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Prospettive fluide

Ci sono un paio di cose che da quando ho aperto questo blog credo di aver capito. Entrambe hanno a che fare con la conoscenza. Cioè con il meccanismo di apprendere qualcosa o su di sé o sugli altri. E infatti una delle due cose riguarda me, l’altra riguarda gli altri. La cosa che ho capito su di me, ed è una cosa che non avrei mai sospettato, è che non sono un opportunista. Una delle cose che ho capito sugli altri, e questa un po’ me l’aspettavo, è che molti, non tutti, neanche la maggior parte, ma comunque molti sono invece degli opportunisti. Ma qual è l’accezione con cui uso questa parola: opportunista? Sono costretto a fare un giro largo. Spero avrete la pazienza di passeggiare un po’ con me mentre cerco di spiegarmi.

Dunque, diciamo che il mondo è un luogo pieno di opportunità. Stavamo parlando di essere o meno opportunisti, quindi mi sembra giusto parlare di opportunità. Secondo la mia esperienza, che non è totalizzante e nemmeno la più giusta, è solo la mia, esistono due modi di rapportarsi con le opportunità. Il primo è di approfittarne quando queste si presentano. Questa è, credo, la definizione standard di opportunista da Devoto-Oli. La seconda, invece, è di crearle le opportunità. Prendiamo come esempio un ragazzo che cerchi lavoro. Gli approcci possibili sono diversi:

  1. Aspettare che il lavoro bussi alla porta di casa;
  2. Comprare un quotidiano e scorgere gli annunci di lavoro (va bene anche internet);
  3. Bussare a tutte quelle porte dietro le quali riteniamo possa esserci un lavoro;
  4. Creare il lavoro che fa per noi;
  5. Chiedere una raccomandazione a chi il lavoro ce l’ha, o a chi conosce qualcuno che il lavoro lo può fornire;
  6. Aspettare che qualcuno inventi il lavoro dei nostri sogni e poi chiedergli delle dritte per entrare nel giro.

Potrei arrivare alla zeta ma ho deciso di fermarmi qui (in word, programma con cui è stato scritto questo articolo, la didascalia era organizzata in un elenco alfabetico, n.d.r.). Ora, alcuni dei punti elencati rientrano nella categoria: “coloro che si danno da fare”; altri rientrano nella categoria: “coloro che aspettano l’occasione giusta”. Non è importante ai fini di questo articolo stabilire quale punto rientri nell’una e quale nell’altra delle due categorie. Quello che mi interessa in questo contesto, è stabilire una definizione accettabile di opportunista. Una prima distinzione che mi pare utile riguarda un certo approccio fattivo, o la sua mancanza. Cioè il mettersi in movimento o lo stare fermi. Essere dinamici o statici. Attivi o passivi. Eccetera.

Non sempre si hanno le idee chiare su cosa rientri nell’essere “attivo” e cosa nell’essere “passivo”. Ad esempio comprare un quotidiano e scorgere gli annunci di lavoro è indubbiamente un modo attivo di affrontare il problema, ma pur sempre meno dinamico dell’inventarsi il lavoro dei propri sogni. Dicevo, non mi interessa stabilire quale punto rientri in una categoria specifica. Mi interessa dividere il mondo degli opportunisti in chi agisce e chi non agisce. Ora, senza tirare conclusioni affrettate passiamo alla seconda distinzione.

Nel mondo in cui sono stato educato io, la parola “opportunista” ha una valenza pressoché negativa. Un arrampicatore sociale è un opportunista, ad esempio. Ma anche la sopravvivenza degli animali selvatici è questione legata all’essere o meno opportunisti. La visione del mio mondo è quindi un po’ limitata, e me ne rammarico. Non posso farci nulla, ognuno nasce dove nasce. Diciamo che i Romantici avevano un certo approccio alla vita, indubbiamente non opportunista, e il mondo in cui sono nato io – mio nonno, mio padre e via dicendo – è proprio quel mondo lì.

Essere opportunisti, quindi, significa cercare un modo per sopravvivere, ed è anche un modo attivo di relazionarsi con il mondo. Tuttavia essere opportunisti significa anche aspettare l’occasione ideale; non agire finché l’occasione giusta non si presenta. E se è l’occasione a doversi presentare, allora significa che il nostro agire non è dinamico ma statico. Un’opportunista è un tipo di persona che non vorremmo avere intorno; allo stesso tempo se la nostra specie non fosse stata opportunista, noi oggi non saremmo qui. Se tentiamo di tirare le somme adesso, ci accorgiamo che la definizione di opportunista ha diverse valenze, tutte quelle segnalate finora. Si viene a creare, attorno a questa figura, una certa contraddizione. Viene quasi il sospetto che manchi qualcosa. Che tutte queste distinzioni non contino nulla senza una terza.

