Intellighenzia e pregiudizi

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Quando il pregiudizio è sinonimo di buona coscienza

Nei primi decenni dell’Ottocento un medico e antropologo americano, Samuel George Morton, è interessato a indagare una teoria definita: poligenetica. Egli cioè si domanda se l’umanità possa essere considerata parte di un’unica specie, o se sia invece costituita da più “atti creativi”. Per rispondere decide di riempire centinai di crani di diversa provenienza – caucasici, mongoli, etiopi, nativi americani, eccetera – con dei semini, così da misurarne scientificamente il volume. I dati raccolti parrebbero avvalorare la tesi iniziale, cioè che ci siano delle differenze anatomiche legate alla provenienza del cranio. Morton e buona parte dell’intellighenzia del suo tempo concordano nell’interpretare questi dati in chiave, come oggi la definiremmo, razziale.

Stephen Jay Gould, uno dei biologi evoluzionisti più influenti del suo secolo, negli anni ottanta del Novecento dedica all’argomento un lungo articolo su Scienze e una buona porzione del libro: The Mismeasure of Man. Nel suo libro accusa Morton di avere inconsciamente manipolato i dati raccolti, premendo bene i semini al suo interno quando per le mani aveva un cranio caucasico, o andando con mano leggera quando si trattava di riempire un cranio negroide. In fondo è facile da immaginare, non pare anche a voi? Cosa faremmo inconsciamente pur di avvalorare la nostra tesi? «Le aspettative sono una potente guida all’azione», dice Gould.

Nel 2011, a trent’anni di distanza, una equipe di antropologi della Stanford University, guidata da Jason E. Lewis, ripete passo passo il lavoro di Morton sfruttando la sua collezione ottocentesca di crani conservata all’Università della Pennsylvania. Per quanto incredibile possa sembrare, i dati raccolti dai ricercatori americani sottolineano l’autenticità del lavoro di Morton. Il quale, se ha commesso qualche errore, comunque trascurabile, lo ha fatto anzi e sempre a favore dei crani di provenienza negroide. A dispetto dei sospetti, Morton non è mai stato vittima dei propri, se ne ha avuti, pregiudizi.

«La potenza della scrittura di Gould – scrive su Italianieuropei (8.2011 pp. 73-78) Anna Meldolesi – e le sue ammirevoli motivazioni antirazziste hanno contribuito a ritardare lo scrutinio dei fatti? È possibile ed è un peccato».

Oggi sappiamo che la dimensione e la capienza di un cranio, ma vale anche per altre parti anatomiche, dipendono da molte variabili, tra cui l’altezza, il clima, il genere sessuale… Tuttavia ci sono voluti trent’anni per verificare che le misurazioni di Morton fossero o meno corrette, trent’anni per dare ragione o smentire la versione verosimile ma mai provata di Gould. Il quale, va detto, s’è ben guardato da riprodurre in laboratorio l’esperimento del collega. Oggi noi sappiamo che l’umanità non è distinguibile in razze, che la diversa capienza di un cranio, o altre parti anatomiche, hanno ragioni biologiche; ma sappiamo anche che Morton, pur imboccando un vicolo cieco, non si è fatto prendere la mano dai pregiudizi: diversamente da Gould che, pur mosso da buona coscienza, se n’è invece reso colpevole.

“Chi accusava l’avversario di pregiudizi ne era a sua volta vittima”

Probabilmente anche Morton era spinto da una visione preconcetta della realtà, altrimenti perché sprecare il suo tempo riempiendo di semini crani di perfetti sconosciuti? A un secolo e mezzo di distanza ci pare quasi ancora di udire il sospiro di sollievo dei papaveri ottocenteschi, nel momento in cui prendono visione del lavoro dell’esimio naturalista. In fondo è facile da immaginare, no? Forse anche il nostro è un pregiudizio…

La morale di questa storia, se c’è, è che tutti pensano di avere ragione; ciascuno ritiene di agire in buona fede e per il bene ultimo ma, che questo sia vero o meno, tutti siamo inevitabilmente vittime dei nostri pregiudizi: che lo si voglia ammettere o meno. Ma cos’è un pregiudizio?

