Prima persona narrante

…quando il bivio svolta nella prima persona narrante

Questo è il primo vero ostacolo e la prima scelta importante che si deve compiere quando si decide di narrare in prosa una storia. Ci sarebbe anche la seconda persona come opzione; qualcuno c’ha anche provato, ma i risultati non sono stati soddisfacenti. Narrare in seconda persona significa raccontare al lettore quello che lui stesso sta facendo… come se fosse il protagonista. Potete tentare, se volete, giusto per divertirvi, ma non vi porterà da nessuna parte.

Restiamo dunque alle opzioni classiche: prima o terza persona? Sono entrambe scelte valide e plausibili. La ragione per cui si sceglie l’una o l’altra, riguarda l’effetto che si vuole ottenere presso il lettore. Effetti molto diversi fra loro, devo dire. Quali sono, lo vedremo fra un attimo. Prima lasciate che vi chieda: voi come scegliete il punto di vista della narrazione? Lo fate a casaccio, vero? Non esiste niente di più sbagliato…

Narrazione in prima persona: l’Io narrante

Narrare in prima persona, lo avrete letto tante volte, significa lasciare che sia il protagonista a raccontare la storia. Io faccio questo, io ho pensato quell’altro, io ho visto mondi e universi come neanche ve li immaginate… Ma qual è l’effetto che si ottiene con questo punto di vista? E quali sono le caratteristiche che contraddistinguono una narrazione di questo tipo?

Tutti, univocamente, vi diranno che narrare in prima persona è più semplice. In effetti lo è, perché è più istintivo farlo, fra le altre ragioni. Tuttavia, allo stesso tempo, non lo è. Narrare in prima persona significa calarsi totalmente nella psicologia del personaggio. Il mondo, quello della storia, lo si vede unicamente filtrato attraverso i suoi occhi. Se non avete una spiccata sensibilità, una buona, pragmatica, preparazione psicologica e una stupefacente capacità di osservazione per i dettagli, finirete per cadere nella trappola della banalità o dell’incoerenza.

Attualmente, il più grande narratore vivente che si esprime utilizzando la prima persona è: Chuck Palahniuk. Ci sarebbe anche Irvine Welsh… alla fine è una questione di gusti. Se leggete i loro romanzi, capirete quanto sia difficile questo tipo di narrazione e quanto si deve essere bravi per utilizzarla al meglio. Nonostante questo, dire che narrare in prima persona è più facile non è sbagliato. Motivo per il quale, la prima persona, è la scelta più gettonata dagli esordienti.

Caratteristiche e effetti della prima persona

Una narrazione in prima persona è intima, soggettiva, e permette al lettore di calarsi totalmente nel protagonista, aumentando esponenzialmente il pathos fra i due. Se come effetto desiderate coinvolgere emotivamente il lettore, questa è la scelta corretta. Non esiste niente in grado di suscitare intense emozioni in chi legge come la narrazione in prima persona.

Attraverso gli occhi e le parole del protagonista, lo scrittore può facilmente far passare messaggi propri, raccontare il proprio punto di vista senza lo sforzo di mostrarlo, evitando quel fastidioso: Show, don’t tell. Questo, ad esempio, è uno dei motivi per cui si ritiene più semplice questo tipo di scrittura. Si riesce a raggiungere la stessa intensità scegliendo la terza persona solo attraverso i dialoghi, e i dialoghi sono dannatamente difficili da scrivere, soprattutto per gli autori alle prime armi.

Tuttavia ci sono dei pericoli nella prima persona. Se scegliete questa opzione, dovete fare molta attenzione a ciò che scrivete. Infatti, potete dire solo quello che il protagonista sa e vede. Ciò che alberga nella mente degli altri personaggi non potete esprimerlo in alcun modo, se non palesandolo attraverso la descrizione delle espressioni e dei gesti o attraverso i dialoghi. Motivo, questo, che rende la prima persona in fondo non così facile da gestire.

Inoltre, l’evolversi della trama viaggia esclusivamente sulle spalle di un personaggio. I cambi di fronte, passare da un personaggio a un altro, non sono vietati, ma vivamente sconsigliati. Per due buoni motivi: se lo si fa troppo spesso, si finisce per confondere il lettore; inoltre, viene meno il pathos per cui si è scelta la prima persona. Dunque, evitatelo.

