glianni80

Diario di un romanzo

*** Questo articolo è tratto dai miei appunti di “viaggio” sul romanzo in stesura. ***

Il concetto di viaggio, ci tengo a sottolinearlo, se associato alla figura del romanziere e alla stesura di un romanzo solo raramente riguarda una vera e propria escursione. In quel caso, di norma, si tratta di libri che hanno la forma dei diari di viaggio o guide turistiche. In tutti gli altri casi il viaggio è un volo pindarico alla scoperta del nucleo fondamentale di una storia, della sua vera essenza. Gli appunti che seguono sono molliche lungo il percorso.

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Anni di plastica dominati dalla cultura dell’immagine, dal consumo di massa, dal mito dell’arricchimento facile, dalla televisione, dall’individualismo e dalla voluttà: come sono stati gli anni Ottanta?

Quando comincia e finisce un decennio? 

Al di là del dato meramente cronologico (il primo giorno del primo mese del primo anno, e gli ultimi tre dei campi citati), è quasi sempre impossibile definirlo con esattezza. Un decennio così fortemente connotato come lo sono stati gli anni “rampanti” difficilmente comincia con il primo giorno del primo anno; il dato simbolico inoltre cambia da Paese a Paese, o se si preferisce, da società a società. Non è però il caso degli anni ’80, decennio che ha una data di inizio e una di fine precise. Secondo Marco Gervasoni essi iniziano, in Italia, con la marcia dei 40.000, in Inghilterra e in America con l’ascesa della Thatcher e di Reagan; e terminano con la caduta del Muro di Berlino: «due momenti, entrambi politici, che incorniciano anni caratterizzati da attitudini impolitiche e antipolitiche».

Quando ci si accorgere di vivere un determinato periodo storico?

A questa domanda c’è una sola risposta: a posteriori. Di norma si definisce l’identità di un periodo quando i fatti salienti che vi sono avvenuti vengono storicizzati; cioè quando i «pensatori» (storici, filosofi, sociologi, eccetera) ne definiscono l’anima desumendola dai fatti accaduti e dalle reazioni a essi. Di nuovo non è il caso degli anni ottanta: «[…] i contemporanei erano consci di vivere in un periodo nuovo e diverso rispetto al passato».

Non solo ne erano consci, ma già nel loro scorrere i contemporanei si ponevano delle domande circa gli anni che stavano vivendo, e le risposte che hanno via via trovato li hanno raggruppati in due archetipi ben definiti: gli «apocalittici» e gli «integrati».

Il giudizio dei contemporanei

Per alcuni gli anni ottanta sono stati la fine del mondo civile, un periodo terribile caratterizzato «dalla caduta dei valori» e dal «crollo delle grandi tensioni collettive», con due dominanti: egoismo e cinismo. Per altri sono stati anni esaltanti, di grandi riforme, grandi opportunità, dominati dalla fine degli scontri ideologici e dall’affermazione di nuovi soggetti economici.

Interpreti nel bene e nel male di queste due letture sono stati: da un lato il PCI, con Enrico Berlinguer che nel XVI Congresso Nazionale del Partito (1983) ne diede appunto una lettura apocalittica, e la Chiesa Cattolica, il cui linguaggio, preoccupato, aveva toni simili a quelli adoperati dalla sinistra; dall’altro, in particolare con l’avvento di Bettino Craxi, fu soprattutto il PSI a farsi interprete «dello spirito del nuovo decennio». Tuttavia, per riabilitare l’immagine degli anni ottanta bisognerà attendere (1997) le parole di Umberto Eco, secondo il quale essi furono: anni «grandiosi».

