Marketing editoriale

alessandro-baricco2

Veline, calciatori e ghost writer

Questa riflessione parte da un post di Marina Guarneri, pubblicato sul suo blog un paio di settimane fa. Parlava dell’ultimo libro di Ligabue – Scusate il disordine – uscito credo la scorsa estate, ma in definitiva è stata l’ennesima occasione per parlare di un certo tipo di editoria: quella che pubblica Vip: personaggi famosi che normalmente per mestiere non fanno gli scrittori. Siamo ormai abituati a questo tipo di discorsi, col suo carico di polemiche imprescindibili, sempre le stesse, tanto che se vi dico tre parole – ghost writer, Vip e editoria tradizionale – il resto potreste benissimo immaginarlo da soli. Potremmo anche stilare un elenco, piuttosto lungo, di personaggi che non vorremmo vedere esposti in libreria ma che invece ci campeggiano vendendo pure molto: Luciano è uno di questi, a cui potremmo affiancare Volo, Totti, e un centinaio di altri.

Devo ammettere che con Marina mi trovo molto spesso in accordo, forse per via della sicilianità, e il suo post è originale perché non si limita a far affiorare i soliti pregiudizi, ma va più a fondo: valutando, e positivamente, il libro in questione. La mia riflessione si interseca alla sua in quanto, con l’occasione, vorrei analizzare i motivi che spingono  una casa editrice a pubblicare libri, magari scritti da ghost writer, di personaggi famosi che non appartengono alla categoria degli scrittori puri. D’altra parte se Baricco decidesse di partecipare al festival di Sanremo cosa ne penseremmo di lui?

La prima domanda da porsi, se vogliamo dare un po’ di profondità a questo post, è chiederci che tipo di mondo sia quello in cui un calciatore, o un tennista, o un cantante, o una showgirl, o comunque qualcuno bravo a fare qualcosa che non sia scrivere libri, pubblica un libro che vende di più, anche immensamente di più, di chi quel mestiere lo fa per professione. Quando ci lamentiamo di questo fenomeno, ormai diffusissimo, è in fondo di questo che stiamo parlando. Per rispondere, dobbiamo dividere il discorso in tre parti:

  • Esigenze di mercato
  • Opportunità economiche
  • Pubblico di riferimento

Dunque, per quanto riguarda la prima, dobbiamo fare lo sforzo di immaginare il mercato dei libri come un luogo: una stanza, una piazza, quello che vi pare. Questo luogo è frequentato da persone molto diverse fra loro; così, diverse saranno anche le loro esigenze. Scrivere romanzi veri, come faceva Flaubert, o Joyce, o Dostoevskij è solo un modo per soddisfare le esigenze del pubblico di lettori. Certamente non è l’unico e altrettanto certamente riesce a soddisfarne solo una piccola porzione. Benché si dica che in Italia si legga troppo poco, oggi si vendono molti più libri di quanti ne vendessero i vari Calvino, Pasolini, Fenoglio, Vittorini, Moravia, eccetera, nella loro epoca. Si scrive di più e si legge di più. Se quello di allora era un mondo che si rivolgeva a una nicchia di appassionati, quello di oggi è un mercato di libri globale in cui, a fianco agli scrittori puri e ai lettori amanti della letteratura, trova posto anche tutta un’umanità che non è interessata in modo particolare alla narrativa, ma che fa della lettura una tappa di un viaggio più lungo. Per dirla alla Baricco:

«[…] chi ama il calcio e Del Piero: ne seguirà le partite, berrà Uliveto e leggerà la sua biografia».

Dunque il mercato dei libri di oggi è un luogo che si è aperto a una realtà più ampia e variegata, in cui la specializzazione letteraria è solo una sfaccettatura di qualcosa che è più grande e complesso. Il libro scritto da Ligabue è solo una tappa di un percorso più lungo, e chi lo segue sosterà anche lì.

Per le case editrici tradizionali, quelle stesse che un tempo pubblicavano esclusivamente i vari Pasolini, Fenoglio, Ginzburg, questa opportunità rappresenta l’occasione di far crescere il proprio mercato addebitando ai libri dei non professionisti il costo di pubblicazione dei libri dei professionisti. Un ragionamento forse un po’ contorto, ma che spiega benissimo come oggi gli scrittori puri, diversamente dal passato, possano tentare di vivere di scrittura pur vendendo meno di Totti, Volo, Ligabue e via dicendo.

Infine il lettore di riferimento. Coloro che conoscono e amano Fenoglio (o Pavese, Vittorini, Volponi, Gadda, Bassani, Cassola) non sono molti, e non saranno mai molti. Coloro che pur non interessati alla letteratura leggono comunque libri stanno invece crescendo. Questi leggeranno non solo le biografie dei calciatori, o dei tennisti, o dei cantanti, ma di tanto in tanto anche letteratura di intrattenimento come i gialli, i thriller, i noir, i fantasy, la fantascienza, i rosa. Uno scrittore che faccia lo scrittore per mestiere troverà questo fenomeno, per quanto grottesco, anche molto conveniente.

