segni-interpunzione-italiano

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

La volta precedente abbiamo parlato di maiuscole: quando si utilizzano? ci sono regole fisse? ecc. Oggi, invece, trattiamo la Punteggiatura. Siete curiosi di scoprire se ne fate un buon uso? Allora proseguite!

Interpunzione generale

La punteggiatura è: «L’insieme di segni non alfabetici, funzionali alla scansione di un testo scritto e all’individuazione delle unità sintattico-semantiche in esso contenute» [Maraschio].

Tra le varie norme che regolano l’ortografia, quelle relative alla punteggiatura sono le meno codificate e non solo in italiano. Alle incertezze si aggiungono poi i dissapori fra studiosi. C’è ruggine in queste vecchie grammatiche, difficile da raschiare via. Ad ogni modo, i segni interpuntivi sono: il punto “.”, il punto interrogativo “?”, il punto esclamativo “!”, la virgola “,”, il punto e virgola “;”, i due punti “:”, i punti di sospensione “”, le virgolette “ « », , ʻ ʼ ”, il trattino “,”, le parentesi tonde “( )”, le parentesi quadre “[ ]”, la sbarretta “/”, l’asterisco “*”.

Non fanno parte della punteggiatura italiana i segni diacritici (come la cediglia sotto la c, che in francese rappresenta la /s/ e che si adoperava in antichi manoscritti italiani per indicare i suoni /ts/ e /dz/) e i segni usati in modo specialisti (come le parentesi uncinate < >, usate in filologia, e le parentesi graffe { } usate in matematica, ecc.).

Essi hanno quattro funzioni fondamentali:

  • Funzione segmentatrice. È la funzione principale e serve a separare gruppi di parole. A seconda del loro uso all’interno della frase, può cambiare il significato della frase stessa. Ecco alcuni esempi tratti dal Serianni:
«I gitanti che erano arrivati in ritardo persero il treno». «I gitanti, che erano arrivati in ritardo, persero il treno».
«I banditi uscirono a precipizio; sparando un poliziotto li rincorse». «I banditi uscirono a precipizio sparando; un poliziotto li rincorse».
«Ringraziamo degli auguri. I custodi dello stabile». «Ringraziamo degli auguri i custodi dello stabile».
  • Funzione sintattica. «I segni interpuntivi possono esplicitare il rapporto sintattico, la gerarchia che sussiste tra due proposizioni o tra due elementi della medesima proposizione» [Serianni].

Due esempi tratti dagli Indifferenti di Moravia:

  1. «Il tennis» rispose Carla; dopo di che senza abbracciarsi andarono ciascuno nella propria stanza.
  2. Si guardò intorno: la stanza per molti aspetti pareva quella di una bambina di tre o quattro anni.

Nel primo, il punto e virgola scandisce la successione temporale dell’azione; nel secondo, i due punti introducono l’effetto del “guardarsi attorno”.

  • Funzione emotivo-intonativa. Caratteristica, ma non esclusiva, dei punti: interrogativo, esclamativo, e dei puntini di sospensione: suggerisce l’intonazione della frase e quindi l’emozione dominante: «Quando vieni?», «Quando vieni!», «Quando vieni…».

Nota: i due segni: esclamativo “!” e interrogativo “?”, anche reiterati e combinati fra loro “?!” e “!?”, possono fare le veci di un’intera frase. Possono essere messi fra parentesi: «… sembra la casa di Rosy (?), no?» [Fruttero e Lucentini] e: sì, a dispetto di quello che pensavate, si possono utilizzare in queste modalità, se fatto ovviamente con consapevolezza.

  • Funzione di commento. Cioè quando si compie un qualsiasi intervento esterno al testo. Nei quotidiani, ad esempio, le parentesi tonde possono includere un commento o una precisazione del cronista, accompagnata dalla sigla ndr o NDR (= nota del redattore).

Allo stesso modo le virgolette, oltre a introdurre un discorso diretto, possono contrassegnare un termine o un’espressione insoliti oppure l’accezione particolare in cui essi vengono adoperati.

Conclusioni

L’uso della punteggiatura è più intuitivo che normativo. Inoltre le regole lasciano parecchia autonomia allo scrivente, il quale può mostrare tutta la propria originalità con il loro uso. Il vero problema non sta nell’originalità; sta nell’inconsapevolezza – data dall’ignoranza – con cui spesso di adopera la punteggiatura.

Ora, mi piacerebbe analizzare ogni punto in modo distensivo, ma sono troppi per farlo in un unico post. Quindi li raggrupperò nei mini-ripassi successivi. La prossima volta parleremo di: punto, virgola e punto e virgola.

Visto che in questo post c’è ancora spazio, vi lascerò con un breve testo in cui si fa un uso atipico della punteggiatura. Buona lettura.

