Escher-Three-Spheres-II

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

Il sostantivo è stato l’argomento dello scorso mini-ripasso. Abbiamo visto cos’è e come si forma un nome; abbiamo visto che il sostantivo è un elemento grammaticale variabile, perché il suffisso può flettersi per accordarsi al numero e al genere, operazione necessaria per la coerenza sintattica della frase. Il discorso è lungo e non può essere esaurito in un solo articolo. Oggi parleremo della distinzione di genere.

Il Genere

In italiano, il nome può essere maschile o femminile; il genere indica questa appartenenza. La scorsa volta abbiamo visto che nel passaggio dal latino all’italiano – ma già nel latino tardo – il genere neutro è andato scomparendo per lasciare spazio ai due sopravvissuti. Tuttavia è necessario distinguere tra genere reale e genere grammaticale.

Il primo, il genere reale, è concretamente motivato da una corrispondenza sessuale: maestro/maestra, gatto/gatta, ecc. Il secondo, il genere grammaticale, è dovuto a una pura convenzione priva di corrispondenza nel mondo extralinguistico: pensiero, vestito, tavolo, orologio, apice sono tutti maschili; sedia, favola, rete, cattedra, pertica sono tutti femminili. La loro appartenenza a un genere è frutto della tradizione linguistica e non ha alcuna reale corrispondenza con un ipotetico genere sessuale di appartenenza.

«In assenza di ogni riferimento ad un genere reale, molti gruppi di nomi tendono a ripartirsi grammaticalmente tra maschile e femminile in base alla tassonomia, cioè alla loro appartenenza a questo o quel settore delle classificazioni e delle nozioni comuni: non c’è, è vero, alcun motivo per cui il nome dell’oro, in sé, debba essere maschile (se non, storicamente, il fatto di derivare dal neutro latino AURUM); eppure notiamo che sono maschili i nomi dei metalli e degli elementi chimici, così come altre serie nominali sono costituite completamente o in gran parte da nomi femminili».

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989

Classificazione dei nomi: il femminile

Tendono a collocarsi nel genere femminile i nomi dei frutti: mela, pera, pesca, ecc.; ai quali corrisponde solitamente un nome d’albero maschile: melo, pero, pesco, e via dicendo. In molti altri casi, però, sia il nome del frutto, sia quello dell’albero sono maschili: cedro, fico, lampone, limone.

«Sebbene la norma tradizionale prescriva la coppia arancio (albero) – arancia (frutto), fin da epoca antica s’è avuto anche il maschile arancio per indicare il frutto […] ed è oggi piuttosto comune».

[Serianni, Ivi p. 106]

A influire sull’affermazione del maschile di arancio per indicare il frutto, può aver contribuito il fatto che sono maschili tutti gli altri nomi di agrumi. Anche i nomi dei frutti esotici sono prevalentemente maschili: ananas, avocado, cachi, mango, ecc.

I nomi di città, isole, regioni, stati, continenti tendono a essere femminili: la Roma dei papi, la sabauda Torino, una Milano da bere, la Sardegna, la Sicilia, le Eolie, l’Austria, l’Africa, ecc. Tra le regioni italiane sono maschili: l’Abruzzo, il Friuli, il Lazio, il Molise, il Piemonte, il Trentino-Alto Adige, il Veneto; oltre a molte sub-regioni: il Canavese, il Chianti, il Monferrato, ecc. Anche tra le nazioni figurano molti nomi maschili: il Belgio, il Perù, il Portogallo, ecc.

Per quanto riguarda i gruppi sportivi che prendono il nome da una città, regione, nazione, pur essendoci numerose eccezioni, le tenenze sono:

  • Con i nomi di città comunemente femminili, si ha il maschile: il Torino, il Bologna, il Catanzaro, ecc.
  • Con un aggettivo sostantivato si ha il femminile: la Triestina, la Salernitana, ecc.
  • Con i nomi di regione si ha talvolta il genere opposto a quello di partenza: la Lazio, ecc.
  • Con i nomi di nazione si ha lo stesso genere del nome corrispondente: l’Italia, la Germania, il Brasile, ecc.
  • Etichetta latina o nome mitologico sono di solito femminili: la Juventus, l’Atalanta, ecc.
  • I nomi composti, solitamente femminili: la Sampdoria (da Sampierdarenese e Andrea Doria).