L’anno scorso scoppiò una polemica a proposito di Muccino e Pasolini, forse la ricorderete. Il regista romano aveva affermato sui social di non apprezzare il Pasolini cineasta, suggerendo che ciascuno si limitasse a fare solo quello che sa fare bene. Il giorno dopo, sulla Stampa, Dacia Maraini rispondeva così: «Se ne sarebbe molto stupito (di questa ascesa a mito, Pier Paolo Pasolini – n.d.r.). Ma soprattutto se ne sarebbe davvero preoccupato. […] vorrei anche rispondere a Muccino. Tutte le critiche sono lecite, quando siano appunto critiche […] ma oggi i cineasti si comportano esattamente come lui. Registi, attori, personaggi tv non fanno altro che scrivere romanzi appena raggiunto un po’ di notorietà. Se vale il suo ragionamento, si potrebbe affermare che anche la letteratura è stata inquinata da questa tendenza a uscire dal proprio campo specifico». Se è indubbio che Pasolini, bene o male, abbia fatto cinema, siamo sicuri che i vari Vip, raggiunta la notorietà, facciano letteratura? Scrivere libri e fare letteratura non è la stessa cosa.

Personalmente, benché non li legga, non ho nulla in contrario a un’editoria che a fianco a Fenoglio, a Vonnegut, a Hemingway, a Turgenev pubblica anche Benedetta Parodi, Mara Venier e Simona Ventura; purché sia chiaro che le due categorie appartengono a mondi diversi. Nulla di male dunque a leggere Tolstoj e Del Piero sotto lo stesso ombrellone; non è colpa di un’insolazione. Semplicemente si stanno facendo due cose diverse che richiedono, per essere fatte, lo stesso gesto: leggere.

Infine, per quanto possa sembrare difficile, a volte può anche accadere che qualche lettore occasionale, partendo dal libro di Ligabue, si incuriosisca e finisca per leggere anche opere scritte da scrittori che fanno questo per mestiere. Il nobel a Bob Dylan, senza volermi impelagare in un’analisi tecnica sulla “tradizione orale americana”, va proprio in questa direzione. Forse questo mondo, il mondo che pubblica libri di gente che per mestiere non scrive, è anche il mondo di grigi accademici che finalmente hanno compreso qualche cosa del marketing. Chi vuol intendere, intenda.

76 Comments on “Marketing editoriale”

  1. Molto bene Salvatore. Ho sempre sostenuto la necessità di riproporre e incentivare la lettura offrendo la possibilità al consumatore medio di trovarsi nell’imbarazzo della scelta. Abituare il pubblico a ritrovare negli scaffali della libreria tutto ciò che può stuzzicare la voglia di affrontare quel difficile passo del mettersi con pazienza a scorrere la parola scritta. Nella grande massa delle offerte nascono le occasioni, durante la frequentazione delle librerie si fanno delle scoperte. Penso al ragazzino che entra in quel luogo misterioso per acquistare la biografia dell’ultimo idolo del calcio e che viene colto da curiosità rimirando gli scaffali del resto dei libri. “Leggere è figo”, potrebbe dire l’incauto esploratore, “si trova di tutto in libreria, c’è gente figa che scrive e compra libri” 😀 Se la massa di beoti del mondo dello spettacolo può almeno fare da traino… ben vengano. Visto che hai citato nomi del calibro di Calvino, Pasolini, eccetera, partiamo dall’assunto sbagliato se paragoniamo le vecchie generazioni a quelle nuove. Mi spiego meglio: l’italiano del primo dopoguerra, e via via sino ad arrivare agli anni ’60 e ’70, era ancora completamente assorbito dal retaggio della cultura agricola che si scontrava con la mentalità neo industriale, esistevano le classi sociali ben distinte e separate, esistevano eccome. Milioni di italiani erano figli di operai e di contadini, molto spesso non scolarizzati e talvolta analfabeti. Solo la medio borghesia e tutto ciò che stava sopra poteva permettersi i licei, le università. Leggere, studiare, tutte cose ambite al fine di emancipare dei figli che si desiderava fossero migliori e con prospettive diverse dal destino dei genitori. Per decenni la scuola e lo studio, quindi la lettura, sono stati considerati come imprescindibili. È solo negli ultimi trent’anni che abbiamo potuto verificare una tendenza al ribasso, la grande euforia della “Milano da bere”, la massificazione, la globalizzazione, la poca attenzione alle tematiche sociali, tutti fenomeni che hanno impoverito. Più tecnologia pret a porter, di facile fruibilità e risolutiva, meno impegno nel decidere, scegliere, ragionare. Una circolarità storica che avrebbe lasciato allibito lo stesso Vico, passami il paragone. Nuovi incolti, nuovi illetterati, questa volta funzionali. Come diceva Ludovico Geymonat: “colpevoli”. Sì, colpevoli, perché qui stiamo parlando di ignoranza volontaria. Adesso c’è la tendenza a mettere su carta film, storie di pressappochisti arrivati alla ribalta delle cronache? Ma sì, va bene, ben vengano. A patto che siano considerati da traino per altro. C’è posto per tutti, io la penso come molti, e cioè che trovo ignobile trovare sugli scaffali le ultime rivelazioni di Belen, ma con una visione più ampia mi rendo conto che senza quella monnezza molti in libreria non ci avrebbero mai messo piede. Quindi, se il fenomeno è propedeutico e favorente … ebbene sia. Anche i detrattori di tale fenomeno, io per primo, sono vittima del “tutto e subito”. Per cambiare una mentalità o uno stile di vita, ci vuole pazienza, tanta pazienza. Intanto incominciamo a far tornare le librerie, anche quelle virtuali, un luogo di incontro, poi vediamo. La cultura che si chiude a riccio e si auto protegge, oltre ad essere una contraddizione in termini, fa male a se stessa. Leggere: fonte di gioia, di informazione, di diletto, di passione, di cazzeggio, di riflessione, di studio, di tutto. Un po’ come accadeva quaranta o cinquant’anni fa quando il nonno operaio comprava libri a Natale per il nipotino sperando di vederlo un domani assurgere a ben altri ruoli nella vita. La cultura non si impone con scelte cooptate, è consuetudine, abitudine, atmosfera e ambiente, ammanta e avvolge, è impalpabile e penetra nei pori, poco a poco. È fisiologica.
    Ora, essendo addentro alle questioni sanitarie, posso consigliare lenitivi alle vittime di “latte alle ginocchia” dopo la lettura di questo florilegio di cazzate 😀 😀 😀