Se volete avvalervene, dovete avere un’ottima ragione. Ad esempio: una volta lessi un romanzo in cui la stessa storia veniva narrata quattro volte da quattro personaggi diversi. Ognuno la raccontava in prima persona, al passato remoto, come se si stesse rivolgendo direttamente al lettore, e la raccontava attraverso il proprio punto di vista. Ogni personaggio raccontava le proprie verità sulla vicenda. Questo è un buon espediente, ma difficile e complicato da usare. Inoltre bisogna conoscere molto bene la storia e la trama non deve avere pecche di nessun tipo.

Infine, una narrazione in prima persona, soprattutto ad opera di un esordiente, rischia di scivolare nell’autobiografia. La narrazione in prima persona è autoreferenziale: io vi racconto ciò che faccio, ma chi dice che lo sto facendo davvero o che non ci siano altre opzioni migliori? Il lettore non lo può sapere, perché il punto di vista è univoco. La prima persona corre sempre il rischio di diventare, a metà storia, eccessivamente intimista, introspettiva e ripetitiva, finendo per annoiare a morte anche il lettore più tenace.

Riepilogando:

Vantaggi
Pericoli
Pathos Noia
Semplicità Banalità
Univocità Incoerenza

Ho preferito scegliere la formula: Vantaggi/Pericoli, perché non esistono svantaggi se si sa quel che si sta facendo, solo pericoli da evitare per riuscire a ottenere l’effetto voluto. A questi se ne potrebbero aggiungere altri, ma eviterei di scendere troppo nel tecnicismo, cosa che in genere mi procura una certa orticaria.

Presente o passato?

In ultimo, non si può non sottolineare che l’impatto narrativo subisce una scossa notevole a seconda che si scelga il tempo presente o passato. Una prima persona al presente dà alla narrazione un’impronta d’immediatezza febbrile che sfocia nell’ansia e nell’affanno. Il protagonista trascina a forza il lettore nella storia, senza sosta, né ripensamenti. Questo tipo di narrazione è ideale per un thriller ad esempio. Dona azione a una prosa priva, altrimenti, di movimento.

La formula al passando, invece, rende la narrazione ancora più statica e cristallizzata. Ci si muove in un pantano color seppia, rimanendone invischiati. Questa formula è ideale per i memoriali, ad esempio, ma anche per i romanzi formativi che in genere, per loro natura, sono più riflessivi che intrisi d’azione.

Per tutti gli altri generi, ad esclusione della narrativa classica (che di per se non rientra in un genere), la prima persona potrebbe non essere la scelta più azzeccata.

E la terza persona?

La scelta – se prima o terza persona – non può prescindere dal confronto tra le due opzioni. Poiché mi sono già dilungato parecchio, più del previsto, lascio al prossimo articolo il compito di descrivere e individuare le caratteristiche della terza. Nel frattempo, cari aspiranti, meditate…

Continua…

48 Comments on “Scrivere in prima o in terza persona?”

  1. Mmhh, io preferisco utilizzare la mia cara e vecchia terza persona all’imperfetto/passato. Ho sempre utilizzato questa da che io abbia memoria. Anzi ti dirò di più, gli autori che scelgono la prima persona li ho sempre guardati in modo strano. L’hanno scorso ho letto “the hunger games” e mi sono ricreduta un pochino, ma non totalmente convinta.
    Avrà pure dei vantaggi, ma almeno io non saprei nè trovarli, nè usarli”, forse le mie storie fino a ora non ne necessitavano l’utilizzo.

    Ricordo solo un esperimento, ma credo di averlo abbandonato al 4° paragrafo.

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    • Eppure ce n’è e di bravi pure. Per fare un esempio italiano, la Gamberale scrive spesso in prima persona.
      Secondo me uno scrittore dovrebbe essere capace di scrivere in tutti i modi possibili, perché è lo stile che si deve adeguare alla storia, non viceversa. 🙂

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      • 😀 certo. Il modo di narrare (terza o prima) si deve adeguare alla storia, ma non lo stile. Lo stile è un qualcosa legato direttamente allo scrittore, è la sua firma. Lo stile fa parte di te e ti rende riconoscibile.

