Bart-le-maiuscole

Fondamenti di grammatica per aspiranti scrittori

La volta precedente abbiamo parlato di accenti: acuti o gravi; verbali o grafici; eccetera. Oggi parliamo di maiuscole: come e quando è opportuno scrivere una parola con la maiuscola? Esistono delle regole che ci aiutino a decidere?

I casi fondamentali

L’ortografia italiana prevede due casi in cui l’uso della maiuscola è obbligatorio. Il primo di questi riguarda la parola con cui si inizia una frase; sia che si tratti di un inizio assoluto: «Nel mezzo del cammin di nostra vita…», sia che si tratti della prima parola a seguire un punto fisso: «Un momento. Devo parlarti». Il secondo riguarda i nomi propri: Mario, Filippo, Cavour, Atlantico, eccetera.

All’interno di parola può trovarsi con le enclitiche reverenziali: «desidero comunicarLe», «siamo lieti di poterVi offrire…», ecc.; e con alcuni nomi esotici, come ad esempio: i baRotse e i maKonde, popolazioni africane del gruppo bantu.

La maiuscola facoltativa

«Di fatto, le norme che regolano l’uso della maiuscola sono più facili ad enunciarsi che ad applicarsi, anche perché non è sempre ovvio distinguere tra ‹nome proprio› e ‹nome comune›. Si dovrà scrivere ‹un discorso del Papa› o ‹del papa»? Si scrive ‹i Francesi› o ‹i francesi›?» [Serianni].

In casi del genere, dice il Serianni, l’uso della maiuscola è legato a fattori stilistici: ci si aspetta di leggere Papa se chi scrive è un cattolico o muove da posizioni di simpatia o di ammirazione verso il pontefice; papa, se chi scrive è mosso da indifferenza o addirittura ostilità. Contano soprattutto le abitudini individuali; d’altra parte l’uso della maiuscola facoltativa è in generale regresso.

Sintomo di questo declino, continua il Serianni, è la diffusione della minuscola nelle insegne («calzature paoletti») o nella pubblicità («autostore philips»). Personalmente non mi capita di guardare la TV da parecchio tempo e quando cammino per strada non presto particolare attenzione alle insegne, ma non mi pare che questo uso delle minuscole sia così diffuso quanto dice il Serianni; non a Torino almeno. Al riguardo sarebbe interessante leggere la Vostra opinione.

Più complesse, dice il Serianni, le implicazioni letterarie, dove l’uso della minuscola per i nomi propri s’incontra già nella poesia del primo Novecento: «né più ti ricordi i colloqui tenuti con guidogozzano» [Gozzano, Alle soglie]; «cittadine / padova mestre vicenza / durante la guerra / eravate viola e blu» [Farfa].

«Nei manoscritti medievali le maiuscole erano usate in modo saltuario, anche se generalmente per contrassegnare nomi propri, come oggi. Invece una particolare abbondanza di maiuscole ha caratterizzato le scritture letterarie del Seicento e, tra Ottocento e Novecento, la prosa dannunziana» [Migliorini].

Norme generali

Nella contemporaneità, la maiuscola iniziale si trova nei nomi propri di persona (Paolo, Anna, Giovanni, ecc.), in cui è da notare, però, l’uso oscillante della d: essa è minuscola quando introduce un predicato nobiliare (duchi d’Alba, Antonio di Rudinì), maiuscola in tutti gli altri casi (Di Maria, De Amicis). Si usa la maiuscola anche nei soprannomi (il Guercio, il Magnifico) e negli appellativi antonomastici («[…] che consiste nell’indicare una persona o una cosa, anziché con il suo proprio nome, con una locuzione che ne indichi una qualità caratteristica» – Treccani), in particolare nelle designazioni di Dio e della Madonna: il Padre, il Creatore, la Vergine, ecc. Si usa la maiuscola iniziale anche nei nomi propri degli animali (come Jack, ad esempio, il cane della mia ex) e nei nomi di concetti astratti personificati: l’Amore, la Morte, ecc. In quest’ultimo caso, però, si tratta di un uso facoltativo: «Fratelli a un tempo stesso, Amore e Morte / ingenerò la sorte» [Leopardi]; «Verrà la morte e avrà i tuoi occhi» [Pavese].

Invece, l’appellativo che accompagna un antroponimo si scrive generalmente con la minuscola («l’avvocato Pellegrini»), tranne nei casi in cui intervengano delle spinte reverenziali («il Cavalier Berlusconi…») [sono ironico, ci tengo a puntualizzarlo]. La maiuscola è invece frequente quando l’appellativo faccia le veci del nome proprio: «Ah! Ti presento, aspetta, l’Avvocato, un amico / caro di mio marito…» [Gozzano, Le due strade]; meno comune quando si riproduce un’allocuzione diretta: «Ma ad ogni modo non se la prenda, dottore!» [Levi, Cristo si è fermato a Eboli]. L’appellativo professionale, inoltre, può ricevere la maiuscola per evitare omonimie.

La maiuscola si usa anche per i nomi di luoghi geografici, sia reali, sia immaginari: Genova, Danubio, Atlantico, Atlantide, ecc. Nei toponimi accompagnati da un nome comune, che può questo essere scritto tanto con la maiuscola quanto con la minuscola: monte o Monte Bianco, corso o Corso Cavour, ecc. L’odonimo (nome di strada), invece, richiede sempre la maiuscola: via Garibaldi, via del Gambero, ecc.