La terza distinzione che stiamo cercando, e sono costretto a ripescare il mondo dei Romantici, è quella che ha a che fare con i valori. Cos’è un valore? Anche in questo caso ci sono molte definizioni possibili, a noi però ne interessa una sola: un valore è una dote morale che ci si è dati o che si ha abbracciato, il cui rispetto definisce noi stessi. Potete concordare con questa definizione?

In un mondo di squali, essere spietati è un valore. Io però – l’ho detto prima – sono stato cresciuto in un mondo Romantico… Essere Romantici non significa essere sentimentali. Una distinzione che oggi pare necessaria, ma che necessaria non è mai stata. I Romantici sono la cosa più distante che si possa immaginare dai sentimentali, così come li definiamo oggi. Mio padre era un patito di film western. Due pistoleri che si fronteggiano all’O.k. Corral, sapendo che per uno dei due quello è l’ultimo giorno di vita, è un buon esempio di cosa o chi rientri della categoria dei Romantici. Assumersi la responsabilità delle proprie azioni, andare contro corrente anche quando non è opportuno farlo, dire quello che si pensa a scapito della propria popolarità, mantenere un comportamento che si ritiene corretto anche quando sappiamo che questo genererà critiche e dilazioni, guardare in faccia alle difficoltà e non tirarsi indietro: queste sono tutte cose che rientrano nella definizione di Romantici.

Dunque, abbracciando questa terza distinzione, essere opportunisti significa: agire per il proprio interesse a scapito dei propri ideali. È chiaro che in un mondo di squali, il reietto è chi agisce contro i propri interessi in coerenza con valori diversi da quelli meramente opportunistici. Ma in un mondo di Romantici: essere opportunisti significa piegare i propri valori in base alle opportunità del momento.

Dicevo, per concludere, di aver capito un paio di cose: io non sono un opportunista, infatti sono un Romantico; alcuni altri, non tutti, neanche la maggior parte, ma comunque molti invece lo sono.

Quando si dice: Uomini…

53 Comments on “L’arte dell’opportunista”

  1. Beh, ovviamente io essedo un commentatore abusivo, e dunque parassita, appartengo alla specie degli opportunisti 😀 In realtà vorrei esserlo di più, troppe volte mi sono fatto sfuggire delle buone opportunità per essere troppo romantico. Insomma sono confuso 😀
    Tempo fa discutevo di argomenti similari, la mia impressione che la nostra visione negativa dell’opportunismo abbia radici religiose, ovvero legate al nostro essere di cultura cattolica (lo sono anche gli atei, non sfugge nessuno), e ciò che ci frega è il concetto di libero arpitrio. I protestanti infatti che invece si basano sul servo arbitrio hanno una visione completamente diversa veendo in chi sa cogliere le occasioni una sorta di benevolenza divina. Vivendo in Germania, nazione a maggioranza protestante, queste cose si notano un po’ di più.

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    • Molto interessante. Non mi sono mai domandato l’origine di una certa mentalità opportunista, nonostante conosca bene la storia di Martin Lutero. Tuttavia, quello che mi interessava mettere in evidenza in questo post è la natura personale: l’indole di ognuno. In un mondo di squali, se sei uno squalo, sei un “tipo apposto”. Io sono cresciuto in un contesto di Romantici, nel mondo Protestante da te descritto non riuscirei a trovarmi. Ognuno è quel che è.

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      • non dirlo in giro, ma sono un romantico anch’io (e quante batoste) però il cogliere l’occasione o crearsela l’occasione non dovrebbe essere viso in modo negativo, anzi. Invece la notra cultura ci porta a vedere con sospetto chiunque abbia raggiunto degli obiettivi e non mi pare una cosa bella. E pensare che basterebbe interpretare nel modo corretto la parabola dei talenti (quanti grattacapi mi diede quando da ragazzino frequentavo il catechismo).

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  2. Pur avendo avuto i miei bravi episodi di pavidità, sfociata opportunamente nello sfuggire alle responsabilità delle mie azioni, posso dire di ritrovarmi nella definizione di romantico. Niente mi fa essere in pace con me stesso quanto la coerenza tra i miei valori e le mie azioni. E se si guarda al mero aspetto economico si può facilmente notare che la cosa non mi giova.
    Non è infrequente che io stesso usi una colorita espressione dialettale per descrivermi (non è del tutto aderente al modello romantico, ma rende l’idea): “Bon e cojon”.
    Devo tradurre?

