Racconti di Salvatore Anfuso

Afflizioni e Delizie

Pubblicare i propri racconti su una rivista, soprattutto se edita da un grande gruppo editoriale e a diffusione nazionale, è una gran bella botta per la propria autostima. Vedere i propri racconti stampati su carta; sapere che verranno letti da Catania a Venezia; andare in edicola, acquistarne una copia e giustificarsi con l’edicolante dicendo: «Sa, io ci scrivo…», sono tutte cose che ti fanno giustamente inorgoglire. «Ce l’ho fatta,» dici a te stesso, e intanto cominci a sbirciare oltre il prossimo orizzonte. Ma non sono solo rose; afflizioni e delizie fanno parte del gioco.

Le delizie

Oltre quelli già citati, ci sono un certo numero di vantaggi, diretti e indiretti, nel pubblicare su una rivista cartacea venduta in edicola. Il proprio nome inizia a circolare, sia tra i lettori sia tra gli addetti ai lavori; finendo nel database della casa editrice che pubblica la rivista, fianco a fianco con quello di gente ben più quotata di te. I lettori che apprezzano i tuoi racconti, si segnano mentalmente il tuo nome e cercano nei numeri successivi altri racconti scritti da te. Alcuni, i più intraprendenti, quelli che hanno una maggiore dimestichezza con internet, arrivano addirittura a cercarti sui motori di ricerca. A me è successo: alcune lettrici mi hanno chiesto l’amicizia su Facebook. Tra loro, qualcuna è arrivata a complimentarsi direttamente, dicendomelo in chat o in un commento sotto il post del racconto che le è piaciuto.

Un altro vantaggio è quello di potersi relazionare con dei professionisti della carta stampata. Gente che ha competenze vere, perché per vivere seleziona e pubblica racconti; gente che sa darti delle indicazioni, frutto di anni e anni di esperienze: a volte di fallimenti, altre di successi; gente che, con le proprie parole, è in grado di rincuorarti, di illuminarti, di indicarti i difetti e sottolineare i pregi. Io mi ci sono trovato bene, molto bene con la redazione della rivista che mi pubblica. Non posso definirle amicizie, ma buone conoscenze certamente sì.

Infine, ma non ultima nella scala dei valori, la gente inizia a considerarti un professionista. Quando si comincia a guadagnare da quello che si fa è normale venire considerati non più dei sognatori, ma gente che i sogni li realizza davvero. Ti fai una reputazione. E la reputazione, bene o male, ripaga sempre. E poi, diciamocelo, l’idea del romanziere che vive di sola scrittura è calcata sulla figura del modello americano e gli scrittori americani, persino quelli più famosi, hanno iniziato la loro carriera pubblicando racconti sulle riviste. Un bel sogno da qualche parte deve pur cominciare…

Le afflizioni

Il risvolto della medaglia c’è, come in tutte le cose. Non sono tacche con le quali non si riesce a convivere, io la notte dormo benissimo. Più che altro si tratta di lacune difficili da aggirare. Uno di questi è il rapporto con il lettore. Credo valga sia per la carta stampata di una rivista sia per quella di un romanzo. Al di là degli spontanei quanto sporadici contatti con il lettore/lettrice solerte, essi sono completamente inesistenti. Come scrittore non saprai mai se il tuo racconto ha fatto presa, se il lettore l’ha apprezzato e, nel caso sia avvenuto quel magico innamoramento tra parola stampata e sognatore, non saprai mai il perché. È piaciuto? Cosa, è piaciuto?

Quando pubblico i miei racconti qui, nel blog, ho un riscontro preciso e puntuale. Metto sempre in conto che i lettori di un blog possono non essere attendibili, perché il più delle volte non osano scrivere ciò che pensano (non fino in fondo magari), e perché comunque se ti leggono sono tuoi alleati: ti vogliono bene, ti stimano e così facendo vedono molto i pregi e poco i difetti (non i miei, di lettori, comunque…). Sulla carta stampata, dove tra scrittore e lettore non c’è alcun tipo di rapporto affettivo, ci si aspetterebbe una maggiore obbiettività. Obbiettività che si concretizza quando il racconto viene riletto due-tre volte, anche a distanza di tempo, o quando lo si salta a piè pari dopo aver scrutato con ostilità l’incipit o il titolo. Ma come raggiungerla questa dose di obbiettività? Semplice: non si può. Tra scrittore e lettore c’è di mezzo l’editore; mi scuserete la rima involontaria.