    Piace a 3 people

    • Be’, hai detto cose condivisibili per quanto mi riguarda. Vorrei aggiungere solo un paio di riflessioni. Dunque, che la contemporaneità vada verso un generale spostamento in superficie dei contenuti e delle abitudini è una cosa nota, a cui non si può porre rimedio. Si può solo osservare il fenomeno e cercare di cavalcarlo. Noi tutti siamo un po’ colpevoli di questo. Lo siamo quando, per fare una ricerca, la nostra prima opzione è sbirciare su wikipedia. Tanto per dirne una.

      C’è stato un periodo storico, non saprei indicare gli anni, in cui la classe borghese raccomandava ai figli di non leggere letteratura, perché non serviva a niente, ma di concentrarsi invece sullo studio. Quello ha prodotto grandi danni. Oggi invece, per fortuna, tutti i genitori non fanno, anche quando loro stessi sono analfabeti, che raccomandare ai figli di leggere; leggere qualunque cosa. In quest’ottica anche il libro di Belen va bene. Leggere è un’abitudine da coltivare. Non si possono discutere i gusti e gli interessi. Se una persona è interessata alla biografia di Belen, o alle barzellette di Totti, come possiamo noi assurgere a giudici e dire: «No, leggi le cose sbagliate!». Cosa significa leggere le cose sbagliate? Un individuo sarà pur libero di scegliere cosa leggere, no? Altrimenti finiremmo per essere noi stessi dei fascisti: fascisti culturali. Che Dio me ne guardi.

      Piace a 2 people

      • Assolutamente vero. Per questo motivo propongo ai miei figli la lettura come gioco e svago, niente di impegnativo. Cerco di creare l’abitudine alla lettura. Il resto viene dopo, con la consapevolezza. Noi adulti siamo “fritti”, cotti, ingabbiati nelle nostre quattro convinzioni. Fottuti in partenza.

        Piace a 1 persona

        • Tutta colpa di chi c’ha preceduto. Eppure, ogni volta che butto la polemica sul “generazionale”, sempre qualcuno mi raccomanda di non fare quell’errore. Ancora non ho capito di che errore si tratti. In fondo, con altre parole, lo diceva perfino Darwin: «Ciò che viene prima non è sempre meglio di ciò che viene dopo». 😛

          "Mi piace"

          • Anche questo è pur sempre vero. Infatti io non ne faccio una questione generazionale nel senso di valorizzazione di una piuttosto che l’altra, a parte la disanima pseudo sociologica del mio commento iniziale, anzi, dico di fare tabula rasa, ora, adesso, subito, e concentrarci sulla generazione in sboccio.

            Piace a 1 persona

  2. Ma perché? E non lo sto chiedendo a te, ma a tutti coloro che hanno la fissazione di ritenere che i libri debbano essere solo letteratura.
    A me questa sembra una considerazione folle.
    I libri sono per loro stessa natura, la trasmissione della conoscenza dell’uomo.

    Sin dall’antichità, i libri sono stati quanto di più variegato è possibile. La biblioteca di Alessandria, prima che prendesse fuoco a causa di quel geniaccio di Cesare, possedeva quasi 500 mila rotoli. Pensate che fossero tutti poemi?
    Sui libri si sono fondate e trasmesse religioni. Il libro è filosofia, è storia, è drammaturgia, è medicina, è botanica, è ingegneria, è poesia, è gli appunti visionari e incompleti di Leonardo.
    Perché scandalizzarsi del libro della velina o del cantante. Cosa aggiungono e cosa tolgono all’umanità o alla letteratura?

    Dentro ogni libro c’è Omero e Hammurabi, Senofonte e Ariosto, che grazie a molecole di pensiero scritto sono riusciti a giungere fino a noi.
    Io quando entro in una biblioteca, e preferisco quelle antiche, e sono attorniato da tutti quei libri coi dorsi in pelle, vengo travolto da brividi che sembrano convulsioni. Tutti quei volumi, quelle decine di migliaia di libri, sono uomini come me che hanno pestato il mondo, che hanno considerato il loro tempo l’unico sensato, che hanno amato e odiato e sofferto e sperato e sognato. E di ciascuno di loro, pur non essendo sopravvissuto neppure con un atomo del corpo, grazie ai libri, sono riusciti a trasmettere quel che più conta: il pensiero e la folle ebrezza delle emozioni.
    Il libro nella sua essenza è l’uomo stesso, che nella sua caducità fragile, riesce a trasmettere la sua anima immortale lungo il corso del tempo. Per noi e per tutti gli altri che verranno.

    Piace a 4 people

    • Esatto; i libri propriamente letterari sono solo una piccola parte di tutti i libri possibili, e probabilmente è anche la parte più inutile. Tra un libro di botanica e una raccolta di racconti, il primo trasmette informazioni tangibili e utilizzabili; il secondo dovrebbe, nei migliori dei casi, trasmettere qualche informazione sulle forze che muovono l’essere umano. Ma questo è sempre meno vero. Alcune volte sono portato a pensare che tutto quelle che era importante scrivere sia già stato scritto e noi non possiamo fare altro che scimmiottare il passato. Tuttavia l’umanità evolve, cambia, si aggiorna e forse in questo si trova ancora la giustificazione a scrivere romanzi, a fare letteratura: poter individuare e raccontare questi cambiamenti.