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    • Non avevo dubbi, Paolo. Tuttavia, una volta accettato che si è quel che si è, forse si riesce a essere un po’ più in pace con se stessi e le proprie scelte. Anche perché la domanda successiva è: ti ci troveresti a stare dall’altra parte della barricata? Se la risposta è no (o un conato di vomito, un rigetto dell’anima, e via dicendo), allora il discorso si chiude. Questo post vuole trasmettere più serenità a tutti, soprattutto ai Romantici. 😉

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  3. Beh, io non amo oziare in attesa che accada qualcosa. Per esempio, quando lavoravo in Comune, e la cosa mi deprimeva assai, mi sono licenziata da un giorno all’altro e ho creato un’attività tutta mia. Non mai avuto dubbi né mai rimpianto quella scelta sebbene le ore di lavoro si siano moltiplicate e non altrettanto lo stipendio.
    Tuttavia sono anche convinta del senso di saper attendere il momento giusto, lavorare perché arrivi sì, ma senza anticipare i tempi. Come si suol dire, saper prendere il treno quando passa, ma certo, se invece che andare alla stazione me ne sto seduta in poltrona….

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    • Ma ti riconosci di più tra i Romantici o tra gli opportunisti? Secondo me, come tutti noi, anche tu sei fregata: sei una Romantica. La domanda è: andresti mai contro i tuoi stessi valori per mero guadagno?

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      • Quando facevo l’ultimo anno di Liceo disegnai su una pagina della mia Smemoranda Il Viandante sul mare di nebbia di Friedrich, Ce l’ho ancora appeso davanti alla mia scrivania a ispirarmi… Mi sa che sono fregata… 😛 (comunque no, non c’è guadagno maggiore di quello ottenuto mantenendo fede ai propri valori e non è quello economico, almeno per me).

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  4. Ho conosciuto parecchi opportunisti nella mia vita, di varie specie, a scuola, al lavoro, durante il servizio militare, fra le conoscenze familiari. Mi ritengo un idealista vecchio stampo, e infatti nella vita non ho avuto nulla, a parte la salute, perché non mi sono mai piegato a calpestare quello in cui credo per averne un tornaconto.
    E concordo che ci siano più opportunisti che romantici.

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  5. Opportunisti o romantici.
    Sai che io non ci credo?
    Io sono molto solido e granitico nelle mie certezze. Sono pienamente consapevole che io non mi venderei per nessun prezzo. Eppure per quanto forte ho la paura che possa succedere.
    Ho vissuto e ne ho viste parecchie per aver fiducia negli uomini.
    Non credo neppure ai tanti che si professano romantici. Perché le parole stanno al vento e ho visto tanti duri e puri del romanticismo sciogliersi alle prime vere opportunità.

    Io credo alla teoria che ciascuno abbia il suo prezzo.
    Ad esempio io avrei la possibilità concreta di poter vendere un prodotto sulla caccia (quindi per i cacciatori) che da solo in un mese mi genererebbe un cospicuo introito. In un momento di stasi economica come questo, un introito aggiuntivo mi farebbe proprio comodo. Anzi mi risolverebbe parecchi problemi concreti.
    Ma io il prodotto non lo vendo perché la caccia è una pratica inaccettabile, che va contro i miei valori.
    Ho incontrato altri pseudo romantici a cui raccontando il mio resistere hanno detto: ma tu sei scemo, se questa cosa in un mese ti potrebbe portare 10 mila euro falla. In culo ai valori.
    Ecco, chi a parole si definisce romantico, incorruttibile, alla luce dei fatti, alla prima tentazione diventa il più spietato degli opportunisti.
    Quanto i valori e la propria statura morale devono essere solidi per non vendersi?
    A volte ci penso. Sento la voce del diavoletto che mi dice: senti vendilo ‘sto prodotto altrimenti come le copri quelle spese che ti pendono?
    Eppure io resisto.
    Per me infrangere i miei valori sarebbe come uccidere o rubare.
    Ma che cosa accadrebbe se i possibili guadagni fossero 100 mila euro, o 1 milione di euro?
    O se io e i miei cari ci trovassimo sul lastrico, i miei valori sarebbero davvero così granitici?

    Beh non si offendano molti duri e puri del romanticismo, ma io ho la piena certezza che molti incorruttibili si venderebbero all’opportunità delle prime 100€ sventolate.
    Ce ne vuole per resistere. Ce ne vuole.

