Alexej Ravski

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

La volta scorsa abbiamo visto come si adopera l’articolo davanti ai nomi stranieri, alle sigle, ai titoli, ai nomi e ai cognomi; oggi ci dedichiamo al suo uso davanti ai toponimi, al possessivo e ai singenionimi.

Luoghi

«Con i nomi di luogo la presenza di articolo e di preposizione articolata è legata ad usi complessi e non sempre riducibili a norme generali».

Luca Serianni, Ivi p. 173

In genere esso manca:

  • Davanti a toponimi con funzione vocativale: «Addio diletta America».
  • In formule brachilogiche (concise e sentenziose: «contati i soldi, li misi intasca»): «la linea Torino-Milano».

In tutti gli altri casi: bisogna distinguere.

Paesi e città

Per quanto riguarda i luoghi come i paesi e le città, nella maggior parte dei casi l’articolo è assente: «andrò a Milano nel week-end»; «Torino ha dato i natali a Massimo Gramellini». Tuttavia richiedono l’articolo: L’Aquila, La Spezia, Le Focette, L’Aia, L’Avana, La Mecca, La Valletta, L’Asmara, Il Cairo, Il Pireo.

Altri toponimi articolati si possono trovare spulciando tra le piccole località, «in cui è trasparente il nome comune che ne costituisce l’etimo» [Gerhard Rohlfs]: I Dossi (Piacenza), Le Casette (Padova), L’Olmo (Perugia), I Trebbi (Firenze), ecc. «Nei secoli scorsi (oggi più raramente e occasionalmente) ricevevano l’articolo anche Cattolica, Mira, Mirandola, Porretta» [Serianni].

Naturalmente i toponimi stranieri che posseggono l’articolo, mantengono l’originale: El Paso, Los Angeles, La Coruña, ecc.

Viceversa, dice il Serianni, se il toponimo è accompagnato da una determinazione – ad esempio aggettivale – allora si usa precederlo con un articolo: «la bella Torino», «la romantica Parigi», «la Roma della mia giovinezza», ecc. Tuttavia viene obbligatoriamente omesso con gli aggettivi mezzo e tutto: «la seconda guerra mondiale ha demolito mezza Torino»; «Cesare sottomise tutta Roma». Mezzo, in particolare, rifiuta spesso l’articolo anche davanti ai nomi comuni; è raro trovare l’articolo tra mezzo e sostantivo: «non gli basta che si è mangiata mezza la casa» [Pavese, La luna e i falò].

«Solo apparentemente riferito a toponimi è l’articolo che compare in alcune espressioni ellittiche, con sostantivo sottinteso: “la [gara ciclistica] Milano-Saronno”; “sulla [linea ferroviaria] Pescara-Foggia”, ecc.; o anche con i nomi delle squadre di calcio: “il Perugia”, “il Verona”, “Il Bologna”, “la Roma”».

Luca Serianni, Ivi p. 175

Regioni, stati, continenti

Come nel caso dei nomi di città, l’articolo è sempre presente con una determinazione: «l’Inghilterra vittoriana»; persino con l’aggettivo tutto: «tutto il Belgio piange i caduti», ma non con mezzo: «mezza Italia non legge libri».

In tutti gli altri casi: se il toponimo è usato come soggetto o complemento oggetto l’articolo è di norma presente («il Piemonte produce ottimi vini»), tuttavia non si usa con alcuni stati (Israele, Cuba, Haiti, Cipro, Formosa) e con le enumerazioni marcate da virgola; se è preceduto da preposizione l’articolo è sempre presente, agglutinato con una preposizione articolata, quando il toponimo è nella forma plurale («la politica degli Stati Uniti»), è spesso assente, invece, con i singolari quando il nome è retto da di e in, generalmente presente con tutte le altre preposizioni: «il re di Spagna», «navigare verso l’America».

