Dieci tipici errori grammaticali
… spiegati con garbo e pazienza
Alcuni sostengono che la nostra sia una lingua complicata, io non la penso allo stesso modo. Se si impara ad adoperarla, l’italiano è una lingua in grado di offrire grandi soddisfazioni. Certo, è necessaria un po’ di disciplina. Nulla che abbia un qualche valore si ottiene senza sforzo. Tuttavia non è indispensabile riprendere in mano il vecchio libro grammatica, ormai ammuffito in cantina dalle medie, per rimediare a quelli che sono considerati da tutti gli errori più tipici commessi dagli italiani: basta continuare a leggere. A seguire troverete una breve elencazione di vocaboli e particelle in grado di destare dubbi atroci in quei parlanti madrelingua non abituati a praticare quotidianamente la scrittura. Per ognuno di essi non mi limiterò a dire quale forma è quella corretta, cercherò invece di fornire una spiegazione semplice e convincete sul motivo per cui si adopera una determinata soluzione.
Accapo o A capo?
Come avverbio, andare a capo indica il ricominciare a scrivere in una riga successiva. In senso figurato «da capo o daccapo» – che sono la stessa cosa – indicano il «ricominciare dall’inizio». Come sostantivo, accapo è sinonimo di capoverso: ovvero il principio di un nuovo periodo. L’andare a capo indica un’interruzione significativa del discorso. È come mettere un super punto alla fine di un periodo. L’andare a capo non implica automaticamente un rientro di battuta, ma certamente sta a indicare la fine di un discorso e l’inizio di uno nuovo. Entrambe le forme sono corrette. Entrambe derivano dal sostantivo “capo”, inteso come “principio”. Quindi se dovete adoperare il sostantivo, scegliete senza esitazione la forma accorpata accapo; se dovete utilizzare l’avverbio, meglio la locuzione a capo.
Infondo o In fondo?
Anche in questo caso entrambe le forme sono corrette, solo che indicano cose diverse. Infondo è l’indicativo presente nella prima persona singolare del verbo infondere. Infondere significa letteralmente versare dentro. Oggi si adopera più in senso figurato, come sinonimo di instillare qualcosa a qualcuno o a qualcosa: ad esempio la fede in uno scettico, energie in un amuleto, fiducia in un diffidente, eccetera. Ma il suo uso suonerebbe anomalo o strano in una frase come questa: «Oggi ho deciso di voltare pagina, infondo la felicità è dentro di noi». In questo caso lo scrivente dovrebbe ricorre alla locuzione avverbiale in fondo, poiché egli non vuole certamente infondere alcunché dentro di sé, ma si limita a constatare che la felicità si trova già lì. Se vi capita quindi di confondere queste due forme, in effetti tanto diverse tra loro da un punto di vista semantico, non preoccupatevi troppo: in fondo tutti noi commettiamo qualche errore ogni tanto. Errore da evitare, questo è chiaro.
Affianco o A fianco?
Come nel caso di infondo / in fondo, anche qui entrambe le forme sono corrette ma indicano cose diverse. Affianco è l’indicativo presente nella prima persona singolare del verbo affiancare: «L’affianco alla prima curva e poi lo sorpasso». Affiancare significa disporre a fianco o mettere a fianco. Tuttavia, se si vuole indicare un oggetto o persona che occupa una posizione a lato di qualcuno o qualcosa è necessario ricorrere alla locuzione preposizionale a fianco: «Ricordati di mettere il sale a fianco al pepe».
Daccordo o D’accordo?
Se concordate con qualcuno o siete in sintonia verso qualcosa forse vorreste esprimerlo a parole. Per farlo utilizzerete la locuzione «di accordo», ricordandovi che davanti a vocale la preposizione semplice di elide: «d’accordo». L’univerbazione «daccordo» invece è considerata da tutti un errore. Cerchiamo di capire il perché: l’univerbazione è la «fusione di due parole originariamente autonome», spesso con un raddoppiamento fonosintattico della prima consonante del secondo termine accorpato. È un fenomeno che, nell’italiano contemporaneo, ha riguardato alcune parole che nell’Ottocento venivano scritte staccate: fabbisogno, sopracciglio, sopralluogo, pallavolo, soprattutto, ecc. Capita, a volte, che una parola unica la si percepisca come composta: «davanti» / «d’avanti»; altre, che una parola composta la si percepisca come unica: «a posto» / «apposto». In linea di massima le locuzioni avverbiali o aggettivali non danno luogo a l’univerbazione. Nel caso specifico, poiché «d’accordo» ha valore di avverbio di affermazione, la tendenza spinge per l’accorpamento della locuzione. Ma non ancora…
Qual’è o Qual è?