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    • In questi giorni sto leggendo Se questo è un uomo di Primo Levi. La cosa che mi impressiona di più è la lucidità con cui l’autore distingue il mondo “civile” da quello del “Lager”. Dove sta la differenza? La differenza consiste che nel mondo Civile, quello in cui effettivamente viviamo, possiamo comportarci secondo la nostra cultura, i nostri sentimenti e le nostre idee. Questo perché abbiamo, anche nei peggiori dei casi, delle risorse che ci danno la possibilità di elevarci al di sopra dello stato animale. Nel Lager questo non è possibile. Nel Lager è normale che vengano a cadere i normali valori umani.

      Ora, il punto non è se di fronte a un’opportunità ghiotta si debba o meno continuare a comportarsi secondo il proprio istinto, ché se l’istinto è quello di approfittarne ciò non è sbagliato, significa semplicemente che si fa parte degli opportunisti e che si è preventivamente sbagliato la valutazione di se stessi. In una situazione critica, invece, dove ne va della propria sopravvivenza o di quella della propria famiglia, il fatto di cogliere un’opportunità non fa del Romantico un bieco opportunista, perché quello è, virtualmente, il mondo “Lager”. Mi spiego?

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      • Il lager è chiaramente un’esperienza limite. Così come lo può essere sopravvivere sotto i bombardamenti aerei (lo chiedevo spesso a mia nonna) o di fronte a carestie e pestilenze. Per quanto eventi remoti tutto ciò è accaduto e come tale potrebbe riaccadere.
        Oltre al giallo, l’altro mio interesse è il distopico. E la distopia è interessante perché pone l’uomo di fronte a eventi limite. Se un giorno per sopravvivere dovessimo armarci e uccidere?
        Però è anche vero che la quotidianità è fatta da micro eventi. In cui puoi toccare con mano l’arrivista, il bugiardo che ti scredita per il tornaconto di un lecca lecca.
        La tua distinzione è esatta. Un conto sono cogliere le opportunità che offre la vita o che noi ci costruiamo, nel senso positivo. Un conto è essere opportunisti e vendere e rinnegare se stessi e gli altri per un tornaconto squallido.

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        • Per addentrarci ancora un po’ nel tema, bisognerebbe distinguere tra gli eventi “quotidiani” quelli che sono, diciamo, comuni e quelli che sono “esistenziali”. Perché anche i piccoli problemi del vivere quotidiano, che di per sé impallidiscono di fronte a situazioni limite come la vita nei lager o sotto i bombardamenti, ci possono mettere in una situazione mentalmente simile: di estemo stres. Altrimenti come spiegheremmo il suicidio di tanti ragazzini benestanti? Varrebbe la pena approfondire, ma non è questo il contesto.

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    • L’esempio Lager di Salvatore è simile a quello che è venuto in mente a me mentre ti leggevo. Io, come già in altre situazioni ho ammesso, sono una vera fifona. Tante volte ho pensato che cosa farei se tornasse una specie di dittatura. Se non sei d’accordo con noi ti ammazziamo i figli. Se non fai quello che diciamo ti torturiamo tua madre. Ecco io non credo che riuscirei ad oppormi. Penso che non sarei in grado di fare la parte dell’eroe. Appunto, sono una fifona, diciamo pure una pusillanime.
      Per quanto riguarda i soldi, invece, sono talmente lontani dal mio interesse che dubito che mi venderei per mero guadagno, del resto nella vita ho scelto sempre la via meno redditizia a favore di ciò che ritenevo una migliore qualità della vita. E’ comunque vero che se dovessi sfamare i miei bambini scenderei a qualsiasi compromesso. Ma non so se in questo caso si potrebbe definire opportunismo.

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      • Uhm strano… Il mio comment-perorare ha fatto sorgere a te e Salvatore la stessa immagine del lager, pur io non facendo nessun riferimento ai lager.
        Due verità o una certezza… o io quando peroro trasmettono immagini nazi-inquietanti, e quindi la mia carriera di scrittore è amputata sul nascere a meno che decida di scrivere storie nazi-inquetanti, oppure tu e Salvatore siete uniti telepaticamente. 😀
        Ok, vista l’opportunità indago. XD

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        • La tua frase “O se io e i miei cari ci trovassimo sul lastrico, i miei valori sarebbero davvero così granitici?” mi ha fatto venire in mente quello che per me è una preoccupazione abbastanza ricorrente, cioè la possibilità che il benessere in cui più o meno tutti viviamo possa terminare e io non sia in grado di dare un livello qualitativo accettabile alla vita dei miei bambini (in primis sopravvivenza, ma poi anche possibilità di studiare etc. etc.). Da lì l’associazione con le guerre, le dittature, l’orrore che vediamo ogni giorno in mare e ai confini.
          Non credo che io e Salvatore siamo uniti telepaticamente: ciò che c’è nella sua testa è estremamente complicato per una mente semplice come la mia. Ma se indagando scopri oltre, fammi sapere che mi incuriosisce! 😛 XD

