Questi, sono giorni strani. Giorni capaci di abbatterti, se mai hai preso il volo. Giorni che assomigliano all’Everest, in tutta la sua maestosa statura. Dentro, sento un vuoto che non riesco a colmare. Io di vuoti non ne ho mai avvertiti. Neanche quando i miei genitori si sono separati. Neanche quanto la mia prima compagna si è lanciata dal quinto piano. Neanche quando mi sono lanciato io, col paracadute, da 4000 metri di altezza. Neanche quando la mia seconda compagna ha deciso di averne abbastanza di un uomo che si alzava alle tre del mattino per scrivere. Forse, solo la scrittura è riuscita ad aprire dei vuoti; vuoti che in fretta ho colmato con le parole. Ma quest’aria di primavera… mi inquieta. Mi guardo attorno, e non vedo alcun buon motivo per starmene seduto a scrivere.
Ci sono persone che al mattino strisciano giù dal letto. Ci sono persone che odiano andare a lavoro, incontrare le stesse facce, passare l’intera giornata dietro una scrivania. Ci sono persone che non sopportano il loro capo, che subiscono le angherie del gruppo; persone che odiano la vita che fanno. Non sono uno di loro. Al mattino scatto giù dal letto. Negli ultimi dodici anni non c’è stato un solo giorno in cui non ho avuto voglia di andare a lavoro. Lo scorso inverno sono stato costretto a una settimana di mutua: era la prima volta in dodici anni. Il mio medico curante quasi non ci credeva. L’INPS s’è preoccupata seriamente: cadeva l’ultimo baluardo degli stacanovisti. Con i colleghi di lavoro scherzo, rido, chiacchiero, li coinvolgo nel mio lavoro e l’incoraggio quando serve spronarli. Con il boss ci scherzo, lo prendo in giro, e quando fa il sostenuto, avvolgendosi in un’aurea di autorità, mi diverto a smontarlo. Quest’anno dovrò pagare un sacco di tasse: l’ha detto il commercialista. E se continua così, il prossimo anno sarà peggio. Tutta colpa di Mondadori, ma anche degli aumenti di stipendio a cui quest’anno andrò incontro. La cosa non mi sfiora per niente, e mentre tutti mi raccomandano di fare acrobazie per pagarne il meno possibile, io scrollo le spalle e guardo al prossimo orizzonte.
Il mio è un lavoro semplice: contatto gente, metto in contatto gente, visito gente. Gente che ha il Ferrari in garage. Gente che il Ferrari lo tira fuori la domenica mattina, ci fa il giro del paese a quaranta all’ora, e poi lo rinfila dentro. Gente simpatica però; onesta quanto basta. Mi piace viaggiare. Mi piace viaggiare soprattutto quando lo faccio da solo. Quando imbocco l’autostrada deserta del primo pomeriggio, con il sole alto che comincia a calare e la palpebra che piano piano scende. Mi piace la sensazione del sole caldo sulla faccia. Mi piace quel lento assopimento di chi guida tante ore nel nulla, sforzandosi di resistere, di non cedere terreno perché farlo significherebbe morte. È la stessa sensazione di quando ci si lancia col paracadute: resistere. Quest’aria di primavera, però, m’inquieta. Mette in moto meccanismi insoliti. Non ho più voglia di resistere. Ho voglia di lasciarmi andare. Di prendere una sacca capiente, salutare i parenti, stringere la mano al boss e incamminarmi.
Con me, porterei un taccuino. Perché tanto lo so che la voglia di scrivere tornerà a ruggire. Adesso è sopita, ma tornerà. Torna sempre…
Sarà che qui la primavera è al di la da venire, sarà che qui la temperatura questa settimana è stata più bassa di tutto l’inverno, quello sì, troppo mite, sarà che il tempo di esplorarlo quel vuoto in questo momento non saprei dove trovarlo, anche se sarei curioso di guardare se è cambiato dall’ultima volta, visto che in passato l’ho esplorato a fondo, sarà che 1300 km a settimana mi stanno un po’ demolendo, che io sì, in questi giorni, farei a meno di venire in ufficio (chiamarlo lavoro sarebbe troppo), sarà che boh, non so manco io cosa, ma… suvvia Salvato’, nun ce pensa’, che lunedì si torna con gli appunti di grammatica 😉
P.S. però io lavoro da 14 anni e di mutua ancora non ne ho fatta, in questo ti batto 😛
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Allora mi tocca spezzarti le gambine, così fai un po’ di mutua e ti riposi… XD
Io mi faccio quasi 4.000 Km ogni due settimane, ma quella è la parte bella. I vuoti, invece, non li ho mai esplorati: non penso neanche di averne, ma forse mento solo a me stesso.