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        • Più o meno. Se parli di stile in questo modo, forse intendi la voce dello scrittore. E su questo saremmo d’accordo. La voce è sempre la stessa anche se lo scrittore scrive romanzi molto diversi fra loro. Lo stile, invece, cioè il modo in cui si è deciso di narrare una storia, cambia da storia a storia. Deve cambiare. Per fare un esempio, lo Stephen King di Misery è molto diverso dallo Stephen King di 22/11/’63. La sua voce, invece, è sempre la stessa. Cosa sia esattamente la voce di uno scrittore, potrebbe essere un ottimo post futuro. 🙂

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  2. Gestire la prima persona in una storia lunga è un incubo, parlo per esperienza. Si è limitatissimi nel cosa si può raccontare perché ci sarà sempre SEMPRE qualcosa di essenziale accaduto fuori scena. Si litiga con i piani temporali, il momento dell’azione e quello del racconto non coincidono quasi mai e bisogna sempre tenerlo presente. Si litiga con lo stile, che deve essere quello del personaggio, non il nostro o, almeno, una mediazione plausibile.
    Certo, il lettore si troverà subito immerso nella storia, per lui sarà tutto più facile e immediato, ma non per chi scrive. Per chi scrive è un incubo.

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    • Può essere vero, ma solo se si intende la storia come se fosse narrata tradizionalmente. Una narrazione in prima persona, però, non è mai una storia classica. Non si narrano i fatti, ma il punto di vista di un personaggio su di essi. Se la intendi in questo modo, gran parte delle difficoltà che giustamente sollevi, semplicemente spariscono.
      Io ho scritto parecchio in prima persona, solo che ultimamente mi è venuta un po’ a noia. A lungo andare, raccontare sempre e solo il punto di vista di un personaggio, stufa.

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      • Se la storia lo richiede scrivo in prima persona anche un romanzo (l’ultimo pubblicato lo è), però alla fine ne esco un po’ provata. La fatica viene ripagata quando il lettore si sente totalmente immerso nella narrazione.
        PS: non mi è chiaro il discorso sul fatto che narrando il punto di vista di un personaggio su dei fatti spariscano le difficoltà. Il lettore dovrà comunque capire cosa sta succedendo (cosa che genera difficoltà), inoltre spesso un personaggio racconta e riflette su fatti accaduti prima e quindi si fondono due piani temporali di ragionamento (cosa che genera MOLTE difficoltà, almeno a me)

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        • Quello che intendevo dire è che in una narrazione in prima persona può anche non esserci una storia. Una storia classica prevede la narrazione di fatti, cioè di azioni, disposti più o meno nel seguente modo: Problema – Reazione – Soluzione. In una narrazione in prima persona può non esserci una storia, i fatti sono secondari ai pensieri, cioè a come li interpreta il personaggio narrante, e la storia può non seguire il verso canonico. Questo, ad esempio, si vede benissimo nei libri di Chuck Palahniuk. Quello che conta di più di Fight Club non è la storia in sé, che pur c’è, ma i personaggi e la loro opinione sulla società moderna. Invece, se cerchi di scrivere una storia intesa in senso classico (problema/reazione/soluzione) semplicemente sostituendo la prima persona narrante alla terza, be’, di problemi ne avrai un mare, perché sono due livelli difficili da conciliare. Mi sono spiegato un po’ meglio? 🙂

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  3. Tu che dici che la seconda persona non è quella giusta, cerca di stare attento, di non distrarti. Potresti commettere un errore imperdonabile. Sei davvero sicuro che la seconda persona non sia quella giusta? Chi dovrebbe essere la persona giusta, la vecchietta che ti affianca con la sporta in mano? La bambina che cammina mano nella mano alla sua mamma? E se decidessi per entrambe? Vedo che ora cambi espressione, che ti stai convincendo. Allora la persona giusta era la seconda. Seguila, che aspetti, sta voltando l’angolo. Ora è nel vicolo giusto, un vicolo male illuminato, schifoso, dall’odore acre. Quello che piace a te. Usa il coltello. Bravo. Quante ne hai sgozzate finora? Due, tre, non si sa.
    Ora allunghi il passo, è un istante. Ti piace uccidere in un abbraccio improvviso, senza fiatare, né dire puttana, niente. Uccidere in silenzio, ripensare poi alla velocità dell’esecuzione, al sangue che zampilla dalla carotide, agli occhi di lei che ti chiedono un perché, che colpa ha mai commesso. Tu sai che la sua colpa è quella di stare al mondo, ma ora la colpa l’hai rimossa, non c’è più colpa.
    Torni a casa in fretta e ti metti al computer a leggere quello che scrive Salvatore Anfuso sul suo blog. Parla di persone, la cosa ti interessa. Questa faccenda della seconda persona, che non funziona, che è solo un gioco, che si identifica con il lettore, che cazzata è mai? Già lo so che pensi: ucciderai Salvatore allo stesso modo, così la smetterà di dire che una seconda persona si identifica con il lettore. Tu sei la seconda persona, il serial killer, lui è solo la tua prossima vittima. Verdetto deciso e immodificabile.
    Viva la seconda persona, morte a tutte le altre.

