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La commovente storia di orecchie al vento

Di recente è venuto a mancare un caro amico di famiglia. Tredici anni portati benissimo. Una barbetta bianca, a punta, da radical-chic. Un insano appetito per i würstel ancora crudi. Un’altera diffidenza verso gli estranei. Se avessi dovuto descriverlo a un nuovo conoscente, l’avrei definito: un bastardino snello e agile, con soffici orecchie lunghe, un carattere salottiero e un’indole da irriducibile Coldstream Guards; caratteristica, quest’ultima, che si svelava soprattutto quando a ora di cena, trattenendosi in un rigido “attenti”,  stazionava perfettamente immobile ai piedi del tavolo nella speranza di qualche benevolo scarto. Era il 26 marzo scorso.

Con il suo nome da comandante pirata in vacanza ai caraibi, Jack è stato un fedele e buono amico. Noi, padroni disattenti ed egocentrici, non ce ne rendevamo bene conto. Buoni solo a lamentarci per la sua presenza ingombrante, noi. Per il suo continuo e ingovernabile traino durante le passeggiate al guinzaglio, per l’irrequieto tacchettio in certe livide notti sul parquet della camera da letto, per quelle crisi… che ogni tanto gli prendevano. E non vedevamo tutto il buono della sua presenza al nostro fianco: uno sguardo paziente le volte che lo sgridavamo; quella zampetta che ti arpionava le stoffe per attirare la tua attenzione; quello spalancarsi di arti al tuo solo gesto di avvicinare la mano. Sapeva essere allo stesso tempo indipendente e devoto, Jack: cucciolo anziano, irruente e mite. Ma non vale forse per tutti i cani?

Chi non ne ha mai posseduto uno, forse ignora quanto in fretta si passi dall’amarli al non poterne più. I cuccioli sono tutti belli, tutti teneri. Da adulti, impegnano come un figlio che non cresce mai. Lo diceva la mia ex. Perché il cane non era mio, era suo. Quando ha deciso di andarsene, dopo cinque anni di convivenza, con lei se n’è andato anche lui. Questo accadeva ormai più di un anno fa. Con il passare dei giorni e poi dei mesi nella mia memoria la sua immagine si è piano piano dissolta. Negli ultimi tempi poi, non ci pensavo proprio più. Ma alcune notizie, per loro natura, sono fatte per giungere improvvise e inattese. E quanto arrivano, ti lasciano smarrito e disarmato. Con quell’amaro retrogusto in bocca di occasioni sprecate. Abbiamo voluto bene a Jack, ma la quotidianità è capace di travolgerti con tutti i suoi minuti dilemmi, e accecarti davanti alle cose che contano di più: gli attimi eterni.

Gli attimi eterni sono tutto ciò che resta quando lo spettacolo è finito e i titoli di coda scorrono già veloci: fotogrammi di vita vissuta, di cose a volte belle a volte brutte. I nostri cari, e i cani rientrano a pieno titolo fra essi, una volta dipartiti li possiamo ricordare solo attraverso quei momenti speciali che, nel bene e nel male, hanno segnato il tempo condiviso. La prima volta che l’ho incontrato, Jack aveva già otto anni. A quel tempo la mia ex faceva la cameriera. Il mio compito, in sua assenza, era di tenere compagnia al cane; ma non ne avevo mai posseduto uno e non ero avvezzo alla sua presenza. Una sera, apprestandomi a quella lunga attesa davanti alla TV prima di uscire per andare a riprendere la mia compagna sul posto di lavoro, nella penombra della camera da letto scorgo Jack steso sopra il piumone. Una regola ferrea era di non salire mai sul letto. Mi avvicino per sgridarlo e noto che sta tremando. Lo tiro giù e lo trascino alla luce. Non avevo mai visto una crisi epilettica. Vorrei non averla mai vista. È una cosa da lacerarti il cuore, anche se hai nervi saldi e uno stomaco da berretto verde. Da quella prima volta, di crisi ce ne sono state molte altre.

Ma non stava sempre male, Jack. Il più delle volte era arzillo e scalpitante. Una cosa che gli piaceva davvero molto, erano le nostre lunghe passeggiate nei boschi dietro la Mandria: un grosso parco nella periferia di Torino. Lì, si lanciava in corse folli; abbandonava noi, i suoi padroni, e cominciava a fiutare ovunque seguendo il suo istinto di cane da caccia. Ma tornava sempre: bastava fischiare – la mia ex era dotata di un fischio poderoso – e lui zampettava veloce verso di noi. Una sera, a casa di un amico, ha conosciuto un’indomita amazzone dal pelo bianco e iridi blu. Lei era almeno il doppio di lui. Diffidente e bisbetica. Jack l’ha saputa ammansire; tanto che la cagnetta, a fine serata, se ne innamorò perdutamente… Questo è uno degli ultimi ricordi che conservo.