Non giudico la presenza dell’editore con toni critici; ce ne fossero di editori che mi pubblicano e mi pagano con la regolarità di Mondadori (Dio l’abbia in gloria); ma rappresenta per sua stessa natura un valico, una barriera che anziché unire: separa. È sempre stato così, sia ben inteso, e non c’è modo di aggirare la cosa. Chi pubblica libri cerca di farlo permettendo con le presentazioni e i convegni di avvicinare il lettore all’autore. Con la carta stampata, esistono le rubriche… Ma anche queste occasioni hanno per loro natura delle mancanze che non possono ridurre più di un tot la distanza. Carta stampata e blog sono mezzi diversi, con i loro pregi e difetti peculiari. Tuttavia, se mai arrivassero lettere e messaggi alla redazione, pur custodendone l’anonimato che le leggi sulla privacy garantiscono, perché non girarle all’autore a cui si riferiscono? Sarebbe un bel modo per far conoscere allo scrittore il pensiero del lettore, permettendogli così di adeguare il tiro nei propri racconti. Ecco, questo potrebbe essere un bel regalo per il mio compleanno. Il mio compleanno quest’anno cade di giovedì: il 2 giugno (festa della Repubblica). Lo dico tanto per dire…

Un altro difetto, vecchio anch’esso come il mondo, del pubblicare racconti su una rivista è la mancanza di controllo sulla stampa. Se ne lamentava persino J.D. Salinger. Io consegno i miei racconti, a volte con alcune raccomandazioni su scelte stilistiche che si vorrebbe non venissero modificate, ma l’ultima versione del testo, quella che appunto va in stampa, non mi compete più. In questo intramezzo può succedere di tutto. Le signore della redazione, sia ben inteso, sono molto brave; tuttavia hanno delle priorità di gran lunga più importanti rispetto all’orgoglio artistico dell’autore. Un testo pulito, ad esempio, è più desiderabile rispetto a un testo di strafalcioni artisticamente giustificati, la cui natura il lettore potrebbe non intuire.

Conclusioni

Insomma, pubblicare è come vivere: c’è la gioia e ci sono i dolori. La prima è quasi sempre al singolare, i secondi quasi sempre al plurale. Ma se non ci fossero entrambi, forse di vivere non ne avremmo la voglia.

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Note

In calce una foto scattata da Silvia Algerino.

46 Comments on “Pubblicare su una rivista”

  1. In teoria dovrebbero mandarti l’ultima bozza definitiva che andrà in stampa. Non è così, quindi?
    Riguardo alle scelte stilistiche, a quel punto non potresti chiarirle coi responsabili?
    Parlando invece del rapporto scrittore/lettore, quando pubblichi su riviste o un romanzo, sempre in teoria esiste il web: tu hai un blog in cui segnali i racconti che escono nella rivista, quindi i lettori potrebbero commentare qui e dirti cosa ne pensano.
    Suggerimento (se è una cosa possibile): non puoi inserire a fine racconto una breve nota in cui inviti chi legge a dare il suo parere nel tuo blog?

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    • Be’ no, non è un romanzo. È solo un racconto che assieme ad altri nove viene pubblicato su un settimanale. Nessuna redazione si sbatterebbe tanto.

      Già fatto. Ho già dato le indicazioni, ma è normale che la redazione di una rivista dia più importanza al lettore che allo scrittore. Anch’io lo farei.

      Il suggerimento è valido, lo prendo in considerazione (un po’ lo davo anche per scontato, che chi avesse letto il racconto poi venisse anche a commentare). Tuttavia credo che internet sia ancora poco usato dal lettore medio italiano.

