche nella scrittura per il web, anche se forse sono off topic.
    Come sai meglio di me, nei post si consiglia sempre di non utilizzare un “muro” di parole che allontana il lettore frettoloso del web e quindi di andare sovente a capo e saltare una riga tra un paragrafo e l’altro.
    Ultimamente ho letto da qualche parte che si sconsiglia anche l’uso del giustificato che, sì, sembra più ordinato ma che potrebbe infastidire proprio con la sua eccessiva regolarità.

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    • Dipende anche a quali utenti ti rivolgi. Il mio blog si rivolge a persone abituate a leggere libri; i libri sono tutti giustificati. Di conseguenza il mio testo è giustificato. Lo userei pure nei commenti se potessi…

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        • Potresti adottare il giustificato anche nei commenti, inserendo nel codice una breve istruzione.

          Nel foglio di stile (sai cos’è il foglio di stile?) dovresti trovare questo blocco di codice (che dovrebbe stare in alto)

          Body.custom-background {
          background-image: url(‘https://s0.wp.com/wp-content/themes/premium/restaurant/images/background.png’);
          background-repeat: repeat;
          background-position: top left;
          background-attachment: scroll;
          XXX
          }

          E lì, dove ho messo le tre X maiuscole inserire questo codice:
          text-align: justify;

          Il risultato?
          Voilà, testo giustificato nei commenti:

          Però, per rendere questa modifica semplice (così potresti farcela pure da solo ;)), c’è la controindicazione che tutti i testi diventerebbero giustificati. Anche la sidebar di destra. Con questo risultato:

          Che volendo non sarebbe neppure male. 😀

          Ecco, nella vita nulla è impossibile. Basta solo un po’ di audacia (e conoscere le persone giuste). 😛

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          • Hem… ok. Ci penserò… O.O

            (Non mi dispiace affatto il giustificato anche a lato; non so però cosa succederebbe alla colonna dei commenti recenti e ad altri elementi della maschera… Alla fine va bene così.)

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            • Ah fosse per me sarebbe pure stregoneria. Purtroppo per il sito del mio romanzo devo applicare un template così ovvio (e che scommetto vorranno tutti), che nessuno ha mai concepito e realizzato. Quindi mi toccherà programmarlo da me. Uff… Preferirei gettarmi dalla cascata del Niagara, pur di non passare questo supplizio. Per di più, io ero abituato ai css quando non c’erano ancora le versioni per mobile dei template. Quindi, per quello che dovrò realizzare, dovrò anche studiarmi e testare la dislocazione liquida ed elastica dei blocchi html gestiti tramite css. Ecco, se sopravvivessi alle cascata del Niagara, opterei per una partita a poker con Belzebù. E se anche Belzebù facesse cilecca, una bella battaglia con i Klingon. Così, tanto per non farsi mancare niente. 😀

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  7. A volte lo spazio bianco dice molto di più di mille parole: è un respiro rapido, frettoloso, subitaneo, ma tanto basta per capire che al di là del bianco ci sono altre vite, altri pensieri, altre filosofie, altri colori. Basta affacciarsi “oltre” per capire “altro”. Il bianco non è forse il fondersi di tutti i colori dell’arcobaleno?

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  8. SeSoloVoiSapesteQuantoCiRomponoLeScatoleANoiInformaticiIVostriMaleficiSpaziBianchiCheTuttoIlGiornoDobbiamoAndarGiùDiTrimQuiETrimLì.PerNonParlarePoiDegliApici,CheTiPossonoBloccareUnIntero(No,NonCeLoMettoLApice!)Sistema! 😛

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  9. Lo spazio bianco è un vero e proprio elemento per aiutare il ritmo della scrittura.
    Tempo fa ho letto “Venere in metrò” di Giuseppe Culicchia.
    Il romanzo è, a mio modesto parere, davvero una buona idea, scritto, se possibile, ancora meglio.

    La storia è narrata in prima persona dalla protagonista e l’autore fa
    un largo uso dello spazio bianco per indicare il vuoto
    interiore di Gaia, 38 anni, che porta la taglia
    38 e frequenta la gente che conta di
    Milano. I suoi pensieri si spengono
    così: nel bianco.

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    • Non ho avuto il piacere di leggere quel libro ma riesco benissimo a immaginare ciò che descrivi, Stefania. Il bianco, per uno scrittore, è come lo stacco per il regista: tecnicamente un grandissimo alleato.

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  10. Che bello sapere di non essere il solo a considerare la disposizione del testo nella pagina come di grande importanza narrativa. Per me piazzare un accapo o meno è fonte di lavoro quanto scegliere la parola più giusta o decidere la punteggiatura. Così come lo stesso discorso vale per la “metrica” delle frasi, diciamo così, la lunghezza e il ritmo che dai al testo decidendo appunto in che modo snocciolare frasi, punteggiatura e accapo.
    Ci possono poi essere tanti modi diversi di usare questi strumenti, ma è importante essere consapevoli che sono parte integrante del racconto.

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