Questo è un errore tipico, commesso praticamente da tutti. Il motivo per cui lo si commette è che l’elisione la si conosce meglio dell’apocope. Si tende quindi a pensare che «quale» davanti all’ausiliare essere “dovrebbe” elidere: «qual’è». Non è così. L’apocope, o troncamento, consiste della caduta di un elemento fonico in fin di parola. Perché si possa parlare di apocope vocalica (caduta di una vocale) devono essere soddisfatte alcune condizioni: 1. la vocale deve essere atona e diversa dalla «a»; 2. la parola apocopata deve essere autonoma anche nella forma tronca. Poiché «qual» mantiene la sua autonomia nonostante il troncamento – qual buon vento vi porta da queste parti? – ecco che ci troviamo difronte (o di fronte, accettate entrambe le forme) non a una elisione ma a un’apocope. In caso contrario, cioè se la parola troncata non dovesse mantenere la propria autonomia, ecco che allora si parla di elisione. Per distinguerle si aggiunge un apostrofo. La forma corretta è dunque: «qual è».
Accellerare o Accelerare?
Poiché il termine deriva dal verbo celere, la forma corretta è quella che non prevede il raddoppiamento consonantico: «accelerare». Il fenomeno che produce il raddoppiamento grafico di una consonante è quello dell’assimilazione regressiva, e si spiega nella maggior parte dei casi facendo ricorso a condizioni caratteristiche del latino tardo. La regola è: nell’incontro di due consonanti all’interno di parola (una cosa non più tollerata, o quasi, dall’italiano) una delle due, generalmente la seconda, assimila l’altra, dando luogo a una consonante intensa: ADMĬTTO > ammetto. Nel caso di celere questo fenomeno non sussiste.
Da o Dà? Si o Sì? Fa o Fà? Sta o Stà? Do o Dò?
La prima cosa importante da ricordare è che nell’italiano contemporaneo l’accento non si mette mai senza uno scopo. A parte i casi in cui è considerato obbligatorio, la sua funzione è spesso quella di risolvere eventuali ambiguità che possono crearsi in alcune situazioni con alcune parole. Nel caso specifico, l’accento serve a distinguere: la preposizione semplice da («Vorrei prima passare da casa») dall’indicativo presente nella terza persona del verbo dare («Leggere mi dà gioia»); il pronome atono si («Si sta sempre stretti su questo tram») dall’avverbio olofrastico affermativo sì («Ho detto di sì!»). Poiché la nota musicale fa è impossibile da confondere, visto il normale contesto d’utilizzo, con la terza persona dell’indicativo del verbo fare, «fà» accentato è una grafia considerata errata. La stessa cosa vale per sta (indicativo presente del verbo stare: «Sta davvero bene con quella giacca») e per do (indicativo presente del verbo dare: «Se sto qui ancora un po’ giuro che do di matto!»).
Se o Sé? Se stesso o Sé stesso?
Come negli altri casi succitati (univerbazione di «su» e «citati», con raddoppiamento fonosintattico della c), anche qui l’accento serve a distinguere la congiunzione ipotetica se («Se mi ami, dimostramelo!») dal pronome personale di terza persona sé («L’ha preso per sé»). Tuttavia l’utilità dell’accento decade se a «sé» si affianca il pronome dimostrativo «stesso»: «Si preoccupa solo di se stesso». In questo caso il significato della locuzione è tanto chiaro da rendere impossibile confondere la congiunzione se con il pronome sé. Per ridondanza quindi l’accento cade.
È piovuto o Ha piovuto?
Le condizioni atmosferiche possono rivelarsi un problema anche per chi è a digiuno di grammatica. I verbi impersonali, ad esempio quelli adoperati per indicare le condizioni meteorologiche (ma non solo), richiedono l’ausiliare essere: «Sono piovute critiche». Tuttavia nell’abitudine dei parlanti si fa sempre più strada il ricorso all’ausiliare avere, tanto che oggi «essere» o «avere» sono quasi intercambiabili. Dire è piovuto o ha piovuto, se si intende proprio la caduta della pioggia, sono entrambe forme ormai pienamente accettate.