«[…] per chi ha avuto il primo grande amore nel 1943, quegli anni di sangue sono stati splendidi ed eccitanti», dice Umberto Eco sottolineando il senso storico dell’umore umano. Tuttavia, noi che degli anni ottanta vediamo solo «lo yuppismo rampante», «le sue mode caduche» possiamo non renderci conto di quanto fondamentale siano stati questi anni? Se non ora, «tra cinquant’anni vedremo questo decennio come uno dei più importanti del secolo, quello in cui (traumaticamente, certo, ma in modo irreversibile) si sciolgono i grandi nodi che ci avevano agghiacciato o affascinato dalla fine della prima guerra mondiale, dalle grandi utopie totalitarie alla guerra fredda. Inizia la dissoluzione dei grandi imperi, l’Europa si avvia a cambiare la sua geografia politica, sia pure tra immense contraddizioni vengono ufficialmente accettate molte minoranze, i partiti che avevano dominato la scena politica iniziano a interrogarsi sulla loro identità, si ristruttura la divisione classica tra destra e sinistra […], sorgono nuove aggregazioni trasversali, dall’ecologia al volontariato. Inizia in quel decennio e in modo massiccio la grande migrazione del Terzo mondo verso il mondo del benessere e si hanno i prodromi (non certo pacifici) della trasformazione etnica dell’Europa. Il crollo del muro di Berlino è l’evento ormai puramente simbolico che corona un decennio di trasformazioni epocali. E per finire, piaccia o non piaccia, è all’inizio del decennio che prende il via una rivoluzione immensa di cui stiamo appena intuendo la portata per il futuro: entra in scena il personal computer.

Si può liquidare con un sorriso di commiserazione un decennio così cruciale, forse veramente quello in cui si è passati dal XX al XXI secolo?».

Umberto Eco, Gli anni Ottanta sono stati grandiosi, Ivi p. 90-91

Benché negli anni novanta la lettura negativa del decennio precedente sia stata soverchiante, in particolare a causa della reale o apparente continuità politica di Silvio Berlusconi con Bettino Craxi, a posteriori se si riguarda a quel periodo sono soprattutto le sensazioni di nostalgia a prevalere: per i prodotti della cultura di massa, la musica, i video, i cartoni animati, i film, gli spot pubblicitari; nostalgia che trova riscontro nei numerosi siti e contributi web dedicati alla cultura di allora. Moda a parte, per la quale si possono solo guardare con ribrezzo, gli anni rampanti sono stati un decennio fortemente caratterizzato, a causa del quale si possono solo amare o odiare.

«Con l’inizio del XXI secolo, il decennio ottanta cominciò a essere studiato da un punto di vista storico […]. Nella storiografia sembra però a tutt’oggi prevalente la damnatio memoriae: a parte qualche concessione marginale, gli anni ottanta sono ancora in gran parte valutati con le parole degli apocalittici. Faticano invece a uscire da un pubblico limitato agli addetti ai lavori gli studi che rendono maggiore giustizia ai protagonisti di allora».

Marco Gervasoni, Storia d’Italia degli anni ottanta, Marsilio – 2010

Lo spirito degli anni ’80

La ricerca della libertà individuale, il perseguimento della soddisfazione personale e la realizzazione professionale nel caso degli anni ottanta non sono pulsioni limitate al mero guadagno monetario o circostanziate all’esclusivo ambito lavorativo. C’è in questo decennio (e si avvertirà con ancora maggiore forza negli anni successivi l’inizio del nuovo millennio) un bisogno di scoperta introspettiva. L’uomo di quegli anni si interroga circa la propria identità, ma è al di fuori di sé che cerca le risposte: vi è un generale arricchimento non solo economico, ma soprattutto rivolto «ad acquisire esperienze, intraprendere nuovi percorsi e orizzonti».

In un Paese in cui a causa della cultura cattolica e comunista il guadagno era un «peccato da espiare», il vento del rinnovamento in Italia soffia con maggiore forza che altrove. L’uomo nuovo, per la prima volta, è fiero di essere un prodotto dell’edonismo di massa, un ingranaggio nel meccanismo del consumo, e ne fa propria l’identità commerciale: individualisti orgogliosi in una massa di affamati consumatori. E non se ne vergogna, anzi attribuisce alla ricerca del piacere sensoriale un peso preponderante.

