Un'estate meravigliosa

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“Le mie prime mestruazioni si sono presentate inattese e silenziose in un assolato pomeriggio di fine luglio. Era l’82. Faceva un gran caldo. L’aria era tersa e immota. Il sole batteva con tanta forza sulla sabbia della riviera romagnola da costringere noi bambini, nelle ore centrali del giorno, a nasconderci sotto l’ombra stentata dei pini mediterranei. Questi se ne stavano allineati come soldatini ai margini della spiaggia. Il suolo era un tappeto di aghi. Camminarci a piedi nudi era un dolce supplizio. Quando la spiaggia diventava impossibile, era lì che la nostra comitiva si rifugiava. Ci divertivamo scorrazzando, vivendo alla giornata, seguendo regole non scritte che ci governavano. E io ero la più scapestrata della banda. A guardarmi, non l’avreste detto che ero una bambina.

L’anno prima, quando i seni avevano cominciato a puntare la maglietta, mia madre del costume mi aveva costretta a indossare il pezzo di sopra. In genere quando ero al mare me ne andavo in giro a petto nudo, assolutamente indifferente a quello che gli adulti ne potessero pensare. E avrei continuato volentieri così, se non fosse stato per mia madre. Ciò che odiavo di quella fascia non era il fatto che mi cingesse il torace dandomi l’impressione di soffocare, ero snella come un chiodo a quel tempo; odiavo quella fascia perché sottolineava la mia femminilità, distinguendomi dagli altri ragazzini. “Una femmina”, era l’espressione che più odiavo sentire. Dovetti fare a botte un paio di volte per ristabilire la gerarchia della banda.”

… continua sul numero 12/2016 di Confidenze.

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P.S. Anche questa volta, nel blog di Confidenze, trovate una bella introduzione al racconto a cura di Valeria Camagni.

26 Comments on “Un’estate meravigliosa”

  1. L’estate del 1982 è rimasta nei ricordi di molti. Se ne sta parlando proprio in questi giorni a proposito dell’aereo che trasportava i nostri calciatori della nazionale assieme a Bearzot e al presidente Pertini dopo la vittoria dei mondiali. Un’estate memorabile anche per me e la mia adolescenza.
    Complimenti per il racconto, sarà bellissimo come l’anno che l’ha ispirato.

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    • Grazie, Giulia. Gli anni ’80 mi interessano molto. Forse perché rappresentano il decennio della mia infanzia. Decennio in cui ho cominciato a esplorare il mondo, me stesso, le altre persone, la letteratura… E poi erano anni belli, almeno per me. Credo che ne ambienterò parecchie di storie in quel periodo. 🙂

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  2. Altro che self-publishing, questo è publishing senza il self. E in più, pagato.
    Come dice Truman Capoce: «Non scrivo mai – sono proprio incapace fisicamente di scrivere – qualcosa che non mi verrà pagato».

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    • In effetti riscontro un ampio margine stilistico tra i racconti che scrivo per il blog e quelli che scrivo per Confidenze. Il fatto di venire remunerato mi spinge a entrare in un ottica di maggiore professionalità. Non so spiegarlo meglio di così.

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    • È il sesto. Sì, ce ne sono altri. In realtà finora non hanno mai rifiutato nulla di mio. Quindi si potrebbe dire che dipende da me, da quanti racconti scrivo per loro, da quanto tempo riesco a dedicare a questa cosa. Sai, ci sono mesi migliori e mesi più piatti. In quelli buoni magari riesco a scrivere anche due racconti, oltre ai post per il blog. In quelli piatti… fatico parecchio. Bisognerebbe scrivere per lavoro, in modo da dedicare tutto il tempo lavorativo solo a questo. Ma per il momento non è una meta ancora alla mia portata.

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      • Ottimo! Mi sembra sufficiente per ora, non sforzarti a scriverne troppi o la qualità ne subirà le conseguenze.
        Hai ottenuto un buon feedback dai lettori?
        Hai provato anche altre riviste?

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        • Il brutto di scrivere per le riviste, diversamente dal blog, è che non hai alcun tipo di rapporto con il lettore. Non sai mai se quello che scrivi piace; né quanto piace né perché o cosa piace. Ti rapporti solo con la redazione, e in base a quello che ti dicono loro trai le tue conclusioni. A me hanno confidato che i miei racconti hanno una marcia in più rispetto agli altri, e in effetti se pensi che non hanno mai rifiutato nulla, che pubblicano tutto quello che gli propongo nel modo in cui glielo propongo, che si preoccupano di chiedermi consigli quando devono fare delle modifiche (è successo un paio di volte), magari è anche vero. Poi mi hanno confidato che le mie storie sono molto realistiche, sono molto soddisfatti, eccetera. Tuttavia rimane sempre il dubbio che quello che dicono a te, lo dicano anche agli altri… mi spiego? Inoltre non parlano mai dei lettori, delle loro reazioni, e via dicendo. Non sai se in redazione ricevono delle lettere di complimenti o di critica per qualcosa che hai scritto. Il buio totale. L’unica cosa concreta è sapere che ti pubblicano. Tutta la tua fiducia sulle tue capacità, sulla qualità dei tuoi racconti si deve basare solo su questo. È un po’ frustrante.

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          • P.S. no, non ho provato altre riviste. Avrei voluto; ne ho anche trovate diverse; ma non ho il tempo. Riesco a mala pena a stare in linea con una rivista e il blog. Purtroppo il lavoro, quello ufficiale, mi toglie un sacco di tempo e sono sempre stanchissimo. Se a questo aggiungi il ripasso della grammatica, lo studio della linguistica e le letture varie che faccio… be’ avrei bisogno di giorni lunghi come settimane.

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          • Visto che hai un buon rapporto con la redazione potresti fargli notare queste tue osservazioni e proporre di aggiungere un angolo lettore, sulla rivista o online, oppure anche solo un indirizzo email di fianco al nome dell’autore in modo che i lettori possano mettersi in contatto, se lo desiderano.

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            • Lasciamo perdere il lavoro, va, che ora per lavorare mi tocca attraversarmi tutta la germania in treno ogni settimana 😛 (l’unica cosa che ci ha guadagnato è il tempo per leggere)

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