Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori
Riprendiamo il nostro viaggio attraverso i pronomi: oggi osserviamo la terza persona…
3a persona
Le forme tra cui poter scegliere per individuare il pronome di terza persona più adatto a funzionare come soggetto sono addirittura tre: egli / ella, lui / lei, esso / essa.
Come ci ricorda Luca Serianni nel suo fondamentale saggio Prima lezione di grammatica, la coppia egli /ella, per molto tempo caldeggiata e preferita dall’intellighenzia tradizionale in riferimento a persona, è oggi in forte declino; ad essa si contrappone con crescente fortuna, per la stessa funzione, la coppia lui / lei.
Tuttavia egli e lui non sono semplici doppioni tra cui scegliere indifferentemente: egli serve a «richiamare il nome di una persona già citato in precedenza e comunque ricavabile dal contesto», mentre lui «non surroga soltanto il nome, ma richiama, allude concretamente alla persona» [Durante]. Ma è proprio nella funzione di richiamare un soggetto precedentemente introdotto nel discorso che, nell’abitudine contemporanea, egli sta diventando una scelta sempre più rara. A esso, si preferisce ricorrere a sinonimi o a perifrasi (per un esempio concreto, andate a osservare la mia scrittura nel “finto” articolo: Vodka & prankster a Panama City).
Ancora più raro è il ricorso al pronome ella: «fuor di Toscana, ella ha generalmente sapore di letterarietà; ed essa: «non è riuscito a imporsi dovunque, anche perché già adempie all’ufficio, non condiviso da egli, di designare la cosa inanimata: ciò spiega il successo della variante lei» [Durante].
L’uso di lei / lui è invece obbligatorio negli stessi casi in cui vanno usati me e te (lo abbiamo visto lunedì scorso): con come e quando («una persona come lei»); in espressioni esclamative («È stato lui!»); con funzione predicativa («accettatelo per amico, con tutte quelle accoglienze che […] fareste a me proprio, se io fossi lui» [Caro]); con participio assoluto («A’ bulgari, lui preso, il gioco pone» [Ariosto]); come soggetto di un’infinitiva («e pregolli che […] al Conte significassero lei avergli vacua ed espedita lasciata la possessione» [Boccaccio]); e in frasi coordinare occupandone il secondo posto («io e lui»).
Lui e lei si trovano anche in frasi olofrastiche («Chi è stato?», «Lui»), interposti tra ecco e una proposizione relativa («ed ecco lei che protesta nell’indifferenza generale» [Serianni]), sostantivati col valore di “uomo” / “donna” («dunque c’è una lei» [De Marchi]) e in tutte le espressioni enfatiche o marcate («era un uomo coraggioso lui» [Landolfi]).
«Benché normalmente riferiti a persona, egli / ella e ancor più lui / lei possono anche essere usati per animali e cose, specie quando essi vengano umanizzati o siano comunque oggetto di una particolare carica di affettività […]. Tuttavia oggi forse non si direbbe, come scriveva G. B. Fagiuoli: “col tovagliolo ch’è bucato anche lui”. In quest’ultimo esempio la grammatica contemporanea prescriverebbe il pronome esso, che è quello generalmente richiesto per animali e cose».
Luca Serianni, Ivi p. 243
Ma esso può essere riferito anche a persona: «Lo scrittore è un essere spregevole, pieno d’invidie e risentimento, ma anch’esso, come le specie più nobili degli umani animali, nasconde un animo sensibile: alcuni perfino molto bene». Esso / essa appaiono adatti, a seconda dei contesti, a indicare sia esseri animati sia inanimati.
«Come pronomi complemento esso ed essa non si possono usare per l’oggetto»: quindi “con esso”, “da essa” ma non “ho visto esso”, “ceravo essa”. Al loro posto si potrà dire: «ho visto lui», «cercavo lei».
Tra i pronomi obliqui, lui e lei vanno preceduti da preposizione: «risposi a lui». Arcaico è l’uso di egli in frasi impersonali e come soggetto neutro: «egli è che cominciavanmi allora i tocchi di una malinconia dolce, profonda» [Dossi]. Analogamente, ma ben viva in Toscana e nell’uso letterario, la variante «aferetica» gli: «se ne tenevano (di buli, ndr), gli era più per andazzo che per tracotanza» [Nievo]. Parallelo a gli è il pronome la, di uso toscano e letterario, adoperato sia come femminile sia con valore neutro: «appena entrata la mi buttò le braccia al collo» [Tarchetti]. Un’altro pronome della terza persona è il riflessivo «sé» che, riferito al soggetto, si usa come complemento: «parla tra sé e sé».
Conclusioni
Anche questo lunedì la lezione è stata breve. State bene, e non scottatevi al sole.
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Note:
Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET – 2006
Luca Serianni, Prima lezione di grammatica, Laterza – 2006
Marcello Durante, I pronomi personali in italiano contemporaneo, bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani – 1970
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Il problema dell’italiano (che forse ne è anche la bellezza) è che offre troppa scelta. In tedesco una volta determinato genere numero e caso il pronome è quello, la libertà di non dover scegliere, come recitava un noto spot 😛
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Questo solo perché mi sono scordato la spunta per le notifiche 😀
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Volevi dire spumante, di’ la verità! 😛
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ho cercato di mascerarlo (sai com’è, a colazione…) ma mi hai subito sgamato 😛
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Purtroppo del tedesco non so dire nulla (anche se mi piacerebbe apprenderlo), posso dire però che l’italiano permete a chi lo conosce bene di studiare uno stile assolutamente personalissimo. Un motivo per cui non si riesce a vendere la nostra narrativa all’estero è che non si riesce a riprodurre così com’è.