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  6. Essere opportunisti, per come la penso io e dalla mia esperienza, implica sempre danneggiare il prossimo a proprio vantaggio, e questa è una cosa che non potrei mai fare. Dunque sono fregato anch’io, da subito e per sempre. Occasioni opportunistiche lasciate? Molte. Amicizie perse? Qualcuna. Pentimenti? Nessuno. La pace della coscienza non ha prezzo, anche se capisco il ragionamento realista di Marco. Non tutti sono puri al 100%, ma io penso che da queste parti, in questa parte della blogsfera, di opportunisti non ne troverai molti: la letteratura non è cosa da opportunisti perché è faticosa.

    Non riesco a resistere: devo dirti che l’incipit del post è grandioso, le prime sei/sette righe sono la perfezione.

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    • Grazie, Paolo. Eppure proprio il mondo delle Lettere riserva in tal senso delle sorprese peroccupanti. La prossima settimana farete la conoscenza di un personaggio speciale. Chissà che lui non abbia qualcosa da dirci, o insegnarci, in proposito. 😉

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  7. Anche io ho sempre dato alla parola “opportunista” un’accezione negativa, così come per quel che concerne le parole “ipocrita” e “ipocrisia”, rimandanti entrambe a un concetto che da mio padre è considerato un valore, in quanto lo lega alla capacità di adattarsi all’ambiente evitando conflitti, e di conseguenza all’educazione e alla diplomazia. Io riesco a essere educata e diplomatica senza fingere, quindi non sono un’ipocrita, anzi: detesto la falsità più di ogni altra cosa, per questo ho tanti nemici. E non sono nemmeno un’opportunista. Se lo fossi, non sarei in questo ufficio. Vorrei però sviluppare meglio il “lato buono” dell’opportunismo, per schiodarmi da situazioni ormai putrefatte…

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      • è quello che ho fatto, tant’è che le cose si stanno muovendo bene, nell’ultimo periodo. Però la mia frase va contestualizzata: io sono in questo ufficio perché non ho accettato alcuni dei compromessi con cui le mie colleghe vanno a nozze. in questo non sono stata opportunista, per niente. E ne vado anche piuttosto fiera. Perché se devo vendere la pelle di un collega o leccare scarpe per far carriera, preferisco rimanere dove sono, in un luogo che (e di questo sono assolutamente certa) è comunque di passaggio.

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  8. Io sono decisamente una romantica, anche se vorrei essere più opportunista, perché a volte tutta questa integrità non mi porta da nessuna parte in questo mondo di squali (a parte il fatto di stare bene con me stessa) penso però che nel mondo Lager diventerei opportunista per salvarmi la vita, forse.

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  9. Da amante dei western, temo di essere romantica fino al midollo e come tale mi incasino abitualmente la vita per fare le cose come penso debbano essere fatte. Come dice mio marito: “brutta vita quella dei paladini”…

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  10. Questo articolo me lo sono proprio goduto. Bravo salvatore. Tanto per tediare tutti con una nota personale, ovviamente, posso solo dire che pago tutti i giorni e continuo a pagare vecchi conti dovuti alla mia incapacità di essere opportunista. Discendo da un pazzo che nel fiore della sua carriera militare dette le dimissioni rifiutando di giurare fedeltà alla Repubblica gettando nelle grane tutta la famiglia. Quell’uomo, che fu per me la misura di tutte le cose, scelse la via dell’onore dichiarando ai suoi superiori: ” ho giurato una volta sola e ho giurato al Re”. Stupido e anacronistico, per i nostri tempi, ma ti garantisco che in senso più generale, parlando di valori, è stata dura reggere il confronto con quel tipo di forza di volontà.

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      • Grazie Salvatore, pensa che nei giorni dall’otto settembre in poi, il suo reparto di Granatieri decise di non deporre le armi e rimase a combattere i tedeschi nei pressi di Porta San paolo (Roma), insieme a civili volontari, reparti dei carabinieri e unità della PAI (Polizia Africa Italiana), ferito gravemente e trascinato via dal campo di battaglia da due coraggiose signore romane entrò mesi dopo nella resistenza. Un nonno formidabile, è forse una delle poche persone che ho veramente amato nella mia vita. Che cazzo, mentre ti scrivo ho il magone, che vergogna eh?

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    • Allora mio nonno era in buona compagnia, lui, appena rientrato dalla campagna di Russia, rifiutò di giurare fedeltà alla repubblica sociale per le stesse ragioni, e per premio fu deportato in Polonia.

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