      Piace a 2 people

  3. Penso che il punto centrale del tuo post sia dove dici che oggi molti che non leggerebbero, leggono perché attirati da un personaggio di spicco.
    Da ragazzina (14-15 anni) lessi l’autobiografia di Michel Platini in francese. Ero tifosissima della Juve e superai persino l’ostacolo della lingua straniera per leggere le gesta del mio beniamino.
    Con questo voglio dire che è normale che il mercato si orienti verso quello che tira di più, sennò perché si farebbero le indagini di mercato? La letteratura tira poco? Beh, ci piazziamo un personaggio famoso e tiriamo su il mercato.
    Non dimentichiamo che spesso il best-seller serve per pagare i costi editoriali di molti altri scrittori, spesso ben più bravi, che tuttavia non hanno sfondato. Può spiacere, certo, ma in fondo è quello che desidera la gente. E lo dico senza giudizio perché in un certo periodo della mia vita l’ho desiderato anch’io.

    Piace a 2 people

    • Ecco che si comincia a intravedere il motivo per cui molti letterati illustri desideravano non scrivere un best-seller. È noto, ad esempio, che Flaubert non volesse scrivere un libro di successo. Purtroppo i fatti hanno disatteso questa sua speranza… 🙂

      "Mi piace"

  4. Non sono d’accordo su «[…] chi ama il calcio e Del Piero: ne seguirà le partite, berrà Uliveto e leggerà la sua biografia».

    Ho pochissime biografie, di qualche personaggio storico soprattutto. E una di Elvis Presley. Ma, per esempio, non mi interessa cosa beveva Elvis.

    Un tempo seguivo il calcio, ma non avrei comprato mai un libro scritto da un calciatore, che non sa mettere due parole in croce, neanche se a scriverglielo fosse un ghost writer.

    Il “problema”, se vogliamo chiamarlo così, è che questi personaggi passano per la porta di servizio per pubblicare con la grande editoria. Se da una parte è comprensibile, l’editore sa che quel libro venderà e se ne parlerà ovunque, dall’altra mi fa riflettere.

    Piace a 2 people

    • Be’, non sei d’accordo per quanto riguarda i tuoi gusti o preferenze personali, mi pare di capire; altro discorso è sostenere che quella affermazione non sia vera in generale. Secondo me lo è. È normale che i fan di Del Piero (o di qualunque altro personaggio famoso) comprino anche la sua biografia. Tutti noi ci siamo cascati qualche volta.

      Posso capire che a uno scrittore puro non faccia piacere essere scavalcato nel proprio campo da chi per mestiere faccia tutt’altro. È un po’ come se domani tu decidessi di indossare la maglia delle Juventus, scendessi in campo e vincessi il pallone d’oro… Purtroppo, se vale nell’editoria, questo discorso non potrà mai realizzarsi in senso contrario. Ma questo perché, se il calcio è un’attività specifica, scrivere libri non lo è. Cos’è specifico nel campo dello scrivere libri? Scrivere libri specializzati. Ad esempio, se non sei un fisico con una certa competenza non potresti mai scrivere un libro di fisica. Se non sei un botanico non potresti scrivere un libro di botanica. Anche scrivere letteratura vera è, in un certo senso, qualcosa di molto specifico; e ci si immagina essere una cosa fuori dalla portata di Del Piero.

      "Mi piace"

      • Per me non è vera in generale. Un conto è leggere la biografia del personaggio che ami – cosa che non fanno tutti – ma bere Uliveto perché la beve lui mi pare esagerato. Spero che Baricco abbia voluto esagerare apposta.

        Piace a 1 persona

        • Be’ se non fosse così, perché Uliveto dovrebbe pagare milioni a Del Piero per metterlo in uno spot? Siamo influenzati a livelli che neanche immaginiamo.

          P.S. il video in cui Baricco parla di queste cose è questo.

          "Mi piace"

    • È quello che ho sostenuto io. Il fatto è che, poiché la politica editoriale si è allineata alla ormai diffusa tendenza di leggere i libri scritti da chiunque purché famosi, le case editrici preferiscono pubblicare questi ultimi, che ovviamente vendono di più, lasciando con sempre meno speranze gli sconosciuti che si arrabattono per finire sugli scaffali di una libreria.

      Piace a 1 persona

      • Mah… secondo me le due cose non vanno a braccetto. Se non pubblicassero i libri dei VIP, non è che proporzionalmente aumenterebbero le pubblicazioni degli esordienti; semmai il contrario, visto che avrebbero meno liquidità da investire.

