Edward Hopper - gas

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Nel precedente mini-ripasso abbiamo visto come si forma il plurale. Ci siamo però lasciati alle spalle un certo numero di eccezioni, di forme anomale, di plurali doppi come: ginocchi/ginocchia e diti/dita; eccezioni che sonderemo in questo articolo.

Nomi con doppio plurale

Come dicevamo la volta scorsa, alcuni sostantivi maschili con desinenza in –o hanno al plurale un’uscita femminile in –a (uovo, singolare maschile / uova, plurale femminile). Un numero consistente di sostantivi maschili con desinenza in –o, ci dice il Serianni, ha al plurale una doppia uscita: maschile in –i e femminile in –a. Nella maggior parte dei casi a questa differenza di terminazione corrisponde una sensibile differenza di significato.

Braccio

Il sostantivo singolare maschile braccio ha due uscite al plurale: bracci, plurale maschile; braccia, plurale femminile. Il maschile bracci si adopera per i bracci della bilancia, della stadera (una bilancia usata dai romani, con il gancio in alto a reggere l’impalcatura), della croce, ma anche i bracci di mare, di terra, di fiume. Il femminile, invece, si adopera proprio per indicare le braccia umane. Si usa il femminile anche per indicare con braccia l’unità di misura anglosassone.

Budello

Il budello (tratto del tubo intestinale) forma il plurale con due uscite: budelli, plurale maschile; budella, plurale femminile. Il maschile si adopera per indicare passaggi stretti e contorti: «già camminavo da mezz’ora per quei budelli tutti uguali e diversi» [Buzzati]; il femminile si riferisce all’insieme dell’intestino (crasso e tenue).

Calcagno

Anche calcagno ha due uscite nel plurale: il maschile calcagni e il femminile calcagna. Il primo indica le parti posteriori del piede: «Sono lì che ballo sui calcagni, come se mi scappasse, e suono di nuovo» [Me medesimo, La Stanza]; il secondo si riserva di preferenza alle locuzioni: «stare alle calcagna», «li aveva alle calcagna», ecc.

Cervello

Cervello al plurale esce con il maschile cervelli e il femminile cervella. Il maschile si adopera come semplice plurale di cervello: «troncò le congetture che già cominciavano a brulicar ne’ loro cervelli» [Manzoni, I promessi sposi]; il femminile indica di solito, analogamente a budella, la materia di cui si compone il cervello, in questo senso adoperato in locuzioni come: «far saltare le cervella».

Ciglio

Anche il ciglio, ormai lo immaginate da soli, ha due uscite nel plurale: il maschile cigli e il femminile ciglia. Il maschile si utilizza per indicare i “limiti”, come ad esempi i cigli della strada, di un fosso, ecc.; il femminile invece indica le ciglia degli occhi.

Corno

Forma il plurale al maschile con corni e al femminile con corna. Il maschile si adopera per indicare lo strumento musicale ma anche le estremità appuntite, come i corni della luna; il femminile designa le corna degli animali.

Cuoio

Nel plurale esce al maschile con cuoi e al femminile con cuoia. Il maschile indica le pelli conciate (il cuoiame); il femminile la pelle umana nel suo insieme, ma si adopera solo in senso astratto nelle locuzioni come: «tirare le cuoia».

Dito

Il dito forma il plurale con il maschile diti e il femminile dita. Il maschile si riferisce ai diti considerati distintamente l’uno dall’altro: «i diti pollici», «i diti indici», ecc.; il femminile indica (scusate il gioco di parole) le dita nel loro insieme.

Filo

Forma il plurale con il maschile fili e il femminile fila. Il maschile designa i fili d’erba, del telefono, della luce… Il femminile si riferisce in senso più astratto alle fila come trama, tipo le fila di una congiura, di una trama, ecc. Errato, invece, l’uso del plurale fila per indicare una serie di persone o cose; per quello si utilizza file (che è un’altra parola: il plurale di fila).

Fondamento

Forma il plurale con il maschile fondamenti e il femminile fondamenta. Il maschile indica i fondamenti di una scienza, o disciplina, o dottrina; il femminile si utilizza solo per le fondamenta degli edifici, delle città, ecc. Dire, quindi, «le fondamenta della filosofia» è sbagliato.

Fuso

Il fuso (l’arnese di legno usato per le operazioni di filatura) forma il plurale con il maschile fusi e con il femminile fusa. Il primo indica nel plurale i rocchetti usati, appunto, per la filatura; il secondo, invece, si riferisce alle fusa del gatto.

Grido

Forma il plurale con il maschile gridi e il femminile grida. Il primo indica i gridi degli animali; il secondo, nello specifico, le urla umane.

