Tazza

Il lettore Beta è segretamente convinto di saper scrivere meglio di me. C’è un lettore Beta, e quindi un lettore Alfa. Il lettore Alfa prende tutte le decisioni. Il lettore Beta dà solo indicazioni. Il lettore Alfa segretamente odia il lettore Beta. Il lettore Beta ignora l’esistenza del lettore Alfa. Il lettore Alfa è a conoscenza del lettore Beta. Il lettore Beta segna le sue correzioni fra parentesi quadre in caratteri pigmentati corpo dieci. Io scrivo, senza parentesi, in caratteri neri corpo dodici. Il lettore Beta sottolinea la sua prostrazione in corpo dieci. Le indicazioni in corpo dieci mi sembrano più interessanti del corpo dodici. Il lettore Alfa non è della stessa opinione. Il lettore Beta non ne è a conoscenza. Il lettore Alfa non fa correzioni. Il lettore Alfa non fa correzioni di nessun tipo. Il lettore Alfa non legge quello che scrivo. Il lettore Beta, legge quello che scrivo. Il lettore Alfa legge solo le correzioni del lettore Beta. Il lettore Beta legge e corregge ciò che scrivo. Il lettore Alfa giudica e disapprova quel che scrive il lettore Beta. Il lettore Beta scrive, dunque.

All’apice del mio successo letterario, sono stato testimone di una clamorosa scoperta: ho compreso che non ho mai amato, e tuttora non amo, affatto scrivere.

Il lettore Beta ha censurato l’avverbio opinativo “affatto”. Nel contesto ne giudica scorretto l’utilizzo, in quanto “affatto” significa “interamente”. Nel contesto è adoperato come “per niente”. Il lettore Beta sostiene che “affatto”, nel suo significato originario, non possiede sfumature negative. Le sfumature negative sono una conseguenza negativa recente. Il lettore Beta disapprova affatto l’uso di “affatto” come avverbio opinativo con valore negativo. Il lettore Beta è affatto esigente in termini di avverbi. L’uso scorretto o inopportuno di avverbi, causa al lettore Beta un ascesso enfio di palpitante orrore. Ma il lettore Alfa disapprova la correzione del lettore Beta. Il lettore Alfa sostiene affatto inerenti le osservazioni del lettore Beta. Il lettore Alfa si piega alla supremazia del nuovo, nell’accezione negativa di “affatto”. Il lettore Alfa ritiene che “per niente” renda l’avverbio “affatto” molto più significante. Il lettore Alfa insiste affinché affatto s’ignorino le osservazioni del lettore Beta. Non con valore negativo, sottolinea beffardo il lettore Alfa. Il lettore Alfa è a conoscenza dell’ascesso enfio di palpitante doloroso orrore del lettore Beta. Il lettore Alfa odia il lettore Beta, segretamente. Il lettore Alfa gongola per l’ascesso suppurativo del lettore Beta. Il lettore Beta chiede umilmente spiegazioni per la mancata correzione di “affatto”. Il lettore Beta chiede se il suo servizio è ancora richiesto. Il Beta è preoccupato di non essere considerato affatto utile. Non con accezione negativa, sottolinea preoccupato il lettore Beta. Se le sue correzioni vengono ignorate, sostiene il lettore Beta, allora la sua presenza è inutile. Il lettore Beta chiede se la sua presenza è ancora gradita. Affatto, risponde silenziosamente il lettore Alfa. Affatto, ripeto io. L’enfio di palpitante orrore è titubante. L’ascesso nicchia costernato. Il lettore Beta lumeggia l’affatto in corpo dodici. Il lettore Beta chiede ragguagli circa l’affatto più recente. Dipende dalla posizione, sussurra il lettore Alfa. Dipende dalla posizione, rispondo al lettore Beta. Se “affatto” si fosse trovato posposto a “scrivere”, sussurra il lettore Alfa, allora avrebbe avuto valore negativo, e quindi errato. Se “affatto” si fosse trovato posposto a “scrivere”, rispondo al lettore Beta, allora avrebbe avuto valore negativo, e quindi errato. Poiché è antecedente, sussurra il lettore Alfa, il suo valore va intenso come “interamente”: la scrittura nel suo insieme. Poiché è antecedente, rispondo al lettore Beta, il suo valore va inteso come “interamente”: la scrittura nel suo insieme. «Dunque leggi ciò che scrivo?», chiedo, colpito, al lettore Alfa. «Naturalmente», risponde il lettore Beta. Saltuariamente, sussurra il lettore Alfa. «Leggo quello che lei mi dà da leggere», sottolinea umilmente il lettore Beta. «Non dovrei?», chiede il lettore Beta. Affatto, rispondo io. Affatto, sussurra beffardo il lettore Alfa.