Il mondo è mosso dalle idee, almeno quello umano. La realtà che ci circonda, ci insegnano i maestri postmoderni, è il frutto di un punto di vista. Cambiando il punto di vista, cambia la realtà. Tutto è relativo, tutto è liquido. Un pregiudizio è l’esatto opposto: è un sasso in mezzo al fiume, un monolite sulla piana delle nostre incertezze, un dogma sul dorso delle nostre paure.

Quando guardiamo il mondo, ciò che i nostri occhi vedono è filtrato da decenni di convinzioni personali, da prevenzioni generali generate da esperienze più o meno negative. Senza una vera e diretta conoscenza dei fatti, delle persone, delle cose resteremo sempre vittime del nostro personale labirinto. Uscirne è difficoltoso.

Il nostro filo di lana è il confronto, l’indagine, la lettura. I libri, le storie che essi raccontano, anche i peggiori, sono un mezzo per indagare la realtà. Ammesso che gli stessi scrittori siano a loro volta privi di pregiudizi…

27 Comments on “Intellighenzia e pregiudizi”

  1. La storia è piena di pregiudizi diventati pilastri. Anche solo i nomi con cui ci si rivolge alle parti della nostra Italia, o caratterizzazioni all’estero del nostro bel paese con “pizza, pasta e mandolino”. Siamo vittime ed artefici in un cerchio chiuso dove piangiamo per quello che abbiamo combinato.
    E no gli scrittori non riescono ad essere obbiettivi e privi di pregiudizio. Sono umani quindi imperfetti.
    Bellissimo che tu abbia scovato questi misuratori di crani!Misurando il mio avrebbero trovato che non appartengo a nulla…specie aliena.

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    • Qui la faccenda però è ancora più complicata: chi accusa il proprio avversario di essere vittima di pregiudizi, lo è a sua volta. È forse una differenza sottile, ma c’è. Non sempre chi pensiamo sia pieno di pregiudizi lo è realmente e spesso lo siamo invece proprio noi. Per essere buoni scrittori bisogna fare ecologia di questi cattivi pensieri.

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  2. “Nella mitologia antica le chimere erano mostri composti di parti di animali differenti. In origine la Chimera aveva la testa di un leone, il corpo di una capra e la coda di un serpente. Alcune chimere erano in parte umane, come la Sfinge egizia, con il corpo di un leone, le ali di un uccello e la testa di una donna.
    Ma le vere chimere – ovvero le persone con due sequenze di DNA – erano state scoperte solo di recente. Una donna in attesa di un trapianto di rene aveva fatto sottoporre a dei test i suoi figli come possibili donatori, per poi scoprire che non avevano il suo DNA. Le era stato detto che i bambini non erano figli suoi e le avevano chiesto di provare di averli effettivamente partoriti. Ne era seguita una causa legale. Dopo studi approfonditi, i medici avevano constatato che il suo corpo possedeva due diverse sequenze di DNA. Le cellule della pelle del suo addome avevano il DNA dei suoi figli. La pelle delle sue spalle, no. Era un mosaico. In ogni organo del corpo.
    Si scoprì che, originariamente, la donna faceva parte di una coppia di gemelli, ma nella prima fase dello sviluppo l’embrione di sua sorella si era fuso con il suo. Perciò lei era allo stesso tempo sé stessa e la sua sorella gemella. Erano già state scoperte più di cinquanta chimere. Ora gli scienziati sospettavano che il chimerismo non fosse così raro come avevano creduto.”

    Brano tratto da NEXT, di Michael Crichton.

