Dipendenza da scrittura


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…quando scrivere è un ossessione

Rispondo al post di Grazia, Scrittori sull’attenti, del 3 dicembre scorso. Come sapete sono un uomo pigro, ma molto disciplinato. Mi sveglio tutte le mattine (notti…) alle tre e lo faccio per scrivere il mio romanzo o i vari racconti che produco. Nel week end mi costringo a non scrivere narrativa, ispirazione o meno, e ne approfitto invece per dormire di più, leggere di più e produrre i tre post che pubblicherò nel mio blog la settimana successiva, secondo le scadenze abituali.

Quello che non condivido del post di Grazia, anche se sono sicuro che lei non la pensi così e che la mia sia solo una libera interpretazione di quanto ha scritto, è l’idea “sottintesa” che la scrittura vada auto-imposta. Mi spiegherò meglio. Grazia è un’amica, le voglio bene, e scrive divinamente anche, ma la scrittura non può essere imposta, la scrittura è ossessione. Questo, infatti, è l’argomento del post.

Un’ossessione del tutto particolare

La crisi di astinenza non riguarda solo certi individui con le narici tracciate di bianco o le braccia ricoperte di fori. La crisi di astinenza viene subita da un sacco di persone verso una miriade di attività. Ad esempio il sesso, oppure lo shopping o, ancora, il denaro (accumulato come francobolli). Gli scrittori non ne sono affatto esonerati. Anzi, nel loro campo, sono fra i peggiori.

Da cosa dipendono gli scrittori? Dalla scrittura, ovvio. Quanti giorni riuscite a stare senza scrivere nulla? Io ci sono riuscito per circa dieci anni. Lo so, ho tentato di smettere e c’ero perfino riuscito, quasi. Come vedete però, non ha funzionato. Mi ritrovo qui a pontificare sulla scrittura mentre, in altri lidi, cerco di portare avanti un romanzo. Sono passati più di due anni da quando ho ripreso le vecchie abitudini e non c’è nulla da fare: sono ufficialmente un tossico.

Proprio a causa di questo però, la scrittura non può essere frutto di una imposizione. La scrittura è un’esigenza, oppure una passione o ancora un piacere – piacere che comporta anche sofferenza, certo –, di sicuro, però, non è un dovere. Se mi imponessi di alzarmi alle tre del mattino per scrivere, state certi che non ci riuscirei. Mi alzo e scrivo perché ne sono letteralmente ossessionato. Scrivere è mestiere duro, ma farlo è un sottile piacere.

Il piacere della scrittura

Della scrittura cos’è che mi piace? Vedere realizzato qualcosa di mio, ad esempio, ma anche il semplice flusso dei pensieri che prende forma in parole ben ordinate. Scrivere è un po’ come svuotarsi, è un atto orgasmico. Importa davvero se poi porta a una pubblicazione? Nella maggior parte dei casi no, quindi si potrebbe tranquillamente tenere per sé. Qualcuno lo fa nella forma dei diari, altri scrivendo racconti che, però, non fanno poi leggere a nessuno.

Tuttavia la scrittura fine a se stessa, essendo orgasmica, finisce per assumere le caratteristiche della masturbazione. Farlo in solitaria e priva di riscontri è un semplice atto di auto-erotismo. Condividere con il pubblico, invece, è una vera e propria orgia e, in questo, gli scrittori sono dei veri lussuriosi: ne vorrebbero tanti di lettori, infiniti possibilmente.

Il piacere della lettura

Scrivere è un’ossessione, essere letti anche. Quando vedo i commenti al mio blog, o le cifre delle statistiche, mi esalto. Quando un mio racconto, postato con aspettativa su un forum, viene letto da più di trecento persone, semplicemente gioisco. Certo, storco il naso alle critiche. È come se mi dicessero: «Senti, parli tanto, ma poi a letto non sei granché…». A chi piacerebbe sentirselo dire?

Quando arrivano i complimenti, invece, è festa. Orgoglio e auto affermazione. Il mio cervello urla da dentro il cranio: “Sono un amante possente!”; e immagina i vari lettori desnudi e godenti. Ok, lasciate perdere quest’ultima immagine. Forse ho un po’ esagerato. Ma cosa centra tutto questo con la disciplina? Perché i manuali di scrittura e scrittori affermati, o sulla via dell’affermazione come Grazia Gironella, parlano e insistono sulla disciplina?