Osservo l’orizzonte della pagina bianca: oltre l’orlo scorgo vite vissute da altri; ho anteposto al vivere lo scrivere, e sono tentato a chiedermi se ne sia valsa la pena.

Il lettore Beta ha censurato la preposizione semplice “a”. Nel contesto ne giudica scorretto l’utilizzo; in quanto il verbo “tentare”, nel senso di “provare”, regge la preposizione “di”. Il lettore Beta sostiene che la preposizione semplice “a”, usata scorrettamente, renda più popolare e quindi più locale la scrittura del sottoscritto. Qualsiasi scrittura, si corregge il lettore Beta. Il lettore Beta giudica negativamente qualsiasi scrittura popolare. Il lettore Beta vorrebbe leggere unicamente ambagi elegie. Il lettore Beta odia espressioni semi-dialettali, quali: «Giggino, a mamma, muviti!, vieni a tavola». Il lettore Beta ritiene siffatte vernacolari pernacchie indegne d’essere trascritte. Il lettore Beta raccomanda l’utilizzo della preposizione semplice “di”. La scrittura popolare, semi-dialettale, provoca nel lettore Beta frali iterati berci d’orrore. Ma il lettore Alfa disapprova la correzione del lettore Beta. Il lettore Alfa sostiene ambagi, sì, siffatte osservazioni del lettore Beta. Il lettore Alfa si piega alla supremazia del folclore, in quando una scrittura popolare è certamente più “ricercata” di una scrittura altisonante. Una scrittura popolare traduce in moneta sonante le aspettative dello scrittore. Una scrittura altisonante traduce in pagine e pagine di antologie postume suddette aspettative. Il lettore Alfa mal sopporta le frali berciate del lettore Beta. Il lettore Alfa raccomanda l’estromissione del lettore Beta. Il lettore Beta chiede ragguagli circa la mancata correzione di “a”. Il lettore Beta è sospettoso circa la sua posizione nel contesto revisionale. Il lettore Beta congettura una sua prematura dipartita. Il lettore Beta chiede indicazioni circa il suo futuro nel nostro rapporto letterario. Il lettore Beta domanda se la propria posizione è pencolante. Pencola, sussurra il lettore Alfa, eccome se pencola. Affatto, rispondo al lettore Alfa. «Con o senza accezione negativa?», chiede il lettore Beta. Senza, bercia il lettore Alfa. «Aah-ah! stanato!», urla il lettore Beta.

Accanto al Mac, in bella posa sulla scrivania, campeggia da anni una tazza bianca con una scritta gialla: «Se permettete, adesso, faccio una pausa: vado a consultare me stesso». Ciò che davvero mal sopporto, quando scrivo, è l’iterato berciare nella mia testa di voci stonanti. Devo smetterla di scrivere. Affatto!

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Note

Questo racconto è dedicato a Paolo: paziente, instancabile, perfetto.

26 Comments on “Consultazioni”

  1. Mi chiedo se il lettore alfa stia sulla spalla destra e il lettore beta sulla sinistra o viceversa. Comunqe in casi di rapporto di minoranza occorre consultare il lettore gamma, o bere un goccetto 😉

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  2. Salvo, questo è uno dei racconti più belli che tu abbia qui pubblicato. è scritto in modo elegante, ma molto divertente. E te lo dico anche se non mi chiedi più di farti da lettore Beta… 😦

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  3. Pensate al caos che ci sarà sulle spalle di Stephen King, con i suoi sei lettori beta. Adesso capisco il perché della sua propensione all’alcool, mi sa che Davide ha ragione…

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  4. E io da lettore Omega del blog ho la strana sensazione di voler sparare al lettore Alfa e sgozzare il lettore Beta. Infine causare un blackout perenne al consumato mac. E non sono eccessivo affatto! 😀

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  5. “L’uso scorretto o inopportuno di avverbi, causa al lettore Beta un ascesso enfio di palpitante orrore”
    E poi gliene piazzi sedici: capolavoro.

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