Inoltre, recano la maiuscola:

  1. I nomi di corpi celesti (Aldebaran, Sirio, Vega), tranne terra, sole e luna che sono sempre minuscoli al di fuori del contesto scientifico.
  2. I nomi di feste: Natale, Ferragosto, Capodanno, ecc.
  3. I nomi di secoli (Trecento, Seicento, ecc.), di periodi o di grandi avvenimenti storici (l’Umanesimo, il Risorgimento, le Guerre Mondiali, ecc.).
  4. I titoli di un libro, di un’opera artistica o musicale e simili. In questo caso l’obbligo si limita alla parola iniziale «I promessi sposi». Se, però, l’articolo è inglobato in una preposizione, la maiuscola passa alla parola successiva, «come nei Promessi sposi». Tuttavia è d’uso comune usare la maiuscola per tutte le parole del titolo: «I Promessi Sposi».
  5. Le lettere che costituiscono una sigla: CGIL, ONU; spesso si mantengono anche quando la sigla viene sciolta: «Organizzazione delle Nazioni Unite». Le sigle dei partiti politici si scrivono tanto con le maiuscole, quanto con le minuscole, quanto con entrambe.
  6. Per quanto riguarda i sostantivi derivati da un nome geografico o che designano gli abitanti di un certo territorio, si distinguono due casi: 1. nei singolari maschili o femminili che indicano “il territorio di” la maiuscola, poco comune nella tradizione letteraria, è attualmente molto diffusa («le strade del Melfese», «le sagre nel Potentino», «la follia nel Pistoiese»); 2. in riferimento agli abitanti, è oggi più comune la minuscola, che diventa usuale al singolare e obbligatoria con gli aggettivi: quindi gli Italiani o gli italiani, ma prevalentemente l’italiano e obbligatoriamente i prodotti italiani. La maiuscola più tornare utile per dissipare equivoci: «I Romani antichi erano ben diversi dai romani d’oggi».
  7. I nomi dei punti cardinali quando indicano un’area geografica: il Settentrione, il Meridione, l’Oriente, ecc.
  8. Alcuni nomi che designano nozioni astratte e organismi pubblici, in contrapposizione ad omografi relativi a dati particolari o concreti: «la Legge non ammette ignoranza» / «la legge sugli ex combattenti».
Curiosità

Dopo un punto interrogativo o esclamativo si può avere maiuscola o minuscola, a seconda che chi scriva percepisca uno stacco netto (simile al punto) tra i due membri della frase, oppure ne sottolinei (volutamente) la successione in una sequenza unitaria.

La maiuscola si usa anche dopo i due punti quando si introduce un discorso diretto, di norma virgolettato o preceduto da un trattino lungo. Non è rara, inoltre, la maiuscola poetica: cioè, che contrassegna la parola iniziale di ciascun verso.

Caratteristico, infine, il ricorso alla maiuscola per segnalare che un vocabolo è usato nella sua accezione più generale e comprensiva: «la Storia con la esse maiuscola».

Conclusioni

In somma, tranne dove l’uso della maiuscola o della minuscola è obbligatorio, fate un po’ quel che vi pare. Tuttavia c’è un senso comune, diciamo una sorta di aspettativa non dissimile dalla buona educazione, nel loro utilizzo. E il galateo, per chi fa della scrittura un mestiere, nell’uso dell’ortografia va conosciuto.

… e, a proposito di ortografia e buona educazione, nel prossimo mini-ripasso parleremo di punteggiatura. Immagino che la cosa possa interessarvi, visto l’uso che ne fate…!

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Note:

Il testo di riferimento è: Luca Serianni, Grammatica italiana, UTET universitaria, 2006.

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30 Comments on “Le Maiuscole”

  1. Pingback: L’accento | Salvatore Anfuso – il blog

    • Esatto. Anche se, come dice il Serianni, la tendenza è quella lì e, come sai, viviamo in democrazia. Questo che significa? Significa che: i parlanti cambiano la grammatica, non viceversa. Quindi, nel futuro, dovremo abituarci a leggere i titoli con tutte le parole in maiuscolo e “qual è” scritto con l’accento… 😀

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  2. Le tue lezioni sono sempre molto interessanti, il mio dubbio amletico riguarda proprio la maiuscola dopo i punti esclamativi e interrogativi 😦
    Prendo nota!

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  3. Nelle brochure di presentazione di mostre artistiche o di libri dicono che sia più elegante o perlomeno che si usi di più scrivere il nome dell’artista o dello scrittore minuscolo.
    Cosa ne sai?

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    • Nulla. Non credo abbia a che fare con la grammatica, ma con un loro stilema. Forse serve a sottolineare l’umiltà dell’artista di fronte all’opera d’Arte? 🙂

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  4. Proprio qualche giorno fa, in seguito a una discussione sul lavoro, ho fatto una ricerchina a proposito dei titoli maiuscoli/minuscoli. Nella contemporaneità, il titolo va sempre prima del nome, maiuscolo se il nome precede il cognome e minuscolo nel caso contrario. Per esempio, si può scrivere “Avv. Mario Rossi” e “Rossi avv. Mario”. Quando precede il cognome va minuscolo, anche se molti usano il maiuscolo per darsi importanza.

    Una regola ideata ad minchiam che mi fa imbestialire (lascio a te capire dove, e in quale circostanza 😉 ) è la mania di utilizzare maiuscole per parole che sono ritenute, spesso arbitrariamente, importanti. Per esempio “Area di Servizio” o Riunione: ma dove siamo? In Germania?

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    • Minuscolo, salvo a inizio frase o se vuoi conferire una rilevanza di quale tipo, ad esempio: «La Rete 2.0 è il futuro dell’umanità», dove rete lo scrivi maiuscolo perché intendi un concetto più universale.

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