A farsi carico dell’interpretazione dello spirito del decennio, in America, sono i romanzi di Jay McInerney (Le mille luci di New York), di Tom Wolfe (Il falò delle vanità) e di Brett Easton Ellis (American Psycho). In Italia la letteratura alta, con l’eccezione di Pier Vittorio Tondelli, Aldo Busi e Andrea De Carlo che vi accennano solamente, «non riuscì a rappresentare lo spirito di questo decennio con la stessa forza». Secondo Gervasoni, il romanzo italiano «parlò assai poco di quegli anni, se non per considerarli spiritualmente poveri, meschini, infelici».

È soprattutto il cinema a rendere giustizia a questo decennio, rappresentandolo così com’era: in Italia attraverso i film di Federico Fellini (La nave va e Ginger e Fred) e di Nanni Moretti. Tuttavia, da un punto di vista storico-sociale, sono soprattutto i film dei fratelli Vanzina ad avere un valore maggiore: Sapore di mare e Vacanze di Natale, Sotto il vestito niente, Vacanze in America, Eccezzziunale… veramente sono tutti perfette icone di quel decennio; in particolare I fichissimi (1981) sembra non solo il manifesto artistico dei Vanzina, ma di tutto il nuovo decennio che era cominciato solo l’anno prima con la marcia dei quarantamila (16 ottobre 1980).

Nota: negli anni ottanta cambia la percezione del tempo, stabile dalla 
fine dell’Ottocento, che diventa rapidissima. L’uomo nuovo esperisce un 
tempo più contratto, impara a muoversi con rapidità e pretende che le 
risposte alle proprie azioni siano altrettanto repentine. Nel romanzo è 
quindi importante fornire la stessa esperienza sensoriale che l’uomo di 
quegli anni ha con il tempo: contraendolo da un lato, esacerbandolo 
dall’altro.

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Note

Marco Gervasoni, Storia d’Italia degli anni ottanta, Marsilio – 2010

Umberto Eco, La bustina di Minerva, Bompiani – 2000

Umberto Eco, Apocalittici e integrati, Bompiani – 2016

Roberto Nardo, Il mio primo Dizionario degli anni ’80, BeccoGiallo – 2014

150 Comments on “Lo spirito degli anni ‘80”

  1. Che scrittore pigro che sei, a viaggiare solo sui libri 😛

    Negli anni ’80 ero probabilmente troppo giovane per capirli, penso di averli più assorbiti, se così si può dire.
    Credo che per capire un’epoca si debba guardare cosa ha prodotto, cosa ha sasciato ai posteri, la musicassetta, il walkmen, il gel per i capelli, il giubbotto Monclaire, Madonna, Tom Cruise, Top Gun, il Drive in, i paninari…
    E poi certo, Regan che parla davanti alla porta di Brandeburgo: “Mr Gorbachov, open this door”, la perestroika, e le stragi di mafia in Italia, la pittura di Keith Haring.
    Come avrebbero potuto gli intellettuali italiani capirli? Come avrebbero potuto scrivere degli anni più pop che si siano visti i letterati che hanno sempre odiato la cultura pop?
    Forse il romanzo che più li rappresenta (non l’ho letto, forse dovrei recuperare) è “tre metri sopra il cielo” , che infatti è stato tenuto nascosto per anni fino a farlo diventare un’icona degli anni 2000.

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    • No, quel romanzo è già una cosa diversa, parla di tempi nuovi, di idee nuove. Gli anni ottanta sono da un certo punto di vista più semplici, perfino troppo semplici. Forse è proprio questo che gli intellettuali non riescono a comprendere: loro cercano sempre qualcosa di contorto. Ma non c’è nulla di più lineare degli anni ottanta, che, per intenderci, secondo me sono stati magnifici, anche nella loro bruttezza. Brutti erano brutti, ma belli. 🙂

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    • In un certo senso, se gli anni ottanta fossero oggi credo che li sapremmo “portare” meglio, proprio perché nel frattempo abbiamo maturato gli anticorpi.