Desse o dasse?
E siamo finalmente approdati ai congiuntivi… Tuttavia non posso davvero credere che non sappiate distinguere, almeno a istinto, la forma corretta. È una cosa che non voglio proprio pensare. Quindi cavatevela un po’ da soli.
Spero di esservi stato utile. Se avete domande, be’ aprite una grammatica. Mica morde!
E se la grammatica non mi desse tutte le risposte?
Ognuno pensa a sé stesso. Chi fa da sé, fa per tre….
Proseguo con gli esempi?
Sono d’accordo con te tranne in una cosa.
Non ce la faccio a dire “è piovuto”.
Mi riesce adoperarlo solo sulle critiche, e lì, piovono anche troppe, almeno verso me. 😉
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Vedi a me viene pure con sé stesso… anche se lì è inconfondibile.
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Chissà perché ai parlanti italiani il verbo essere sta più antipatico del verbo avere… forse è causato dal fatto che la nostra è una società possessiva?
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io dico “è piovuto” e so che dire “sé stesso” non è considerato un errore.
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Infatti non è considerato un errore: Luca Serianni lo usa continuamente. Tuttavia la buona norma, o se preferisci la moda, è di coloro che fanno cadere l’accento. Ma sono scelte stilistiche…
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Ne ho un altro di errore sottovalutato. La d eufonica che si è modificata.
E o ed dopo una vocale?
Prima si usava ponerla (ed) per ogni vocale. In realtà no. Dovrebbe limitarsi nel caso della vicinanza alla stessa vocale.
Ed ecco…. Luca ed Elena….
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In realtà si consiglia di toglierla quasi sempre (salvo espressioni consolidate) anche con la stessa vocale.
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Però suona male con la stessa lettera.
Un abuso no, ma dove serve. Vedi esempi.
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Sentiamo che dice il prof, a me le fanno togliere sempre
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Non ti fidi di me? 😛
Segui il prof..;)
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La d eufonica va inserita solo davanti a identica vocale o in alcune locuzioni cristallizzate come: ad esempio, ad ogni modo, ecc. Tuttavia la tendenza oggi è di eliminarla sempre. Sarà poi il lettore, mentre legge, a inserirla automaticamente.
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Faccio comunque fatica a considerarlo errore, quanto piuttosto una finezza stilistica 😛
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Tutto ciò che riguarda la grammatica, in fondo, è una finezza stilistica. 🙂
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In fondo sì, però oserei dire che ci sono dei livelli diversi, insomma non è un sistema binario 😉
Se scrivi e senza accento o a senza l’acca (quando è verbo, ovviamente) è errore grave perchè mina la comprensione del testo. Se metti due z con -zio, -zia, è un errore perchè c’è una onvenzione adottata e riconosciuta sull’uso delle doppie (che tra l’altro abbiamo solo in Italia). Se metti o non metti una d eufonica l’unica cosa che cambia è la musicalità, un po’ come una ripetizione, per intenderci.
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Non sono completamente d’accordo. Dire: «Ho preso un gelato» oppure «O preso un gelato» non mina affatto la comprensione del testo. Può succedere in certi altri contesti, questo sì. Ma alla fine è più una convenzione. In fondo, quando parliamo, mica stiamo a pronunciarla la H (toscani a parte). 🙂
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Sì. il concetto che volevo esprimere è che ci sono “errori” di gravità differente.
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Fra l’altro le d eufoniche sono essenziali in metrica 😉
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uffa io la sbaglio sempre, la metterei ovunque! Eppure mi pare mi abbiano proprio insegnato ad abbondare, ora devo invece eliminarla, ne sai qualcosa per caso?
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La regola è qualche commento più su. Il sunto è che si cerca di adoperarla meno possibile ora, al limite quando la parola successiva inizia con la stessa vocale. In casi come : ad esempio va posta anche se le vocali son differenti.
Ha ragione Salvatore, si tende a non mettere la d eufonica, diciamo che dipende anche dal testo.
Comunque un abuso non è mai corretto.