Sono femminili anche molti sostantivi militari che indicano una mansione: guardia, guida, pattuglia, ronda, scorta, ecc; e i nomi di scienze, discipline, nozioni astratte: la grammatica, la filosofia, la fiducia, la pace, ecc. Anche se, accanto a molti femminili, si collocano dei sinonimi maschili: giustizia/diritto, discordia/disaccordo, allegria/buonumore, ecc.

Classificazione dei nomi: il maschile

Tendono a collocarsi nel genere maschile i nomi degli alberi: frassino, melo, pino, abete, ecc; ma sono numerosi anche i femminili: betulla, palma, quercia, sequoia, ecc.; i nomi dei metalli e degli elementi chimici: alluminio, argento, mercurio; idrogeno, ossigeno, zolfo, ecc.; i nomi dei punti cardinali: nord, sud, est, ovest, ponente, levante, oriente, occidente, settentrione, meridione, ecc.; i nomi dei mesi e dei giorni della settimana (domenica esclusa); i nomi di mari, monti, fiumi e laghi: lo Ionio, l’Adriatico, l’Everest, il Po, il Tevere, ecc.

A proposito di quest’ultima categoria, per la formazione del genere i nomi risentono del relativo iperonimo: il (monte) Falterona, il (fiume) Po, il (mare) Tirreno, ecc., tanto che «spesso questo rientra a far parte del nome proprio, per cui si può dire il Tirreno o il Mar Tirreno, e in alcuni casi è obbligatorio servirsene: […] il Monte Bianco» [Serianni].

Ci sono anche esempi femminili naturalmente, di queste categorie di nomi: la Maiella, la Marmolada, ecc.; tra i fiumi, alcuni stranieri: la Loira, la Senna, la Vistola; e italiani: la Dora, la Secchia. In alcuni casi, dice il Serianni, l’uso oscilla fra maschile e femminile, come: il Bormida o la Bormida, il Cecina o la Cecina.

«Il Piave, oggi per lo più maschile (anche se in dialetto si dice ancora la Piau), fu in passato femminile: ma dal primo conflitto mondiale in poi, per il diffondersi della famosa Canzone del Piave di Giovanni Gaeta, e probabilmente anche per influsso di tutti gli altri nomi maschili di fiume, ha preso il sopravvento la forma maschile». 

[Serianni, Ivi p. 108]

I nomi delle preghiere, che spesso mantengono il loro antico nome latino o lo affiancano al nome italiano, sono generalmente maschili: l’Angelus, il Credo, il Padrenostro, ecc. Così per i nomi di vini, «sia quando il nome si presenta in sé come un maschile (l’Aglianico del Vulture, il Barbaresco, il Corvo di Salaparuta), sia quando il nome (nella maggior parte dei casi, un toponimo) è nel suo uso comune un femminile (l’Elba bianco, il Grottaferrata, il Lacrima Christi, il Valpolicella). Maschili anche i nomi di vini uscenti in -i (il Chianti, il Tocai) e in consonante (il Pinot, il Riesling)» [Serianni]. Oscillano invece tra maschile e femminile la/il Barbera e il/la Marsala.

Il contrassegno morfologico

Sono maschili tutti i nomi con desinenza in -o, con poche eccezioni: la mano, la virago ed eco. Arcaico il femminile nuro per nuora. Eco, dice il Serianni, non di rado è adoperato come maschile anche al singolare: «come un eco lontano di flebili armonie» [Nievo, Le confessioni di un italiano]. Poi ci sono i due grecismi: sinodo e parodo, che «possono eccezionalmente essere trattati come femminili sul modello del greco synodos e parodos: “celebrandosi la santa sinodo in Nicea”» [Serianni].

Sono quasi tutti maschili inoltre i nomi terminanti in consonante (bar, rock, sport); femminili quasi tutti i nomi con desinenza in -a: carrozza, donna, ora, ecc., pur con l’eccezione di un nutrito gruppo di maschili: cataclisma, dramma, tema, ecc. I maschili in -a sono in gran parte di origine greca e di uso colto. Il maschile asma però, è stato quasi del tutto soppiantato dal femminile l(a) asma.