      P.S. bellissime quelle adidas retrò… 🙂

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      • Se gli anni ’80 fossero adesso sarebbero gli anni ’10 😛 non funzionerebbero allo stesso modo e noi saremmo già troppo vecchi per apprezzarli 😀

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      • Sono una nostalgica, ma mi ricordo quasi tutto di quegli anni. Non credo sia un caso, gli anni successivi non mi hanno lasciato lo stesso.
        Mi ricordo la moda vedendo i miei fratelli maggiori quando uscivano con gli amici, le espradillas di noi 4 fratelli. E poi la musica di Madonna, Michael Jackson è i dischi (45 giri) che riportava mio fratello , barista in un discoteca , dopo che usciva un’altro cantante ed oramai non lo mettevano più.
        I gelati folcloristici visivamente ( croccante,fior di fragola, non mi ricordo i nomi😁). I gettoni telefonici in tasca. I film alla “Top gun”. Drive in.Mila e shiro, Holly e Benji pomeridiano (per me :p)
        . Reagan- Gorbaciov, il muro di Berlino.
        Meravigliosamente brutti…e indimenticabili.

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        • Le espradillas… mio dio, come odiavo quelle scarpe di tela e fibre vegetali con la suola di gomma. Mi facevano malissimo ai piedi, ma le volevo indossare a tutti i costi perché erano colorate e d’estate le portavano tutti! Hai ragione: meravigliosamente brutti! 😉

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          • Fastidiosissime, ma negli anni 80 era obbligatorio seguire la moda. (Victim fashion).Ora proprio no, mi vesto come mi gira.
            Per tua gioia , mi dicono le signore che seguono la moda, io ne sono immune, che sono tornate di moda.(oltre ai vestiti a righe larghe stile marinero o direi alla”vestivamo alla marinara”della signora Agnelli.L’orologio a polsino del signor Agnelli era negli anni 80? Se le compri (le espradillas) esigo una foto via messaggio.
            Già sto morendo dal ridere 😂😂😂

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  2. Cosa resterà di questi anni ’80:
    Anni come giorni volati via
    brevi fotogrammi o treni in galleria
    è un effetto serra che scioglie la felicità
    delle nostre voglie e dei nostri jeans che cosa resterà.
    Di questi anni maledetti dentro gli occhi tuoi
    anni bucati e distratti noi vittime di noi
    ora però ci costa il non amarsi più
    è un dolore nascosto giù nell´anima.
    Cosa resterà di questi Anni Ottanta
    afferrati già scivolati via…
    …e la radio canta una verità dentro una bugia.
    Anni ballando, ballando Reagan-Gorbaciov
    danza la fame nel mondo un tragico rondò.
    Noi siamo sempre più soli singole metà
    anni sui libri di scuola e poi a cosa servirà.
    Anni di amori violenti litigando per le vie
    sempre pronti io e te a nuove geometrie
    anni vuoti come lattine abbandonate là
    ora che siamo alla fine di questa eternità…
    …chi la scatterà la fotografia…
    …”Won´t you break my heart?”…
    …Anni rampanti dei miti sorridenti da wind-surf
    sono già diventati graffiti ed ognuno pensa a sé
    forse domani a quest´ora non sarò esistito mai
    e i sentimenti che senti se ne andranno come spray.
    Uh! No, no, no, no…
    Anni veri di pubblicità, ma che cosa resterà
    anni allegri e depressi di follia e lucidità
    sembran già degli Anni Ottanta
    per noi quasi ottanta anni fa…