    Un modo come un altro per dire che la realtà forse è più complicata di come sembra.
    E che ogni scienziato dovrebbe sempre approfondire e confrontarsi …
    😀

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    • La realtà è certamente più complicata di come la immaginiamo, ma non sono solo gli scienziati a doverne far tesoro: gli scrittori soprattutto devono cercare di osservarla con gli occhi puri di un bambino.

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  3. Come giustamente tu dici Il nostro filo di lana è il confronto, l’indagine, la lettura, ma il filo di lana è inutile se non abbiamo intenzione di percorrerlo, ovvero se non siamo disposti e pronti a cambiare idea. Quanti lo sono davvero?

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    • Diffidare di situazioni che in passato sono state causa di sofferenza è un buon modo per limitare la propria esistenza. In fondo è statisticamente provato che l’aereo in cui viaggi può cadere una sola volta…

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  4. PREGIUDIZIO giudizio dato prima, prima di conoscere sul serio la faccenda in questione. Punto. Insomma qualcosa di negativo. Ho i miei come tutti. Non ne faccio una bandiera e non sono tantissimi. Giusto ieri in un contesto di multi level marketing che detesto mi è stato detto: “sai tu stai aprendo la porta, non guardare dalla fessura, entra e poi potrai giudicare.” Giusto, fino a un certo punto, nel senso, una fessura è già molto rispetto a una porta chiusa, e se quel poco che ho intravisto non mi è parso appetibile, be’ eviterò di andare oltre. Giusto non giudicare se privi di elementi, magari però possiamo farlo anche se di elementi ne abbiamo in mano pochi. Perché? Perché non abbiamo tutto il tempo che vorremmo per approfondire tutto ed entrare in ogni stanza. Così vivo io. Perché quella fessura mostra il biglietto da visita, e il proprietario della stanza deve dare il meglio se da lì dipende il proseguimento della scoperta. Nessuno mette il wc all’ingresso.

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  5. Il pregiudizio è insito nel pensiero stesso. Perché, come dice Daniele, sono le nostre esperienze, tanto più se negative, a metterci in guardia e a prestarci dei giudizi preconfezionati da noi stessi.
    Questo però avviene, a mio (pre)giudizio, dal fatto che mettiamo noi stessi al centro. Le nostre esperienze, per quanto numerose, sono esempi statisticamente insignificanti. Il superamento del pregiudizio può essere tentato solo spostando l’attenzione dal nostro punto di vista per guardare il mondo da n altri punti di vista. Che, come dici tu, è quello che tentiamo (o che dovremmo tentare) di fare quando scriviamo.

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  6. Sai che questo post sembra quasi la prefazione dell’articolo che sto preparando per domani? 😀 Penso che lo suggerirò nelle postille, visto che il pezzo è già scritto e l’ inserimento last-minute di un link risulterebbe un po’ posticcio…
    Parlerò di come lo scrittore debba abbandonare il giudizio nei confronti dei propri personaggi e diventare una sorta di “testimone compassionevole”. Stavolta, però, il postmoderno entra in punta di piedi: mi focalizzo di più sulle filosofie orientali. In futuro, chissà che non decida di far seguire altre puntate. Magari, a quattro mani. 😉

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  7. I pregiudizi sono terribili, ci mettono i paraocchi (io stessa che faccio tanto la democratica, spesso mi rendo conto che ne sono vittima). Quando vedo un musulmano penso sempre possa essere un integralista, tanto per dirne una. Forse bisogna sempre mettersi nei panni dell’altro e ricordarsi che anche noi italiani siamo visti all’estero come “pizza, mafia e mandolino” e pensare a quanto questo ci ferisca…

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    • Ma anche il mussulmano che incontri per strada può essere a sua volta vittima di pregiudizi nei nostri confronti, non bisogna fare l’errore di colpevolizzarsi a priori. Il cattolicesimo ce lo siamo ormai scrollato di dosso direi. 🙂

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  8. Misuravano lo spazio all’interno del cranio. Perchè stavano già sottintendendo che maggior spazio = maggior cervello = maggior intelligenza. Magari quel cranio era più grosso perchè aveva contenuto un tumore e quello più piccolo aveva invece maggior volume di materia grigia. Quindi, le dimensioni non contano, l’importante è come lo usi.
    …dov’è che l’ho già sentita questa??!

