Richiesta di divorzio

Di recente sono andato a trovare mia madre. Mi ha consegnato un plico di cose che ho scritto da ragazzo. Le ha raccolte e conservate con cura in una busta gialla. Tutta robaccia che non ricordavo nemmeno più di aver scritto. Questo, in particolare, è un breve sketch teatrale. Era il ’94 e avevo diciassette anni. Lo sketch non funziona per tanti motivi, è brutto e ci sono delle ingenuità palesi… avevo diciassette anni. Sarò un po’ nostalgico, ma ho deciso di proporvelo così com’è.

Commedia in atto unico

La scena si svolge nella portineria di un’azienda statale

Personaggi

Antonio Cariggi, portinaio cinquantenne

Saverio Rondinelli, portinaio trentenne

Direttore, ovvero Giuseppe Baldin, quarantenne

Marzia Corradini, amante del direttore (trent’anni)

Sabrina Lorenzetti, amica della Marzia

Giuliana Panzanini, moglie del direttore

Torino (o una qualsiasi città medio-grande italiana); oggi.

Atto Primo (… e unico)

Scena Prima

Portineria con una scrivania, un telefono, due sedie, un armadietto, due entrate laterali: una per parte.

Dieci del mattino. Saverio legge TuttoSport. Entra Antonio con la borsa della spesa. I due non si salutano. Antonia comincia a tirare fuori la spesa e a riporla nell’armadietto. In ordine: un barattolo di trippa al sugo, una confezione da tre scatolette di tonno, un tubetto gel barba, un sacchetto di rape, due mutandoni bianchi da uomo, dieci teste d’aglio…

Sav. (con enfasi) Abbiamo fatto spesa, eh?

Ant. (senza voltarsi) Ho, ho fatto la spesa.

Sav. (osservando le teste d’aglio) Si può sapere cosa devi farne di tutto quell’aglio?

Ant. (sporgendosi) Innanzitutto, l’aglio, a casa mia si mangia…

Sav. (ironico) Non sarà una scusa per tenere lontane le altre persone?

Ant. Anche! Soprattutto per tenere lontano i vampiri come a te.

Sav. Io? E sentiamo un po’: che tipo di vampiro sarei, IO?

Ant. Del tipo che non restituisce i soldi presi a prestito.

Sav. (sbuffando torna a leggere il giornale) Anto’, i soldi vanno e vengono. Non farne una malattia: ascolta a me. La vita è una ruota e i soldi girano. Come la ruota della fortuna, hai presente? – canticchiandone il motivetto.

Ant. Mi stai suggerendo di chiederli a Mike? E poi, Save’, ma che gusto ci provi a fregare i soldi a un tuo stesso collega? A un poveraccio di portinaio statale che per vivere deve arrangiarsi a fare lavoretti in nero durante l’orario di lavoro?

Sav. Anto’, ma che stai diciendo? Almeno tu, le steste d’aglio, puoi permettertele. C’è gente al mondo che muore di fame…

Ant. L’aglio? E io con l’aglio che ci dovrei fare, scusa?

Sav. Allora lo vedi che a una testa di rapa, dieci teste d’aglio non servono a nulla?! Vado a fare due gocce, va. (ridendo, si alza ed esce)

Scena seconda

Antonio, poi entra il direttore.

Ant. (ripone l’aglio e chiude l’armadietto). Ma vedi questo… Ma come si fa…? Come si fa a lavorare con uno che legge il giornale tutto il giorno?! – prende il giornale – Guarda qua, guarda. Il massimo della difficoltà intellettuale che un portinaio possa permettersi. Dove finiremo, dico io?! – guarda il giornale con maggiore attenzione – Battistuta andava meglio alla fiorentina… Speriamo che non lo prendano sul serio sto giornalista. Qualcuno potrebbe confondersi e scambiare Battistuta per una bistecca al sangue.