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  3. Sempre interessanti questi post sociologici, che mi servono da ripassino di quanto studiato all’università, visto che adesso i miei studi vertono di più sugli anni zero. Il tuo articolo, come la madeleine di Proust, mi ha fatto venire in mente un interessante concetto, che secondo gli studiosi è alla base dell’atteggiamento ambiguo degli anni ottanta, e della ricerca di identità di cui parli: “supermarket degli stili”. I decenni precedenti, infatti, avevano creato delle vere e proprie “tribù di stile”, a loro volta ricollocabili a determinate subculture: ci sono stati i mod, gli hippies e, all’inizio del decennio di cui parli, gli yuppies (anche se caratterizzati più dalle proprie condizioni socio-economiche che dall’ideologia), e in seguito i punk, forse più orientati verso la controcultura. Dopo di che, anche a causa dei mezzi di informazione che mettevano davanti alle persone diversi modelli, si è creato un vero e proprio miscuglio: come dice Bauman, alle persone è stata data l’opportunità di essere uomini al mattino, donne al pomeriggio, e qualcosa di ancora diverso la sera. Sono spariti quindi tutti gli orientamenti culturali definiti, per lasciare spazio ad atteggiamenti contradditori: il figlio di papà sul Ferrari con la maglia di Che Guevara, per esempio, o il rapper che dice di venire dal ghetto, ma indossa catene d’oro massiccio…
    Si è creato quindi un meccanismo di causa-effetto: l’accesso al consumo di massa ha “spento” le ideologie, e la perdita di una mentalità chiara e definita ha posto il problema dell’identità. 🙂

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    • Non dimenticare i paninari. 🙂

      Sì, è vero. In quegli anni, e sul finire dei settanta e l’inizio dei novanta, si poteva scegliere un’identità di gruppo, a cui appartenere e in cui immedesimarsi. Poi tutto si è frammentato in mille schegge e ognuno è diventato “responsabile” della propria immagine, che cambia come cambia il vento ovviamente. 🙂

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  4. Per me gli anni ottanta sono stati bellissimi, tutto sembrava possibile. Dopo la caduta del muro di Berlino ho perfino creduto che il mondo potesse solo migliorare da quel momento in poi, mi sbagliavo.
    W Raf con la sua canzone profetica 🙂

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  5. Non sono in grado di poter analizzare gli anni ’80. Sono stati gli anni della mia formazione senziente. Il periodo nostalgico e innocente che culla nel cervello come una barchetta di carta. Sarei di certo imparziale. E’ vero che in fondo non sono stati anni straordinari. Ma tornando sempre alla storia non credo che nell’umanità siano esistiti decenni straordinari. Decenni peculiari, decenni anonimi, c’è una vastità di scelta. Semmai gli anni ’80 sono stati decenni caratterizzanti.
    Ad esempio uno degli aspetti più importanti che pochi sottolineano e gli espertoni snobbano, sono i cartoni animati di massa.
    Siamo cresciuti e ci siamo formati con i Robot di Go Nagai. Con Candy Candy, Lady Oscar, L’uomo Tigre, La Stella della Senna o Aidi. E’ chiaro che l’elenco che ciascuno di noi potrebbe citare è infinito.
    Sono queste storie il motore caratterizzante della generazione cresciuta negli anni ’80.
    Altro elemento distintivo, almeno per i maschietti è l’avvento dei computer e dei video giochi.
    Ma anche gli stessi giocattoli hanno dato spazio a una varietà e una quantità mai avuta prima in tutte le generazioni precedenti. L’immortale Barbie, ma anche il mitico Big Jim, i Playmobil e tutto il resto.
    In pratica siamo stati la prima generazione investita da nuove forme di intrattenimento di massa, ignote a tutte le generazioni precedenti.
    E non mi pare poco.