Soldatini di piombo e altre cose

Gli scrittori non sono soldatini di piombo, irreggimentati e pronti a marciare verso il nemico lettore. Non sono neanche operai costretti a timbrare un cartellino, anche se alcune case editrici probabilmente lo vorrebbero. La scrittura non è lavoro, neanche quando lo si fa per lavoro. Certo, in alcuni casi assume connotati molto simili al lavoro da impiegati, soprattutto quando si vendono parole tot centesimi alla volta.

Qualche mese fa, la mia compagna mi fa notare un’offerta di lavoro postata su uno dei tanti siti on line. Qualche azienda stava cercando uno scrittore manovale che si occupasse di gestire due blog sul Natale. Proponeva un pagamento che si avvicinava ai 40 euro alla settimana, per una produzione di tre articoli al giorno, per blog, per cinque giorni settimanali. Un totale quindi di 30 articoli alla settimana retribuiti una quarantina di euro. Se non è essere impiegati questo…

Ci avevo fatto un pensierino in effetti, come secondo lavoro diciamo. Poi, facendo due calcoli, mi sono detto che spendere almeno tre ore al giorno, tutti i giorni, per intascare una miseria, alla fine non ne valeva davvero la pena. La scrittura, come la intendo io, non è questo.

Scrittori disciplinati

La disciplina di cui parla Grazia, e che condivido visto che mi sveglio tutti i santi giorni alle tre (come se dovessi timbrare un cartellino), sonno o non sonno, non è imporsi la scrittura come attività. Se hai bisogno di importela, c’è qualcosa che non va. Ma, piuttosto, assumere delle regole di comportamento che facilitino l’atto di scrivere e produrre romanzi.

La disciplina è necessaria e uno dei motivi per cui tengo un blog è quello di abituarmi a scrivere con costanza, nonostante tutto. Sei stanco? Bene, scrivi. È Natale? Bene, scrivi. Non hai idee? Bene, scrivi. Certo, così sembra quasi un’imposizione, ma solo se nel farlo non si prova piacere. Altrimenti, è pura e semplice disciplina.

E voi, siete disciplinati quando scrivete? Provate una sana ossessione per la scrittura?

19 Comments on “Dipendenza da scrittura”

  1. Ah, sono molto in sintonia con quello che scrivi. Tempo fa ho scritto un post proprio dal titolo “passione e ossessione”. Partiva da un’osservazione fatta da uno sceneggiatore di fumetti durante un’intervista, in cui diceva che per arrivare a fare certi mestieri non basta la passione, serve l’ossessione.
    Io mi ci riconosco. Non riesco a vivere senza inventare storie e non posso resistere alla tentazione di scriverle. Non è passione, è ossessione quella che ti fa portare avanti, per dire, una serie di racconti collegati tra loro che mai nessuno vorrà pubblicare, ad uso e consumo solo tuo e di una manciata di amici.
    Poi c’è anche la disciplina. Quella cosa che ti permette di dare una forma all’ossessione e di non esserne fagocitati, fa sì che si passi dal solipsismo a qualcosa che possa essere fruito anche dagli altri.
    però alla base rimane l’ossessione.

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  2. Ho scritto un commento lunghissimo ma l’ho cancellato perchè preferisco scrivere un post intero su questa interessante disputa. Citerò sia questo post sia quello di Grazia e demolirò entrambe le posizioni, o se sono in buona dimostrerò che avete ragione entrambi..

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  3. Questo post mi ricorda quanto ho scritto in un articolo tempo fa. Era prima dell’estate, probabilmente non ci conoscevamo ancora. Ti dispiace se metto il link? Per commentare dovrei ripetermi… e là ho scritto decisamente meglio 😀

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  4. Sono più che d’accordo che la scrittura può essere un’ossessione e dare dipendenza. Anzi, ne ho le prove, visto che ogni tanto provo a smettere e non ci riesco 🙂
    In ogni caso, la penso un po’ a metà strada tra te e Grazia. Non credo che auto-imporsi la scrittura sia la strada migliore per scrivere qualcosa di qualità, sono convinta che esista un certo “senso interiore” su questo e che vada ascoltato. D’altra parte però – come ho scritto anche da Grazia – ogni tanto è necessaria un po’ di disciplina, ogni tanto bisogna costringersi. A quel punto possono succedere due cose: o proprio non è aria e allora pazienza, sarà per un altro giorno. Oppure l’ispirazione torna. Un po’ come dire: l’appetito vien mangiando…