Entra il direttore

Dir. (con voce autoritaria) Ma bene! Guarda cosa mi tocca vedere… È così che lavoriamo qua, eh?! Le pare forse il caso di leggere il giornale in orario di lavoro? Ah no! No! Non cerchi di giustificarsi, badi bene. Io le scuse le sopporto ancora meno. – poi facendosi più vicino e con un tono di voce più basso – Ma lo capisce che è per colpa di gente come lei che gli onesti lavoratori statali vengono tutti presi per una manica di lavativi assenteisti strafottenti?

Ant. (sbalordito) Mi scusi, direttore. Io, io non so che dire. Ci tengo però a precisare che il giorn…

Dir. Ah no! Gliel’ho detto: niente scuse! – poi si interrompe e si guarda attorno, annusando vistosamente per aria – Ma che è sta puzza?

Ant. L’aglio…

Dir. L’aglio?! E che ci fa, l’aglio, nella mia portineria?

Ant. Ma non è mi…

Dir. Ah no! Ah no, basta! Basta, eh! La faccio licenziare a lei, ha capito?

Ant. …

Dir. (in tono confidenziale) Piuttosto: avrei bisogno di spedire urgentemente questa raccomandata. Può occuparsene lei? – gliela porge quasi di nascosto

Ant. (con aria di cospirazione) Ci penso io, direttore, non si preoccupi.

 Dir. (ricomponendosi) Bene. E faccia qualcosa per questa puzza! (esce)

Scena terza

Ancora Antonio, poi squilla il telefono e rientra Saverio.

Ant. (Tira fuori dal cassetto della scrivania un altro giornale) Ma guarda questo, guarda… (riferendosi al direttore; si siede a leggere)

Squilla il telefono.

Ant. Portineria, dica. Come scusi? Giuseppe Baldin? No, signora. Qui non c’è nessun Giuseppe Baldin. Ma che vuole che me ne importi che è conosciuto da tutti?! si vede che non ho ancora avuto la sfortuna. – riattacca il telefono – Pure i pazzi hanno liberato oggi.

Sav. (rientra) Maro’, ma che è sta puzza. Anto’, per il bene di questa portineria: smetti di mangiare aglio!

Ant. Sì sì, fai lo spiritoso, fai. È appena passato il direttore: ti ha requisito il giornale. (leggendo il proprio)

Sav. Il mio?

Ant. Yes.

Sav. E perché?

Ant. Perché non si legge il giornale sul lavoro. A proposito, si è anche raccomandato di spedire questa. (gli porge la busta) È urgente.

Sav. E che sarei io: il fattorino? Mi ha pure fregato il giornale, sto strun…

Ant. Save’, ricordati: la merda quando cala, cala sempre verso il basso…

Sav. Eh, è arrivato il portinaio filosofo. (infila la busta nell’armadietto)

Ant. (si volta a guardarlo) Ma che stai facendo?

Sav. La requisisco. Finché non mi viene restituito il giornale, questa resta qua.

Ant. Tu sii paz. Io la responsabilità non me l’assumo.

Sav. Cuor di leone… (gli sfila il giornale dalle mani) Tu fai pure come ti pare, io ho un impegno con questo.

Ant. Dimenticavo: la tua ora di istruzione…

Scena quarta

Arriva Marzia, poi squilla il telefono e entra Sabrina.

Sav. … istruzione. È proprio vero che non capisci una minch… Signora carissima – accorgendosi di Marzia – oggi è più bella che mai.

Ant. (alzandosi in piedi e ammiccando) …

Mar. Oh carissimo – porge la mano a Saverio il quale si china a baciarla – Ah, e lei (rivolta ad Antonio), mi stavo giusto chiedendo cosa fosse questa puzza.

Ant. (sottovoce) Sta strunza…

Mar. Come dice, scusi?

Ant. Dicevo: cosa possiamo fare per lei oggi, cara signorina Marzia?

Mar. Ah ecco, mi pareva. Il direttore: c’è?