Labbro

Forma il plurale con il maschile labbri e il femminile labbra. Il prima designa i lembi di una ferita, o i labbri di un vaso; il secondo, nello specifico, indica le labbra umane.

Lenzuolo

Forma il plurale con il maschile lenzuoli e il femminile lenzuola. Il primo designa due o più lenzuoli; il secondo indica nello specifico il paio di lenzuola con cui si fa il letto.

Membro

Forma il plurale con il maschile membri e il femminile membra. Il primo designa l’insieme degli appartenenti a una comunità, gruppo, ecc.; il secondo si riferisce all’insieme delle parti che formano il corpo umano (credo anche animale).

Muro

Forma il plurale con il maschile muri e il femminile mura. Il primo indica le pareti di una casa, ma anche i muri che circondano un giardino o costeggiano una strada; il secondo designa le massicce mura di una città, fortezza, castello, ecc. «Si usa tuttavia mura piuttosto che muri per designare, con una sineddoche, una casa, una dimora…» [Serianni, Ivi p. 145].

Osso

Forma il plurale con un’uscita al maschile ossi e al femminile ossa. Il primo indica gli ossi considerati singolarmente (come nel caso dei lenzuoli); il secondo indica le ossa umane nel loro insieme. Da evitare la forma osse, ormai prevalentemente dialettale.

Staio

Il sostantivo staio (che designa sia il recipiente cilindrico sia l’unità che esso misura) forma il plurale con il maschile stai e il femminile staia. Il primo indica, appunto, i recipienti per misurare il grano; il secondo l’unità di misura relativa a due o più staia di grano.

Urlo

Come per grido, anche urlo ha una distinzione analoga nel maschile e nel femminile del suo plurale: urli, il maschile, usato per i versi degli animali; urla, il femminile, per le grida umane. Urlo e grido sono sinonimi; quindi anche la distinzione di significato fra i due plurali è simile.

Anche ginocchio, strido e vestigio hanno doppi plurali (ginocchi/ginocchia, stridi/strida, vestigi/vestigia), ma in questo caso la marcatura semantica è trascurabile. Tuttavia, se proprio si vuole fare delle distinzioni, si può considerare il caso di ginocchio alla stregua delle altre parti anatomiche viste finora (quindi con il femminile s’intende le ginocchia nel loro insieme e con il maschile i ginocchi considerati singolarmente). L’uso di vestigio (singolare maschile), che indica l’orma del piede umano o di una zampa animale lasciata sul terreno, è raro; più spesso si usa arbitrariamente vestigia per comunanza fonetica con effigie.

«Quel che s’è detto per questi doppi plurali ha valore generale: spesso, anche nell’uso scritto, le distinzioni tra plurali in –i e plurali in –a sono assai meno nette».

Luca Serianni, Ivi. p. 146

È raro che accada, ma non posso essere d’accordo con il Serianni; soprattutto per via del soggetto a cui questi mini-ripassi sono rivolti: quando scrivete, siate precisi anche in questi particolari. Nella scrittura sono proprio i particolari a fare la differenza.

Conclusione

Nonostante, o a causa di questo lungo elenco di doppi plurali, non siamo ancora riusciti a concludere il discorso sulla formazione dei plurali. Ci toccherà tornarci ancora la prossima settimana. State bene.

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Note

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989

In calce: un quadro di Edward Hopper (che in un post che parla di plurali dovrebbe farvi riflettere…).

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24 Comments on “Sostantivo: la formazione del plurale (parte II)”

  1. Che lingua complicata che abbiamo 😀
    Pensa che alcuni plurali neanche li avevo associati ai loro singolari 😛
    Ma è sicuro che le fusa, quelle del gatto, siamo il plurale di fuso? Non ne colgo il nesso :O
    Sarebbe interessante capire se questi doppi plurali sono un’eredità che ci portiamo dal latino o se sono tutta farina del nostro sacco.
    Vado a prendere il treno, a dopo, forse…

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    • In alcuni dialetti si conserva ancora la forma “ovi” e “ove” che sono due plurali di derivazione latina (uno maschile e uno femminile) di “ovo”. Nell’italiano contemporaneo tuttavia si conservano solo la forma “uovo” (singolare maschile) e “uova” (plurale femminile), dal latino “ova”.

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      • Se devo essere sincera quella distinzione fra gridi e grida, urli e urla, la conoscevo già. Mi ricordo anche di averla segnalata nel racconto di qualcuno. Mentre leggevo pensavo fosse uno dei tuoi revisionati un annetto fa, ma forse no, sennò te lo ricorderesti. Invece i diti sono stati una vera sorpresa! 😀

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