Infine: sono femminili quasi tutti i nomi terminanti in -i (esclusi i composti con base verbale che abbiano come secondo elemento un plurale maschile: contapassi, stuzzicadenti, ecc.); i nomi terminanti in -tà e in -tù (con poche eccezioni: taffetà e tutù). I nomi in -e che non rientrano in qualche classe suffissale, possono essere sia maschili, sia femminili (il dente, la gente, il ventre, la coltre, ecc.).

Conclusioni

Naturalmente un articolo come questo non può e non vuole essere esaustivo, sarebbe impossibile. Per ovviare a eventuali dubbi basta di norma un buon dizionario. La prossima settimana parleremo della formazione del femminile e, credo, ci sarà spazio per le polemiche, visto che questo è un argomento spesso avvertito come spinoso, almeno dagli anni settanta in avanti.

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Note

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET 1989

In calce: una sfera riflettente di Maurits Cornelis Escher

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15 Comments on “Il Genere del sostantivo”

  1. E che dire dei sostantivi che cambiano genere al plurale? (il dito – le dita)
    Sai, pensavo che per le squadre di calcio il genere dipendesse dal nome completo:
    La società sportiva Lazio – la Lazio
    Il Torino football club – il Torino
    Ma la Juventus football club? O la società sportiva internazionale Milano?

    In tedesco è divertente, o forse no, io non ci ho mai capito nulla, ci sono alcune regole, ma ci sono più eccezioni che regole 😛 L’unica regola che tutti gli studenti maschi imparano subito è che tutte le bevande alcoliche sono maschili tranna la birra che è neutra, del resto in Germania la birra è classificata come Lebensmitte (genere alimentare) e non come bevanda 😉
    Poi ci sono i neutri curiosi:
    das Mädchen – la ragazza (giustificato dal vezzeggiativo -chen di un termine non più in uso, i vezzeggiativi sono sempre neutri)
    das Pferd – il cavallo
    das Schwein – il maiale

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    • Del plurale parlo poi più avanti. Anche l’italiano ha molte eccezioni, ma credo che da questo punto di vista sia una lingua più semplice di tante altre. Semplicità che poi perde a causa degli accenti (di cui ho già parlato) e dei tempi verbali (di cui devo ancora parlare). Il tuo contrappunto con il tedesco è affascinante e arricchisce questi mini-ripassi: il confronto fra lingue è sempre un momento di arricchimento. Quindi, grazie. 🙂

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      • Io che voglio sempre correre 😀
        Restando in tema, cosa dice il Serianni dei neologismi plitically correct?
        Avvocata, ministra, architetta, ingegnera (ingegnera è terribile) …

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        • Ottima domanda, ne parleremo lunedì prossimo e poi ancora quello successivo, visto che, come immagini, è un argomento spinoso. La sua opinione in merito tuttavia, visto che hai seguito tutti i mini-ripassi, potresti intuirla da solo. 🙂

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            • Non è così difficile. Ti basti pensare che il Serianni è uno che, pur conoscendo ovviamente bene la “norma”, non ne resta cristallizzato. Il Serianni è un linguista di talento ma anche un uomo di buon senso. Trapela dalle sue pagine, dalle sue parole, la passione per la linguistica. Il suo non è un mestiere, è una vocazione. Ma è soprattutto un uomo intelligente, capace di dare il giusto peso alle cose… 😉

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              • Il problema in questo caso è di carattere “etico”, non si tratta infatti di un’evoluzione della lingua legata all’uso, alla consuetudine, ma di una modifica della lingua imposto per ragioni politiche. Se hai letto Orwell a me ricorda tanto la neolingua 😉

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  2. Anche le città, come i monti e i fiumi, prendono il femminile proprio perché le si immagina precedute dal sostantivo: (la città di) Milano è stata bombardata. 🙂
    Questo articolo è stato più divertente di altri! 😀

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  3. Pingback: Sostantivo: la formazione del femminile | Salvatore Anfuso – il blog