Da quando aveva cominciato a piovere, e pioveva ormai da due settimane, il reverendo Green faceva un pienone di pubblico ogni giorno. Quando il ragazzo si infilò nella tenda di tela consunta c’era posto in piedi lungo le pareti per un paio di persone, e la puzza di gente umida e non lavata era così tremenda che tutti di tanto in tanto facevano una sortita fuori sotto l’acquazzone in cerca di aria fresca, finché la pioggia non li costringeva a tornare dentro. Rimase in piedi con altri come lui lungo la parete nera. La sola cosa che avrebbe potuto distinguerlo, in mezzo a quella folla, era il fatto che non portava armi.

Fratelli, disse il reverendo, lui non ce la faceva proprio a stare fuori da questi buchi d’inferno, inferno, sì, inferno, qui a Nacogdoches. Io gli ho detto una cosa, gli ho detto: Hai intenzione di portare là dentro con te il figlio di Dio? E lui ha risposto: Oh, no. Per niente. E io gli ho detto: Ma non lo sai che il figlio di Dio ha detto io vi seguirò sempre anche alla fine della strada?

Be’, ha risposto lui, io non ho intenzione di chiedere a nessuno di andare in nessun posto. E io ho detto: Fratello, non c’è bisogno che tu lo chieda. Lui sarà li con te, incollato ai tuoi passi, che tu lo chieda o no. Gli ho detto: Fratello, non puoi separarti da lui. E allora, trascinerai lui, “lui”, in quel buco d’inferno?

Mai visto un posto con una pioggia simile, ragazzo?

Fino a quel momento il ragazzo aveva guardato il reverendo. Si voltò verso l’uomo che aveva parlato. Portava dei lunghi mustacchi alla maniera dei carrettieri e aveva in testa un cappello a tesa larga con il cocuzzolo basso e rotondo. Aveva un occhio un po’ strabico e fissava il ragazzo in tutta serietà come se gli interessasse davvero la sua opinione sulla pioggia.

Sono appena arrivato, disse il ragazzo.

Meridiano di sangue – Cormac McCarthy

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Note:

Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET universitaria, 2006.

Cormac McCarthy, Meridiano di sangue, Einaudi, 2012.

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21 Comments on “La punteggiatura”

  1. Pingback: Le Maiuscole | Salvatore Anfuso – il blog

  2. I segni esclamativo e interrogativo per me non hanno senso e rappresentano un errore. O fai una domanda o un’esclamazione.
    Non sono d’accordo che l’uso della punteggiature sia intuitivo. Se la sbagli, non fai capire cosa stai dicendo.
    Riguardo al trattino, bisogna fare attenzione a quale si usa. Perché ne esistono due, quello creato per un inciso, per esempio, è più lungo di quello usato per separare parole.

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    • In che senso non hanno senso? (scusa il gioco di parole)
      La punteggiatura è intuitiva perché se segui l’intonazione del parlato (ecco perché si raccomanda di rileggere ad alta voce quello che si scrive) diventa difficile sbagliarsi.
      Sul trattino hai ragione: ce n’è di due tipi, ma li vediamo fra un po’. 🙂

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      • Non hanno senso perché sono “impronunciabili”. Se c’è il ? stai facendo una domanda, se c’è il ! stai esclamando qualcosa. Ma tutti e due insieme cosa sono?
        Se segui l’intonazione del parlato dei giornalisti televisivi, allora sbaglierai eccome 😀

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        • Ah, ok. Ho capito, intendevi nel caso vengano messi accoppiati. Ne parlo fra due settimane esatte e, credo, riuscirò a convincerti del contrario. Ci sono casi in cui l’intonazione discendente dell’interrogativo e ascendente dell’esclamativo si assomigliano così tanto da confondere il parlante (o lo scrivente). In quei casi lì, mettere entrambi i punti per simulare il parlato (quindi nei dialoghi) non è un errore da teenager. 🙂
          Ma lo vedremo…

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  3. Mentre l’uso del Punto e della Virgola mi è abbastanza chiaro, almeno credo,
    sul “Punto e virgola” mi vengono sempre grandi dubbi, quindi aspetto la tua prossima lezione 😉

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  4. Ho un dubbio che spero scioglierai nelle prossime lezioni. Ho imparato a scuola (ma anche ancora ai tempi della tesi la mia relatrice su questo si impuntava) che il ma avversativo deve sempre essere preceduto dalla virgola. Oggi vedo che non viene quasi più rispettata questa regola. Si tratta di una regola ormai superata o solo sconosciuta a molti? Grazie.

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    • Premetto che credo fermamente nel libero arbitrio e nel buon senso. Già queste due cose assieme dovrebbero risolvere molti problemi, soprattutto con la punteggiatura. Tuttavia capisco benissimo che in alcuni casi si senta il bisogno di paletti fissi. È anche, credo, un modo per liberarsene: impara l’arte e mettila da parte. 🙂

      Detto questo, per rispondere alla tua domanda, la prossima settimana parlo proprio del punto fermo e della virgola. Poiché i post li scrivo con largo anticipo, non ricordo di preciso se ho parlato di questo particolare caso che poni. Nel dubbio, ne parlo subito.