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    • Un ottimo esempio di narrazione in seconda persona, bravo. Tuttavia… scrivere o addirittura leggere un intero romanzo scritto in questo modo, be’, potrebbe essere pesante più di quanto immagini. Certo, potresti sbagliarti… potresti aver commesso un errore. Sì, un errore, hai sentito bene. Ad esempio, potresti non esserti guardato alle spalle quando ti sei seduto a scrivere il tuo commento. No, non farlo adesso… solo un consiglio. Potresti vederlo, sai? Potresti notare la lama che tiene in mano, già puntata al tuo collo. Potresti sentire questa lama infilarsi con una pressione dolorosa ma rapida, fra la mascella e la gola, poco sotto il tuo orecchio. Non raggiungerebbe il cervello da lì, no, ma taglierebbe la tua carotide. Moriresti dissanguato in quattro soli secondi. Pochi, se confrontati a tutta la vita che ti aspettavi di vivere ancora, ma sufficienti a vedere il suo riflesso sorridente sul monitor del tuo computer.
      Ascolta un amico allora, scegli la prima persona e salvati la vita. Scegli la vita, o scegli Salvatore Anfuso. 😉

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      • La stanza è piena di specchi, ne hai uno davanti a te mentre sposi la lama verso la sua gola. Tu vedi che ti vedo, e vedi te che vedi. Ti pare così banale ora affondare la tua lama. Meglio una partita a scacchi, tra due serial killer. Due persone, prima persone entrambe.
        Apertura siciliana, la tua. Prevedibilissima, ti ho studiato a lungo.

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        • Sposi la tua lama??? Il refuso mi umilia, mi taglio le vene con la tua lama. Certo che sposare la lama funziona benissimo per un serial killer, non trovi? Anche i refusi sono ragionevoli oggi.

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      • La narrazione in seconda persona non ti porterà da nessuna parte. Tzè! E “Se una notte d’inverno un viaggiatore” dove lo mettiamo? Ok, dirai, Calvino tutto può. Mi permetto allora di consigliarti la raccolta di (chi più, chi meno) sconosciuti: “Seconda. 15 racconti che danno del tu” (gratis, su Amazon). Non tutti perfetti, ma non direi che non vadano da nessuna parte. W la sperimentazione coraggiosa 😉

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        • A proposito di Calvino, avevo scritto un bell’articolo (credo) su Se una notte d’inverno un viaggiatore. La cosa interessante di quel libro non è tanto la seconda persona, quanto l’uso geometrico della struttura (sto cercando di sviluppare una struttura geometrica post postmoderna). Tra l’altro è un libro quasi ciclico. Dico quasi, perché alla fine Calvino commette, secondo me, l’errore di far sposare lettore e lettrice, dando così un finale alla storia. Invece, se si fosse fermato giusto un paio di pagine prima, quando il lettore riportava il manoscritto a Ludmilla sul treno, ecco che avremmo avuto una storia perfettamente ciclica. 😉

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  4. In prima persona io scrivo molto meglio che un terza, specialmente con personaggi che conosco bene. Ma questa formula non sarebbe adatta al tipo di storia che sto raccontando (sebbene mi semplificherebbe molto la vita) quindi ho optato per una terza limitata a focalizzazione multipla. Non escludo di scrivere solo alcuni capitoli in prima persona, in cui il protagonista racconta ciò che gli è accaduto… siccome è fondamentale per la trama ci vuole il giusto pathos.
    Essendoci due piani alternati, io uso sua il passato sia il presente 🙂