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ma il viaggiare non sarebbe neanche la parte più negativa (se non fosse che devo farlo a spese mie) il problema è la meta 😛
Avevo anche pensato di scriverci un romanzo postmoderno, ma a chi interesserebbe qualcosa delle vicissitudini di due russi e un italiano in una cittadina tedesca nota per quattro musicanti che non ci sono neanche mai arrivati?
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Stai scherzando la premessa è eccellente, come nel dramma o nel comico, quando dici: Cosa può accadere a due russi e un italiano in una cittadina tedesca nota per quattro musicanti che non vi sono neanche mai arrivati?
Fossi in te lo scriverei 😛
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Mi sa che so scrivere solo le tagline (si chiamano così?) 😛 però ci penserò 😉
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Dimenticavo i dire che tutto ruota attorno al RAL 1003 😉
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Non so cosa sia il RAL 1003, si mangia?
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Probabilmente ne esiste anche una versione alimentare 😛
Ma al tempo di google hai davvero bisogno di una spiegazione? 😉
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Io non mi fido di Google: mente spesso e volentieri. Guarda tu stesso cosa succede se per caso cerchi in rete “Il segreto per scrivere un post di successo”… XD
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Mente sicuro, il tuo post di mercoledì a me non compare, eppure avrebbe dovuto essere in prima posizione 😛

Comunque è questo bellissimo giallo qua 😛
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Pallina da golf gialla? o.O’
P.S. Be’, il mio post arriva secondo però. Mica male… 😛
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Ma no, proprio il colore giallo 😛
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O.O
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Se vuoi un mio consiglio scrivi, anche per gioco, tutto quello che ti viene in mente sulla cosa: scene divertenti, situazioni consuete, persone, anche alla rinfusa, senza ordine e sintassi. E’ un modo buono per sviscerare materiale. E a volte capita che mentre si sta scrivendo un aneddoto da quello il cervello parte in quarta e inizia a elaborare per conto suo. 😉
E poi si sa: chi va con lo zoppo inizia a zoppicare. 😛
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Tuttavia le parole hanno una loro vischiosità, e se metti qualcosa per iscritto senza essere sicuro di quello che stai facendo, modificarla dopo diventa difficile: bisogna essere disposti a cancellare tutto e ricominciare daccapo.
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No, io intendo proprio una scrittura a zonzo, scrivere quello che viene in mente, anche singole frasi, la battuta di un dialogo, una situazione. Puntati in ordine o appunti sparsi. Cioè a volte il cervello è impantanato con sensazioni che non sa scrivere o che non ha messo a fuoco, e ha solo bisogno di sbloccarsi.
Poi i singoli appunti possono anche essere scartati. Però sviscerare aiuta. Almeno con me funziona.
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S’, capisco cosa intendi e c’è stata un’epoca in cui l’ho fatto anch’io. Adesso invece evito, per due ragioni: la prima è che ho una memoria eccezionale; la seconda è che tutto ciò che la mia memoria non trattiene deve essere considerato materiale di scarto. E poi scrivere significa scrivere; cioè ti metti lì, con le idee chiare, il materiale già raccolto, i ragionamenti già fatti e scrivi. Nel senso che nessuno dei professionisti aspetta di avere l’ispirazione per scrivere. Si scrive, e basta.
P.S. Tuttavia la scrittura fa un salto qualitativo netto quando si è ispirati, ma questo è un altro discorso.