        "Mi piace"

  5. Tempo fa mi era capitato un post sulla solita pagina facebook il cui tenore era: “fai il calciatore e scrivi un libro, fai la velina e scrivi un libro ecc. ecc. ma gli scrittori puri ecc. ecc.” Il post l’avevo anche salvato, ma conta poco. Nonostante il prurito alle mani non commentai. Lo faccio ora tra amici 😉
    Perchè la prima cosa che mi fece venire il post è che puoi fare lo scrittore solo se non sai fare nient’altro. Eppure ci sono innumerevoli esempi di scrittori che prima facevano tutt’altro (e non solo mestieri per sbarcare il lunario), anzi, forse sono più gli scrittori nati altro. Gadda, per dire, era ingegnere. E poi chi lo decide chi sono gli scrittori puri, gli unici che hanno il diritto di pubblicare?
    Ma non solo, come dici nel post bisogna fare distinzione fra letteratura e altro. Secondo quesa visione del mondo, ad esempio, il Milione non avrebbe dovuto essere pubblicato, Marco Polo mica faceva lo scrittore, no?
    Eppure ci sono storie interessanti, interessanti perchè vere, e chi meglio della voce del protagonista le può raccontare? Chi meglio di Mesner pò parlare delle sue avventure? Anche se magari non lo farà usando magistralmente tutte le tecniche narrative.
    Poi sì, c’è anche il discorso di marcheting, che è giusto, che permette alle case editrici di sopravvivere e pubblicare anche letteratura alta che ha pochi lettori. E non ce la si può prendere coi lettori se non leggono, come purtroppo si fa spesso.
    E poi ci sarebbero un sacco di altre cose da dire 😉

    Piace a 2 people

    • Secondo me si legge parecchio. Meno di quanto si potrebbe, ma comunque molto. Continuare a dire che in Italia non si legge è solo una scusa per giustificare i propri insuccessi. Invece l’obbiettivo dovrebbe essere infilare tra le mani di tutti un libro qualsiasi; qualsiasi, ma quello giusto per la persona specifica. Ecco, questa è una battaglia per la quale mi sentirei di combattere.

      Calvino sosteneva d’essere finito a fare lo scrittore perché non sapeva fare nient’altro. Parole sue. Ma hai ragione a dire che tutti gli scrittori sono anche “qualcos’altro”. Io, nella mia azienda, sono un comunicatore di eccellenza. Vengo pagato per questo. Vengo pagato per convincere le persone a pensarla come me, cioè come l’azienda che mi paga lo stipendio. Nessuno è uno scrittore puro. Semmai lo si può diventare dopo, col tempo.

      Piace a 2 people

    • Hai detto tutto tu. Grilloz for president. Ma chi l’ha detto che si deve essere puri? Ma beata contaminazione da altri mestieri.
      Marcheting mi piace di più. Fa più italiano. 😛

      Piace a 1 persona

  6. Per fare uno scherzo a un’amica in occasione del suo addio al nubilato, un paio di anni fa, le regalammo il libro di Rocco Siffredi. è stata l’unica volta in cui ho acquistato l’autobiografia di un “vip”. Ciò dipende dal fatto che non ho mai mitizzato nessuno, nemmeno da ragazzina, e non ho alcun interesse a leggere la storia di gente appartenente a un mondo nei confronti del quale non nutro alcun rispetto. Ed è questo, secondo me, il problema dell’editoria autobiografica: dovendo scegliere tra la pubblicazione della vita di un ricercatore o di uno scienziato e quella di un calciatore, il Sistema sceglie la seconda possibilità, perchè sono quelli i personaggi con cui il popolino sceglie di identificarsi. Quindi, se non ho nulla in contrario con l’idea che un personaggio famoso scelga di parlare di sé in un libro, ho invisi i criteri di selezione di determinate opere. Stessa cosa vale per Volo e Ligabue. Il 90% delle persone che conosco ambisce a scrivere un libro (spesso, proprio un’autobiografia). Almeno la metà, tentano di buttare giù qualche riga, almeno una volta nella vita. Pochissimi riescono a concludere la propria opera. Ancor meno vengono pubblicati. E non sono certo i più bravi, bensì i più vendibili.

    Piace a 2 people

    • Secondo me esistono entrambe le tipologie di biografia, solo che la seconda vende di più.

      Purtroppo la bravura non si può stimare matematicamente. Conosco gente che reputa David Foster Wallace un genio, e gente che lo reputa una bufala. I numeri delle vendite, invece, rientrano in una statistica ben precisa e confrontabile. Ora, non mi lancerò nel dire che la biografia di Del Piero visto che vende, in un breve arco di tempo, più di Dostoevskij sia stata scritta da un gost più bravo dello scrittore russo, ma almeno quei numeri sono pacifici: rappresentano una verità precisa. Dire bravi non significa nulla. Chi è bravo? e sulla base di cosa? Qualcuno ha tentato di valutare questa bravura sulla base di un’aderenza a un canone; ma questo è vero solo all’interno di una cultura, di un sostrato culturale. In termini assoluti la biografia di Del Piero e Delitto e castigo sono sullo stesso piano. … forse. 😛