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  2. Tranquillo io oso 😛 magari non sono così attendibile è preciso, ma ci sto lavorando 😉
    Per il resto boh, io l’unica cosa che ho pubblicato su una rivista era un articolo scientifico, ovvero è apparso il mio nome su un articolo pubblicato dal mio professore perchè una parte era la traduzione in inglese della mia tesi, ma non è che ho fatto poi molto. Riscontro dai lettori non ne ho avuto, però l’articolo è stato citato un paio di volte in un paio di bibliografie, vale? 😀
    Dal punto di vista psicologico non so se interpretare questo tuo desiderio di un riscontro come una forma di insicurezza o di narcisismo 😛 per fortuna non faccio lo psicologo XD

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  3. Grazie per aver utilizzato la mia foto! 🙂
    Io credo che la vita dello (aspirante) scrittore come nella vita reale sono le piccole soddisfazioni a fare la differenza. La mail di chi ha apprezzato, il messaggio, il piccolo riscontro. Sono quelle cose che ti fanno capire che hai raggiunto il lettore, che poi è il fine della narrativa.
    Oltre tutto penso che non puoi scindere in modo così netto chi ti apprezza come scrittore da chi ti apprezza come blogger e, alla fine, come persona. La percezione che abbiamo delle persone che conosciamo così come di quelle famose è un tutt’uno. Se ti sei guadagnato la stima dei tuoi lettori sul blog è perché apprezzano ciò che scrivi e come lo scrivi e, a meno che uno lo faccia per interesse ma non vedo proprio il perché, le critiche e gli apprezzamenti che ti rivolgono sono senz’altro sincere.
    Come lettori siamo sufficientemente competenti? Io forse no, molti altri qui certamente sì. Ma credo anche che alla fine il giudizio che fa la differenza non è quello dei critici, ma quello dei lettori.

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    • Sai, io alle piccole soddisfazioni preferisco quelle grosse. Ma è solo un punto di vista. E poi sono stufo del singolare: io non voglio raggiungere il lettore; io voglio raggiungere i lettori (e le lettrici, quest’ultime possibilmente nel loro letto).

      Il blog e la narrativa sono cose differenti. Sono forme di comunicazione differenti. Sono mezzi differenti. Qualcuno che non citerò mi ha detto di non aver mai conosciuto uno scrittore che non fosse anche un bravo blogger. E da vedere se è vero anche il contrario però: un bravo blogger può essere anche un bravo scrittore? Però ringrazio i lettori del mio blog: sono la mia preziosa (e al momento unica) linfa vitale.

      Il giudizio che fa la differenza è sicuramente quello dei lettori. Ecco un tema per te: vale la pena pubblicare un blog specializzato, se poi a leggerti non sono i lettori, quelli veri, ma altri “specializzati” come te? Sviluppalo. 😉

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  4. Io credo che quella che stai vivendo sia per te un’occasione meravigliosa per farti conoscere, per conoscere il mondo editoriale, per avere un riscontro e un balsamo per l’autostima e il tutto è anche retribuito! Io vivo qualcosa di simile con Delos Digital (credo molto simile anche a livello pratico, perché la redazione di Delos e il comprato edicola di Mondadori ha molte figure in comune), anche se ho il sospetto che il giallo venda e paghi meno (sigh). Quindi sappi che un po’ ti invidio

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    • Dici che il giallo vende meno? Non saprei… Ad ogni modo non c’è nulla da invidiare. Anzi, sai che ti dico? Sono io ad invidiare te: sei più giovane di me e hai già pubblicato due romanzi (e numerosi racconti). Mi consolo con la speranza, un giorno, di portarmi a letto tutte (o quasi) le mie future lettrici. 😛

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  5. Sì, il giudizio dei lettori è importante ma conserva un tuo giudizio super partes, non farti ingabbiare troppo da apprezzamenti o critiche. Ad esempio i tuoi esperimenti “post-moderni” possono far storcere qualche naso ma devi andare avanti. 🙂
    A proposito: quanto ti sei sentito frenato nella creatività dovendo seguire la linea editoriale di Confidenze? Hai mai sentito o ti sei mai imposto una sorta di censura? In pratica: scrivere per una rivista ti fa scrivere come piace a te o senti di scrivere come piace ad altri (siano essi la redazione o le lettrici)?

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    • Tranquillo, non demordo. La narrativa postmoderna colta si vende solo grazie alla reputazione. Cioè quando raggiungi quella soglia oltre la quale il lettore smette di chiedersi se ciò che hai scritto ha un senso, e comincia a gustarselo perché l’autore ha la fama di scrivere cose intelligenti. Aspetto quel momento con trepidazione.