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Però, considerando la mia scarsa memoria, e considerando che anche tu dice che prima di iniziare a scrivere scrivere bisogna aver raccolto tutto il materiale, allora magari un po’ di appunti sparsi e senza ne capo ne coda potrebbero costituire una parte del materiale, no?
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Assolutamente sì, basta che non siano scritti (secondo me) con intento creativo.
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Secondo me in realtà non c’è alcuna regola su come impostare la scrittura. Nel senso che ciascuno deve trovare il suo metodo.
E trovare il metodo non è roba facile.
Io ad esempio ancora non ne ho uno univoco. Spesso dipende dalla storia che ti balena in mente. Alcune le devi meditare, sembrano in attesa di altre associazioni mentali. Mentre altre sgorgano pronte e perfette di getto, scrivendole come sinossi, come se all’orecchio ci fosse uno che te le sta suggerendo.
A volte dipende anche dal genere. Un giallo o un thriller hanno livelli di pianificazione diversa rispetto ad altri generi.
E comunque il momento in cui crei la storia, che ti sgorga fluida è il più bello in assoluto. Quando ti ritrovi la sinossi abbozzata ti sembra che ti sia stato fatto un regalo.
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Sicuramente è vero che ognuno è fatto in modo diverso: quindi non ci può essere un metodo univoco. Tuttavia alcune cose funzionano allo stesso modo più o meno per tutti. La scrittura dev’essere pianificata, una volta steso qualcosa modificarlo non è impossibile, ma molto molto dificile. Poi c’è la parte istintiva, la scrittura di getto. Se l’impulso è così forte che non ci si può trattenere, si deve sicuramente scrivere. Ma la speranza che mossi da grandi emozioni si tiri giù, di getto, qualcosa di eccezionale è più un mito che una possibilità concreta.
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Ha ragione Marco: la premessa è buona. Poi bisogna vedere come la sviluppi. Raccontata così convicerebbe più di uno a spendere dei soldi per trovare una risposta alla domanda. 🙂
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Ragazzi, mi state quasi convincendo 😛
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Provaci! Ci penseremo poi noi a smontarti… 😛 XD
A parte gli scherzi, se senti la pulsione a scrivere allora dovresti buttarti in questa storia (aspetta di leggere la prossima settimana i miei suggerimenti su “Come organizzarsi per la stesura di un romanzo”); se invece non avverti alcuna pulsione, allora lascia che la storia viva dentro di te, senza tentare di metterla per iscritto: la rovineresti. Magari un giorno il bisogno impellente di scriverla ti viene.
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dovrei solo prendermi un paio di appunti, conoscendo la mia memoria 😛
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P.S. che poi devi spiegarci se quando non hai voglia di scrivere scrivi un brano così profondo, quando ne hai?
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Quando sono in vena scrivo racconti per Mondadori… 😛
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A me invece l’aria di primavera – quest’anno per modo di dire è primavera, viste le piogge e la neve – porta depressione. Sono un uomo autunnale e invernale 🙂
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Anch’io sono un uomo autunnale, assolutamente autunnale. E quella voglia di mettersi in viaggio è solo un modo per fuggire… La primavera mi fa sempre questo effetto. Adoro l’autunno.
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Questa tua confessione intima mi ha fatto venire in mente il verso più bello della poesia italiana (almeno quello che sento più mio).
“delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
quello spirito guerrier ch’entro mi rugge.”
Io purtroppo non sono il tipo di persona consolatoria. Detesto un po’ chi dice senza conoscerti (o anche se presume di conoscerti) vedrai che ce la farai, vedrai che troverai la tua strada, realizzerai i tuoi sogni. In culo ai benemeriti pensanti.
Tutti vogliono augurare il meglio profetizzandolo come un qualcosa di ineluttabile nelle vie del destino.
Il destino non esiste e nelle leggi regolate dal caos ordinato, di rado c’è posto per le botte di fortuna.
Io credo che ciascuno di noi debba trovare la forza per autodeterminarsi. E’ difficile. Si cade, ci si graffia, si resta sconfitti. La maggior parte di noi umani dalle generazione dei tempi è costretta a rassegnarsi, a vedere i propri sogni sfumarsi. O non si aveva il talento, o le variabili erano imponderabili, o non ci si è impegnati abbastanza. C’è chi dice che questo mio pensiero sia pessimista. Come la realtà rispondo.