      Piace a 1 persona

  7. A volte mi sembra che gli (aspiranti) autori pensino al mondo dell’editoria come alla facoltà di medicina, a numero chiuso: che cioè siccome Simona Ventura o Belen, che è raccomandata o, peggio, che sa la risposta alla domanda a risposta multipla n. 285, come si chiamava quel programma tv del 1997, io, che a otto anni già non guardavo la tv commerciale, non entro e lei sì e diventa medico.
    Il problema è che non mi sembra sia così. Come dice Salvatore, il libro di Belen aiuta me, autrice di romanzi lirici e delicatissimi con elevati riferimenti letterari che capiscono sei persone (e a tre ho dovuto spiegarli, inclusa mia madre e quello che l’ha recensito sulla Domenica del Sole, che mi ha chiesto delucidazioni), a pubblicare per il mio bacino di lettori, che resterebbero sei pure se Belen non pubblicasse. Allo stesso modo in cui mi aiutano i romanzi di genere, in cui pure bisogna fare una distinzione netta e che se vogliamo sono proprio i più penalizzati in tutto questo: pubblicare da italiano una spy story o un romanzo di fantascienza di alto livello è difficile. Ma la colpa di chi è? Del lettore ignorante che preferisce il romanzaccio, o piuttosto della spocchia della cerchia dei puristi che non leggono romanzi di genere quali che siano (esclusi i gialli, che piacciono a tutti)? Ma forse sto divagando.
    Cioè non è che il lettore che legge Belen o il libro di Del Piero, se loro non venissero pubblicati allora leggerebbe me sicuramente. No.
    Io, a quattordici anni ho comprato due libri di Eminem, perché al tempo mi piaceva Eminem. Le librerie le frequentavo già da anni e leggevo anche altre cose, eppure in quel periodo ho speso una trentina di euro per i libri di Eminem perché quelli volevo (così come Silvia ha letto il libro di Platini in francese). Pensate a quante copie di Cime Tempestose (mi pare) sono state vendute e lette da quando le ragazzine hanno scoperto che era il libro preferito di Bella di Twilight. A CENTINAIA DI MIGLIAIA.
    Questo fanno i miti. Hanno un valore enorme, soprattutto per i ragazzi, che sono ancora aperti a ogni deviazione e influenza. E se a una ragazzina che ha letto solo Twilight e Cime Tempestose, un libro contemporaneo scritto da autore X viene poi presentato come una versione contemporanea di Cime Tempestose, magari se lo legge pure. E scopre che anche altri libri oltre Edward e Bella possono essere emozionanti.
    Poi certo, se il libro di Belen è l’unico libro che compreranno nella loro vita, probabilmente la lettura non sarà proprio il loro forte. E’ un problema dell’editoria questo? No. E’ un problema culturale? Può essere, ma perché i musicisti non se la prendono allo stesso modo se non tutti ascoltano la musica? Perché solo la letteratura è religione e chi non legge un selvaggio infedele da evangelizzare?
    Come diceva bene Massimiliano, nell’età dell’oro del dopoguerra di Calvino non si vendevano mica milioni di copie: il fatto che noi la percepiamo come un’epoca di cultura infinitamente più alta di oggi è un falso storico, perché c’erano sempre molte più persone che non leggevano affatto (no, neanche l’etichetta dello shampoo). E la merda si pubblicava lo stesso, solo che noi l’abbiamo dimenticata perché non ha resistito, giustamente, al tempo (ma voi non ve li siete trovati in casa i romanzetti rosa di qualche nonna/zia? Le avete viste le copertine? Parliamone). Forse oggi tutto ha più riverbero per via della tv, dei social, dei media, e poi viviamo con la percezione del mondo in declino mentre allora sembrava tutto da fare e dire e costruire e anche a noi è rimasta questa sensazione. E tutti hanno una voce e diritto di parola, e a noi questo, su, ammettiamolo, sembra sbagliato (“io a questi che hanno votato [Populista X] gli strapperei la tessera elettorale”… ehm!). Mi fermo, ma ci sarebbe molto altro da dire 🙂

    Piace a 2 people

    • Daria, i tuoi commenti, esattamente come i tuoi post, mi piacciono sempre moltissimo: li leggerei e rileggerei all’infinito, o quasi. Ho riso dall’inizio alla fine, anche se dici cose serie e sensate. Ad esempio ti ho immaginata con il libro di Eminem tra le braccia mentre, cercando di non farti vedere, sfilavi silenziosa dalla libreria. Serio e sensato è sostenere che anche se i VIP non pubblicassero, i lettori dei nostri romanzi (e io non ne ho ancora scritto nemmeno uno) comunque non aumenterebbero proporzionalmente. Serio e sensato è indicare questa sottile linea dottrinale che pare serpeggiare fra le cose culturali, quasi che la Cultura fosse una sorta di religione. Serio e sensato è mostrare come ancora oggi il diritto alla scelta libera sia spesso giudicato, e quindi non libero. Insomma, forse il problema non sono gli editori, non sono i lettori, non sono nemmeno i libri; forse il problema siamo noi.

      Piace a 1 persona

      • Ok, facciamo che quando pubblico il grande romanzo mi fai da agente e mi vendi benissimo a tutti: vedrai che famo li sordi, come si dice in queste lande (scherzo: grazie *tanti cuoricini per Salvatore*)
        Il punto vero sta in quello che hai scritto tra parentesi: io un romanzo non l’ho ancora scritto. E non ho nemmeno ancora provato a vederlo. In compenso sto provando a scrivere qualche cosa per davvero, mettendo da parte la disonestà intellettuale per cui ‘se volessi, lo saprei fare’, e sto scoprendo che non è facile manco per niente. E quindi di riflesso mi sento di rivalutare tanti (non proprio tutti, però abbastanza) di quelli che sono in grado di scrivere in modo abbastanza chiaro e semplice da farsi leggere da tanti.
        E questo è. Essere così avvelenato e superiore da non provare a farlo onestamente (oh, ma scrivi tu come Fabio Volo se sei così bravo, veramente!, mi viene da dire a tanti) mi pare più una giustificazione a priori per il fatto di non avere voglia di mettersi in discussione che altro (che è peraltro figlia di una depressione generale che mi pare esserci nelle terre italiche ultimamente).