      La virgola, di norma, non si mette mai in mezzo a una congiunzione: «Ti amo ma ti odio»; «Vorrei amarti ma non so se ti amo»; «Mi piaci ma poco»; «È buono ma crudele», eccetera.

      Va sempre usata nel mezzo di due proposizioni coordinate: «Non pensavo saresti arrivato a tanto, ma in fondo me lo aspettavo»; «Sei sempre stato crudele con gli animali, ma anche con i bambini, Guido?»; «Sono andata a fare la spesa e ho visto un’offerta vantaggiosissima sui peperoni, ma oggi non avevo proprio voglia di peperoni…»; «Non lo dire a nessuno per favore, ma anch’io in effetti ogni tanto… ho contrattato su un articolo in un negozio» [Thomas Pynchon, La cresta dell’onda].

      Tuttavia, alla fine, permettimi, valga il buon senso: rileggi la frase ad alta voce e decidi se mettere o meno la virgola. Gli accademici: lasciali perdere. Perfino Luca Serianni va molto cauto su queste cose e lui, ritengo, è il miglior grammatico italiano contemporaneo. 🙂

      Ho risposto?

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  5. Io tendo ad usare molto le virgole, soprattutto per le precisazioni all’interno della frase. Mi piace scrivere in questo modo. Da sempre. Fin da quando ero piccolo alle medie. 😀
    Poi, vorrei capire una cosa: partire dopo il punto, con un vocabolo di congiunzione tipo “E”, “Ma”, ecc… è possibile oppure è un mio errore. Mai capita sta cosa. 😀

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    • Ciao Amelio, benvenuto nel mio blog e grazie per il commento. Stando alla tradizione, cioè alla grammatica che si insegna alle elementari e si ripassa alle medie, separare con una virgola o un punto una congiunzione dalla proposizione che la precede è un errore. In fondo la congiunzione serve a congiungere, no?
      Tuttavia, nell’uso creativo, non sono pochi gli esempi, anche in campo letterario più classico, di questo tipo. Te ne faccio un paio: «In realtà l’unico adatto all’incarico sei tu. E, cosa ancora più importante, so di poter contare sul fatto che ti atterrai ai tuoi doveri religiosi a prescindere dalla politiche del tempio principale.» [R. C. Morais, Il Buddha di Brooklyn]; «Negli anni Venti il “Corriere dei Piccoli” pubblicava in Italia i più noti comics americani del tempo: Happy Hooligan, the Katzenjammer Kids, Felix the Cat, Maggie and Jiggs, tutti ribattezzati con nomi italiani. E c’erano delle serie italiane, alcune di ottima qualità come gusto grafico e stille dell’epoca.» [I. Calvino, Lezioni Americane]. Scusa gli esempi, sono i primi due libri che ho per le mani.
      Il punto è: se ti serve come inciso, non c’è nulla di male a far precedere una congiunzione da una virgola o da un punto. Inoltre, anche nel parlato, non è raro prendere una pausa prima di congiungere la frase successiva a quella precedente: «Oggi c’è un dannatissimo uragano là fuori. E dire che le previsioni avevano predetto bel tempo…» [me medesimo]. La prossima settimana, comunque, sempre di lunedì, ne parlo in maniera più approfondita. 🙂

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  6. Il mio lavoro in ufficio mi ha fatto odiare le virgole. (Questa poi te la racconto! :-D)
    Odio gli incisi. Ho riscoperto il valore del punto e virgola. Frasi brevi: sono poco poetiche, vero? Bene: amo le sfide e voglio renderle tali…

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    • Non credo che le frasi brevi siano poco poetiche; credo che il modo in cui le si usa le può rendere molto poetiche: «L’incontro è stato spiccio. Il dialogo breve. Troppo.»; «La guardai. Lei mi ignorò. Capii di amarla»; «Una giornata da dimenticare in ufficio. Lunga. Dannatamente lunga». Eccetera. 🙂

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  7. Per me è così: inserisco la punteggiatura provando a realizzare per iscritto ciò che pronuncio oralmente. Ciò, però, spesso mi ha indotto a esagerare, per esempio nel proporre i punti sospensivi per dimostrare una meditazione di pensiero (adesso sono più parca di sospiri!)
    In genere, poi, sono affezionata ai periodi lunghi con virgole e punti e virgole (e queste, in particolare, mi piacciono molto!)

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    • Il punto e virgola piace molto a cnhe a me; anche i tre puntini di sospensione. E non ci trovo nulla di male a utilizzarli se il contenuto lo prevede. 🙂

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  8. Io quando sono in dubbio se mettere o no una virgola mi rifaccio al Maestro Giacomo Leopardi che, in una lettera in cui descriveva quando usare o no la virgola, sosteneva qualcosa di simile a: “fa’ come cazzo ti pare” 😀

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