Tutto ciò che siamo e che possiamo diventare è dentro e fuori di noi. L’unico mezzo che conosco per determinarsi è la lotta, l’impegno, la perseveranza oltre ogni buon senso.
Spesso si biasima chi è arrivato, chi c’è riuscito. Senza considerare che chi ha raggiunto dei traguardi lo ha fatto con le proprie forze. Un esempio su tutti di fatica e abnegazione ai propri sogni è quell’inarrivabile di King.
Io non so a cosa sia dovuta la tua inquietudine. Credo che sia sciocco cercare di interpretarla o giudicarla. Nel mare a volte tempestoso a volte placido a volte incerto che è la vita, sovente vige l’alta e la bassa marea. Le voglie ci assalgono e spariscono.
Mi piace chiudere con la famosa poesia attribuita erroneamente a Jorge Luis Borges. E di cui ho tratto sorriso e insegnamento per i miei giorni futuri. 😉
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Ah, Foscolo, anch’io amo quei versi 🙂
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Sentimenti come l’inquetudine, la malinconia, il disagio credo siano la linfa vitale per ogni buon artista; il fertilizzante per il proprio mestiere di osservatore dell’uomo. Senza: saremmo sterili. E poi… la primavera mi ha sempre fatto lo stesso effetto.
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E comunque sulle tasse in più che dovresti pagare fai attenzione all’inquadramento fiscale. I commercialisti non sempre ragionano per le soluzioni migliori per i clienti, ma per quelle meno laboriose per loro.
Occorre capire come Mondadori ti ha pagato. Se riuscissi a far ascrivere i pagamenti come diritto d’autore sarebbe la cosa migliore.
Non spiego la formula per non tediare, ma a conti fatti la tassazione sul diritto d’autore è del 15% soltanto. La più bassa in assoluto in Italia.
Sicuramente Mondadori non ti ha fatto la prestazione occasionale, in quanto la stessa prestazione non si può ripetere per più di 30 giorni all’anno.
Probabilmente sarà un pagamento con ritenuta d’acconto. E quindi rientrerà nei redditi a scaglione irpef.
Se vuoi un mio piccolo consiglio cerca di far inquadrare i pagamenti come diritto d’autore. Poi se non ti interessa proprio pagare più tasse… pagale. 😛
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Mondadori paga i diritti d’autore con ritenuta d’acconto. Però fanno cumulo con lo stipendio. Mi fanno passare di scaglione. Quest’anno dovrebbe ancora andare bene, perché lo fa rientrare, se non ho capito male, nel super minimo: una sorta di eccesso ponderato. Il prossimo anno, però, si congiungeranno gli aumenti di stipendio di quest’anno con i pagamenti di tutti i racconti che sto vendendo a Mondadori, e sono tanti. La prossima primavera mi toccherà fuggire all’estero. 😛
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Se hai bisogno di un “asilo protetto” e se ti piace la birra… 😛
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Un giretto in Germania me lo farei volentieri! 😉
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Fammi sapere 😉
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In che città sei? Magari quest’estate riesco a convincere il mio amico pasticcere a uscire dal laboratorio. Bisogna tirarlo fuori a forza e si porta dietro un odore di robe dolci… O.O
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Bella domanda 😀 al momento penolo tra Dresda e Brema
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Queste sono le cose che a me fanno arrabbiare. Il diritto d’autore è sacro e non deve essere assimilato ai redditi. 😦
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Ni, nel senso che se scrivi per diletto sotto certe cifre sono d’accordo, ma se oi diritti d’autore ci campi, e magari anche bene, allora è un altro paio di maniche 😉 (non mi riferisco solo agli scrittori)
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In Italia la cifra al di sotto della quale non devi dichiarare nulla è di 5000 euro. Ma avendo uno stipendio (ben al di sopra di quella cifra e della media nazionale) anche cento euro di diritti d’autore fanno cumulo. 😦
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Intendevo che se coi diritti d’autore guadagni meno di, mettiamo, 1000 euro, paghi un fisso di tasse su quelli e non fai cumulo, avrebbe senso, se non sbaglio con gli affitti è così, e mi sa anche per le rendite finanziarie.