        Piace a 1 persona

  8. E il bello è che pur con tutto questo bailamme di libri vip ci sono persone a cui non riesco a regalare uno straccio di libro a Natale!! Mi spiego: da qualche anno cerco di regalare solo libri, ok? Con qualcuno gioco proprio la variante libro-manuale, di cucina, di moto, di viaggi, di psicologia. Con uno in particolare quest’anno è tosta: l’anno scorso il libro del barbecue, ma quest’anno è a dieta ferrea! O gli regalo un libro di dieta/sport, rischiando il linciaggio (però io corro più veloce, magari riuscirei pure a fargli fare un’oretta di running 😛 ) oppure …?? Fumetti? Non li legge. Calcio? Non segue così tanto, come pure io e quindi non saprei cosa. Moto? E’ pure motociclista pigro. Chiedo consiglio alla moglie e risponde: “Ah, ma tanto lui non legge…”
    Morale: manco i Vip funzionano con certa gente! :/

    Piace a 2 people

    • Io l’ho fatto per anni. Quando poi ho notato che dava quasi fastidio ho smesso. Purtroppo alcune persone non amano e non ameranno mai leggere libri. Non sono lettori e quindi non rientrano nell’equazione. Costringerli a leggerli comunque, i libri, serve solo a radicalizzarli nelle loro posizioni. Possiamo biasimarli o compatirli, ma non cambiarli.

      "Mi piace"

    • Ma lascia stare i libri che tanto l’editoria è morta, regalagli un bel cesto di prodotti tipici di Norcia (il prosciutto, le lenticchie di Castelluccio) che fai pure una cosa buona e sono più contenti tutti! 🙂 Io farò così.

      Piace a 1 persona

  9. Premetto che non ho ancora letto i commenti quindi potrei ripetere cose gia dette dette, quando ho studiato marketing all’università un concetto mi è rimasto impresso: le categorie dei prodotti legati alle vendite: tra questi c’erano i prodotti cosiddetti “Mucche da Mungere” che rappresentano prodotti dove bisogna investire poco ma che avevano una quota di mercato molto elevata. Questo tipo di prodotti generalmente produce una elevata liquidità finanziaria.
    Poi ci sono i prodotti Dilemmi: prodotti per i quali la quota di mercato è bassa ma si trovano in un mercato in forte crescita che perciò richiede un livello elevato di liquidità finanziaria per sostenerne la crescita.
    Tralascio gli altri prodotti e parlo di questi due: le mucche da mungere (quindi i libri di cantanti e calciatori ecc) si vendono da soli perché hanno già una grande fetta di pubblico, i dilemmi potrebbero essere gli esordienti che per vendere hanno bisogno di farsi conoscere e di molta promozione e quindi investimenti.
    Se non ci fossero le mucche da mungere i dilemmi non avrebbero alcuna possibilità, questo è il motivo per cui non vedo poi così male la strategia di marketing di una casa editrice che decide di pubblicare un libro di un personaggio famoso, sempre che decida di investire anche solo una piccola parte dei suoi guadagni su un dilemma esordiente.
    Poi sulla qualità dello scrittore non mi esprimo, a me piace sia Ligabue (l’ultimo non l’ho ancora letto) sia Fabio Volo, non ho letto però altri “famosi”…

    Piace a 2 people

  10. Preferisco il Pasolini regista al Pasolini scrittore, sparatemi…
    A parte questo, siamo sicuri che sia solo una novità di oggi? Con l’allargamento del pubblico è ovvio che nascano nuove nicchie di mercato. Ma già nell’antichità classica c’era l’erotico, il pettegolezzo spinto e la biografia dei personaggi famosi. Di molto non ci è giunta che una vaga notizia, ma ad esempio mi sono imbattuta nella storia di un serio grammatico romano che per campare scriveva sotto pseudonimo storie erotiche.

    Piace a 2 people

    • A me non piace in nessuna delle due versioni. 🙂

      Vero, ad esempio abbiamo appreso molto tardi che anche i greci, quelli antichi, scrivevano romanzi. Interessante la storia del grammatico, dove l’hai beccata?

      "Mi piace"

  11. A mio avviso qui tocchiamo due discorsi.
    Chi ama leggere può avere preferenze e gusti e per una vita scegliere di cibarsi solo di fantasy o letteratura in maniera abulica o provare un po’ di tutto diventando onnivoro.
    Chi non ama leggere può invece scegliere ciò che offre il mercato.
    Il primo regalo che ho fatto al mio compagno è stato il libro sulla birra. Un volume pazzesco pieno di foto e storia delle birre nel mondo. Se lo ha letto non l’ho visto. Eppure credevo di aver toccato il suo argomento preferito. Niente da fare, in compenso legge quello che scrivo io, va bene lo stesso (per me).
    Partire dalla biografia di un personaggio Vip può essere un modo per avvicinare alla lettura, credo che il marketing dei libri commerciale senza di loro non vedrebbe la vendita di un solo pezzo. Certo non la considero lettura seria, ma come le parole crociate, un modo per tenere allenato il cervello. Non mi sento di condannare nessuno, solo non mi faccio incantare, quelli non meritano spesso di essere considerati libri o autori, ma oggetti consumistici.

    Piace a 1 persona

    • Be’ anche chi ama leggere può leggere, e spesso lo fa, cose diverse. A me quest’anno è capitato di acquistare e leggere un libro di Fausto Brizzi – Ho sposato una vegana – in cui l’autore, che non è uno scrittore come quelli che immaginiamo noi, mischia narrazione e autobiografia. L’ho acquistato perché mi interessava capire meglio il tema “vegani” senza però infilarmi in un libro dottrinale; l’ho letto perché mi è parso simpatico e spassoso. Non è alta letteratura, ma è divertente.

      Piace a 1 persona

      • Ma certo e nessuno deve sentirsi meno lettore per questo, anzi potrebbe aiutare ad imparare a leggere i meno avvezzi. Ben vengano i ghost, infatti. Ben venga chi sceglie di leggere commerciale perché svagante e leggero meglio di un programma alla tv. Io in tutto questo non ci vedo nulla di male.