Isole

È una categoria parallela per molti versi alle precedenti, tuttavia esistono dei casi particolari a cui prestare attenzione:

  • I gruppi insulari, quando indicati al plurale, e i nomi composti da un aggettivo o sostantivo, quando usati per intero, richiedono sempre l’articolo: le Egadi, le Azzorre, l’isola di Pasqua, la Nuova Guinea, ecc.
  • Molte piccole isole italiane non conservano l’articolo: Capri, Ischia, Ponza, Lipari, ecc. ma il Giglio.
  • Le isole esotiche in genere rifiutano l’articolo: Giava, Creta, Maiorca, ecc.

Laghi, monti, mari e fiumi

Con monti e mari in genere si usa l’articolo. Anche i nomi dei laghi richiedono l’articolo, ma in alcuni casi introducendo la specificazione «lago»: il lago di Como.

È frequente anche con i nomi dei fiumi (il Volga, il Po, il Tevere, ecc.), tuttavia l’articolo può mancare:

  • Con Arno, specialmente se preceduto da di o in, e più raramente con Po o con altri fiumi: «[…] a buttarsi in Po» [Bassani].
  • In sintagmi cristallizzati formati con “Valle”: Val di Sangro, ecc.
  • In odonimi (nomi di strade) composti con “lungo”: Lungopò, Lungotevere, ecc.

 Strade, monumenti, quartieri

Con i nomi di strade generalmente l’articolo non si usa. «L’odonimo corso è articolato quando manchi la denominazione: “i negozi del corso”» [Serianni]. Se gli odonimi indicano la sede di un organismo politico, industriale, finanziario, se adoperati per indicare l’organismo stesso, allora l’articolo non si mette.

Per i monumenti designati da un sostantivo, si usa l’articolo che quel sostantivo richiederebbe: «la Mole Antonelliana». Può, invece, mancare con castello: «fuggire da Castel Sant’Angelo», ma «il Castelvecchio di Verona». Con palazzo l’articolo si mette quando il sostantivo regge un complemento di specificazione: «il palazzo della Gran Guardia»; l’uso oscilla invece quando segue un nome di famiglia, un aggettivo o un «sostantivo giustapposto»: «le raccolte di palazzo Pitti», «nelle stanze del palazzo Zuccari».

Con i nomi propri dei singoli monumenti, come ad esempio «il Colosseo», l’articolo è sempre richiesto.

«Per i nomi di quartieri, di rioni, di zone urbane o suburbane, ogni caso fa storia a sé» [Serianni, Ivi p. 177].

Con il possessivo

«A differenza del francese (ma maison), dell’inglese (my house), del tedesco (mein Haus), dello spagnolo (mi casa), l’italiano usa l’articolo anche con l’aggettivo possessivo: la mia casa».

Luca Serianni, Ivi p. 178

Naturalmente, come ricorda Ornella Castellani Pollidori (Ricerche sui costrutti col possessivo in italiano), membro emerita dell’Accademia della Crusca, nel caso di concomitanza col possessivo l’articolo manca là dove mancherebbe anche senza il possessivo: «a casa mia».

Parentele

I singenionimi sono quei nomi che indicano un legame di parentela (non necessariamente di consanguineità) tra le persone: padre, marito, figlio, ecc. L’uso dell’articolo davanti a un singenionimo, preceduto o seguito da un possessivo, si distingue in vari casi:

  • Con sostantivo al plurale, l’uso è obbligatorio: «le nostre madri», «i suoi figli», ecc. Anche, puntualizza il Serianni, con il possessivo loro: «la loro moglie», ecc.
  • Con padre, madre, figlio, figlia l’articolo si omette («mio padre era un uomo d’affari»), ma va espresso con le varianti affettive: babbo, mamma, papà, figliolo, figliola: «E il tuo babbo e la tua mamma sono sempre vivi?» [Collodi, Pinocchio]. Nell’italiano famigliare sono tuttavia ben saldi gli usi: mia mamma e mio papà [Brunet].