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Controfirmerei la tua proposta se tu fossi un politico. 🙂
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HO UN VOTO!!!! Posso candidarmi!
(che poi cos’ha di candido il candidarsi, dico io…)
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… e perché bisogna essere uomini (e donne) puri per “candidarsi”. o.O
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In realtà in Italia si è scemi proprio da un punto di vista fiscale. Per dirti.
Camilleri che guadagnerà milioni di euro e lo scrittore infimo che ha venduto 100 copie, pagano la stessa tassazione di diritto d’autore. Non ci sono scaglioni.
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Tutta colpa di Gino Paoli (forse non tutta, ma, ci siamo capiti 😉 )
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Devi proprio scrivere quel guest che mi avevi proposto, Marco… XD
Chissà, magari ti leggono e cambia tutto. 😐
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Lo speravo anch’io… Invece, non solo fa cumulo, ma devo versare la differenza di tassazione tra ciò che in base al mio reddito pago con lo stipendio e la percentuale (che come hai ricordato tu, è bassa) già trattenuta da Mondadori con l’acconto. 😦
In Italia per pagare poche tasse devi essere o un morto di fame (cioè un vero artista) o un super ricco (cioè un mafioso)…
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Lascia stare, che dopo aver lavorato qualche anno a partita iva, tra anticipi e acconti… (aspetto ancora dei soldi indietro)
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Non oso immaginare…
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Manco io 😛
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Eh no, invece immaginatelo con me. Io da piccolo imprenditore opero in regime di partita iva. E sono soggetto a tutte le sventure massime che possono capitare in uno stato italiano. Irpef, irap, inps normali e con acconti. Nonostante io paghi cifre monstre di inps non ho diritto a ferie e malattie. Per la serie stai male, non puoi lavorare, non produci reddito e comunque occorre pagare i minimi inps.
Di norma pago il 50% in tasse e un anno in cui ho avuto la sventura di raddoppiare il fatturato (mai fare simili fesserie in Italia) a causa degli acconti la tassazione è schizzata al 75%. Sulle mie 12 ore di lavoro, le prime 9 sono servite a pagare le tasse, le restanti 3 per me e la mia famiglia. Dico boh solo per autocensurarmi e non far bloccare il blog di Salvatore.
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A parte l’irap, che a me non è mai toccata, le restanti le ho passate tutte, aggiungici che dopo aver lavorato per una società tedesca, e quindi senza ritenuta, sono tornato in italia, fatturando la metà e con ritenuta. In Italia va bene solo se sei a regime e fatturi più o meno lo stesso ogni anno, poi però si lamentano che le imprese non crescono.
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P.S. ma come siamo finiti a parlare di politica finanziaria partendo dal torpore primaverile?
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Associazioni di idee. 😀 Vabbè tanto Salvatore ora ripulisce il post con i commenti impropri. 😛
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Mai! Restaranno lì, a perpetua memoria per i posteri.
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Guarda, quello che dici lo continuo a ripere al mio boss: il nostro fatturato sta crescendo troppo rapidamente. In America sarebbe una cosa buona, premiata addirittura. In Italia, invece, ti puniscono. Vai a capire…
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Bel post, semplice ma intenso.
Anche io ho voglia di leggerezza, ma questo desiderio si tramuta in una sorta di tensione interiore, un desiderio di novità che si esprime un po’ su tutti i fronti.
La scrittura c’è sempre, ma si esprime senza schemi.
Ciò che sento, non come desiderio ma come necessità, è che le mie routine vanno sospese. Ogni scadenza, ogni orario, ogni vincolo, per quanto possibile deve essere messo nel congelatore in virtù di una nuova libertà, creativa ed espressiva. Una libertà che non soltanto il lavoro mi ha tolto, perché io ho anche tante rigidità mie, che nulla c’entrano con i dettami esterni. E questa mania del controllo ora come ora non mi serve più. è addirittura pericolosa.