Diciamo che in questo caso non vige la regola del ” Melius abundare quam deficere”.
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Grazie Tiziana devo averla persa in questa mole di commenti, ne farò tesoro. 😘
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Eh, lo so. Siamo casinari.
Tuttavia il miglior metodo per imparare è divertendosi.
Direi che ho fatto un po’ di danni oggi con questa benedetta d eufonica, ma è altrettanto vero che tutti hanno imparato.
Quindi, ben venga.
Diciamo che oltre alle regole di Salvatore, ne abbiamo imparata un’altra.
😉
Un abbraccio, Nadia.
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Ringrazia Salvatore. Lui è il padrone di casa, io non ho pagato nemmeno l’affitto. 😁
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😂
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Ehm… sarei passato a riscuotere. Che fa: assegno o contanti? 😛
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Con… tanti saluti. 😛
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“Ponerla”?
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Ponerla la d eufonica.
Meglio “metterla” ? ” Inserirla”… mettete il verbo che più vi aggrada.
Oggi sono sotto esame.
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No, intendo che “ponerla” non esiste, esiste “porla”. 😉
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Esiste in spagnolo, non in italiano. ( verbo poner–> in spagnolo )
Hai ragione. Grazie della correzione.
Comincio a mescolare tutto.
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Capita a tutti, tranquilla…
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Capita a chi studia lingue troppo simili. :p
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Anche.
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manca
manca
manca
celo (ma mi correggo)
celo (uff, questo lo sbaglio sempre)
celo (ma con gli accenti non sono mai andato molto d’accordo)
celo (vedi sopra, comunque il correttore di word mi aggiunge l’accento in se stesso)
manca (ovviamente 😀 diciamo che le uso entrambe a seconda della musicalità)
manca
Che dice prof, me la sono cavata? Certo 4 su 10 sono pochini, però dai, aggiungici la mia avversione per le Z (Tiziana ne sa qualcosa 😛 ) e facciamo pari e patta 😉
P.S. ovviamente celo in luogo di ce l’ho è voluto allo scopo di riprodurre la tipica parlata da collezionatore di figurine 😉
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Ah, ho anche l’uso dell’accento con l’articolo indeterminativo maschile, cosa ho vinto? 😀
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Una bella grammatica, da imparare a memoria. 🙂
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Temo che la memoria non aiuti 😛
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A maggior ragione, così l’alleniamo.
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P.S. giusto poco fa avevo un dubbio e sono andato a controllare la coniugazione di apparire, e tu mi vieni a dire che l’italiano non è una lingua difficile? trovamela un’altra lingua in cui un verbo si può coniugare in tre modi diversi (apparì, apparve, apparse) 😛
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Non ti preoccupare, è tutta apparenza. 😛
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Che fa mi citi? 😉
In zia e zio non va la doppia z.
E la tua z nel nome? La z ci sta bene, anche Zorro la metteva.
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La maestra me l’avrà detto mille volte, ma niente, continua a scapparmi 😛
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Grilloz è lo Zorro bavarese… XD
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Sassone (almeno al momento) 😛
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Bavarese suonava meglio… 😛
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Perchè tu pensi al dolce 😛
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Passa la ricetta. 🙂
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Che fai, mi citi? *
Vedi, sotto interrogazione, m’ impappino.
Sempre, in tutti gli esami.
Che ansia!
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Mmh… per quanto riguarda le virgole, meglio se ti leggi questa lezione.
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Mmmhhh. .. una virgola può essere letale.
Oggi non ti sfugge una virgola.
Uffa!
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Certo che difronte tutto attaccato non si può proprio vedere però, mi fa male agli occhi! 🙂
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Purtuttavia è una forma accettata dal dizionario. Inoltre può essere utile in un contesto sintattico in cui la forma accorpata rende di più, cioè quanto hai l’esigenza di usare graficamente meno parole possibile. 😛
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Quando parli così, io proprio non ti capisco. 😉
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Tipo quando devi scrivere 100 parole per san Quintino e te ne cresce una? 😛
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Una cosa così, esatto. 🙂
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Che San Quintino ci perdoni. Ahahahah.
A chi è cresciuta una?
100 e sto…
P.s.= tutti in chiesa col prete, eh. 😁
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Ma il prete è daccordo?