Sav. Ma certo, è nel suo ufficio.

Mar. (avviandosi verso l’ufficio del direttore) Statemi bene, cari.

Ant. (tornando a sedersi) Ma vedi questa, vedi.

Sav. (torna a sedersi e legge il giornale) Non ti agitare, Anto’. Ti fai il sangue marcio.

Squilla il telefono.

Ant. Portineria, dica. Ancora, signo’? Noo-oh, le ho detto che non c’è nessun Baldin qui. E si vede che tutti quelli che lo conoscono sono emigrati. (appende con rabbia il telefono). Non sono mica pagato per dare retta pure alle isteriche.

Sav. Non te la prendere…

Ant. Dillo ancora una volta e io…

Sab. (arrivando trafelata) Mi scusi, ho visto entrare una mia amica poco fa. – poi sventola una mano davanti alla faccia e si guarda attorno schifata – Cos’è questo odore terribile?

Sav. (senza alzare gli occhi dal giornale) L’aglio…

Ant. (fa finta di niente) È sicura di averla vista entrare qui, la sua amica?

Sab. Riconoscerei la Marzia in mezzo a una folla. E poi ho undici decimi, sa?

Ant. Se si tratta della signorina Marzia: si trova dal direttore in questo momento.

Sab. Dal direttore? A fare cosa?

Ant. (voltandosi a guardare Saverio) Colloquio…

Sab. Colloquio? Ma la Marzia non ha bisogno di lavorare…

Sav. (senza staccare gli occhi dal giornale) Si conoscono…

Sab. Ah capisco, la Marzia ha sempre un sacco di conoscenti. Posso aspettarla qui?

Sav. …

Ant. Se ritiene.

Sab. Nel frattempo mi sa indicare il bagno.

Ant. (indicandolo) In fondo a…

Sav. … destra.

Sabrina esce.

Sav. (alzandosi e porgendo il giornale ad Antonio) Ti lascio il giornale. Vado a fare due passi; sembra un manicomio qui oggi.

Scena quinta

Antonio si sedie e legge il giornale. Entra una signora sulla quarantina. Indossa una pelliccia e molti gioielli. Ha l’aria smarrita. Poi rientrano anche Sabrina, Saverio, il direttore e la Marzia.

Giu. Mi scusi…

Ant. (senza alzare gli occhi dal giornale) Dica…

Giu. Sto cercando mio marito.

Ant. E lo cerca qui?

Giu. È qui che lavora.

Ant. Come si chiama?

Giu. Giuseppe Baldin.

Ant. (Alza lentamente lo sguardo sulla signora) Ancora lei?! Guardi che l’igiene mentale è l’edificio accanto.

Giu. Lei è un cafone, lo sa?! Comunque mio marito lavora qui. È conosciuto da tutti. Non so in che mondo viva lei…

Ant. In questo. E lei?

Giu. Senta, ci deve essere stato un equivoco: mio marito è il direttore!

Entra Sabrina a passo svelto, quasi di corsa.

Sab. Senta, ci dev’essere stato un equivoco…

Ant. (fra sé) E sono due…

Sab. … io stavo cercando il bagno e sono finita nell’ufficio del direttore. E non sa cos’ho visto!

Giu. E cos’è che ha visto nell’ufficio di mio marito?

Rientra Saverio.

Sav. Anto’, hai una moneta da prestarmi? La macchinetta del caffè s’è guastata e non accetta le banconote. Ma che succede qui?

Sab. Io stavo cercando il bagno!

Giu. Io stavo cercando mio marito.

Ant. Io, un tranquillante.

Entra di corsa la Mazia, aggiustandosi la camicetta.

Mar. Sabrina, tesoro, posso spiegarti…

Sab. Non c’è nulla da spiegare. Se avevi certi gusti, potevi dirmelo prima!

Giu. Di che gusti sta parlando? Si può sapere cos’ha visto nell’ufficio di mio marito?!