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    • Assolutamente vero: quei cartoni animati hanno fatto di noi quello che siamo, e non è detto che sia qualcosa di bello. 😛

      Condivido con te persino l’aggettivo: caratterizzanti. Tuttavia non c’è nulla di sbagliato nel provare nostalgia verso un periodo che ha segnato la propria infanzia. Come dice Eco: “per chi ha avuto il primo grande amore nel 1943, quegli anni di sangue sono stati splendidi ed eccitanti”. 😉

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      • Verissimo. Però credo che Marco ha visto un altro cartone animato (Aidi).😂😂😂😂 Povera Heidi. 😜😛😜😛 Marco scherzo.Io sbaglio come pochi vari nomi.
        Ieri , per fare la “grande”mi dicono :
        “Fahrenheit”..lo sa scrivere?
        “Ceeeertooooo”
        Chiudo la chiamata e vado su Google.
        Ancora adesso , non so scriverlo senza sbirciare. Che sa da fà , pè campà😂

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  6. A proposito di date .
    Sono giorni che invece di scrivere 2016, metto nella data 2015.(poi correggo, ovviamente) Ora non so se succede solo a me questo principio di senilità o è un desiderio di non andare avanti (se c’è uno psicologo, gradirei una diagnosi) o è solo un allarme di andare in vacanza😂😂.
    Sinceramente , dopo il post di oggi, avrei voluto scrivere 198…..

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    • Quand’ero ragazzo mi capitava spesso di non ricordare quanti anni avessi nel momento in cui me lo domandavo (o me lo domandavano), facendo naturalmente delle bieche figure. Per schiarirmi la mente, dopo averci ragionato, ero costretto a ricorrere alla carta d’identità. Se sapevo di avere a breve un appuntamento, la sbirciavo prima per non essere colto impreparato dopo… Poi ho capito: mi facevo troppe canne. XD

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  7. Sono contento di come hai affrontato il discorso su quel decennio. Ne hanno parlato in tanti con riferimenti più o meno azzeccati. La maggior parte senza cognizione di causa non avendoli vissuti appieno per questioni anagrafiche, e alcuni perché si sono fatti abbacinare dagli aspetti più marchiani e facilmente comprensibili. Un decennio di rivoluzione, non leggere connotazioni necessariamente positive in questa mia affermazione. Ci sarebbe da parlarne per ore. Intanto ti faccio i complimenti per questo bel post.

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    • Torno seria però ne avevo bisogno di fare due risate tra amici.
      Massimiliano come li hai vissuti tu gli anni 80? Parlane.
      Hai ragione sul fatto anagrafico.Io li ho vissuti da bambina (a fine anni 80—>1989 avevo 12 anni, fate i conti, non ho paura di dichiarare l’età) quindi li ho visti per forza stupendi o sicuramente vissuti diversamente dai miei fratelli maggiori.
      Dicci la tua.

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      • Ciao Tiziana. Ovviamente il mio riferimento non è verso coloro che hanno commentato qui, sicuramente sarebbe stato di cattivo gusto esordire in una discussione tacciando come inadeguati gli interlocutori. Piuttosto mi riferisco alla letteratura in generale che ha etichettato gli anni ’80 in modo lapidario e riconducibile ad aspetti deteriori così come, per altri versi, è accaduto con gli anni ’60. Gli anni ottanta sono stati lo sparti acque tra le terribili devastazioni provocate dal terrorismo, il sigillo definitivo su un’ Italia provinciale e legata ai valori tramandati dai nostri padri. In senso più generale abbiamo visto affacciarsi alla ribalta personaggi che hanno contribuito al cambiamento degli assetti socio-politici mondiali. Appaiono i prodromi della fine di un mondo e l’inizio del “villaggio globale”. Con tutto quello che nel bene e nel male comporta. Nel 1989 avevo 21 anni. Gli anni ‘bo sono gli anni della mia formazione, me li sono goduti e mi sono divertito molto. Moooooolto 😀 Come dicevo ci sarebbe da parlarne per ore, ma non voglio rubare spazio.