        Piace a 1 persona

        • Il tuo è il 10.006esimo commento tra quelli lasciati da tutti su questo blog: ho guardato per caso la statistica. Non ti pare allucinante? Adesso mi piacerebbe capire chi ha inserito precisamente il numero 10.000: vorrei dargli un premio!

          Piace a 2 people

              • Ehhh, non facciamo i difficili. Vai sul pannello dei commenti, sono in ordine cronologico, conti all’indietro fino a trovare il 10.000esimo. Che per la legge di Murphy sarà un TUO commento in risposta a qualcuno di noi! 😛

                Piace a 1 persona

                  • Noooooo. ….
                    Il biberon dura un po’. Ti consiglio una scorta di pannolini. Quelli non sono mai abbastanza. Sempre a comprarli…. E quanto costano. . :/

                    "Mi piace"

                • Fiiiiiiiiii. Fischio dell’arbitro. Gol annullato.

                  Chiaramente io non posso che fare il guastafeste. Quando si commenta oppure si clicca sulla data del commento, nell’url appare il numero di commento progressivo. E questo mio è il 10.388.
                  I 10 mila li hai già superati da un pezzo.
                  Mi spiace, ma come per Trump con HIllary qui ci sono brogli e si richiede il conteggio.

                  In pratica, tu dal pannello hai letto 10 mila, ma è probabile che il conteggio reale tiene conto anche dei commenti cancellati, abortiti o di spam.

                  Quindi, l’unica cosa che puoi fare è andare a ritroso nei post e cliccare su ogni commento, cercando di trovare di chi è realmente il commento 10 mila scritto che appare nell’url.

                  Guarda, ti farei io questo controllo, ma oggi sono full immersion per revisionare il mio romanzo, ché a breve devo consegnarlo all’editor. Ma… mi corrompo volentieri se mi regali un ferrarino. Lo so, nella vita tutto ha un prezzo. 😀

                  Piace a 2 people

  12. Hai rilanciato l’argomento, bene, le opinioni arricchiscono sempre. Ti ringrazio di avere citato il mio post. Ho letto tutti i commenti e alcuni sono ragionevoli: certo, alla fine, anch’io penso che se per leggere di più possa servire pubblicare ciò che la gente vuole leggere, allora vada che la biografia di uno youtuber diventi un successo (oddio, mi cocio, sono sincera, ma a denti stretti lo accetto), però mi sembra come la partecipazione a quei concorsi pubblici con sei posti disponibili di cui quattro sono le aliquote riservate. Ti ammazzi la vita per avere un lavoro e poi c’è una maggioranza di posti che sarà per forza occupata dagli aventi determinati diritti. Legittimo, ma scoraggiante.
    Ecco, è come se partissimo in dieci a sperare in una pubblicazione sapendo che sette sono veline, calciatori e personaggi simili e le case editrici daranno obbligatoriamente a questi ultimi la precedenza.
    E non credo che sia, come dice Giulia, una strategia per reinvestire i soldi guadagnati in altri progetti.
    (Ho azzardato il parallelismo con il concorso pubblico per farmi capire.)

    Piace a 1 persona

    • Ahahah sì, a denti stretti; e ci sta. Però, come dicevo prima, non credo che se smettessero di pubblicare i VIP aumenterebbero le chance per gli esordienti; anzi, potenzialmente, a causa della minore liquidità, diminuirebbero. E poi, sopra ogni altro discorso, è giusto che un lettore legga quello che gli pare; di conseguenza le case editrici non fanno altro che assecondare il mercato. I libri buoni ci sono, e non sono solo i classici. Però il lettore medio preferisce Volo: che ci vuoi fare?

      Piace a 1 persona

  13. Gli accademici hanno sicuramente capito qualcosa sul marketing; la domanda, adesso, sarà: il caro Bob ha invece dimenticato qualcosa? Oppure conosce la famosa massima andreottiana: “Bene o male, purché se ne parli”? Ai posteri l’ardua sentenza.

    Piace a 1 persona

  14. Non mi fa inorridire che accanto agli autori “veri” vengano letti personaggi famosi in ambiti diversi dalla letteratura. Chiunque abbia qualcosa che considera importante da dire fa bene a cercarsi un pubblico. Per fare un esempio, ho apprezzato molto l’autobiografia di Agassi, e mi capita a volte di trovare spunti profondi in autori considerati da poco. Al primo posto per me c’è sempre il contenuto; la forma in cui mi arriva può essere più o meno valida, ma sopra il livello minimo sindacale (sì, ce n’è uno anche per me) sono molto tollerante. Certo sarebbe bello che almeno calciatori e veline non avessero la strada tanto più facile degli scrittori veri e propri, ma mi rendo conto che questa è un’utopia.

    Piace a 1 persona

  15. Il punto è sempre lo stesso: non è un libro di Fabio Volo il problema, ma la visibilità che ha Volo rispetto a un intellettuale comune.
    PS detto tra noi: Ligabue è più bravo come regista e scrittore che come musicista. Meglio che scriva libri, dunque.

    Piace a 1 persona

    • Ciao Dani, benvenuto nel blog. Purtroppo sulla visibilità non si può fare molto, ed è chiaro che sia una carta vincente. Tuttavia ci sono moltissimi VIP che scrivono o pubblicano libri, e non tutti hanno il successo di Volo. Forse non è solo merito della visibilità; forse dipende anche dal fatto che riesce a dire al proprio pubblico di riferimento cose che questi apprezzano o in cui si riconoscono.

      "Mi piace"