Entra il direttore, senza giacca, senza cravatta e col la camicia in parte stazzonata.

Dir. Marzia aspet…

Giu. Giuseppe!

Dir. Giuliana!

Giu. (senza aggiungere nulla, tira uno schiaffo al marito ed esce impettita) …

Mar. (rivolta al direttore) Così avresti una moglie, eh?!

Sab. Non è l’unico ad aver mentito… (tira uno schiaffo a Marzia ed esce anche lei)

Mar. Hai visto cos’hai combinato? (tira uno schiaffo al direttore e segue Sabrina)

Dir. Ma no, Marzia… ti posso spiegare. Volevo chiedere il divorzio! (tira uno schiaffo ad Antonio e la segue).

Scena sesta

Antonio e Saverio, rimasti soli.

Ant. (massaggiandosi una guancia) Gente raffinata…

Sav. (ride) Non te la prendere Anto’.

Ant. (tira uno schiaffo a Saverio) Te l’avevo detto.

Sav. (massaggiandosi la nuca) Ma tu lo sapevi che il direttore si chiama Giuseppe Baldin?

Ant. Io? no. L’ho sempre chiamato direttore. Sai, l’etica professionale…

Sav. A proposito, dopo tutta sta baraonda della raccomandata che ne facciamo?

Ant. La raccomandata? Non l’avevi sequestrata?

Sav. Appunto. Vuoi vedere che il direttore ha pure un’altra amante.

Ant. O un’altra moglie.

Sav. Vediamo cos’è?

Ant. Dai.

Sav. (apre l’armadietto, tira fuori la busta e l’apre)

Ant. Allora, che dice?

Sav. (gira la lettera verso il pubblico) Richiesta di divorzio.

18 Comments on “Richiesta di divorzio”

  1. Sì, ci sono delle ingenuità, ma è normale, ma secondo me potresti revisionarlo e migliorarlo, perché in fondo la storia c’è.
    Sto preparando anche io un racconto in forma di dramma per il blog 🙂

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    • Non mi attira più. E per perderci tempo ormai ho bisogno di un progetto in cui credo davvero. Questo è pure anacronistico. Forse negli anni ’90 aveva una sua ragione d’essere. Non credo che oggi le cose funzionino ancora così. Però ci sono anche delle anticipazioni: l’amante del direttore è anche lesbica (o bisex), che non era una cosa così diffusa negli anni novanta (o quantomento non se ne parlava così apertamente), eccetera.

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    • Stare in Germania ti sta facendo disabituare a un uso coerente dell’italiano… XD Come dicevo nel commento precedente, ci sono anche delle avanguardie in questo sketch, come l’amante bisex ad esempio. 🙂

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      • a parte gli “avivi” che mi è scappato, il resto è voluto 😛
        Io però a quel potevi dirmelo di avere c’erti gusti mi ero immaginato tutt’altro 😛 (latex, frustini, robe così 😀 )
        Quella è la cosa che ho trovato più postmoderna, mettere fuori scena la scena più interessante 😉
        Le battute sembrano un po’ quelle del drive-in o dei film di Boldi-DeSica 😛

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  2. Salvatore, ho visto scenette di cabarettisti blasonati ben peggiori di questa, sai? Non ha cali di ritmo, gli schemi classici dell’avanspettacolo ci sono (l’aglio, i qui pro quo, il giro di schiaffoni finale…), e avevi solo diciassette anni. A quell’età io mi lanciavo nei racconti di fantascienza-ai confini della realtà e tu parlavi già di bisex!

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    • Dai Giulia, fa schifo. Fa così schifo che non so come ho trovato il coraggio di pubblicarla qui. Forse l’ho fatto perché volevo dimostrare che tutti devono cominciare da qualche parte… 😉

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  3. In realtà non è male. Per gli anni ’90 lo stile era congruo. Più che Boldi, a me ha echeggiato le commedie del mitico Neil Simon.
    Rumors per dire la prima.

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