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Ne è certo? Da quel che dice ella, la colpa della scarsa vendibilità estera è da imputare alla lingua, oppure alla provincialità degli scrittori italiani?
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Be’, diciamo che darei un 20% di colpa alla lingua (ma che colpa ne ha la lingua se è bella?), un 20% alla superficialità dei lettori esteri (ad esempio pare che gli americani preferiscano leggere solo scrittori americani) e un 60% di colpa da dividersi fra scrittori italiani e case editrici… Il femomeno Elena Ferrante insegna: se una casa editrice vuole vendere all’estero ha tutte le carte per farlo.
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La prossima volta che passo in libreria provo a cercare la Ferrante 😉
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Io sto leggiucchiando il secondo…
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Bravo, io vado avanti con Città in fiamme (mi ci vorrà ancora un po’)
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Bravo Salvatore, la Ferrante ci salva all’estero.
Concordo la lingua italiana è la più bella del mondo!
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Non penso sia una questione di lingua, e neanche di provincialità degli scrittori (Carver, ad esempio, può essere considerato uno scrittore provinciale, eppure…), del resto se si riesce a tradurre dal giapponese e dal cinese perchè dovrebbe porre problemi insormontabili l’italiano?
Penso sia una questione di agenti e di promozione (loro sì provinciali, ma non per le tematiche). D’altro canto quanti autori tedeschi trovate voi in libreira in Italia o avete letto (contemporanei)? Probabilmente Grass, forse qualcuno conosce Fitzek. Forse coi francesi va un po’ meglio. Più facile trovare autori svedesi, ci avete fatto caso?
Se io vado in libreria qui in germania gli autori italiani che trovo abitualmente sono la Troisi, Eco, Giordano (che anocra va sulla scia dei numeri primi) e Luca di Fulvio. Lo so, non lo conoscete, eppure è bravo, ha pubblicato con Mondadori il primo libro, poi? Eppure in Germania appena esce un suo libro gli scaffali esplodono, pile ovunque, credo che ormai pubblichi solo più in tedesco 😀
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Ma che genere di roba scrive?
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Quello che ho letto io era una sorta di gangster story d’avventura con qualche risvolto romantico. a me è piaciuto.
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Ah, ecco perché va tanto in germania. Sono sicuro andrebbe benissimo anche degli USA. All’estero l’unica “Italia” che funziona è quella che parla di malavita… Facci caso: anche nel cinema, gli attori italo-americani hanno avuto successo cominciando la carriera con ruoli di mafiosi o simili.
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Maledetti stereotipi 😛
Ma quindi anche la Troisi parla di mafia elfica? :O
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La Troisi è un caso anomalo ovunque.
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Però anche Eco e Calvino (anche lui era noto all’estero) non scrivevano di criminalità, e se guardiamo al cinema anche Fellini (che credo che sia il regista italiano più noto all’estero) e Leone ha parlato di mafia dopo essere già arrivato al successo. Che siamo noi ad avere stereotipi sugli stereotipi americani? 😀 😛
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Sì, certo che sono stereotipi. Questo non significa che non ci sia un fondo di verità. Anzi, per definizione, uno stereotipo si genera proprio su una verità palese, consivisa. Prendi ad esempio Elena Ferrante, che all’estero in effetti ha avuto molto successo, anche se non è l’argomento principale della sua quadrilogia, comunque la storia parla di due ragazze che nascono e crescono in un quartiere povero di Napoli dove alcune famiglie… be’, si sa come vanno certe cose. Ecco, alla fine parla di camorra. Se nel primo libro c’è don Achille, nel secondo sono i loro stessi familiari a entrare in un certo giro di conoscenze. Se infili, anche alla lontana, questa tematica nel tuo libro, all’estero ci sono buone probabilità d’essere apprezzati. Se poi scrivi un bel libro sulle fate non è detto che esso venga scartato a priori. 😉
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Da wikipedia:
“In Germania La gang dei sogni, con il titolo Der Junge, der Träume schenkte, ha venduto più di un milione di copie restando in testa alla classifica dei bestseller per mesi (classifica Der Spiegel). Da quel momento Luca Di Fulvio ha cominciato a pubblicare i suoi successivi romanzi prima in Germania, con la casa editrice Bastei Lübbe, divenendo di fatto un “autore tedesco”. Anche i due romanzi successivi (Das Mädchen, das den Himmel berührte e Das Kind, das nachts die Sonne fand) sono stati per mesi in vetta alle classifiche tedesche dei bestseller.”
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LO SAPEVO! Non dovevo leggere i commenti. Per oggi non avevo ancora trovato nessun consiglio su un libro che volessi leggere, fino ad ora. Cavolo, questo sembra interessante, lo aggiungerò alla lista che ogni giorno si allunga…..
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La lista infinita: potrebbe essere il titolo per un romanzo. 😉
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Adesso scrivo un libro sulle mafie e lo traduco…però c’è già stato il padrino.
Alla fine ho commentato i commenti invece che il post *_*
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Brava Giulia, i Padrini non sono mai troppi. 😛
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