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      • Scusami, mi ero persa la tua risposta! Non l’avevo vista!
        Ho scelto la terza perché ci sono cose che il protagonista non deve sapere fino all’ultimo e che altri personaggi cercano di tenergli nascoste, ma se non le sa nemmeno il lettore è un bel casino.
        In secondo luogo, la terza limitata multipla mi consente di variare tono e ritmo a seconda delle esigenze ed è adatta al tipo di storia che racconto. Infine, più che “troppi personaggi principali” (quelli li avevo prima di definire il plot principale e un protagonista unico) ho “tanti personaggi importanti” che meritano di far sentire la propria voce.
        Ci ho riflettuto a lungo, e credo che sia una buona scelta. Inoltre la terza limitata multipla mi piace molto anche da lettrice. 🙂

        P.S. Ma questi post sul pdv sono legati ai miei sproloqui da editor? 😀 😀 😀

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  5. Preferisco la terza persona, con le dovute eccezioni. Il libro che sto leggendo ora, “L’ultima fuggitiva”, della mia adorata Tracy Chevalier, usa una tecnica furbetta.
    Racconta in terza persona del trasloco della protagonista, una quacchera che dall’Inghilterra si ritrova in Ohio, tra gente fredda e sconosciuta. Qui e là inserisce lettere scritte dalla quacchera ai suoi genitori e alla sua migliore amica, creando una comprensione a più livelli di ciò che le sta accadendo.
    Per esempio: prima il narratore ci dice quanto in Ohio si usi il granoturco per preparare ogni piatto, dolce o salato che sia. Poi la quacchera scrive ai suoi genitori dicendo quanto il sapore dolciastro del granoturco sia la base di ogni piatto che ha assaggiato nella nuova terra. Infine, nella lettera alla migliore amica, la quacchera si sfoga dicendo quanto le disgusti quello schifo di granoturco che i disgustosi abitanti del luogo infilano dappertutto!
    Attendo trepidante il prossimo post!

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    • Le lettere sono scritte in prima persona immagino, giusto? E funziona? Non ti disturba passare dalla terza alla prima? Come mai preferisci la terza persona?

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      • Le lettere sono scritte in prima persona, ma ovviamente in un capitolo a sé, con data e ora, carattere italico. Non mi disturba. Perché preferisco la terza persona? Domanda difficile… direi che In genere la terza persona è più completa nel rendere l’idea della scena, senza imboccare il lettore dell’idea che se ne deve fare.

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  6. Scegliere persona e tempo è difficile, proprio per i motivi che hai citato. Si aggiunge il fatto che non puoi fidarti della strada già rodata, perché di fatto ogni storia ha un suo modo giusto per essere raccontata. Beh, non è detto che sia uno soltanto, ma ce n’è sempre uno che la fa risaltare di più. Per il romanzo che sto scrivendo ora mi sono arrovellata parecchio, e alla fine ho rinunciato alla scelta di testa perché la pancia andava nella direzione opposta. Bisogna anche fare qualche tentativo rischioso, o si resta troppo nel recinto e non si sperimenta mai. E così vai con la prima al presente. Vedremo.

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    • Concordo. Anch’io ho le mie belle difficoltà… Sto ancora scrivendo la scaletta approfondita del mio romanzo, ma alcuni tentativi li ho già fatti. Ho scritto una scena di pancia, così come l’immaginavo e come avrei voluto leggerla, ed è venuto fuori un narratore onnisciente al presente. Fighissimo! Il problema è che con l’andare delle settimane, e approfondendo la storia e i personaggi in scaletta, mi sono accorto che l’onnisciente crea troppo distacco con il lettore… rendendo difficile l’immedesimazione e quindi il pathos. Quel tipo di narrazione è perfetta per un thriller, perché sembra quasi una telecronaca degli omicidi, ma… non ci si immedesima. Così sto pensando se riscrivere la stessa scena in terza persona, sempre al presente, e vedere se il risultato è migliore. Insomma, la scelta di pancia non sempre premia.

