I possessivi

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Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

La volta scorsa abbiamo parlato dei pronomi allocutivi, adoperati in modo reverenziale per rivolgersi o richiamare l’attenzione di qualcuno. Oggi parleremo dei possessivi, pronomi e aggettivi, i quali indicano la persona a cui appartiene qualcosa o qualcuno. Vediamo quali sono:

MASCHILE FEMMINILE

1ª PERSONA

mio, miei mia, mie

2ª PERSONA

tuo, tuoi tua, tue

3ª PERSONA

suo, suoi

sua, sue

4ª PERSONA nostro, nostri

nostra, nostre

5ª PERSONA vostro, vostri

vostra, vostre

6ª PERSONA loro

loro

I possessivi sono sempre preceduti da articolo o preposizione articolata: «Quello è il mio libro!», «Ti serve una penna? Prendi pure la mia». Aggettivi possessivi e pronomi possessivi in italiano sono formalmente identici. Aggettivo possessivo: «la mia auto». Pronome possessivo: «Sei qui per tuo figlio? Anch’io sono venuto a prendere il mio» [Serianni]. Secondo Satta questi ultimi, però, non sono pronomi ma «aggettivi possessivi sostantivati, perché in sostanza il nome non è sostituito, ma sottinteso».

Che il possessore sia femmina o maschio, i possessivi di 3ª persona dipendono per genere e numero dal nome che li accompagna: «Giuseppe ama i suoi cani»; «Maria ama i suoi cani». Il possessivo invariabile di 6ª persona, invece, presuppone un possessore plurale: «Giuseppe e Maria amano i loro cani».

«Il termine “possessivo” si attaglia in verità solo a una piccola parte dei valori che queste forme possono esprimere».

Luca Serianni

Oltre al possesso, essi esprimono:

  • L’organo, la facoltà sensitiva o intellettuale di un certo individuo: «i tuoi piedi», «la vostra fantasia», «le mie intenzioni» [Serianni].
  • La relazione che si istituisce con un qualsiasi aspetto della realtà: «al mio arrivo», «il nostro paese», «la vostra età»; o esprimere un rapporto di subalternanza o di superiorità se riferito a una persona: «il generale e i suoi soldati», «il mio capufficio», ecc.
  • Una consuetudine: «Centellinavo attonito i miei due soldi di vino» [Saba].

Come ci ricordano Dardano e Trifone (La lingua italiana, Zanichelli 1985), l’aggettivo possessivo può avere valore sia soggettivo sia oggettivo: «Il tuo amore per le piante» (soggettivo), «per amor tuo» (oggettivo) [entrambi gli esempi di Dardano-Trifone]. Tuttavia, a parte alcune locuzioni cristallizzate tra cui quella appena citata nell’esempio dei due autori, il valore oggettivo è normalmente espresso dal pronome. Ad esempio: «la mia paura» ha sempre valore soggettivo e indica la paura che prova il soggetto; per indicare la paura che il soggetto incute, invece, si dirà: «la paura [che hai] di me».

Proprio

L’aggettivo possessivo proprio si adopera per accompagnare e quindi rafforzare un altro aggettivo possessivo: «egli aveva sofferto non del dolore di lei ma del suo proprio egoismo offeso» [D’Annunzio, Trionfo della morte]; ed occupa sempre una posizione posposta rispetto all’aggettivo possessivo che accompagna.

A condizione che si riferisca al soggetto della frase, proprio può anche sostituire gli aggettivi di terza e sesta persona (suo, sua, suoi, sue, loro): «vide il proprio figlio» [Serianni]. Nel Gattopardo però, Tomasi di Lampedusa, si trova un esempio di proprio adoperato con riferimento al complemento oggetto: «lasciò Bendicò affannato dal proprio dinamismo».

«È sempre consigliabile usare proprio invece di suo quando potrebbero sorgere equivoci».

Luca Serianni

Anche nel bellissimo saggio Prima lezione di grammatica il Serianni raccomanda di sostituire suo con proprio, per evitare equivoci attributivi: «Mario vide Carlo con sua moglie», sua in questo caso genera un equivoco: di chi è la moglie? Meglio: «Mario vide Carlo con la propria moglie». In questo caso non si hanno dubbi sul fatto che la moglie è di Mario.