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Ti capisco benissimo: è ora di lasciare le redini e cavalcare a pelo. 😉
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Okay, inizierò ad aggiornare il blog ad minkiam senza calendario editoriale…
Così finalmente ti iscriverai alla newsletter! 😀
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Non sono iscritto? o.O
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Non mi risulta… 🙂
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Con una primavera del genere non si può che essere giù di corda, anche un filino incazzati oserei dire. Io sono multi-stagionale, mi basta che faccia caldo. Qui (Piemonte) e oggi, invece, fuori dalla finestra vedo solo grigio e vento e fa freddo, accidenti. Anche a me piace viaggiare, e parecchio. Ma proprio il viaggio più che le destinazioni. In questi casi – dicono gli strizzacervelli – quando ci importa più l’andare che il dove si va, è perché si vuole semplicemente fuggire dal proprio presente. Mah… Anche da quello che raccontate sembra proprio che in questa società anche solo per rimanere a galla devi farti il culo, e non ti rimane tempo e forza per fare altro. Questo è quello che mi pesa di più, adesso.
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Sì, oggi è una giornata di cacca. Ho rimesso il maglione.
Anch’io preferisco il viaggio alla meta. Anzi, se non ho meta è ancora meglio. Se vuoi, una domenica ti passo a prendere e ci facciamo una giornata di vagabondaggi in auto, senza alcuna destinazione. 😉
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Anni fa, quando ancora abitavo a Torino ( 😦 ) andavo abitualmente a camminare in montagna con amici, tra di noi io ero più un camminatore da percorso, a me non importava veramente dove si andasse, mi bastava salire, respirare aria pura, godere panorami mozzafiato, anche perdermi tra i sentieri. Tra noi c’era invece un altro ragazzo che era un camminatore da vetta, lui puntava ad arrivare in punta, indipendentemente dal percorso lui doveva arrivare alla cima e lì puntava per tutta la camminata.
Saranno anche approci diversi alla vita?
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Se si cammina, e mi piace molto farlo, preferisco anch’io godermi il percorso che puntare alla vetta. Tuttavia, da ragazzo, mi è capitato di scalare il Mombarone: 2300 metri. In vetta c’era una sorta di piccola casupola, poco più grande di una casetta per uccelli. All’interno veniva custodito una sorta di diario dei viaggiatori, o se preferisci, di coloro che giungono alla vetta. La tradizione voleva che chi arrivasse in cima, ci scrivesse qualcosa. Così ho infilato la mano tra le grate di ferro, l’ho sfilato e c’ho scritto: «Cammino sulle nuvole». È stata la prima e l’ultima volta che arrivavo in cima a qualcosa. 😛
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Com’eri poetico 🙂
Arrivare in vetta è bello, eh, non fraintendiamo, ma se qualche volta ci si ferma sul costone a godersi il panorama a me va bene lo stesso 😉
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Avete ragione. Quando salii al rifugio Vittorio Emanuele II (sui 2800), arrivato a meno di cento metri volevo tornare indietro, tanto mi era piaciuta la salita, non volevo rovinare tutto. Fu mia moglie che mi trascinò per un orecchio fino al rifugio, avevo già invertito la rotta. Così come mi piacciono i giorni prima del Natale ma detesto Santo Stefano, mi piace San Silvestro ma detesto capodanno… oggi mi fate fare self-analisi, alla Ron Hubbard, ahimè.
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E poi hai ragione: non può esistere scrittore che non sia un po’ malinconico, a tratti triste, inquieto. Le scintille scattano dalle differenze di potenziale, non dalla quiete.
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«Le scintille scattano dalle differenze di potenziale»: un po’ tecnico, ma molto carino. 🙂
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Ma qui ormai siamo letterati scientifici 😉
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No è terribile, un modo troppo scientifico per dire che i fulmini si originano dai temporali, non dalle giornate di sole.
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Insomma la solita storia del caos e delle stelle danzanti 😛
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che belli i viaggi che descrivi….. quelli che ti lasciano dentro un buon sapore…
io credo che ogni tanto questi vuoti arrivino, ma come sono arrivati poi se ne vanno….
magari si perde un po di concentrazione, per qualche motivo che non si capisce, ma poi, se ne hai la voglia, torna sempre… non sono scrittrice e quindi non posso capire le tue sensazioni, ma credo che capita di essere un po bloccati… magari le idee si stanno combinando da sole e tu non lo sai!