      Io nella narrativa amo due generi, due soltanto: la narrativa emotiva e la narrativa colta. Due generi molto diversi fra loro, certo. Quindi no, non ho dovuto sforzarmi di scrivere quei racconti; e sì, mi piace scriverli. D’altronde non li scriverei se non mi piacesse. Non mi sono dovuto costringere solo per pubblicare. Ad esempio non ho mai scritto un giallo, neanche con la possibilità di una pubblicazione. Scrivo quello che mi piace scrivere, non potrebbe essere diversamente. Limitarmi invece sì, ho dovuto farlo. Pubblicare attenendosi a un certo taglio richiede da parte dell’autore una doppia sensibilità. Non mi pare sia diversa dallo scrivere un tema alle medie: non bisogna mai, mai! andare fuori tema… 😉

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  6. Non voglio commentare il post, comunque come sempre molto piacevole, preferisco essere onesto e sincero nel dirti che nel leggerti ho provato una sana e costruttiva invidia. Beato te. deludente come commento eh? Però è quello che ho provato.

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    • L’invidia divora il fegato, amico mio. Meglio rovinarselo con una bottiglia di Gin. 😉

      P.S. hai scritto e pubblicato un bel libro: di cosa dovresti essere invidioso?

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      • Vero, allora preferisco lo scotch. Vabbè dai, hai capito cosa intendo, diciamo che penso che la strada che hai intrapreso sia più produttiva, non ti conosco personalmente ma ti immagino come una sorta di rullo compressore. Determinato e preparato. Io invece mi faccio spesso trascinare dagli eventi.

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  7. “andare in edicola, acquistarne UNA copia e giustificarsi con l’edicolante” ahahah 😀 . Ma va là! Tu vai in edicola e acquisti 3 (tre) copie. E io spesso rimango senza… Due volte ho dovuto giustificarmi con mia suocera. Dico: mia suocera! 😀 😀 😀
    Comunque, seriamente parlando, complimenti davvero.

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  8. Una cosa che mi domando la tempo è: la diffusione di internet mantiene alte le vendite delle riviste cartacee? Io non ne compro una, credo, da un decennio. Da quando ho smesso di prendere il treno.

    Altra domanda, sebbene non c’entri nulla: Confidenze è una rivista legata a Cielle, o comunque di matrice cattolica? Anche questa è solo una mia curiosità. Non so perché mi sembra di averla letta ai tempi in cui studiavo dalle suore (scuola media) nella versione “junior”. Una sorta di “Cioè” cattolico, diciamo, sicuramente diversa dalla rivista “principale” su cui pubblichi tu. 🙂

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    • Queste sono domande da non rivolgere al sottoscritto, credo. Non mi occupo di marketing da rivista. Ad ogni modo: penso che dall’avvento di internet, le riviste cartacee siano andate a dar via il culo; molte hanno chiuso, altre sono sull’orlo del baratro. Tuttavia quelle che si sono salvate, lavorano bene. Confidenze è una di queste. Vende più di 70.000 copie alla settimana. Anche ci fosse stata una sorta di contrazione rispetto agli anni buoni (quelli, immagino, tra i cinquanta e i sessanta), è comunque una cifra di tutto rispetto.

      Non conosco Celine e non ho mai letto Cioè. Non conosco neanche lo “schieramento” politico/religioso di Confidenze. So, però, che Confidenze è una costola di Donna moderna. La direttrice dell’una è anche vicedirettrice dell’altra. Entrambe fanno parte del Gruppo Mondadori.

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  9. Scrivere e essere letti è sempre una gran cosa, a prescindere dal “cosa” e dal “chi”. E’ un passo importante, una conferma. E poi, non ultimo, guadagnare con il proprio scrivere fa un ottimo effetto sull’autostima! 😉

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    • Guadagnare ti fa fare il salto nel professionismo. Il prossimo livello è quello di riuscire anche a mantenersi solo con la scrittura… Sarebbe un gran bell’obbiettivo. 🙂

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  10. Interessante… specialmente l’ultimo punto. Non puoi permetterti di andare troppo fuori dagli schemi, e se lo fai c’è qualcuno gentilmente pronto a rimetterti in riga. Che tristezza… capisco la tua frustrazione. In generale, però, le delizie pesano più delle afflizioni.

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