Sono molti quegli autori, anche nelle file dei toscani, che prediligono l’omissione dell’articolo: Cassola, Pratolini, Landolfi, Buzzati, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Moravia.

Tuttavia il suo uso è necessario:

  • Con gli alterati: «la mia sorellina» [Cassola], «alla tua nonnina» [Pirandello].
  • Con patrigno, matrigna, figliastro, figliastra.
  • Con i termini che indicano un rapporto sentimentale che non rientrano ancora nei vincoli di parentela: fidanzato/a, ragazzo/a, moroso/a, amante, ecc.
  • In costrutti con valore enfatico in cui il possessivo sia posposto: «il nonno mio», ecc.

Quando il singenionimo è accompagnato da un antroponimo è più frequente l’omissione dell’articolo: «mio fratello Sante» [Cassola].

Infine, senza il possessivo l’uso formale con i singenionimi vuole sempre l’articolo. Ma: con mamma, babbo e papà è comune l’omissione, quando usati in riferimento ai genitori del parlante o dell’interlocutore.

Questioni di tempo

L’articolo precede sempre l’anno, anche quando espresso in cifre. Se viene indicato anche il mese e il giorno, il costrutto viene introdotto da un articolo singolare maschile. Per designare l’ora, invece, è obbligatorio l’uso dell’articolo femminile plurale, tranne per l’una a cui si può alternare le una.

Conclusioni

E con questo articolo, scusate il gioco di parole, sono finalmente riuscito a farmi odiare da tutti. Per coloro che conservano ancora sufficiente dose di masochismo, al prossimo mini-ripasso indagheremo meglio l’utilizzo dell’articolo indeterminativo… Nel frattempo rilassatevi (se potete).

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Note

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989

In calce: un quadro di Alexej Ravski.

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8 Comments on “L’articolo (parte III)”

  1. Ma il singenionimo porta febbre alta? perchè forse una volta l’ho preso… come dici? non è un virus? eppure sembrava 😀
    A parte gli scherzi, per fortuna ci aiuta l’orecchio, altrimenti sarebbe impossibile ricordare tutte queste regole 😉
    In tedesco il possessivo funge lui stesso da articolo, infatti si declina allo stesso modo dell’articolo indeterminativo (insomma complicatissimo 😀 )

    Una curiosità che non c’entra: membro emerita</, ma in questo caso emerita non dovrebbe concordare con membro, dunque maschile?

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    • Singenionimi fa il paio con odonimi. 😛

      Sì, l’orecchio aiuta. Sarebbe impossibile ricordare tutte queste cose a memoria, a meno che non lo fai per lavoro.

      La concordanza sta alla base della lingua, ma in questo caso è la stessa Accademia a usare il femminile e io mi sono limitato a copiare.

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  2. Ho visto che molti (erroneamente) dicono: “Anno scorso sono andato a Roma” o “Settimana passata sono stato male”, quando si dovrebbe mettere l’articolo: “L’anno scorso sono andato a Roma” o “La settimana passata sono stato male”.
    In un programma americano doppiato in italiano dicevano sempre “Ho visto camera mia”, anziché “Ho visto la mia camera”. Mentre invece si può dire “Questa è camera mia”.
    Che dice il Serianni al riguardo?

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    • Nei casi specifici che indichi non ho idea di cosa ne dica il Serianni. Ad ogni modo a me paiono prodotti di una dimensione colloquiale. Parlando, per via del noto risparmio del parlante, può capitare di tagliare qualche articolo, così come capita di mangiarsi le parole. La pagina scritta però è un altro paio di maniche e l’articolo si deve mettere. Detto questo, “ho visto camera mia” non mi pare una formula errata, se si vuole usare uno stile appunto più discorsivo.

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  3. Concordo con Grilloz: meno male che l’orecchio aiuta. Leggo sempre questi ripassi con un po’ di apprensione e la speranza di arrivare alla fine e poter dire: finora ho fatto giusto. 🙂 🙂

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