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Ciao Alessia, benvenuta nel mio blog. Le idee non mancano; traboccano addirittura. La scrittura, da un punto di vista puramente tecnico, non ne risente affatto. Piuttosto è una questione di tempo, o se preferisci, di come vorrei spendere il poco tempo che ho. E non è scrivendo, che vorrei passare le mie ore. Mi piacerebbe prendere e mettermi in strada: senza meta, senza obbiettivi, senza niente. Basta che ci sia il sole. Ma oggi, a Torino, manca pure quello. 😐
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sei di torino anche tu! molti miei amici di blog, o persone che scrivono sono li! è una città molto produttiva mi pare di aver capito! e fanno anche molte manifestazioni! qui a roma sole invece! beh e quindi pero se c’è un momento per realizzare la fuga, è giusto che tu la faccia! altrimenti lo scrivere, che è anche un piacere, diventa solo un obbligo! belle ste uscite senza meta!
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Torino è una città letteraria: c’è l’Einaudi, c’è il Salone internazionale del libro, ci sono nati o ci hanno vissuto molti scrittori (non sto a citare), qualche filosofo (tra i tanti, Friedrich Nietzsche) e pure un musicista piuttosto famoso (Wolfgang Amadeus Mozart). Molti miei lettori, invece, sono di Roma. Bellissima città, Roma. 🙂
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si roma è molto bella! come molte altre città daltronde! e si, mi sono accorta che torino ha grandi potenzialità in questo, molte piu di roma ad esempio! anche se io non essendo scrittrice non li vivo di persona! mado, a leggervi, che siete tutti molto bravi, mi viene anche una gran voglia di gianduiotti! 😀
scherzo! buona giornata!
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“qualche filosofo (tra i tanti, Friedrich Nietzsche)” niente da fare, alla fine caos e stelle tornano sempre 😛
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Il vuoto, nessuno pensa al vuoto. Tutte formichine nervose sul ciglio, uno sguardo rapido e pauroso oltre il baratro e nulla più. Mi piace scrivere di vuoti e abissi.
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Quindi sei uno di quei poeti dannati tanto invidiati dai colleghi e tanto desiderati dalle donne, giusto?
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Hahahahaha, più che altro sono un ultra quarantenne sull’orlo dell’andropausa. Tutto lì.
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Io ho spesso la tentazione di partire e di non tornare, forse anche per me si acuisce con la primavera. Ma non voglio mai scappare dalla scrittura solo dalle catene quotidiane che sono parecchie.
bel post 🙂
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Io, invece, non avverto catene; più che altro una acuta voglia di volare libero. 🙂
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A me hanno colpito le prime quattro righe del tuo sfogo…
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Perché tu sai leggere oltre le righe, individuando il vero focus dell’articolo. 😉
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Questa primavera sta passando senza che io neppure me ne accorga. Troppo presa a inseguire le incombenze della vita per fermarmi a vivere. Per fermarmi a scrivere. Paradossalmente, però, sento mancanze, ma non vuoti.
Quei vuoti che descrivi, sai, tanti li porta la scrittura. Scrivendo ripercorri strade già percorse della tua anima. Solo che prima saltavi i crepacci un po’ per abitudine, un po’ per fretta, adesso che scrivi guardi la spaccatura e ne avverti la profondità. Scrivendo li conti tutti i crepacci dell’anima. In alcuni ti devi anche calare, senza alcuna sicurezza di riuscire poi a risalire.
Le storie, mi sa, stanno laggiù
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Infatti, li apre la scrittura; e con le parole li colmo. Questa primavera, però, porta con sé una voglia di fuggire dalle parole, di voltarsi e incamminarsi, di sparire senza lasciare scie. Questa primavera, un po’ anomala e per questo clemente, fa sì che le parole non possano colmare i vuoti. Non tocca che aspettare giunga l’autunno.
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