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          • Massimiliano racconta gli anni ’80 .Ognuno ha una sua visione. Tu eri poco più grande, ma la prospettiva cambia.
            Salvatore ci scrive il libro , a me piace l’argomento perché ho ricordi pazzeschi, per cose che non ritornano, per persone o situazioni indelebili.
            Ecco perché dicevo che erano anni stupendi, a livello personale, ma indubbiamente per fatti storici, mode, costumi, etc .Gli anni 80 sono gli anni 80.
            Raramente sento la nostalgia dei 90. Nei tempi moderni poi, non so a quanto marcheranno alle generazioni future in positivo.
            Lo stato d’animo degli anni 80 e 90 (anche 2000, va) era speranzoso.
            Ora angosciante, ma non perché noi siamo più grandi, lo si vede pure nei giovani che hanno l’età che avevamo noi negli anni 80.
            È tutto peggiorato a mio parere. La cronaca lo dimostra.
            Ma anche nel piccolo.
            Non ci si fida più di nessuno.
            Mia madre mi mandava a scuola a 6 anni da sola a piedi per 2 km. Non era sciagurata, era normale allora.
            Ora non manderei mio figlio da solo e la distanza è la stessa.
            È tutto più pesante.
            Mia madre sentiva la leggerezza dI quegli anni, altrimenti non mi avrebbe messo in pericolo.

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            • Confermo, anch’io a sette anni andavo a scuola da solo. Restavo pure da solo a casa, nelle ore in cui i miei lavoravano. Oggi il mio collega si porta in ufficio i figli tredicenni per non lasciarli a casa da soli… Davanti alle scuole superiori (e parlo delle superiori) vedo suv parcheggiati in secondafila di genitori che accompagnano i figli a scuola perché non si fidano a farli andare da soli… Non so nel resto d’Italia, ma a Torino i genitori di oggi si sono tutti fumati il cervello. Altro che legalizzazione della cannabis, qui servirebbe l’elettroshock!

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              • Io a sei. Le femmine maturano prima.
                A 13 anni mi pare eccessivo accompagnarli fin sotto la scuola. Dovranno pur svegliarsi. Io lavoravo da giovanissima e tornavo col pullman o il motorino di sera. Quindi ci vuole la giusta misura.
                Se è per questo c’è un dislivello strano.Sono piccoli a 13 anni e li accompagnano,ma poi vedi ragazzine in minigonne o shorts corti in paese, oppure rientrare tardi , tra i maschi bere e fumare di brutto. Il padre e la madre non pensano che siano piccoli?
                O sono piccoli solo quando fa comodo? Tipo ce li togliamo dalle scatole.
                O sei piccolo o no….che decidessero.

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                • A 13 anni più andare a scuola da solo benissimo.
                  Il problema è dare regole sul come vestirsi, a che ora rientrare e soprattutto dei soldi da dargli. Difficilissimo.Temo quel periodo, che verrà inesorabilmente.
                  Accompagnarli davanti scuola per stare tranquilli , ma poi lascarli fare le ore piccole , mi sembra un contro senso.

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              • Questa è un’altra differenza .Noi negli anni 80 era tutto più semplice. Non credo che i nostri genitori erano sadici nel lasciarci da soli.
                Era un’altra epoca.

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          • Adesso non è per essere puntiglioso, ma non l’hai detta la tua età. Ti sei limitata a indicare in modo sordido una data attraverso la quale, per mezzo di arditi calcoli matematici, chi avesse voluto avrebbe potuto individuare la tua data di nascita e quindi, con fatica, risalire alla tua età… Ma la verità è che speravi non lo facesse nessuno, ammettilo!

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            • Allora se nel 1989 avevo 12 anni, ora ne ho 39.Non è un calcolo difficile. 😁
              Sinceramente non ho di questi problemi. Ho l’età che ho, non potrei nasconderla a meno che non faccia un lifting.
              Ma poi sicuro che uno appaia meglio?
              Meglio 39 portati tutti, che sembrare ventenne, ma non riuscire a ridere o parlare .Amo le mie rughe di quando rido. Altre cose meno, ma amen.
              E poi come diceva mia nonna fino a qui sono arrivata.