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      • Secondo me hai fatto bene a provare. Io tendo a incaponirmi sul ragionamento, mentre in certi casi paga di più fare una prova con una singola scena, o un capitolo. Io l’ipotesi che avevo scelto l’ho scartata in un secondo, quando mi sono resa conto di com’era l’effetto.

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  7. Ciao Salvatore, intanto volevo dirti che mi ha divertito il botta e risposta con helgaldo (siete due fini psicopatici! 🙂 ), poi quanto a prime, seconde o terze persone narranti, ti dico che, tolta la seconda un pò troppo vincolante, preferisco in genere usare la terza persona, perché mi permette il lusso di fare ampie descrizioni, di estendere la scena a più angolazioni. La prima persona, e questo tu lo hai detto molto bene, è più intimista, è solo un occhio puntato sulla storia ed il raggio di azione è circoscritto alla visuale offerta da quell’occhio. Tuttavia, nel romanzo che ho scritto, ho usato entrambe le forme: nell’ “ANTE” c’è un io narrante che è come se pensasse ad alta voce, esprime frustrazione, sfoga uno stato emotivo che lo porterà a fare la scelta su cui poi si impernierà tutta la storia. E questa, nel prosieguo, è raccontata in terza persona. Ma poiché c’è di mezzo una folle perdita di coscienza nell’ambito della realtà virtuale, prima e terza persona si alternano, si rincorrono, si incrociano durante tutta la narrazione. L’effetto è quello che volevo ottenere: un desiderio espresso in prima persona e la sua realizzazione raccontata dall’esterno. Nessuna confusione, anzi dinamicamente efficace.

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    • Sarò curioso di leggerlo allora, perché non è facile alternare così efficacemente i due stili. Grazie per la tua testimonianza Marina. Inserisci pure il titolo e il link, se ti va. 😉

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  9. Molto interessante questo articolo, ma vorrei sottoporre alla vostra attenzione il mio dubbio sulla scrittura in prima/terza persona. Ho intenzione di scrivere un libro che racconti la storia dello scoutismo qui nel mio piccolo paese di provincia, attraverso aneddoti, foto e testimonianze. Mi consigliate la prima persona (essendo stato anche io scout) oppure meglio la terza e raccontare le vicende in forma di saggio? Grazie

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    • Ciao Saverio, benvenuto nel mio blog. Per rispondere alla tua domanda: beh, dipende da te naturalmente. Se hai intenzione di scrivere un pamphlet classico, allora ti consiglio la terza persona. È più facile da gestire, risponde meglio alle aspettative di un lettore tipo per il tuo progetto e pone un certo distacco tra il narratore e la narrazione. Se invece vuoi coinvolgere il lettore non su la storia dello scout in forma didascalica, ma ad esempio su una vicenda particolare – che serva da esempio per far capire al lettore i valori dello scout – allora la prima persona è più indicata. Però devi saperla usare bene.

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  12. ciao! sono una giovanissima scrittrice e cercavo notizie, spunti, per il lavoro che sto cercando. Grazie per questa dettagliata spiegazione, sono ancora in dubbio, ma mi hai chiarito diversi dubbi che avevo sull’argomento. Sei molto bravo complimenti…la mia mail: marilenamigliaccio@outlook.it per chiunque volesse seguirmi ne sarei onorata !!!buon fine settimana a tutti!

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  13. Esatto 🙂 Grazie mille…beh, visto che in giro non ho trovato risposte soddisfacenti , provo a chiedere. Ho molto materiale su cui lavorare, negli anni ho scritto davvero tanto. Ora…sono diversi mesi che mi sono proprio bloccata! In questi giorni, avendo un po’ di tempo libero, ho deciso di riordinare tutto i miei foglietti, quaderni, note e mi sono resa conto che ho davvero tanto su cui lavorare. Hai un consiglio su come riordinare tutto? Io ho pensato che potrei scrivere una trama e collegare tutti i vari argomenti….che confusione!! XD

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    • Be’ è una domanda un po’ vaga… Intanto: cosa intendi per “riordinare”? È materiale omogeneo? Senza visionario è impossibile rispondere. Tuttavia, se mi trovassi ad avere molto materiale e volessi farci qualcosa, proverei a capire se c’è una sorta di leitmotiv, cioè un argomento o delle sfumature ricorrenti. Se esiste, potresti farci una raccolta e intitolarla di conseguenza. Poi dovresti selezionare il materiale con cura e oggettività. Non tutto può essere sullo stesso livello e bisogna avere il coraggio di scartare la produzione che non raggiunge un determinato livello qualitativo (o che palesemente non c’entra nulla con il leitmotiv).