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    • Sì, la penso anch’io così. La disciplina, almeno a certi livelli (cioè con l’idea di farne una professione) è indispensabile. Se gli scrittori seguissero solo l’ispirazione e i moti interiori, finirebbero per scrivere un libro ogni dieci anni… Però mi chiedo: sarebbe un male? Forse varrebbe la pena ragionarci. 😉

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  5. Urca, sono in ritardo! Ormai avete già detto tutto. 😉
    Non vorrai dirmi che devo prendere lezioni di INdisciplina da una persona che si sveglia tutti i giorni alle tre per scrivere, vero? Scherzi a parte, resto sulle mie idee (che non sono tanto diverse dalle tue, credo): ci sono momenti, ma soprattutto periodi, in cui il filtro dello scrittore s’intasa. Se non agisci attivamente per pulire il filtro, il flusso di scrittura si blocca. Secondo me vediamo le due facce opposte della medaglia perché abbiamo fatto un percorso molto diverso. Tu hai iniziato presto, io tardi; tu adesso sei nella fase più carica che ci sia, con le mani in pasta dopo il fermo di tanti anni, mentre io in questi ultimi anni ho lavorato tanto e pago un po’ l’attesa dei risultati, che per fortuna ci sono, ma di sicuro non al ritmo che vorrei. Vale la pena di tentare con un po’ di disciplina per vedere se lo stallo si sblocca. Se non si sblocca, allora non è il momento, oppure ci siamo stufati di scrivere. In entrambi i casi abbiamo una risposta attendibile e non inquinata da fattori esterni.

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      • Le penso. 🙂
        Una domanda però: se i risultati non dovessero arrivare, fino a che punto sei pronta ad attendere? Nel senso: dopo quanto tempo tireresti in barca i remi e smetteresti davvero di scrivere?

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        • Sono sempre stata convinta che avrei smesso se non avessi fatto progressi per un periodo X, che non ho mai definito con precisione, ma potrebbe aggirarsi sui 2-3 anni. I progressi, però, ci sono. Anzi, ogni volta che sono stata ai minimi storici e mi sono detta “forse basta”, mi è successo qualcosa di incoraggiante: concorso vinto, editore interessato, messaggio di ringraziamento o altro. A prescindere da questo, ho notato che smettere di scrivere per qualche settimana (giorno?) mi abbatte il morale. Perciò, che dire? Forse devo mettermi nell’ordine di idee che devo scrivere e basta. Nel qual caso prima o poi combinerò qualcosa di davvero buono. Ne sono convinta. 🙂

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  6. Certo mi sento persino in colpa quando non riesco a farlo e ti diro` anche un’altra cosa, ho aperto il blog per recuperare la mia disciplina.
    So che devo pubblicare 2 post a settimane. Ho preso un impegno, ho pure acquistato il dominio, che mi obbliga a metterm in un certo modo a essere coerente con me stessa. In questo modo, anche se dov’esero capitare dei periodi neri, so che in questo modo non mi fermerei mai del tutto.
    Scriverei comunque… Sto giˋa affrontando il problema: o mio dio e ora che scrivo? Uno scoglio enorme che potrebbe farmi pensare, ma si dai scrivo domani e invece no! Scrivo. Mi sforzo. Mi devo dare delle regole, altrimenti i progetti rimarranno solo sogni se mancano di costanza…

    E ggi sono dislessica… scusa eroori e refusi

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  7. Io so solo che non posso né voglio sentirmi in gabbia. Sono stato lontano dal pc e da internet, e quindi anche dalla scrittura, per qualche giorno e non ne ho sentito la mancanza.

    Se la scrittura dovesse diventare un’ossessione, una prigione, la eliminerei subito dalla mia vita.

    40 euro per 30 articoli è una truffa. Di buffoni che fanno offerte del genere è pieno il web.

    Purtroppo non sono disciplinato, ma nel mio caso dipende da tanti fattori. In futuro spero andrà meglio.

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    • Be’, che tu non sia disciplinato mi sembra un’affermazione azzardata. Magari non lo sei nella narrativa, forse. Ma con il tuo blog, lo sei eccome. Ho imparato un sacco di disciplina leggendo i tuoi articoli. Sono stati di grande ispirazione e lo sosterrò sempre! 😉

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      • Sì, nella narrativa non lo sono. Perché a differenza del blogging mi succhia più energie mentali, quindi devo trovare i momenti adatti per scrivere.

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