Il 26 marzo scorso, dopo un anno in cui le crisi si sono succedute a un ritmo crescente, quasi impressionante, i suoi padroni hanno deciso di non farlo più soffrire. Un caro amico è venuto a mancare quindi, ma una stella si è accesa nel cielo e un paio di ali, ne sono sicuro, in questo momento svolazzano libere lì dove tutte le anime buone giungono. Perché alcune anime non sono fatte per stare in gabbia, e quando volano libere ti si riempie il cuore di gioia…

Addio Jack.

10 Comments on “Amici così, meglio non averne”

  1. Il mio aveva 17 anni quando decidemmo di farlo liberare dal supplizio di una vecchiaia protratta troppo a lungo. Aveva continue emorragie. Si trascinava per casa guardandomi dal basso in su con occhi liquidi, umani. L’ho accarezzato sulla testa mentre il veterinario gli infilava l’ago nella zampa e, mentre gli dicevo di stare tranquillo, mi sembrava di tradirlo. So che fu la scelta migliore per lui, ma non ho mai smesso di avere sensi di colpa.

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  2. Chi non ha mai avuto un cane non si rende conto che non si tratta di un semplice animale domestico, ma di un membro della famiglia. Io ho avuto Sonic in regalo il giorno del mio undicesimo compleanno, insieme al videogioco del riccio spaziale (da qui, il suo nome). Per sedici anni, è stato la mia ombra. Quando ero a Milano per l’università e lui stava a Sanremo con mia mamma, percepiva il mio ritorno ed era in fibrillazione fin dal pomeriggio. In stazione, mi scorgeva sul tapis roulant e iniziava ad abbaiare, a sculettare (non aveva la coda, quindi per esprimere gioia muoveva il sedere) e a farmi le feste. Era un cane da caccia convertito a cane da cuccia. Mi avrà mangiato 200 calzini, e una volta pure il cellulare. Mentre l’aveva in bocca, ha squillato: l’ho trovato sul tappeto, a ringhiare contro il telefono, tremante di paura. E una volta è sgusciato fuori dalla porta, giù per le scale: l’abbiamo ripescato in piazza che faceva pipì contro un lampione, con il telecomando della tv in bocca.
    Mia mamma dovette farlo sopprimere a causa di un’insufficienza renale. Era anziano e quasi paralizzato, il veterinario disse che sarebbe sopravvissuto ancora un paio di giorni, una settimana al massimo. Lavoravo a Milano, c’erano gli Europei di calcio del 2008, una partita in cui l’Italia aveva perso, mi pare. In ufficio piansi così tanto che i colleghi, sapendo che mia nonna aveva 98 anni, pensavano fosse morta lei. E ancora oggi se trovo una foto o ci ripenso mi commuovo. Anche adesso. 🙂

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  3. Sì, chi non ha animali fatica a capire.
    Cani e gatti finiscono a tutti gli effetti per diventare membri della famiglia e sembra una cosa terribilmente ingiusta la loro vita così breve.

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  4. Hai colpito duro, ma piango volentieri se serve ad accompagnare in cielo un’anima a quattro zampe. Ho perso due cani finora, e posso dire che il dolore si supera ma non sparisce mai veramente. Ciao Jack, felice di averti conosciuto almeno un po’.

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  5. Ecco mi hai fatto piangere! Uffa! Ho ripensato al vecchio Charlie e a Chicco, i cani di mia sorella, il primo è morto di vecchiaia e quando ha chiuso gli occhi definitivamente mi lasciato un senso di assenza incolmabile, lui non abbaiava quasi mai ma con gli occhi ti diceva tutto.
    Chicco invece ha avuto un tumore a tredici anni e purtroppo dopo inutili tentativi di cure abbiamo dovuto aiutarlo a volere in cielo. Era un cane piccolo e orgoglioso che abbaiava solo agli altri cani e adorava noi umani. Per due anni mia sorella non ha più voluto altri cani, si soffre troppo quando muoiono diceva. Poi però è arrivato Aron, era rimasto orfano del suo padrone e lì non ce l’ha fatta a non adottarlo. Questo cane è quello più speciale di tutti (detto tra noi credo abbia il dono della parola, ma non ditelo a nessuno).
    Jack adesso starà svolazzando in cielo insieme a Charlie e Chicco.

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