Quando invece non si riferisce al soggetto, si può sostituire suo con di lui, di lei: «Mario vide Carlo con la di lui moglie». Tuttavia oggi si evita di far precedere di lui dall’articolo.

Infine, quando il soggetto è indefinito è più comune adoperare proprio che suo: «ognuno nel proprio appartamento ha una TV». Anche se ci sono esempi in senso contrario: «ognuno seguiva la sua strada» [Cassola]; a mio avviso è meglio evitare, genera sempre degli equivoci (la strada di chi?).

Collocamento

L’aggettivo possessivo in italiano può essere collocato prima o dopo il nome: «la mia auto», «l’auto mia»; ma c’è una differenza: dopo il nome rappresenta una scelta stilisticamente marcata. Questo fenomeno può essere sfruttato per creare una maggiore empatia («figli miei»), o per ricercare un sapore che sappia di locale: «nuora mia può dirlo, com’era dolce» [Deledda].

Si oscilla tra anteposizione e posposizione con Dio («Dio mio» / «mio Dio») e caro/cara («mia cara» / «cara mia»). Mentre nella prima non ci sono particolari sfumature, nel secondo costrutto si può individuare una connotazione ironica. Sempre posposto invece, raccomanda il Serianni, il possessivo con bello in espressioni ironiche o scherzose: «come se non ti conoscessi, bella mia» [Serianni].

Poi ci sono le locuzioni cristallizzate, in cui la posizione è stabilmente fissata: anteposta «di tua iniziativa», «a vostro agio», «a suo dire», «a nostro giudizio», «di mia mano», «in loro potere»; o posposta «pace all’anima sua», «sa il fatto suo», «a casa tua», «è colpa loro», «bontà sua», «in cuor mio», «da par suo».

Usi particolari

Gli aggettivi delle prime tre persone, specie femminili, possono essere adoperati per indicare un possesso carnale: «Genoveffa era stata sua per una notte sola, ma che notte!», «Fu mia da allora, fu mia, mia, mia soltanto, dalla tua nascita alla sua morte, per tre anni, mia, come nessuna donna fu mai d’un uomo» [Pirandello].

La chiusa di una lettera presenta spesso assieme la firma anche l’aggettivo possessivo: «Caro Bonghi, vi raccomando caldamente l’individuo qui indicato, e vi sarò riconoscentissimo del bene che gli potete fare, e che sarà meritatissimamente fatto. / Il Vostro / Manzoni». [A. Manzoni].

È normalmente omesso invece quando il riferimento appare ovvio: «ho lasciato [la mia] auto in doppia fila» [Serianni].

«L’omissione del possessivo diventa obbligatoria – e non solo possibile – quando il verbo reggente include un pronome intensivo».

Luca Serianni

Come dicevamo all’inizio, spesso i pronomi possessivi si usano con valore sostantivale. Al maschile singolare può indicare:

  • L’avere, il denaro, le proprietà: «spendo del mio» [De marchi, Demetrio Pianelli].
  • Preceduto dalla preposizione di può valere da me, da te, ecc.: «Sono alta di mio, non ho bisogno di mettere i tacchi» [Cassola, La ragazza di Bube].
  • Del nostro, nell’uso letterario, indica l’autore o il personaggio di cui si sta parlando: «a chi abbia letto le rime del nostro» [Carducci].

Al maschile plurale:

  • I familiari, in particolare i genitori: «I miei sono sempre in viaggio».
  • I compagni di partito, i commilitoni, i compatrioti: «arrivano i nostri!».

Al femminile singolare:

  • Una lettera o missiva: «come di dissi nell’altra mia» [De Roberto].
  • Una opinione o idea: «avevo rimuginato queste cose ma non sapevo come dirgli la mia» [Pavese, La luna e i falò].
  • La salute: «Alla tua!», brindò lui. «Alla nostra», gli rispose l’altro.
  • Preceduto dalla preposizione dalla e retto da un verbo come essere, trovarsi, schierarsi, militare sottintende parte: «se potessi tirar dalla mia i miei frati di qui» [Manzoni].

Al femminile plurale:

  • Indica birichinate, battute di spirito, ecc.: «ne combinerà qualcuna delle sue».
  • Col pronome di 3ª: «sta sempre sulle sue».