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            • Non l’ammetto.😀 Sennò avrei omesso la data del 1989.
              Massimiliano ha a messo i suoi 21…
              Ora vediamo quanti ammettono la loro età. 😂

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  8. Anni ’80 significano anche un modo di suonare inedito e inconfondibile, quando basso e batteria praticamente di qualsiasi canzone di qualsiasi artista si allineano in quella inconfondibile ritmica tesa e frontale, con quell’irripetibile sound sognante, altisonante e denso di riverbero. In due parole: new wave. 😉

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      • Mah ce ne sarebbero infiniti, dai primi Spandau Ballet e Duran Duran, ai New Order, The Cure, Depeche mode… poi c’è tutta la corposissima musica disco di quegli anni. In Italia il Battiato più “pop” di dischi come “La voce del padrone”, Giuni Russo, Alice, Matia Bazar, sono solo alcuni esempi… 🙂
        Mi limito qui a linkare una canzone manifesto datata 1980, emblematica di quella irripetibile atmosfera sognante e malinconica che attraversa tutta la musica del periodo:

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        • Grazie Luca. Vado di ascolto. Io ne ho una moltitudine che mi hanno “dato”(marcato)a livello personale.
          Credo che obiettivamente, a livello musicale gli anni 80 hanno dato tanto visto che ancora oggi ce li ricordiamo come presenti nella nostra memoria.
          Se non fosse così, molte sarebbero rimaste nel dimenticatoio.
          La moda anni 80 non mi manca per niente ma il tipo di musica sì.
          E che musica direi😊

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        • Enola Gay. Fra l’altro quasi nessuno in Italia sa di cosa parla questa canzone.
          Sin da ragazzo quando spiegavo che Enola Gay era l’aereo che aveva sganciato la bomba su Hiroshima restavano di sasso. Diciamo che l’ignoranza italica si è sempre contraddistinta in tutti i decenni.

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      • Esatto! I Depeche mode ne sono un perfetto esempio, anche se questa canzone in particolare (molto bella) non è forse la più emblematica. Comunque grande band! 😉

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  9. Chiedo perdono nel dire questo,ma qui sono stati citate varie cose di quegli anni.Per affetto,ammirazione, origini alla stessa terra,presente nella mia formazione non posso non rendere omaggio ad una tra le protagoniste degli anni 80 .Esempio non solo professionale come attrice ,doppiatrice ai più, ottima scrittrice, con una madre genitrice degli stessi geni,ma soprattutto grande donna. Addio Anna (Marchesini).

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  10. Non ho mai commemorato nessuno in vita mia e non sono tipo nel farlo. Ma è stata la mia maestra di vita,stessa terra battuta, per molte cose che non sto qui a soffermare ,giacché ho preso un tuo spazio (chiedo venia ).
    Non potevo che collocarla qui negli anni 80 che l’hanno resa famosa.

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  11. Provo sentimenti contrastanti verso gli anni 80. In quel periodo mi sono accadute le cose peggiori, ho subito le perdite affettive più grandi, affrontato una tremenda crisi economica in casa, si sono formate cicatrici che ancora porto addosso e ne sono uscita come una sopravvissuta. Sono stati anni veramente difficili, bui come un personale Medioevo, ma non sarei quella che sono oggi, non avrei imparato ciò che so, non sarei così forte e consapevole. Mi hanno decisamente segnata e temprata eppure li ricordo anche per le piccole stupide cose che mi hanno distratta dal disastro come i giochi in cortile con gli amici, le prime estati in Romagna, certi film, canzoni e cartoni animati. Ogni epoca e ogni stagione della vita ha i suoi pregi e difetti, bisogna conservare i ricordi migliori e farne tesoro per il futuro. 🙂

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  12. Hai ragione Simona.Ogni epoca ha il bello e il brutto insieme.
    Concordo pienamente anche sul fatto dele cose peggiori. Non saremmo noi.Ognuno con le sue cicatrici ed ognuna è diversa da persona a persona. Anche per il periodo in cui avvengono nella tua vita.

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