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      • Il tuo commento mi ha aperto molto la mente e sono riuscita a riordinare l’80% del mio materiale riscrivendo alcune parti oppure eliminando le superflue! Grazie ancora per la tua risposta.
        Avrei inoltre un’altra domanda : come superi i periodi di blocco ? Come superi il cosiddetto blocco dello scrittore?? =)

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  14. Per semplificare un discorso complesso, si tende giocoforza a dire che nella narrazione in prima persona “il protagonista narra gli eventi”. Mi viene però in mente che esistono romanzi in cui il narratore in prima persona non è propriamente il protagonista, ma un altro personaggio a lui/lei più o meno prossimo: per esempio l’intera serie dei romanzi con protagonista Sherlock Holmes, dove il narratore è Watson.

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    • Non ricordo bene come Sir Artur componesse la narrazione di Holmes – essendo passati un po’ di anni dalla lettura -, tuttavia c’è un altro esempio classico: Harper Lee che nel Buoio oltre la siepe narra gli eventi in prima persona ma attraverso gli occhi di Scout (la bambina più piccola). Non ci sono dubbi sul fatto che si tratta sempre di una narrazione in prima persona degli eventi che accadono.

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      • Murakami usa (almeno nei racconti. E a pensarci pure Roth la usa) una tecnica interessante: scrive in prima persona e incontra i protagonisti delle sue storie. Mi spiego: se vuole parlare della storia d’amore tra Gino e Gina parte dicendo di aver rivisto Gino dopo anni in un’ IKEA, convenevoli e poi chiacchierata davanti a un caffè. E parte il racconto della love story, che fa strano visto che pare un onnisciente ma non lo è; ah, e ogni tanto ci sono degli stacchi: si ritorna davanti al caffè.
        “Gina gli aveva detto di essere di Bari.
        – E tu che dicesti? – macabro io.
        – E che dovevi dirle? Ero sconvolto”
        E così via, è bella perché sei parte integrante della storia e anche un “amico” dei tuoi personaggi.

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  15. Tempo fa apprezzavo di più i libri scritti in terza persona e in particolare dal narratore onnisciente. In un certo senso li trovavo rassicuranti: i fatti sono andati in questo modo, lei pensò questo, lui rispose così, il loro cane si grattò dietro l’orecchio perché aveva le pulci…
    Quando leggi una storia scritta in terza persona te la godi senza “se” e senza “ma”.
    Ultimamente, invece, sono molto attratta dai libri scritti in prima persona.
    Mi piacciono le zone d’ombra dei personaggi, le questioni irrisolte il non sapere mai fino in fondo perché le cose siano andate così. La prima persona può supporre, e quando lo fa lascia al lettore il beneficio del dubbio. Quel non detto che non si saprà mai mi piace e mi fa avvicinare di più alla storia che sto leggendo, perché anche la vita è piena di cose che non si sanno e non si sapranno, di domande che ci faremo sul perché le cose siano andate così e a cui nessuno potrà risponderci.

    In definitiva non ho una vera preferenza, forse scrivere in prima persona è più facile, ma ottenere un buon risultato è molto più difficile.

    Ciao!

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    • Ciao Flo’, benvenuta sul mio blog. Sì, sono d’accordo: scrivere in prima persona, soprattutto per un aspirante, è più istintivo; farlo bene, però, è molto più difficile. Oggi consigliano di evitare la prima persona a meno che non si scovi una “voce” davvero notevole. Non so se sia vero. Mi pare un buon consiglio, ma tutto dipende. Grazie per essere passata. 🙂

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  17. Interessante argomento! Scrivo sia in prima che in terza persona, tanto il punto di vista dal quale si parte è sempre e comunque quello dello scrittore (nessuno può sottrarsi alle sue “celluline grigie”) E’ tuttavia molto istruttivo aprirsi ad un nuovo modo di vedere le cose. Il confronto con quello che lei afferma è davvero costruttivo. Grazie!

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