Tal volta il pronome, come già detto in altre occasioni, anticipa un sostantivo che compare solo più tardi, come nome del predicato: «può darsi che la mia fosse solo una frase» [Landolfi]. Marcato è l’uso stilistico, come inciso, di posposizione del possessivo al predicato: «Prendiamo Stendhal. È un caso, il suo, di precocità ritardata al possibile» [Sciascia].

Conclusioni

Che dire: questa volta ce l’ho davvero messa tutta a suscitare in voi, cari follower, il peggiore tra i mal di testa. Spero non me ne vogliate troppo. A presto.

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Note

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 2006

Luca Serianni, Prima lezione di grammatica, Laterza 2006

Maurizio Dardano – Pietro Trifone, La lingua italiana, Zanichelli 1985

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36 Comments on “I possessivi”

      • Capisco. L’avevo incluso meccanicamente nella lista pensando all’esempio “le cose altrui”, dove si comporta esattamente come un aggettivo; per altro l’avevo imparato come possessivo alle elementari. Mi sa che la cosa si spiega con la difficoltà di classificare certi elementi della lingua all’atto pratico, tanto che libri di grammatica diversi talvolta si contraddicono.

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        • Forse ricordi male, “altrui” non può essere un possessivo. È un pronome/aggettivo indefinito sempre tranne in un caso, in cui si comporta da dimostrativo. Almeno, a quanto ne so… Magari ricordo male pure io. Controllerò.

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                    • Sì, è vero. Ad esempio ricordo di aver letto in un suo saggio che è uno dei pochi grammatici a battersi per la formula “sé stesso” scritto con l’accento. Formula che io, ad esempio, non condivido.

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                    • Confermo che, nella sua grammatica, il Serianni non mette “altrui” tra gli aggettivi possessivi, ma tra gli indefiniti singolativi. Ho dato un’occhiata anche in giro e pare essere l’unico (tra quelli che ho consultato) a fare questa scelta. Forse è motivato da una sottigliezza linguistica (perché il Serianni è tutt’altro che uno sprovveduto) che non riesco immediatamente a identificare. Tra quelli che ho consultato, alcuni trattano “proprio” e “altrui” come pronomi/aggettivi possessivi a parte, cioè non li fanno rientrare nella tabella dei possessivi, ma comunque li indicano. Boh… di più non saprei dire.

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                    • Appunto, come immaginavo: scuole di pensiero. In ogni caso è interessante mettere a confronto le singole grammatiche, si scoprono cose interessanti; alla fine, però, mi sa che vale per noi quello che il prof. di Letteratura Latina dice degli Antichi: “Se potessimo chiedere a Virgilio perché in quel verso ha usato l’ut più congiuntivo, non saprebbe rispondere, direbbe che si fa così e basta”.

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  1. Perchè mal di testa? In fondo il pronome possessivo è il primo pronome che imparano i bambini, prima dei verbi, prima della maggior parte dei sostantivi, per non parlare degli aggettivi, curioso, no? 😛
    Perchè però scrivi “casi follower”? Capisco che molti tuoi follower siano casi (a partire dal sottoscritto – anzi sopra, visto che wordpress mette la firme sopra il commento) ma mica tutti 😛

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  3. Anch’io passato indenne senza mal di testa. 🙂
    Anzi, per dimostrarti che non facciamo solo finta di stare attenti… Scusi prof. posso fare una domanda? Non mi torna questo:
    “«Mario vide Carlo con la di lui moglie». Tuttavia oggi si evita di far precedere di lui dall’articolo.”
    Cioè si potrebbe trovare scritto “Mario vide Carlo con di lui moglie”? O forse il Serianni voleva intendere “Mario vide Carlo con la moglie di lui”?

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  4. Sì, i possessivi ok. Però, guarda, le possessivi sono anche peggio. Ce n’era una che mi teneva per mano, me la stritolava pur di far capire alle altre che le appartenevo, girate alla larga da quest’uomo. E poi, guarda, il peggio è quando una possessiva entra in un negozio di scarpe, diventa una posseduta. Il peggio del peggio. In confronti i possessivi sono acqua di rose.

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