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Ah, non lo so. Da me c’era rimasta solo la perpetua a pulire la chiesa.
Non chiedere a me.
Chiedi al prete di Grilloz se è d’accordo
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S’, proprio lui, don Daccordo 😀
(occhio quando sei raffreddato 😛 )
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Ah mannaggia!!! Manca “Apposto e a posto”!! Mi serviva proprio quello! Ci dovevo fare un quadretto e appenderlo in ufficio! 😀
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La prossima volta. 🙂
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Giusto! Un bel cartello apposto in ufficio 😀
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Secondo me eri tagliatissimo per fare il prof di italiano. Ti ci vedo troppo! Sei un dizionario vivente, ovviamente in classe femminile con divisa non troppo rigorosa.
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Ovviamente… 😛
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Nadia, non è ancora mezzanotte per fare gli scherzi.
Al pensiero di avere Salvatore come prof, mi faccio bocciare per andare in classe con un altro professore.
Ma lo senti quanto è precisino?
:p
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secondo me ha il suo tallone d’Achille e alla fine si unisce anche per fare casino con le alunne. Però in effetti è davvero troppo precisino, sai quante penne rosse avrebbe scaricato!!!!
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Il tallone d’Achille sono le belle fanciulle (anche quelle brutte, mica si butta niente). 😉
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Meno male che il tempo della fanciullezza è passato. 😀
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Stasera tutte brutte, certe streghe girano . 😛
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Boh, me lo immagino diversamente.
Lo vedo serio, come dovrebbe essere.
Quando insegni è diverso da quando scherzi con gli amici.
A volte mi sembra di sdoppiarmi nella stessa maniera.
Forse sono severa quanto lui, non lascio passare niente.
Lo stesso pretendo quando m’insegnano, vorrei essere corretta e che mi spiegassero motivando tutto.
La “caciara” è al di fuori dello studio.
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Bè la mia insegnante di letteratura nelle superiori era una donna eccentrica molto particolare, che rideva con il rossetto sui denti e faceva morire dal ridere tutte per la sua apparenza ma quando iniziava a leggere e spiegare dimenticavi avesse un aspetto fisico. Per me un insegnante bravo deve avere carisma e tanta autocontrollo, specie oggi dove di certo viene messo alla prova. Concordo sulla serietà, ma sai che bello se inaspettatamente nell’intervallo un prof intavola un bel dialogo contemporaneo snocciolando la sua materia ed apparendo più interessante?!
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Sono contenta perché molti errori segnalati non li ho fatti quasi mai, tuttavia “qual è” con l’apostrofo mi è capitato di farlo, poi ho letto un articolo tempo fa con gli errori grammaticali più comuni (era su Narcissus) e mi sono chiarita le idee…
bello adesso salvo il tuo post così in caso di dubbi ripasso le norme, non vorrei che il Prof mi desse un’insufficienza 😉
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Secondo me è un errore meno grave di altri, perché viene spontaneo eliderlo. 🙂
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Infondo come errore non l’ho mai trovato, finora, ma tutti gli altri sì, specialmente gli accenti sui verbi. Il “dasse” si sente spesso qui a Roma, assieme al “vadi”…
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Immagino. 🙂
A me è capitato qualche volta, non ricordo in quale contesto.
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L’unico errore che mi viene spontaneo tra questi è il qual’è, che più che confusione sulla natura deriva dagli insegnamenti elementari di un’altra epoca, come le d eufoniche del resto… 😛
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Anche questo è vero. Io ho impiegato un po’ a liberarmi della d eufonica. Oggi ci si muove nella direzione di uno stile più asciutto: dobbiamo essere tutti più snelli, pure le nostre scritture. 😛
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Mi sa che iniziamo a(d) appartenere a un’altra epoca 😛
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Ho creato un caos con questa d eufonica. :O
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Mi sempre stata più simpatica la d euforica
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Caos o caso, se ti va di anagrammare
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Oggi son secchiona, le sapevo tutte, tranne “accelerare”. 😀
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Allora non tutte… 😛
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Beh sempre meglio delle altre lezioni in cui navigavo nell’ignoranza totale! 😀
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Funzionano i mini-ripassi? 🙂
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Sono utilissimi! Me li riguardo spesso quando ho un dubbio.
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Al prossimo compito in classe mi fai copiare? 😉 XD
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