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  9. C’è anche da dire che certi pregiudizi li ereditiamo, dall’ambiente famigliare, da quello di lavoro, dalla società in cui ci muoviamo. Ecco perchè muoversi, viaggiare, fisicamente o tra le pagine dei libri, dovrebbe essere insegnato come diritto civile. 🙂

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    • Tuttavia vale la pena sottolineare che nel termine cultura gli antropologi fanno rientrare la tradizione, gli usi e costumi, ecc. vale a dire quel sostrato in cui bazzicano proprio i pregiudizi.

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  10. Molto bello e molto vero questo post.
    Come forse ho già raccontato altrove, la prova di quanto radicati siano i pregiudizi in tutti l’ho avuta l’anno scorso.
    Un ragazzino ha chiamato un altro, in senso offensivo “zingaro”. Quando l’ho ripreso una compagna, una delle prime della classe, ha alzato la mano dicendo che non si può offendere qualcuno dicendo che è uno “zingaro”, del resto lei è sinti. Tutti, ammetto, me compresa, ci siamo girati a guardala per almeno tre secondi. Perché comunque il pregiudizio c’è. Poi ti fa piacere vedere che è davvero del tutto infondato ed è stato bellissimo improvvisare una lezione sulle tradizioni sinti. Però anch’io mi sono accorta che non avrei mai associato la parola “zingaro” a quella particolare alunna (con buona pace per chi mi diceva “ah, ma se sono zingari si vede”).

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    • Grazie, Antonella. Sì, spesso nemmeno ce ne accorgiamo di quanto radicati siano i nostri pregiudizi. Facciamo grandi danni pensando di fare del bene. C’è da rivedere in toto la cultura occidentale.

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  11. Non ho la testa in questo momento per ragionare sui pregiudizi miei e del mondo.
    Però quando si parla di pregiudizi mi viene in mente il film Gran Torino, di Clint Eastwood.
    Chi segue l’attore regista sa che lui è un ultra conservatore americano. Uno che ritiene che il fucile debba sempre stare in mano pronto a sparare al primo intruso.
    Eppure Eastwood in questo film mette in gioco se stesso con tutti i suoi pesanti pregiudizi. Quasi si sfida impersonando il suo protagonista.
    Il risultato di questo confronto è un film dalla poetica straordinaria. Dove il senso della morte, della fede, del mondo che cambia, del senso di colpa, si concentra tutto nel trovare un nuovo posto nel mondo. Il proprio di posto. E la contrapposizione al pregiudizio iniziale del protagonista, al pregiudizio che come un cane ringhia fra le sue labbra, si trasforma in amore per il prossimo e sacrificio estremo.
    Ecco, a chi soffre parecchio di pregiudizi io prescriverei la visione di questo semplice eppure grandioso film. E lo consiglio pure a chi vuole scendere nelle profondità dei dubbi della vita e cerca anch’esso un suo posto nel mondo.

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    • Ricordo quel film, non è tra i miei preferiti. Mi era parso un po’ banalotto. Naturalmente perché l’ho guardato con occhi europei. Per un americano ultra conservatore l’effetto probabilmente dev’essere quello descritto da te. 🙂

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        • Per me sì… ma dipende molto dal tema. Ad esempio ho trovato Million dollar baby uno dei migliori film di sempre. C’è tutto quello che mi aspetto da una storia: il tema della rivincita (da ragazza povera a campionessa di pugilato), il tema sociale (l’eutanasia), la poetica, l’ironia e una capacità di raccontare davvero inarrivabile. Insomma, fantastico.

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